
Chronicle tra antieroi e mass media. Dal 9 maggio al cinema.
di Roy Menarini
Il cinema americano ibridato con mockumentary, found footage o point-of-view che dir si voglia, data ormai dai tempi di The Blair Witch Project e negli scorsi anni, complice il successo di Paranormal Activity e Cloverfield, le pellicole realizzate con questa pratica stilistico-narrativa si sono moltiplicate.
Chronicle, a prima vista, sembrerebbe dunque ricalcare due filoni fin troppo sfruttati, quello della tecnica amatoriale, appunto, e quello dei supereroi adolescenti pieni di problemi e frustrazioni (da Kick-Ass ai televisivi Misfits). Ciò che permette al film di Josh Trank di superare d’un balzo i confini del già visto è la relazione messa in atto con i media di riproduzione digitale. Non solo infatti la storia viene raccontata da diverse macchine di riproduzione (quella del protagonista mescolata poi con riprese di telecamere a circuito chiuso, smartphone, tablet, etc.), ma a un certo punto la stessa videocamera del giovane (anti)supereroe comincia ad essere manovrata e regolata dalla mente del suo possessore.
Ciò permette a Trank e allo sceneggiatore Max Landis di non preoccuparsi più di tanto del condizionamento tecnico che in questi tipi di film rischia sempre di mettere in crisi la verosimiglianza (quando lo spettatore si chiede: “come è possibile che il mezzo stia ancora riprendendo?” o “Come fa il personaggio a maneggiare la videocamera in queste condizioni?” ecc.), e di lasciare alla macchina un ruolo quasi onnipotente e sganciato dai punti di osservazione obbligati. Sembra quasi un corrispettivo postmoderno della “camera scatenata” ipotizzata e realizzata da Murnau e dall’espressionismo tedesco negli anni Venti, che tanto fece scalpore all’epoca, in Europa e a Hollywood. La storia del cinema, in fondo, è anche una storia di sperimentazioni delle tecniche di ripresa. Da anni, ormai, siamo abituati alle riprese “domestiche” ottenute con cellulari o fotocamere, ed esse sono divenute forma stessa del racconto nel cinema point-of-view citato all’inizio. Chronicle alza l’asticella del visibile e lo fa con grande consapevolezza. Basti pensare alla sequenza in cui Andrew, capace di volare e sospeso per aria tra i grattacieli, “convoca” a sé tutti i mezzi di riproduzione del quartiere, e si fa osservare da uno stormo di smartphone, tablet, videocamere, schierati intorno al suo corpo levitante. Una sequenza straordinaria, un simbolo del fatto che la nostra civiltà non si basa più su forme di separazione tra ecosfera personale e mediale, bensì che i nuovi media si sono integrati alla realtà costituendo un ecosistema completo e complesso nel quale viviamo immersi, cercando a nostra volta di adattarci ad esso. Chronicle lo mostra oggi chiaramente, ma Videodrome lo aveva intuito con quasi trent’anni di anticipo, come si conviene ai grandi registi del calibro di David Cronenberg.