chaoki21
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martedì 14 febbraio 2012
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talvolta bisogna compiere qualcosa di imperdonabil
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Un film affascinante dove viene analizzata in prima persona la figura Freud,Jung nei confronti della loro paziente Sabina Spielrein.Un ritratto a livello storico fatto molto bene dove il grande maestro del sogno e dell'incubo David Cronenberg riesce a trarre un discorso pscicologico ma allo stesso tempo poetico.
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g_andrini
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sabato 28 gennaio 2012
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bel film!
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Direi che mi è piacuto. Bravissima l'attrice che interpreta la paziente poi psicologa anch'essa. Bravi anche gli interpreti maschili. Sicuramente è un "viaggio" nel mondo della psicanalisi, di buona qualità.
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archipic
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mercoledì 25 gennaio 2012
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corposo e didascalico
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Devo dire che il giudizio da dare a questa pellicola è senz'altro molto positivo. Mi astengo dai paragoni con i precedenti lavori del regista; per me ogni film è una storia a sè.
Solida e corposa la sceneggiatura, arricchita da dialoghi molto ben scritti, e correttamente didascalica riguardo la storia e gli intrecci realmente accaduti tra i tre protagonisti.
Più incentrato sul rapporto tra i due padri fondatori della psicoanalisi che su quello tra Jung e la Spielrein (che qui è trattato più come conseguenza logica dell'evolversi delle diverse teorie) il film si dipana molto bene anche attraverso le ottime interpretazioni degli attori (ho apprezzato in particolar modo quella di Michael Fassbender, uno Jung davvero molto ben rappresentato).
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Devo dire che il giudizio da dare a questa pellicola è senz'altro molto positivo. Mi astengo dai paragoni con i precedenti lavori del regista; per me ogni film è una storia a sè.
Solida e corposa la sceneggiatura, arricchita da dialoghi molto ben scritti, e correttamente didascalica riguardo la storia e gli intrecci realmente accaduti tra i tre protagonisti.
Più incentrato sul rapporto tra i due padri fondatori della psicoanalisi che su quello tra Jung e la Spielrein (che qui è trattato più come conseguenza logica dell'evolversi delle diverse teorie) il film si dipana molto bene anche attraverso le ottime interpretazioni degli attori (ho apprezzato in particolar modo quella di Michael Fassbender, uno Jung davvero molto ben rappresentato).
Eccellente la fotografia; Peter Suschitzky ci regala magnifici scorci naturali e riesce a dare alla storia le giuste colorazioni e luci che molto ben si adattano e partecipano alla comunicazione del necessario pathos di alcune sequenze.
La regia mi è sembrata misurata ed adeguata alla tipologia della narrazione.
Insomma, un bel film.... a me è piaciuto.
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the mikemaister
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martedì 17 gennaio 2012
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a dangerous movie
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La trama del film è la stessa che si può leggere in poche righe su un qualsivoglia libro di storia: La nascita del rapporto Jung-Freud, lo svilupparsi della relazione e il declino della medesima, il tutto inframezzato dalla presenza bella Spielrein, il lato soap di una storia che ha mutato indissolubilmente il pensiero della psicoanalisi.
Il lungometraggio parte forte: una ottima keira Kinghtley interpreta la convulsa e traumatizzata Spielrein; nonostante la terapia, nonostante la relazione col dottor Jung e nonostante gli studi di medicina, che occupano gran parte della sua mente, gli attacchi di panico, i morsi allo stomaco che la affliggono dall’inizio della sua malattia ci saranno imperturbabili fino alla fine dello sceneggiato con intensità decrescente, quasi a voler supportare allegoricamente la convinzione immanentistica freudiana secondo il quale noi siamo ciò che siamo, senza aver possibilità di diventare il cambiamento che desidera la nostra immaginazione.
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La trama del film è la stessa che si può leggere in poche righe su un qualsivoglia libro di storia: La nascita del rapporto Jung-Freud, lo svilupparsi della relazione e il declino della medesima, il tutto inframezzato dalla presenza bella Spielrein, il lato soap di una storia che ha mutato indissolubilmente il pensiero della psicoanalisi.
Il lungometraggio parte forte: una ottima keira Kinghtley interpreta la convulsa e traumatizzata Spielrein; nonostante la terapia, nonostante la relazione col dottor Jung e nonostante gli studi di medicina, che occupano gran parte della sua mente, gli attacchi di panico, i morsi allo stomaco che la affliggono dall’inizio della sua malattia ci saranno imperturbabili fino alla fine dello sceneggiato con intensità decrescente, quasi a voler supportare allegoricamente la convinzione immanentistica freudiana secondo il quale noi siamo ciò che siamo, senza aver possibilità di diventare il cambiamento che desidera la nostra immaginazione. Ed è qui che si inserisce la figura del dr. Jung, la proiezione cinematografica del nostro Cronenberg: Jung è speranza, scoperta e positività, Jung è l’allievo ribelle di un Freud che ci viene prospettato come il più classico degli antagonisti Disney, scorbutico, saccente, imperturbabile e calcolatore. Come in ogni favola, il nostro eroe (Jung) sarà più volte messo alla prova affinché possa consacrarsi definitivamente, ma ahimè fallisce miserevolmente ogni prova: è bastato Otto Gross (Vincent Cassel), uomo impudico ed adultero, a far vacillare la fermezza e la professionalità del nostro dottore preferito, facendolo inciampare nel rapporto extraconiugale con la Spielrein, un fallimento civile, etico e professionale, quanto vi sia di più abietto nei confronti della moralità.
È un trionfo della decadenza.
Ma non tutto è perduto, c’è il lato soap a far sperare lo spettatore: l’amore tra i nostri protagonisti; non ci interessa quanto sia immorale, scorretto, meschino ed ingiusto, l’amore mette a tacere ogni forma di ostilità… ma anche l’amore fallisce: un amore nato da un rapporto corrotto, le cui fondamenta sono la malattia e la sodomia, la ninfomania e la gelosia, non può non sfociare se non in un catastrofico fallimento emotivo. Qui il tocco di classe, un touche allo spettatore: l’amore diventa trascendentale, si confina in quell’iperuranio platonico che lo consacrerà immortale. Non più carne, non più sesso, non più seduzione o malizia, l’amore diventa immortale, l’amore diventa idea… infondo, si può dire che l’amore abbia vinto no?!
Emblematica la scena dell'abbracio sulla barca tra Jung e Spielrein, allegoria della solitudine in un mare di etica moralità.
Le carte per fare un buon film ci sono tutte: cast ottimale, trama intrigante, regista con gli attributi. Eppure questo film lascia l’amaro in bocca allo scoccare del 94'. Ci sono troppe idee da sviluppare, troppe situazioni che avrebbero meritato maggiore attenzione, e il tempo per fare tutto è stato decisamente poco; per quello che il film vuole raccontarci, la durata è decisamente infima. La fotografia avrebbe potuto dare qualcosa in più, ma tarandola con una defezione complessiva del tutto, ha fatto un buon lavoro.
Un film che si impone non per voler suo, ma per quello che ci racconta; resta da valutare solo il modo in cui si impone, ma quella è mera discrezionalità soggettiva, solo permettetemi di dire, e credo che ne converrete in tanti, che con il materiale a disposizione, si poteva fare di più, molto di più.
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cannedcat
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martedì 27 dicembre 2011
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un film inutile
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Inutile e' il solo commento utile.
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epidemic
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sabato 17 dicembre 2011
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il peggior cronenberg
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scailbo e incocludente. la peggiore pellicola di Cronenberg. Un film che sulla carta si rivelava pretenzioso e originale e che invece si avvicina ad una storia d'amore. La scelta di keira knightley poi...assolutamente errata...ma qua forse cìè lo zampino della produzione. Film lungo che si basa su dialoghi distribuiti a casaccio qua e là senza nessun nesso come a giustificare il tema. Una stella. Deluso
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amamigio
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venerdì 2 dicembre 2011
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cronenberg sottotono.
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Decisamente sottotono.
Il film propone ottimi spunti di riflessione psicologico-esistenziali purtroppo solo lambiti e non approfonditi dal regista di "A history of violence".
Cronenberg si limita a raccontare la storia della genesi della psico-analisi:
Freud da una parte e il suo più illustre discepolo Jung dall'altra sembrano non arrivare mai alla fine di un percorso di catarsi intellettuale,
sintesi alla quale giunge, invece, la loro paziente divenuta analista interpretata da una splendida K. Knightley.
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lisa casotti
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martedì 29 novembre 2011
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per addetti ai lavori
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Credo sia un film per addetti ai lavori. Di psicologia e psicanalisi ho studiato alle scuole superiori e all’università, ma devo dire che l’istinto di morte e le teorie sulla libido non mi hanno mai convinto al punto da ritenerli degni di approfondimento (mentre trovo più interessanti le variazioni sul tema di Jung), e questo film non ha acceso il mio interesse. Tutt’altro.
L’ho sentito freddo, celebrare (forse è questo il suo pregio?), distante. Con attori chiusi in ruoli che non gli appartengono, come Viggo Mortensen nella parte di Freud. E se va molto meglio per lo Jung-Fassbender ed è cucita su misura la parte di Otto-Cassel, Keira Knightley nelle sue crisi di follia recita “sopra le righe”, è quasi inguardab
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Credo sia un film per addetti ai lavori. Di psicologia e psicanalisi ho studiato alle scuole superiori e all’università, ma devo dire che l’istinto di morte e le teorie sulla libido non mi hanno mai convinto al punto da ritenerli degni di approfondimento (mentre trovo più interessanti le variazioni sul tema di Jung), e questo film non ha acceso il mio interesse. Tutt’altro.
L’ho sentito freddo, celebrare (forse è questo il suo pregio?), distante. Con attori chiusi in ruoli che non gli appartengono, come Viggo Mortensen nella parte di Freud. E se va molto meglio per lo Jung-Fassbender ed è cucita su misura la parte di Otto-Cassel, Keira Knightley nelle sue crisi di follia recita “sopra le righe”, è quasi inguardabile!
Una vera delusione, perché i film di Cronemberg in genere mi piacciono, mentre A Dangerous Method non mi ha assolutamente coinvolto, ho rischiato di assopirmi, mi ha dato una boccata d’aria fresca solo la sequenza finale, tanto che pensavo che finalmente la storia decollasse, invece… titoli di coda!
Sapevo che con quest’ultimo lavoro Cronemberg si era avventurato in una terra inusuale, ma è proprio vero che “chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova…”!
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vittoria
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venerdì 11 novembre 2011
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da vedere -:))
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Bello,ben costruito e interessante.
Ottima interpretazione e fotografia.
Un film intelligente
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jaylee
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mercoledì 2 novembre 2011
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il triangolo no...
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Cronenberg illustra il triangolo (virtuale) tra Carl Jung, Sigmund Freud e Sabine Spielrein nel primo quarto del ventesimo secolo… Basato su una pièce teatrale, a sua volta tratta da un libro (già questo dà un primo senso di polpettone della domenica sera…), A Dangerous Method risulta un’opera narrativa piuttosto verbosa e statica. I personaggi sono tutto sommato ben delineati dall’inizio, anche se, forse proprio per questo, alla fine risultano piuttosto didascalici e bidimensionali. Jung, curioso, intuitivo, contradditorio; Freud, dogmatico, scientifico, razionale; la Spielrein destinata ad essere vittima (consapevole) di se stessa, intrappolata tra il martello e l’incudine. Di fatto, neanche una volta nel film questi personaggi escono dalla loro parte, ogni azione è perfettamente prevedibile.
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Cronenberg illustra il triangolo (virtuale) tra Carl Jung, Sigmund Freud e Sabine Spielrein nel primo quarto del ventesimo secolo… Basato su una pièce teatrale, a sua volta tratta da un libro (già questo dà un primo senso di polpettone della domenica sera…), A Dangerous Method risulta un’opera narrativa piuttosto verbosa e statica. I personaggi sono tutto sommato ben delineati dall’inizio, anche se, forse proprio per questo, alla fine risultano piuttosto didascalici e bidimensionali. Jung, curioso, intuitivo, contradditorio; Freud, dogmatico, scientifico, razionale; la Spielrein destinata ad essere vittima (consapevole) di se stessa, intrappolata tra il martello e l’incudine. Di fatto, neanche una volta nel film questi personaggi escono dalla loro parte, ogni azione è perfettamente prevedibile. I dialoghi non sopperiscono, purtroppo, alla mancanza di sviluppo della trama. Anzi, il film di per sé sembra una sequenza di episodi piuttosto che un’opera unica.
A differenza del rapporto Jung/Spielrein (piatto) e quello Freud/Spielrein (appena accennato, anche se di fatto la Spielrein, e non Jung, è la vera prosecutrice del pensiero di Freud, come si capisce nel film), il rapporto tra il maestro (Freud) e il discepolo (Jung) avrebbe senz’altro i suoi punti di interesse, anche se, fastidiosamente, i due giocano semplicemente ad interpretare i rispettivi sogni (o fanno finta di farlo) per comunicare tra di loro, questo per almeno 3 volte nel film, rendendo il gioco noioso, invece di affrontare in modo godibile, l’inevitabile divergenza dei due pensieri, e le motivazioni che sottendono (Freud rappresenta un modello scientifico avulso dalla cultura dominante, Jung è invece immerso nello Zeitgeist della propria epoca, ormai prossimo alle mitologie ed epiche dei totalitarismi del ‘900).
Purtroppo, A Dangerous Method risulta essere un’opera minore di Cronenberg, assolutamente asettica e a tratti poco ispirata, di certo non supportato dalle glaciali interpretazioni di Fassbender e Mortensen, e da quella posticcia della Knightley (altro che metodo Stanislavskij…). Anche la regia appare più adatta ad uno sceneggiato tedesco, che ad un film con queste aspettative. Si salva, a sorpresa, il quasi cameo di Vincent Cassel, nella parte dell’erotomane e nichilista Otto Gross, che dà un senso di leggerezza e calore nella sua visione del personaggio.
Per alcuni versi questo film ricorda (con pregi e difetti) il Kinsey di Bill Condon... Evidentemente la tematica dell’Eros studiata in modo quasi entomologico deve essere piuttosto complessa da riportare sullo schermo, anche per un maestro certo non timido come Cronenberg. In definitiva, un film che si perderà presto nella memoria. Peccato, perché i presupposti per una pellicola interessante c’erano tutti.
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[+] interpretazione parziale
(di enterthemax)
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