36

Sai e Oom si conoscono allorché sono incaricati di compiere il location scouting per una nuova produzione indipendente. Sai scatta dozzine di foto con il suo apparecchio digitale, talvolta scordando di osservare cose e luoghi attraverso i propri occhi. Mentre visitano appartamenti ed edifici abbandonati, Oom la interroga sulla memoria delle foto che scatta ossessivamente. Una volta immagazzinate negli hard disk, ricorda ancora che cosa ha visto e dove è stata? Due anni dopo, Sai riesuma un hard disk datato 2008, ma non riesce ad accedere alle foto ivi contenute. Sono le foto del location scouting condotto con Oom...
La proliferazione delle immagini digitali e la progressiva esternalizzazione della memoria che esse incitano sono al centro narrativo e concettuale di 36, l'opera prima del thailandese Nawapol Thamrongrattanarit. Apprezzato e noto sceneggiatore di commedie romantiche di successo, Thamrongrattanarit sceglie per il suo esordio una forma che non potrebbe essere più lontana dalle produzioni commerciali che hanno fatto la sua fama. Articolato in 36 piani sequenza fissi, commentati ciascuno da una didascalia numerata, come se si trattasse di commenti sul retro di vecchie foto raccolte in un album, 36 è un film rarefatto ed estremamente controllato. Ma negli interstizi di un'operazione che può parere estremamente cerebrale si cela e scorre la corrente di una semplice storia d'amore non vissuta, di un abbozzo di sentimento che sopravvive in un ricordo che non si vuole lasciar andare. Sai demanda alle sue foto digitali e ai suoi hard disk la visione della realtà e la conservazione del proprio passato; si aggrappa ad una materialità immateriale ed esterna per rendere tangibile ciò che non (c')è più - e che forse non si è nemmeno davvero visto o vissuto (si veda la bella sequenza dell'uccello intravisto dalla finestra ad inizio film). Thamrongrattanarit investiga quindi l'evoluzione del nostro percepire la realtà nell'era del digitale, ma anche del modo di recepire gli altrui sentimenti e di elaborarne il ricordo. Sempre elegante e fine nella composizione del quadro e nella parca scelta delle musiche, 36 non è certo un film di immediata fruizione. Eppure al suo nucleo c'è una riflessione la cui eco è pregnante e universale rilevanza: Thamrongrattanarit ci interroga sul desiderio e la necessità di trattenere con noi il passato - e di converso sulla possibilità/impossibilità di lasciarlo andare. Kai, il riparatore di hard disk, interroga l'ostinazione di Sai a voler recuperare le foto contenute nell'hard disk danneggiato, perché tanto "sono nella tua memoria". E per un'arcana, inattesa, ma appagante convergenza, 36 s'inscrive quietamente nella memoria come triste racconto di rimpianto per ciò che si è forse perso, ma che continua a vivere dentro di noi... 