giusavvo
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sabato 8 ottobre 2011
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buono rispetto a quello che offre il mercato
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Al di la dei giochi linguistici che vedo usati con abbondanza da qualche commentatore, che si erge a «maestro di oscurità» in quanto confondendo la profondità con l'oscurità, e quindi per sembrare «profondo», evita di farsi capire perchè atteggiarsi a "intellettuale a tutti i costi", fa tanto chic, il film è un inno alla mediocrità.
A mio parere, dietro gli altisonanti nomi di Freud e Jung, si cela quello che potrebbe essere un normalissimo racconto da romanzo.
Da bar, poi, la disputa sulle rispettive teorie psicoanalitiche.
Comunque (sempre secondo me, se non avete meglio da fare, rispetto al contesto cinematografico attuale, questo film è il meglio che si possa vedere, ma non aspettatevi nulla di eccezionale.
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Al di la dei giochi linguistici che vedo usati con abbondanza da qualche commentatore, che si erge a «maestro di oscurità» in quanto confondendo la profondità con l'oscurità, e quindi per sembrare «profondo», evita di farsi capire perchè atteggiarsi a "intellettuale a tutti i costi", fa tanto chic, il film è un inno alla mediocrità.
A mio parere, dietro gli altisonanti nomi di Freud e Jung, si cela quello che potrebbe essere un normalissimo racconto da romanzo.
Da bar, poi, la disputa sulle rispettive teorie psicoanalitiche.
Comunque (sempre secondo me, se non avete meglio da fare, rispetto al contesto cinematografico attuale, questo film è il meglio che si possa vedere, ma non aspettatevi nulla di eccezionale.
Non lascia il segno.
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spike
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venerdì 7 ottobre 2011
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insolito cronenberg minore
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Un film di sceneggiatura, ben scritto ma insapore. Alla fine ci si domanda: ma dove voleva andare a parare il regista? Cosa voleva comunicare? La regia è piatta così come la fotografia. Ottimi gli attori, Keira in verità mi è sembrata un pò sopra le righe. Cronenberg non entra nella carne dei personaggi ( Existenz, La promessa dell'assassino...) e non sembra trovarsi a suo agio con i misteri della mente. Un film da guardare in TV. Deludente.
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blackredblues
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giovedì 6 ottobre 2011
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entusiasticamente anche no.
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Non sono d'accordo sul fatto che sia l'occhio della cinepresa ad entrare all'interno dell'essenza umana ma semmai il contrario. In questo caso ho come l'impressione che la cinepresa si faccia inutile e sedicente copia (anche un po' degradata, stereotipata e compressa) di ciò che fu 'la materia' in ballo tra questi due colossi della psicoanalisi. Che Cronenberg sia un bravo regista e abbia fatto gran bei film non lo discuto ma, prorpio perchè memore di ciò, non mi sembra che questo suo ultimo lavoro tenga il passo introspettivo e la freschezza di opere precedenti. Il dire che la realtà sia traducibile in immagini non mi sembra corretto e rispettoso proprio nei confronti di un riconoscimento dell'autonomia del cinema in quanto arte a se stante che, prendendo spunto da una storia, può solo e soltanto creare una 'realta' (termine che amo poco) 'altra' e autonoma.
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Non sono d'accordo sul fatto che sia l'occhio della cinepresa ad entrare all'interno dell'essenza umana ma semmai il contrario. In questo caso ho come l'impressione che la cinepresa si faccia inutile e sedicente copia (anche un po' degradata, stereotipata e compressa) di ciò che fu 'la materia' in ballo tra questi due colossi della psicoanalisi. Che Cronenberg sia un bravo regista e abbia fatto gran bei film non lo discuto ma, prorpio perchè memore di ciò, non mi sembra che questo suo ultimo lavoro tenga il passo introspettivo e la freschezza di opere precedenti. Il dire che la realtà sia traducibile in immagini non mi sembra corretto e rispettoso proprio nei confronti di un riconoscimento dell'autonomia del cinema in quanto arte a se stante che, prendendo spunto da una storia, può solo e soltanto creare una 'realta' (termine che amo poco) 'altra' e autonoma. Meglio abbandonare l'ottica platonica dell'arte come incrementalmente valida mano a mano che si avvicina al 'reale' (il discorso crea problemi notevoli sulla definizione di che cosa è 'reale' e ammette, in ultima istanza, soltanto uno sterile ritrattismo).
Non credo che al cinema si chieda di rivelare il nascosto (certo lo si può fare ma fortunatamente non gli si chiede soltanto questo), anzi, se badi bene, spesso il cinema finisce per celare ancora maggiormente ciò che già di per se non è molto chiaro a noi umani (pensiamo a Lynch per fare un esempio). Un film che si lascia vedere (magari il ripetutamente è meglio dilazionarlo con una cadenza che superi almeno l'anno).
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unknown_soldier
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giovedì 6 ottobre 2011
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la nascita
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Cronenberg distoglie lo sguardo dalla visceralità cruda , dalla fisicità delle emozioni umane per ricostruire il quadro di profondissima rivoluzione che fu la nascita della psico-analisi , non rinunciando ma anzi correttamente evidenziandole tutte le contradizioni e le diverse impostazioni in una non facile ma riuscita sintesi.
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eduardo
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giovedì 6 ottobre 2011
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''lo sanno che stiamo portando loro la peste?''
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Personalità ardite, geniali, folli, fragili, che portano avanti le proprie idee, si scontrano, si amano, si rinnegano, si combattono. Il film è carico di vibrante pathos che si cuce perfettamente sulla narrazione della vicenda dei tre protagonsti. La ricerca continua del duo Jung-Sabina Spielrein, coadiuvata dalla loro irrefrenabile passione, è di quelle che rendono avvincente un film e tengono lo spettatore incollato alla poltrona. Il potere delle idee consolidate, potentissime, quelle dell' altro duo Freud-Gross, rendono il film un campo di battaglia intellettuale affascinante e stimolante.
Anche se nell' ultima opera di D. Cronenberg il consueto scontro fisico è assente, quello passionale ed intellettuale qui raggiunge i suoi massimi livelli.
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Personalità ardite, geniali, folli, fragili, che portano avanti le proprie idee, si scontrano, si amano, si rinnegano, si combattono. Il film è carico di vibrante pathos che si cuce perfettamente sulla narrazione della vicenda dei tre protagonsti. La ricerca continua del duo Jung-Sabina Spielrein, coadiuvata dalla loro irrefrenabile passione, è di quelle che rendono avvincente un film e tengono lo spettatore incollato alla poltrona. Il potere delle idee consolidate, potentissime, quelle dell' altro duo Freud-Gross, rendono il film un campo di battaglia intellettuale affascinante e stimolante.
Anche se nell' ultima opera di D. Cronenberg il consueto scontro fisico è assente, quello passionale ed intellettuale qui raggiunge i suoi massimi livelli. Niente da dire: un buona pellicola, che racconta personaggi e storie fuori dal comune, rifuggendo la medio-crità mai presente se non quando Freud sbarcando in America dice: ''lo sanno che stiamo portando loro la peste?'' Infatti la materia del film è quanto meno scottante, come del resto tutto il contenuto della filmografia di Cronenberg.
Le prove degli attori sono encomiabili (su tutti Michael Fassbender), bella la fotografia e lo stile cinematografico, essenziale e deciso, che ben si sposa al periodo storico in cui si svolgono i fatti.
Ma il film non può andare oltre le tre stelle. Si avverte che alcuni aspetti della storia vengano trattati in maniera sommaria e poco credibile; soprattutto la vicenda di Sabina Spielrein che nel giro di poche scene passa da schizofrenica a donna saggia con qualche residua deviazione sessuale. Questa sommarietà, mostrata anche in altri film, a mio avviso è il limite di questo regista che parte bene per poi arenarsi parzialmente perdendo spessore.
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lucapic
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giovedì 6 ottobre 2011
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il biopic di cronenberg,lui lei e il signor altro
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Freud, Jung e Spielrein. Il primo conosciutissimo (anche dai muri). Il secondo un po’ meno famoso, allievo del primo ne ha poi preso le distanze. La terza è quella più di nicchia, ex-paziente di Jung e, una volta guarita (o quasi), psichiatra lei stessa. Il film è la storia del loro rapporto (a triangolo) basata su un piccolo adattamento teatrale del libro Un metodo molto pericoloso di John Kerr (Frassinelli editore), uno psicologo americano che ha scritto basandosi sul ritrovamento di corrispondenze dei tre. La giovanissima Sabina (Keira Knightely) è pazza, scalcia, tira pugni,urla, digrigna i denti e gioca con il cibo. E’ affetta, come si scopre, da nevrosi causata dalle ripetute botte del padre violento.
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Freud, Jung e Spielrein. Il primo conosciutissimo (anche dai muri). Il secondo un po’ meno famoso, allievo del primo ne ha poi preso le distanze. La terza è quella più di nicchia, ex-paziente di Jung e, una volta guarita (o quasi), psichiatra lei stessa. Il film è la storia del loro rapporto (a triangolo) basata su un piccolo adattamento teatrale del libro Un metodo molto pericoloso di John Kerr (Frassinelli editore), uno psicologo americano che ha scritto basandosi sul ritrovamento di corrispondenze dei tre. La giovanissima Sabina (Keira Knightely) è pazza, scalcia, tira pugni,urla, digrigna i denti e gioca con il cibo. E’ affetta, come si scopre, da nevrosi causata dalle ripetute botte del padre violento. Jung (Micheal Fassbender, il Magneto di X-Men:First Class) la guarisce utilizzando il metodo freudiano e la incoraggia, vista la sua lucida intelligenza, a diventare lei stessa psichiatra continuando a seguirla nei suoi studi. Lei però nasconde ancora una macchia del suo passato: non può fare a meno di eccitarsi dopo le bastonate e desidera ardentemente Jung. Lui è affascinato ma combattuto. Uomo integro e serio (anche se appare smidollato) ama sua moglie (donna intelligente ma completamente asservita al marito), i suoi bambini e più di tutti crede nella sua professionalità (giammai un dottore con la sua paziente). Conosce Freud (Viggo Mortensen, l’indimenticabile Aragon de Il signore degli anelli) a Vienna proprio presentandogli il caso di Sabina e iniziando sin da subito un sodalizio umano e professionale. Il maestro sembra però preoccupato (e un po’ invidioso) dell’allievo più giovane, preparato e di nuove vedute. Gli spedisce in clinica Otto Gross (Vincent Cassel, Mr. Bellucci) un debosciato psichiatra di “politiche” diverse (lui si fa qualsiasi paziente desideri) e lo convince ad abbandonarsi ai suoi istinti con Sabina. Segue un intricato evolversi di situazioni che porterà il distacco di Jung da Sabina (che passa da amante a amica-confidente) e da Freud (che diventa antagonista) e il loro avvicinarsi (solo professionalmente). Insomma l’inconscio dei genitori di questo nuovo mondo (la psicanalisi) che tanto ci affascina a cui ci avviciniamo rapiti seppur talvolta dubbiosi. Il loro lato oscuro che gli ha portati a teorizzare l’uomo nel suo invisibile attraverso anche loro stessi (si analizzano continuamente, il film è pieno di tecnicismi). Forse è proprio questo il limite, il misurarsi, nei limitati tempi cinematografici, con dei mostri sacri, complessi a loro volta, perdendo talvolta la strada e rischiando la banalizzazione e l’appiattimento. Il soggetto resta comunque originale (sappiamo tutto delle loro teorie ma poco di loro) e l’opera è ben fatta (bei costumi, inquadrature e ambientazioni), assolutamente d’autore e diversa da quei prodotti destinati alla televisione. Di Cronenberg (regista culto, uno dei tanti La Mosca). Consigliato. Presentato all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
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daisywhite
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giovedì 6 ottobre 2011
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discreto
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Le aspettative erano alte e sono andate in parte deluse.Il soggetto era un terreno fertile per notevoli spunti di riflessione ma soffermandosi troppo lungamente sul rapporto amorosa-sessuale tra Jung e Sabina si è persa un ottima opportunità. A tratti pedante e scontato, ha banalizzato un argomento affascinante..Solo nell'ultima mezz'ora finalmente prende forma e corposità l'idea originaria..ma è troppo tardi.
Bravi gli attori..ma la Knightley nelle prime inquadratura drammatizza imbruttendosi esageratamente.
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brundlefly
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giovedì 6 ottobre 2011
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"non esistono coincidenze"
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Immediatamente dopo aver visionato il film salterà all'occhio l'infelice scelta del montaggio oltre al finale che non soddisfa a pieno le aspettative che il resto della pellicola crea. Perché mai affibiargli ben quattro stelle vi chiederete. Il voto è pienamente giustificato dalle appaganti conclusioni che si potranno formulare grazie agli spunti dati dal film.
Il cardine del mio pensiero si basa su di una scena illuminante dove Freud (Mortensen) si espone con Sabina (Knightley) riguardo le teorie metafisiche, applicate alla psicoanalisi, del Dr. Jung (Fassbender) e riguardo Jung stesso, giustificando lo scioglimento del legame, che prima accomunava i due psicoanalisti, in quanto l'uno ebreo e l 'altro ariano: quindi mondi e modi di pensare intangibili.
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Immediatamente dopo aver visionato il film salterà all'occhio l'infelice scelta del montaggio oltre al finale che non soddisfa a pieno le aspettative che il resto della pellicola crea. Perché mai affibiargli ben quattro stelle vi chiederete. Il voto è pienamente giustificato dalle appaganti conclusioni che si potranno formulare grazie agli spunti dati dal film.
Il cardine del mio pensiero si basa su di una scena illuminante dove Freud (Mortensen) si espone con Sabina (Knightley) riguardo le teorie metafisiche, applicate alla psicoanalisi, del Dr. Jung (Fassbender) e riguardo Jung stesso, giustificando lo scioglimento del legame, che prima accomunava i due psicoanalisti, in quanto l'uno ebreo e l 'altro ariano: quindi mondi e modi di pensare intangibili. Da questo punto si deduce che le idee di Jung, meno razionali e guidate dall' istinto, andarono a sviluppare l'animo ultranazionalista che contraddistinse la Germania come nazione disposta a tutto pur di ergersi sopra l' Europa (Jung aveva il pallino del perfezionamento dell'uomo, non sono coincidenze se le sue teorie hanno in comune molti aspetti del Ubermensch di Nietzsche, il superuomo, al quale le più alte cariche del reich attinsero, compreso Hitler nel 1939).
Negli ultimi minuti del film Jung racconta di un suo sogno ricorrente: una gigantesca onda che, originatasi nel Mare del Nord, investe l'Europa riducendola in macerie, ci troviamo nel 1913...
Il finale vede Jung adagiato sulla sua sedia di vimini nel suo immenso giardino intento a contemplare il lago; egli sa che il sogno, quel brutto presentimento, sarà presto realtà e non resta che aspettare l'inevitabile.
Il film è molto più che "bei dialoghi", molto più che "grandi attori", A Dangerous Method racconta l'incontro e l'inevitabile scissione di due correnti di pensiero che cambieranno per sempre il mondo.La Guerra Mondiale è alle porte e la mano che ne muove i fili è la mente umana!
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prao.gio
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giovedì 6 ottobre 2011
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un cronenberg casto e incerto ricorda alan moore
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Con "A Dangerous Method", Cronenberg mette in atto su pellicola quello che è stato uno dei motivi più interessanti del fumetto di Alan Moore nei tardi anni ottanta: esasperare l'umanizzazione dell'eroe fino a renderla pura destrutturazione. Le vittime del regista canadese sono Freud (Viggo Mortensen, il migliore attore in campo) e Jung (Michael Fassbender), spogliati dell'alone mitico che ne nasconde l'aspetto umano e mostrati puramente come Personaggi, peraltro assolutamente fuori controllo e in balia di coloro che la stessa sceneggiatura definisce, giustamente, "catalizzatori": Sabina Spielrein (Keira Knightley) e Otto Gross (Vincent Cassel), entrambi famosi psicoanalisti.
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Con "A Dangerous Method", Cronenberg mette in atto su pellicola quello che è stato uno dei motivi più interessanti del fumetto di Alan Moore nei tardi anni ottanta: esasperare l'umanizzazione dell'eroe fino a renderla pura destrutturazione. Le vittime del regista canadese sono Freud (Viggo Mortensen, il migliore attore in campo) e Jung (Michael Fassbender), spogliati dell'alone mitico che ne nasconde l'aspetto umano e mostrati puramente come Personaggi, peraltro assolutamente fuori controllo e in balia di coloro che la stessa sceneggiatura definisce, giustamente, "catalizzatori": Sabina Spielrein (Keira Knightley) e Otto Gross (Vincent Cassel), entrambi famosi psicoanalisti. Il film procede con un ritmo incerto, ed è proprio un forte senso di incertezza quella che si prova uscendo dalla sala. Incerti, nel senso più stimolante del termine, rimangono i profili dei due giganti della psicoanalisi (Freud un ottuso ebreo e Jung un isterico sciamano). Incerta (si potrebbe dire timida) è però anche la regia di Cronenberg che, oltre a deliziare con le solite splendide sequenze, si mostra insolitamente ambiguo nel momento in cui non riesce a decidere quale personaggio mettere a fuoco (letteralmente) durante alcuni colloqui e inspiegabilmente contenuto nel mostrare scene di sesso di una castità, nel contesto, assurda, irrealistica e poco convincente. Incerta è poi la prova della Knightley, ottima se contenuta, ma davvero imbarazzante quando le viene detto di fare la pazza. L'aspetto più frustrante per lo spettatore rimane però un senso di mancato appagamento e inevitabile delusione, quasi come il difetto peggiore del film di Cronenberg sia quello di essere un film di Cronenberg, con le aspettative che ne conseguono. Elegante la sceneggiatura e ottima la colonna sonora.
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