Se dovessimo approcciare un discorso sul Cinema francese degli ultimi anni, sarebbe fin troppo facile dire che non è mai entrato in crisi, è sempre vivo e vegeto ma che tutto sommato non può considerarsi all’ altezza della Nouvelle Vague di Truffaut e Godard. Ma la realtà è diversa e ci suggerisce che la cinematografia contemporanea d’oltralpe non ha nulla da invidiare a quella hollywoodiana e molto da insegnare, ad esempio, a quella nostrana degli ultimi 20 anni (eccezion fatta per Sorrentino e qualche buon attore). Sceneggiatori, direttori di fotografia, registi ed un esercito di attori preparati sono all’ ordine del giorno in Francia, questo va detto mettendo da parte inutili rivalità o gelosie. Quasi Amici (FRA, 2011) non fa eccezione, anzi assume il ruolo di locomotiva di un nuovo filone a metà strada tra il dramma e la commedia brillante, con particolare attenzione alla fotografia, alla qualità visiva e ad un casting, mai come in questo caso, davvero azzeccato in tutti gli elementi, anche nei ruoli da gregari.
Driss è un senegalese cresciuto nella banlieue parigina, campa di espedienti, fuma erba ed è appena uscito di galera dopo 6 mesi per rapina ad una gioielleria. Si presenta ai colloqui per l’ assunzione di un badante, ma solo per farsi firmare la presenza e ottenere un sussidio. Il disabile in questione è un multi-milionario paraplegico, tale Philippe, che nonostante la sua condizione sembra godere di un buon carattere e di un certo savoir faire. Si affeziona subito ai modi sfrontati del ragazzo (il brillante Omar Sy) tant’è che gli offre un periodo di prova, persuadendolo mostrandogli le ricchezze del suo mega appartamento vittoriano con tanto di camera e bagno dedicati al futuro badante che verrà assunto. Driss accetta e le prove sono dure: badare e curare una persona inabile al 100% non è cosa per tutti, neanche per lui, ma a volte la vita ti mette di fronte a delle scelte e l’ aspettativa di uno stipendio fisso, di una casa sfarzosa ed il poter guidare una Maserati mettono Driss su un piedistallo tanto alto da consentirgli di riscattarsi anche dal punto di vista sociale, dato che non va d’accordo con la sua famiglia, rappresentata da una zia che l’ ha cresciuto come una mamma e da cugini e parenti vari che fungono da fratelli. La vita di Philippe (l’ ottimo François Cluzet) viene letteralmente presa a schiaffi da Driss tale è la sua esuberanza e la sfrontatezza nei modi che però non eccedono mai nella maleducazione, anche grazie ad un volto dolce e ad un sorriso abbagliante. Il ragazzo accompagna Philippe ovunque, lo solleva con una certa facilità, lo fa sorridere, lo sprona, gli fa provare lo spinello e lo prende in giro con battute basse e ridicole ma che hanno il sol scopo di generare fragorose risate al povero miliardario (gioco di parole voluto) che sfociano, in un tempo relativamente breve, in una grande amicizia tra i due. Il contorno di personaggi che abitano l’ immensa proprietà di Philippe spazia dalla segretaria sexy dai rossi capelli alla quale Driss dedica molte attenzioni mal corrisposte causa omosessualità di lei, la governante un po’ bruttina ed apparentemente antipatica ma che in realtà è una giocherellona borghese dall’ animo gentile, il giardiniere timido segretamente innamorato di quest’ ultima e la figlia adottiva di Philippe, tipica adolescente problematica e stizzosa. Tutti verranno, in qualche modo, sopraffatti dall’ estrosità del senegalese, ogni uno trarrà qualche beneficio da lui, ma il lavoro che fa è duro e Philippe (che ormai gli vuol bene come un figlio) lo lascia andare, non prima di avergli fatto provare il brivido del lancio col parapendio che (nonostante sia stato questo spericolato gioco la causa della paralisi) ancora affascina il ricco signore di origine corsa, e non prima di aver ascoltato per la prima volta la musica moderna che ascolta Driss in un interscambio culturale sugli stili musicali culminato in un ballo alla Michael Jackson durante una festa a sorpresa organizzata dai parenti (quasi tutti serpenti) per il compleanno del nobile con tanto di orchestra. Driss torna dalla “mamma” e dal fratello azzeccagarbugli risolvendo vari problemi (convince degli spacciatori di lasciare in pace il ragazzo) e cercando di ricucire i rapporti, potendo contare su un rinnovato bagaglio di certezze, sentimenti, forza e con un discreto miglioramento culturale che lo pongono su un piano diverso, pur restando legittimamente legato alle vecchie amicizie, alla semplicità quotidiana e a quell’ inseparabile spinello che tanto ha giovato anche allo sfortunato Philippe durante delle crisi respiratorie notturne.
I due sentono una mancanza reciproca, Philippe non ha trovato un degno sostituto e allora eccoli, a bordo della Maserati, a scommettere se riusciranno a farla franca dai poliziotti che li hanno inseguiti e fermati per eccesso di velocità in una di quelle notti, scena proposta ad inizio film in un flash forward ripresa verso la fine quando i nostri, giunti in un bel ristorante sulla costa Sud della Francia, Driss lascia Philippe (non certo definitivamente) nelle mani di Eleonore, una donna conosciuta per corrispondenza che inizialmente Philippe rifiuta di incontrare per paura (ingiustificata) di non piacerle. La donna invece è interessata soprattutto all’ aspetto intellettuale e filosofico dell’ uomo e quindi la storia sa da fare, frattanto che Driss si incammina sul lungomare e delle scritte in sovraimpressione ci fanno sapere che quello della realtà, Abdel Yasmin Sellou (già, perché questa è una storia vera) ora è un imprenditore affermato, vive in Marocco ed ha 3 figli, mentre Philippe si risposerà avendo 2 figli. Se c’è una pecca, va trovata nella casa distributrice che in Italia ha scelto un titolo “incompleto”, dato che i 2 diventano veri amici, non quasi (il titolo originale è Intouchables).
Una storia toccante, delicata, commovente ma non troppo, divertente ma senza esagerare. Tutto in quest’ opera assume i connotati di una favola urbana che inneggia alla solidarietà tra etnie proprio laddove, negli ultimi anni, vi era stata un recrudescenza del razzismo e dell’ intolleranza. Film bello, da assaporare tutto d’ un fiato senza remore, con la consapevolezza che anche una lacrima di commozione non sarà sintomo di debolezza.
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