mahleriano
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lunedì 10 settembre 2012
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non morde e non fa molto male
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Con la vicenda di Eluana Englaro sullo sfondo e altre storie parallele simili, Bellocchio dipinge molto bene e con molta astuzia il motivo per cui l'Italia è un paese desolatamente arretrato: lascia che i fatti parlino da soli. Solo immaginare cosa potrebbe pensare uno straniero di ciò che il film mostra lascia correre molti brividi (e forse anche un po' troppi). Dall'incapacità di darsi leggi adeguate, frutto di desolanti populismi più che di partecipazione democratica reale, ai servilismi di potere, alle faziosità e indottrinamenti che spesso degenerano in fanatismi, religiosi e non.
Nel complesso, però, il film non mi ha convinto. Una storia d'amore (d'amore?) abbastanza pretestuosa, il cui fine sembra essere quello di giustificare un’iperabusata e un po' scontata frase finale: "L’amore cambia il modo di vedere le cose".
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Con la vicenda di Eluana Englaro sullo sfondo e altre storie parallele simili, Bellocchio dipinge molto bene e con molta astuzia il motivo per cui l'Italia è un paese desolatamente arretrato: lascia che i fatti parlino da soli. Solo immaginare cosa potrebbe pensare uno straniero di ciò che il film mostra lascia correre molti brividi (e forse anche un po' troppi). Dall'incapacità di darsi leggi adeguate, frutto di desolanti populismi più che di partecipazione democratica reale, ai servilismi di potere, alle faziosità e indottrinamenti che spesso degenerano in fanatismi, religiosi e non.
Nel complesso, però, il film non mi ha convinto. Una storia d'amore (d'amore?) abbastanza pretestuosa, il cui fine sembra essere quello di giustificare un’iperabusata e un po' scontata frase finale: "L’amore cambia il modo di vedere le cose". La descrizione di dinamiche familiari malate e dunque non necessariamente generali (una madre parossisticamente religiosa, un figlio che stacca l'ossigeno alla sorella non per pietà ma per egoismo). Un medico che salva un'aspirante suicida, guarda caso bellissima e in cui pare che il giuramento di Ippocrate lasci più spazio a un interesse amoroso un po' fuori luogo (chiedo perdono per il voluto cinismo...). Infine, un’eccessiva lentezza complessiva.
Certamente fantastici alcuni momenti e alcune immagini: quella ad esempio dei senatori a mollo, che richiama quasi un girone dantesco, o il dialogo fra lo psichiatra e il senatore, presto dimissionario per un onesto dissenso rispetto alla "linea politica" di partito. Forse l'unico vero momento di geniale arguzia e incisività del film, in cui con poche parole si esprime il senso del tutto. O ancora il monologo sincero del senatore, dal mio punto di vista difficilmente non condivisibile.
Ma ritornando alla frase di apertura, Bellocchio dipinge sì molto bene e con molta astuzia il motivo per cui l'Italia è un paese desolatamente arretrato, ma lascia che i fatti parlino appunto un po' TROPPO da soli.
E in un periodo in cui questo paese stenta a uscire più di altri da un periodo durissimo, l'ennesima descrizione complessivamente un po' disfattista di un paese quasi da sempre alla deriva, ma che non ha certo bisogno solo dell'"amore per cambiare il modo di vedere le cose", mi ha decisamente infastidito. Bravi gli attori.
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(di luanaa)
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(di mahleriano)
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gamberaccio
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lunedì 10 settembre 2012
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3 storie di rassegnazione e speranza. fantastico!
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Si sta in silenzio...senza parole per i 5 minuti successivi ai titoli di coda: si vorrebbe dire "Bellissimo film!!"...ma non ci si riesce, l'angoscia prevale e si pensa soltanto che si dovrà aspettare qualche anno prima di potere assistere alla proiezione del prossimo film di un maestro assoluto del cinema Italiano come Marco Bellocchio.
"Si sa che gli ippopotami passano la maggior parte del loro tempo sott'acqua...."
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m.d.c
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domenica 9 settembre 2012
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bella addormentata
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A tratti furente, per altri versi di una pacatezza desolata, vinta eppure inflessibile di fronte alla sofferenza messa in mostra; Bella addormentata è un film senza compressi, affonda nella società italiana di oggi e se ne ritrare, la mette in scena in modo impietoso eppure, pietosamente, lascia intravedere uno spiraglio nell'ipocrisia politica e nelle guerre di religione dato dalla realtà dei contatti umani: padre-figlia, medico-reietta, fratello e fratello. Lo sfascio sociale, la rabbia che si confonde con la follia, la diversità portata fino alle estreme conseguenze sono da sempre temi cari a Bellocchio, ma in Bella addormentata l'autore dei Pugni in Tasca sembra diventato un osservatore ancora più partecipe, se è possibile, delle sofferenze dei suoi personaggi al punto di farle risaltare attraverso quel dramma collettivo che è stato la fine di Eluana Englaro e lo scontro sociale che l'ha preceduta.
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A tratti furente, per altri versi di una pacatezza desolata, vinta eppure inflessibile di fronte alla sofferenza messa in mostra; Bella addormentata è un film senza compressi, affonda nella società italiana di oggi e se ne ritrare, la mette in scena in modo impietoso eppure, pietosamente, lascia intravedere uno spiraglio nell'ipocrisia politica e nelle guerre di religione dato dalla realtà dei contatti umani: padre-figlia, medico-reietta, fratello e fratello. Lo sfascio sociale, la rabbia che si confonde con la follia, la diversità portata fino alle estreme conseguenze sono da sempre temi cari a Bellocchio, ma in Bella addormentata l'autore dei Pugni in Tasca sembra diventato un osservatore ancora più partecipe, se è possibile, delle sofferenze dei suoi personaggi al punto di farle risaltare attraverso quel dramma collettivo che è stato la fine di Eluana Englaro e lo scontro sociale che l'ha preceduta. Le storie che si intrecciano nel plot fanno presa attraverso le contraddizioni che mettono in mostra e le sensazioni tese, sottili eppure congelate nella spirale degli eventi che emergono attraverso le inquadrature e i dialoghi, gli scatti di umore, le prese di coscienza, le rivelazioni lasciate in sospeso. Si può lodare la misuratissima sofferenza del politico Toni Servillo, a cui il copione destina un monologo lancinante, quella della madre attrice Isabelle Huppert, ripiegata su se stessa in una non vita che vorrebbe riscattare quella senza ritorno della figlia in coma, la ribellione del medico Pier Giorgio Bellocchio di fronte alla sofferenza della tossica Maya Sansa(forse la figura più impressionate dell'intero copione, perchè quella meno attuale in senso mediatico), l'incertezza della cattolica Alba Rohrwacher ma il senso generale di Bella addormentata, che sembra confermato dalla sospensione conclusiva, dalla non chiusura in cui affondano le diverse storie, è quello di una messinscena senza scappatoie destinata a mostrare quello che siamo, la fragilità che emerge dietro le facciate del compromesso politico e sociale, spingendo in primo piano le contraddizioni di una umanità che mostra il suo volto e le sue crepe quando viene messa alla prova e gli slogan ideologici e i principi religiosi non sono più un punto fermo. Con il suo passo dolente, le sue lacerazioni, le sue ombre che si addensano sullo spettatore Bella addormentata riesce a scrivere una pagina di valore civile e umano dai tratti universali che neanche l'assenza di premi a Venezia riesce a far passare inosservata. Matteo De Chiara
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spettatrice85
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sabato 8 settembre 2012
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meglio la bella addormentata in cartoni
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Film applaudito al festival di Venenzia ma non so su che basi.
Film lento,politicizzato, noioso e realizzato malissimo;non si capisce il filo logico delle vicende raccontate nonostante come sfondo, appena accennato, cè la storia di eluana englaro.
Non lo consiglio assolutamente!!
[+] ahahhahahah!! :-d
(di gamberaccio)
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(di johnmcclane)
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lukemisonofattotuopadre
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sabato 8 settembre 2012
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manca la polemica
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Non voglio fare giri di parole: il film è bello, ben scritto (anche se non sempre), ben diretto (vedi scena sauna), ben recitatato (la Rohrwacher su tutti), ma manca di mordente.
La prima parte è documentaristica e fa sperare bene: si possone vedere i vari "schieramenti" nella protesta o nel giubilo, le varie manipolazioni della legge da parte del Biscione ("Eluana potrebbe avere un figlio" - ma come si fa?) e le ipocrisie di questa nostra italietta piccolo-borghese. Le opinioni di Bellocchio sono in bella vista, ma non soffocano lo schermo. Si può pensare quello che si vuole, quasi in completa libertà. Ma, tralasciando pezzi di film poco attinenti, lo slancio dell'inizio si perde poco a poco, soprattutto nel finale.
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Non voglio fare giri di parole: il film è bello, ben scritto (anche se non sempre), ben diretto (vedi scena sauna), ben recitatato (la Rohrwacher su tutti), ma manca di mordente.
La prima parte è documentaristica e fa sperare bene: si possone vedere i vari "schieramenti" nella protesta o nel giubilo, le varie manipolazioni della legge da parte del Biscione ("Eluana potrebbe avere un figlio" - ma come si fa?) e le ipocrisie di questa nostra italietta piccolo-borghese. Le opinioni di Bellocchio sono in bella vista, ma non soffocano lo schermo. Si può pensare quello che si vuole, quasi in completa libertà. Ma, tralasciando pezzi di film poco attinenti, lo slancio dell'inizio si perde poco a poco, soprattutto nel finale. Bellocchio ha perso l'indole polemica della gioventù, ed è più riflessivo. Bene, io sono giovane e lo posso dire: bel film, ma manca la polemica. Quello che hanno fatto ad Eluana e a noi, ai nostri diritti, è, in un Paese civile, inaccettabile. Basta. Va gridato a pieni polmoni.
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salvo90
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sabato 8 settembre 2012
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la narcolessia del potere.
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Non è solo un film. E' un ritratto sulla narcolessia del potere rappresentato da balordi e quasi penosi senatori che come quelli romani se ne stanno a mollo a vedere cosa (non) succede o lanciano frasi ad effetto che peraltro sapientemente il regista ha collezionato di quei 6 giorni dell'orrore mediatico. Il sopore delle coscienze di tutti i protagonisti, un po' vittime e un po' carnefici che però finiscono irrimediabilmente per trovare la loro salvezza: chi nella santità (Isabelle Huppert, magnifica), chi nella agognata e sofferta libertà di coscienza (Beppe Servillo memorabile), chi nella lotta (Piergiorgio Bellocchio), chi nella speranza (Maya Sansa).
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Non è solo un film. E' un ritratto sulla narcolessia del potere rappresentato da balordi e quasi penosi senatori che come quelli romani se ne stanno a mollo a vedere cosa (non) succede o lanciano frasi ad effetto che peraltro sapientemente il regista ha collezionato di quei 6 giorni dell'orrore mediatico. Il sopore delle coscienze di tutti i protagonisti, un po' vittime e un po' carnefici che però finiscono irrimediabilmente per trovare la loro salvezza: chi nella santità (Isabelle Huppert, magnifica), chi nella agognata e sofferta libertà di coscienza (Beppe Servillo memorabile), chi nella lotta (Piergiorgio Bellocchio), chi nella speranza (Maya Sansa). Tutti si salvano. Il Paese di Bellocchio no. Il pubblico esce dalla sala confuso, con immense riflessioni, specie chi ricorda bene la vicenda Englaro. Emerge un quadro di uno stato che urla, sbraita ma che non trova la lucidità di pensiero. I ritmi incalzanti dei dialoghi forse non tutti azzeccati ma alcuni geniali, la forza delle melodie di Crivelli, la fotografia perfetta di Ciprì e la regia magistrale di Bellochio fanno di questo film una testimonianza non militante ma lucida di quello che non solo è successo in quei giorni ma di cosa ahinoi non è successo alle menti italiane mentre andava in scena a reti unificate una tragedia familiare.
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(di gamberaccio)
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johnmcclane
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sabato 8 settembre 2012
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un gran pasticcio di film
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Un film senza struttura, dialoghi superficiali, situazioni paradossali, personaggi ridotti a macchiette, tono quasi da commedia, regia insipida. A parte l'episodio di Maya Sansa (quello invece bello) e lo strepitoso monologo di Servillo (che da solo vale il biglietto degli sfortunati che han deciso di vedere il film), il resto del film è proprio da buttare. mi aspettavo un gran film e mi ha fortemente deluso. Ve lo sconsiglio caldamente
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babagi
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sabato 8 settembre 2012
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liberi di... amare!
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Tre le belle e addormentate di Bellocchio. Le loro storie si alternano su uno sfondo d’attualità ben noto a tutti: la vicenda di Eluana Englaro nei giorni che precedettero la sua morte tra il 3 e il 9 febbraio 2009. La prima è una madre la cui storia ci è raccontata attraverso alcuni flashback che costretta su un letto d’ospedale chiede implorante al marito di aiutarla. Vuole morire. La seconda, Rossa, è una donna tossicodipendente incapace di trovare motivazioni per continuare a vivere. Vuole morire e per questo tenta più volte il suicidio. La terza è una ragazza in coma, forse proprio quella del titolo che unica incapace di esprimere la sua volontà ci impone momenti di riflessione ed evita di portare il film in una situazione di squilibrio fungendo da arbitro inconsapevole tra due volontà espresse con forza, quella di Eluana e quella di Rosa.
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Tre le belle e addormentate di Bellocchio. Le loro storie si alternano su uno sfondo d’attualità ben noto a tutti: la vicenda di Eluana Englaro nei giorni che precedettero la sua morte tra il 3 e il 9 febbraio 2009. La prima è una madre la cui storia ci è raccontata attraverso alcuni flashback che costretta su un letto d’ospedale chiede implorante al marito di aiutarla. Vuole morire. La seconda, Rossa, è una donna tossicodipendente incapace di trovare motivazioni per continuare a vivere. Vuole morire e per questo tenta più volte il suicidio. La terza è una ragazza in coma, forse proprio quella del titolo che unica incapace di esprimere la sua volontà ci impone momenti di riflessione ed evita di portare il film in una situazione di squilibrio fungendo da arbitro inconsapevole tra due volontà espresse con forza, quella di Eluana e quella di Rosa.
Queste donne non sono delle “Biancaneve moderne”, sole nel loro letto di morte–vita, ma intorno a loro ci sono famiglie divise da dolore, segreti e sensi di colpa e potenziali principi in camice bianco con missioni salvifiche.
Vita e morte, amore e odio, pubblico e privato, coscienza e dovere, queste le contrapposizioni e i conflitti interiori che percorrono tutto il film accompagnando lo spettatore, non a schierarsi da una parte piuttosto che un’altra, ma a capire che non esistono partiti “per la morte” o “per la vita”, ma volontà umane, uomini da rispettare e scelte coraggiose e comunque dolorose da dover prendere.
Solo in questo modo alla fine ci troveremo su quella panchina della stazione seduti accanto a Uliano ad abbracciare Maria che ha capito che “l’amore cambia il modo di vedere le cose”.
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foffola40
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sabato 8 settembre 2012
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monopolio del dolore
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film sui mali della società di oggi. fanatismo religioso esasperato , squilibri mentali personali (Isabelle Huppert), politica schifosa è dir poco ignora i problemi dei cittadini perchè noi "non contiamo niente" droga e drogati, e per fortuna un giusto riconoscimento al grande padre di Eluana che ha combattuto per tutti quando poteva raggiungere il suo obiettivo, ossia quello della figlia, di nascosto come molti fanno vedi lo stesso senatore Beffardi. Grandi attori: Maya Sansa, Servillo anche il giovane Bellocchio e tutti gli altri nessuno escluso. Certo c'è da sconvolgersi nel riflettere però bene così.
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giugy3000
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sabato 8 settembre 2012
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la vita e' una condanna a morte
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Trattare di eutanasia e di temi di fine vita sul grande schermo non è mai cosa da poco. Bellocchio ha rischiato molto con questa pellicola, essenzialmente per tre ragioni: ha portato in campo una vicenda conosciuta e da molti già vissuta in maniera estenuante come la vicenda Englaro a ben tre anni di distanza, ne ha parlato con la "tecnica" di più vicende intrecciate fra loro e in ultimo lo ha reso un film estremamente di nicchia, rischiando un forse già presagito flop al botteghino. Il gioco però a mio avviso valeva la candela perchè con grande maestria si mettono in scena, con il pretesto dell'imminente morte di Eluana dopo ben 17 anni di calvario, quattro vicende legate da un filo rosso delicatissimo e che ben oltre il semplice ruolo dell'eutanasia, ovvero le questioni: Vi è una buona morte?La morte è processabile? Possiamo davvero decidere fino in fondo da soli della nostra esistenza? Temi scottanti, che in sole due ore scarse non possono trovare un'esplicazione e un chiarimento dotto e calibrato, ma possono solo essere spunti di riflessioni, un invito come sempre a mettere a pesare i piatti della bilancia e a scansarsi da ogni presunzione in merito, perchè il rispetto è sempre alla base di tutto.
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Trattare di eutanasia e di temi di fine vita sul grande schermo non è mai cosa da poco. Bellocchio ha rischiato molto con questa pellicola, essenzialmente per tre ragioni: ha portato in campo una vicenda conosciuta e da molti già vissuta in maniera estenuante come la vicenda Englaro a ben tre anni di distanza, ne ha parlato con la "tecnica" di più vicende intrecciate fra loro e in ultimo lo ha reso un film estremamente di nicchia, rischiando un forse già presagito flop al botteghino. Il gioco però a mio avviso valeva la candela perchè con grande maestria si mettono in scena, con il pretesto dell'imminente morte di Eluana dopo ben 17 anni di calvario, quattro vicende legate da un filo rosso delicatissimo e che ben oltre il semplice ruolo dell'eutanasia, ovvero le questioni: Vi è una buona morte?La morte è processabile? Possiamo davvero decidere fino in fondo da soli della nostra esistenza? Temi scottanti, che in sole due ore scarse non possono trovare un'esplicazione e un chiarimento dotto e calibrato, ma possono solo essere spunti di riflessioni, un invito come sempre a mettere a pesare i piatti della bilancia e a scansarsi da ogni presunzione in merito, perchè il rispetto è sempre alla base di tutto. Un puzzle straordinario di vicende allegoricamente legate fra loro: se da un lato troviamo una bellissima ragazza tossicodipendente che cerca con ogni mezzo la leicità di un suicidio che non riesce a far accadere, dall'altro troviamo l'amore di una madre che ha rinunciato alla sua intera carriera d'attrice per assistere giorno e notte una figlia ventenne che non si risveglierà forse mai più. Bellissimo il messaggio di fondo: c'è chi ha una salute e una vita davanti e non la vuole e c'è chi sta male da secoli e lotta ancora per un secondo di serenità.E ancora...chi ancora vive ma è morto dentro di sè e chi sogna mastodontiche fantasie come una fargalla imprigionato in un scafandro come corpo (per citare l'omonimo film). Chi stabilisce quando è giusto lasciar accadere le cose secondo il corso della natura e quando è giusto intervenire per modificarla, o meglio ancora accellerarla? Molto bella una frase che Servillo pronuncia parlando della moglie allo scadere dei suoi giorni: "Io che ero un fervente ateo non so cosa avrei dato per godere di un solo altro giorno con lei, mentre lei che era la donna più cattolica della terra ha finito col chiedermi di aiutarmi a morire". La sofferenza non ci rende dei o santi, ci rende solo privi di ogni dignità...iAttori superbi, magici, divini...in particolar modo la Huppert e la Sansa, un po' meno la Rohrwacher che in questo film a mia opinioni c'entra come i cavoli a merenda. Unica piccola pecca: non aspettatevi l'altissimo livello registico raggiunto da Bellocchio in VINCERE e non aspettative fiiumi di lacrime o un coinvolgimento emotivo altissimo: la vicenda ruota intorno alla vita di una decina di personaggi e non su un singolo uomo come avveniva ad esempio nel film di Amenabar "Mare dentro". Cala il sipario e dentro in me avanza la convinzione che noi siamo fatti di pura soggettività alla ricerca di un qualcosa o qualcuno che ce la garantisca come oggettiva.
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