Film non facile e non per tutti i gusti, si segue non di meno affascinati dalle parole di due grandi studiosi e della donna che uno di loro amò. La storia è la stessa che era già stata narrata in "Prendimi l'anima" di Roberto Faenza, storia vera d'altra parte, quindi difficilmente modificabile. Nel film di Faenza Freud non compariva, ma veniva soltanto citato, mentre qui i suoi incontri, discussioni e contrasti con Jung sono uno dei fulcri del film. Gara di cervelli, lotta di intelligenze, ma l'anima sembra stare solo dalla parte di Sabine Spielrein, fragile e appassionata. Perchè Freud e Jung appaiono sì come delle grandi menti, ma la loro statura di "uomini" lascia alquanto a desiderare.
Magnifica ambientazione, ottimi interpreti. Fino a qualche anno fa non avrei scommesso due soldi su Viggo Mortensen e invece eccolo qui, capace di interpretare i ruoli più diversi. Non ho mai amato molto Keira Knightley, ma riconosco la sua indubbia bravura in questo caso, è vibrante, terrorizzata, appassionata, innamorata. Ottimo Michael Fassbender nel ruolo ingrato di Jung, la cui freddezza viene infine scalfita dall'amore di Sabine.
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gioacchino64
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martedì 4 ottobre 2011
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mi pare...
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...di poter dire che la indubbia bravura e passione degli attori sia un ulteriore merito da attribuire anche al regista. Per quanto riguarda i protagonisti, direi che, paradossalmente, la Spierlen rappresenta il miglior risultato della relazione terapeuta-paziente. Liberata dalle sue sovrastrutture, libera mente e corpo, e raggiunge una sofferta completezza. Paradossalmente, Freud sembra più ingessato, e troppo legato al suo bisogno di essere maestro unico e indiscusso. Probabilmente le sue condizioni economiche, la famiglia numerosa e il torpore della Vienna preguerra hanno condizionato questo suo modo di essere, almeno per come viene presentato nel film. Jung appare il frutto, nel bene e nel male, della cultura benestante e calvinista.
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...di poter dire che la indubbia bravura e passione degli attori sia un ulteriore merito da attribuire anche al regista. Per quanto riguarda i protagonisti, direi che, paradossalmente, la Spierlen rappresenta il miglior risultato della relazione terapeuta-paziente. Liberata dalle sue sovrastrutture, libera mente e corpo, e raggiunge una sofferta completezza. Paradossalmente, Freud sembra più ingessato, e troppo legato al suo bisogno di essere maestro unico e indiscusso. Probabilmente le sue condizioni economiche, la famiglia numerosa e il torpore della Vienna preguerra hanno condizionato questo suo modo di essere, almeno per come viene presentato nel film. Jung appare il frutto, nel bene e nel male, della cultura benestante e calvinista. Credo che a suo merito vada ascritto il superamento di questi forti schemi culturali. In tal senso, a mio avviso, la sua apparente fragilità, la capacità di mettersi e rimettersi in discussione, la volontà di andare oltre il maestro e l'etica, lo pone simmetricamente sullo stesso piano della Spierlen. Nell'uno evidenziando la parte femminile, e nell'altra la parte maschile.
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