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Stavolta è un paese per vecchi

Tempo e spazi americani in Nebraska.
di Roy Menarini

In foto Bruce Dern in una scena del film Nebraska di Alexander Payne.
Bruce Dern (87 anni) 4 giugno 1936, Chicago (Illinois - USA) - Gemelli. Interpreta Woody Grant nel film di Alexander Payne Nebraska.

domenica 19 gennaio 2014 - News

C'è un tempo per ogni film. Per Nebraska, probabilmente, il tempo ideale è fuggito via, insieme all'irriverenza di Alexander Payne, sempre più pericolosamente affascinato dal ruolo di indipendente per salotti. Dopo Una storia vera di David Lynch - un film la cui enormità forse non ha ancora trovato il posto che merita nella storia del cinema - qualsiasi film con un anziano scorbutico in viaggio dentro la provincia statunitense ha il sapore di un cibo scaldato nel microonde.
Tuttavia, se proprio Payne non si poteva astenere, Nebraska esce dal ring senza sfigurare, con gli occhi pesti e parecchi bernoccoli sul capo, ma ancora in piedi. Merito non tanto di una storia di per sé prevedibile e monotona (viene in mente, sia pure grazie a un rapido volo pindarico, un altro bellissimo tesoro inesistente, quello di Vegas di Amir Naderi), quanto del tessuto antropologico messo in scena. È in quel contesto che Nebraska dà il meglio di sé: poche volte in un film americano recente abbiamo visto tante teste incanutite, per di più esaltate dal bianco e nero, tanti anziani in scena (e quasi mai al loro meglio), e così tanti vecchi strampalati, bizzarri, avidi, colpiti dalla sfortuna, e con un albero genealogico che diventa immediata Spoon River dei dimenticati - a suo modo perfetta, a questo proposito, la visita della sboccatissima mamma al cimitero della cittadina natale.
Finalmente un coro di persone attempate senza eufemismi, lontane dalla recente ondata dei vecchietti da prima visione (ci riferiamo a Marigold Hotel, Quartet, Una canzone per Marion, Last Vegas ecc.). In buona sostanza, è vero che la fotografia in bianco e nero di Phedon Papamichael richiede tutti gli elogi del caso (anche se a memoria si fa fatica a ricordare un film in bianco e nero recente di cui si sia detto che la fotografia è mediocre: si tratta quasi sempre di una scelta ad alta candidatura estetizzante), non è nella rappresentazione dello spazio americano che Payne suscita interesse. Ma sull'aspetto del tempo.
L'America pare osservata da un punto di vista anagraficamente vecchio, passato, tramontato. Tutti i personaggi ricordano come vogliono quello che vogliono, cambiando le carte in tavola su avvenimenti di svariati anni prima. Interi matrimoni vengono liquidati con poche frasi sprezzanti, come di fronte a un racconto breve che riassume decenni di vita insieme, passata nel quotidiano svolgersi dell'esistenza. Persino il figlio, incredibilmente remissivo, diventa una versione invecchiata di sé, bellissimo marmocchio che gli anziani ricordano come tale, quasi fosse un'altra persona rispetto a quella che hanno di fronte. Punti di contatto emergono con il meno analizzato dei film di Payne, A proposito di Schmidt, dove il viaggio in camper di un vedovo pensionato suggeriva amaramente che il road movie americano ha ormai le ruote sgonfie, e che l'America è bella e piena di speranze (land of opportunities, appunto) solo quando si è giovani. È questo, allora, il vero gesto cinematografico in Nebraska, da stralciare e portare con sé, da enucleare e isolare all'interno di un film che arriva tardi, pronto a farsi impallinare da nuovi cineasti indipendenti, più agguerriti e più aggiornati.
A meno di pensare, in maniera quasi luciferina, che sia stato proprio Payne a immaginare Nebraska come un film anziano e malmesso, e in quel caso le sue mancanze, le sue ripetizioni, le sue sclerotizzazioni e le irritanti cocciutaggini diventerebbero un curioso esempio di coerenza al racconto.

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