Nebraska |
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Un film di Alexander Payne.
Con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk.
continua»
Drammatico,
durata 115 min.
- USA 2013.
- Lucky Red
uscita giovedì 16 gennaio 2014.
MYMONETRO
Nebraska
valutazione media:
3,99
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Nebraska
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| martedì 18 febbraio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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In uno splendido bianco e nero (fotografato da Phedon Papamichael, greco dal nome spettacolare, già con il regista per ‘Paradiso amaro’), Alexander Payne firma un piccolo capolavoro da una storia semplice, scritta da Bob Nelson, ma che scava a fondo nei personaggi. I Grant sono un’anziana coppia disfunzionale, in cui lui, Woody, è abbonato alla bottiglia e ha un netto disinteresse nei confronti dei familiari, mentre lei, Kate, pare impegnata in una lamentela infinita. Ci si stupisce che i figli non abbiano troppi problemi, a parte che il più giovane, David, è appena stato mollato dalla fidanzata. Un po’ per distrarsi e un po’ per provare a riavvicinarsi al genitore, David decide di accompagnarlo dal Montana fino in Nebraska sulle orme di una vincita milionaria chiaramente fasulla, ma sulla quale il vecchio si è intestardito. Sulla strada, però, c’è il paesello natio di Woody e Kate, Hawthorne, ed è l’occasione per un ritorno alle origini che coinvolge anche la madre e l’altro fratello, Ross, ma che insegna parecchio a David sui propri genitori. Hawthorne è una specie di buco del culo del mondo, due strade in croce in mezzo al nulla abitate perlopiù da anziani malvissuti (e i giovani sono destinati a seguirne le orme, basti pensare ai cugini Cole e Randy) in una realtà estremamente provinciale che offre poco - forse solo la strada per andarsene - per non dire nulla. La notizia del milione mette in agitazione la piccola comunità che vuole disperatamente crederci malgrado si tratti di una palese patacca. Di conseguenza, vengono rispolverati vecchi rancori e mai sopite rivalità – alla fine personficati in Ed, interpretato da Stacy Keach - attraverso le quali Payne può descrivere una serie di figure disegnate con cura, mettendo in fila una serie di facce una più azzeccata dell’altra. In merito, ci sono almeno due scene memorabili, quella del bancone del bar con tutti gli avventori immobili con il proprio bicchiere e quella in cui i maschi del clan dei Grant guardano la partita dei Chicago Bears in televisione: due piccoli quadri di inquietante gotico americano. In contrasto con gli ambienti, non sempre in perfetta forma, di Hawthorne, ci sono i grandi spazi che circondano la cittadina, il cui fascino magnetico pare venir accentuato dalla mancanza di colore, specie quando i personaggi si muovono sulle strade bianche che collegano le fattorie sparse e che sembrano uguali a cinquanta o cento anni fa. Detto dello splendido contorno, è però ormai ora di parlare degli interpreti principali, dai quali sarebbe stato impossibile pretendere di più. Lo scarmigliato Bruce Dern solo intravisto in ‘Django unchained’ – lunghi capelli bianchi svolazzanti e barba incolta – dà corpo al testardo, fragile Woody con un’andatura strascicata e una voluta sgradevolezza: davvero ottima è l’interazione con Will Forte nella parte di David, con l’attore nato al Saturday Night Live che regge alla grande il faccia a faccia con il vecchio leone e rende in maniera assai sottile l’evoluzione del suo personaggio, l’unico per il quale cambia qualcosa. La vera rivelazione, però, risulta alla fine essere June Squibb che, tutte le volte che è in scena, ruba l’attenzione con il nervosismo di una Kate che, senza peli sulla lingua, sembra voler scaricare nelle parole la durezza di una vita passata al fianco di un uomo che forse non ha mai amato (e viceversa). Trattandosi di un film che lavora sulle psicologie, il passo scelto da Payne è inevitabilmente lento, ma di quella lentezza che aiuta le sensazioni a sedimentarsi nella mente dello spettatore, finendo per non abbandonarlo più: in ogni caso, un tale andamento è lontanissimo dal generare qualsiasi sensazione di noia, anche perché, pur trattandosi di una commedia amara, qua e là ci sono spunti comici costruiti con notevole abilità, come, ad esempio, la ricerca della dentiera di Woody o l’episodio del furto del compressore sbagliato. Il Nebraska è lo stato natale del regista, ma è impossibile sottrarsi alla suggestione di un altro capolavoro intitolato così (e, guarda caso, con uno scatto in bianco e nero in copertina): come il disco di Springsteen è tutto meno che immediato, ma conquista senza lasciare scampo con le sue storie di perdenti, la pellicola di Payne richiede solo un po’ di attenzione per trasformarsi in uno di quei film che è difficile dimenticare.
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