
Titolo originale | Kashi-ggot |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 103 minuti |
Regia di | Donku Lee |
Attori | Yeon-woo Nam, Jo-a Yang, Jung-ho Hong, Gi-doong Kang, Hee-sung Kim Kang Ki-doong, Sung-min Ahn. |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,34 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 15 ottobre 2012
Un ventottenne deve fare i conti con un senso di colpa dovuto a una violenza sessuale a cui ha preso parte durante il liceo.
CONSIGLIATO SÌ
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La forza del cinema sudcoreano sta anche e soprattutto nel costante ricambio di autori. Forze fresche che si aggiungono alla nutrita truppa di registi da tenere d'occhio e che mostrano ben presto di saperci fare a livello tecnico e creativo. Fatal è un esempio perfetto di questo fenomeno. Lee Don-ku è al debutto, ma ha già per le mani una storia che farebbe gola a diversi registi in circolazione. Le tematiche sono quelle care a una parte sempre crescente della cinematografia coreana: bullismo giovanile, una grave colpa nel passato, illusione di redenzione, possibile pietà, tragedia certa; dei topoi ormai ricorrenti. In Fatal tutto assume da subito le proporzioni della tragedia, non c'è spazio per cambi di registro. Sung-gong è il classico "alligatore albino", zimbello di una compagnia di teppisti che lo obbligano a partecipare alle loro malefatte. Tra queste uno stupro di gruppo. Il senso di colpa non abbandonerà mai Sung-gong, anima persa che decide di affidarsi alla Chiesa cattolica per trovare una serenità. Ed è lì che il Fato gli farà rincontrare Jang-mi, la vittima - ignara dell'identità di Sung-gong - dello stupro.
Il Fato, il deus ex machina, le tecniche narrative più antiche in assoluto, quelle della Grecia del VI secolo a.C., spesso mescolate con i punti cardine della fede cattolica, rivivono costantemente nel cinema coreano dalla New Wave in poi: prima attraverso i grandi autori, i Kim Ki-duk, Lee Chang-dong e Bong Joon-ho, oggi attraverso le nuove leve. Archetipi che, in quanto tali, mantengono un effetto dirompente anche all'ennesima loro rivisitazione. Specie quando, come in Fatal, l'approccio è sufficientemente personale. I personaggi di Sung-gong e Jang-mi sono due tipologie differenti di vittime che, oltre a uscire dallo stereotipo più comune, denotano un senso realistico di umanità spesso sepolto da esigenze di sceneggiatura. Gli interpreti ci mettono molto del loro: Nam Yeon-woo è una maschera di insicurezza e travaglio interiore memorabile, almeno quanto Yang Jo-a si dimostra abile nel nascondere i turbamenti di Jang-mi, sepolti sotto l'adesione alla fede, ma pronti a scattare in due momenti-chiave del film. Il terrore di fronte a una possibile aggressione (il trauma che rivive) e la clamorosa catarsi della confessione di gruppo a lume di candela (il trauma che attende di essere liberato, la deflagrazione della vendetta). Lo schema dell'intreccio segue in maniera esemplare il crescendo emotivo, suggerendo a più riprese una possibile via di fuga per le due anime tormentate, specie quando si fa largo un sentimento di affetto che assomiglia sempre più a un amore che nasce (e che nasce "sporco", viziato dalla colpa, ancora prima di sbocciare). Tra le migliori scoperte di Busan 2012.