tony
|
domenica 1 marzo 2020
|
il corridoio della paura.. senza apparente paura
|
|
|
|
Giammarcodiroma
Non potevi esprimere meglio i concetti legati a questa, secondo me, piccola opera capolavoro di Ascanio Celestini. Un pugno nello stomaco questo film che con freddezza almeno iniziale, dipana la matassa della pazzia nella condizione umana. Ma cos'è la pazzia? Essere diversi oppure un'altra via, un'altro modo di vedere il mondo... con tutti i suoi ineluttabili pericoli? Una prigione senza sbarre, la pazzia, che non sono quelle delle quattro mura ma quelle della mente.
|
|
[+] lascia un commento a tony »
[ - ] lascia un commento a tony »
|
|
d'accordo? |
|
omissam
|
martedì 18 settembre 2018
|
grazie gianmarco
|
|
|
|
Ho appena finito di vedere "La pecora nera". Mi ha stordito e messo nella condizione, piuttosto fastidiosa, di riflettere su quanta infelicità possa esistere superiore alla mia.
Pertanto, con la voglia di rivederlo, ho "cliccato" alla ricerca di una recensione dello stesso. Fortunatamente, per puro caso, mi son trovato davanti la sua che ho letto avidamente, pieno di stupore. Mi ha fatto meglio comprendere e ancor più riflettere, Per questo la ringrazio e seguirò. Massimo Marcuccio
|
|
[+] lascia un commento a omissam »
[ - ] lascia un commento a omissam »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
lunedì 8 luglio 2013
|
un cinema sperimentale
|
|
|
|
Come anche "La solitudine dei numeri primi", questo film è stato presentato in concorso a Venezia tre anni fa. A differenza della "Solitudine", credo abbia ricevuto non pochi elogi, forse per l'intelligenza con cui dipingerebbe il mondo dei malati.
Bisogna però intendersi: se Costanzo jr. ha trasposto il romanzo di Giordano, qualunque giudizio se ne dia, mischiando delle venature horror alla parabola sui "Diversi" ed alle attinenze/differenze tra teatro e realtà (Una sorta di teatr(in)o del cinema, che ricorda lontanamente "Dolls" di Kitano), Celestini porta sullo schermo una sua opera teatrale, scegliendo di fondere la voce fuori campo (Che nulla ha ache fare, per fortuna, con quella del brutto "Ovosodo"), con un'impostazione in cui l'aneddoto, che poi è più che altro una riproposizione del suo passato, si fonde con un mondo agreste come quello delle uova che hanno in meno le suore.
[+]
Come anche "La solitudine dei numeri primi", questo film è stato presentato in concorso a Venezia tre anni fa. A differenza della "Solitudine", credo abbia ricevuto non pochi elogi, forse per l'intelligenza con cui dipingerebbe il mondo dei malati.
Bisogna però intendersi: se Costanzo jr. ha trasposto il romanzo di Giordano, qualunque giudizio se ne dia, mischiando delle venature horror alla parabola sui "Diversi" ed alle attinenze/differenze tra teatro e realtà (Una sorta di teatr(in)o del cinema, che ricorda lontanamente "Dolls" di Kitano), Celestini porta sullo schermo una sua opera teatrale, scegliendo di fondere la voce fuori campo (Che nulla ha ache fare, per fortuna, con quella del brutto "Ovosodo"), con un'impostazione in cui l'aneddoto, che poi è più che altro una riproposizione del suo passato, si fonde con un mondo agreste come quello delle uova che hanno in meno le suore. Assai poco bozzetistiche, per la verità, almeno nel senso che si potrebbe pensare. Però: se Celestini non è Virzì, non è neanche Cronenberg. Sembra (ri)cercare soltanto la semplicità nel senso più positivo del termine, una ricerca del mondo agreste senza sdolcinature da "Mulio Bianco" , un mondoaspramente dolce che si fonde col misto di tenerezza e tristezza che caratterizza il passato ed il presente del protagonista.
In ogni caso, rischiamo di assistere ad un (Simpatico) ibrido nella sostanza e nei contenuti. E non capisco molto perché elogiare questo film ed avanzare determinate riserve sulla "Solitudine".
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
ipno74
|
venerdì 13 maggio 2011
|
un simpatico pazzo
|
|
|
|
Il film ha un impatto iniziale veramente buono, originale e trasmette la vera pazzia di un uomo che vive la sua vita, sin da bambino, in un manicomio.
Interpretato e diretto benissimo da Celestini, ma per me rimane, per ora, solo un grande monologhista.
Anche se alcune scene sono per,eate da una descrizione stupenda della pazzia, altre rallentano il ritmo del film, portandolo ad un'altro dei prodotti italiani non capiti.
Tuttavia, si hanno dei buoni colpi di scena, la storia è dura ma descritta con ironia e leggerezza.
|
|
[+] lascia un commento a ipno74 »
[ - ] lascia un commento a ipno74 »
|
|
d'accordo? |
|
bebo976
|
venerdì 13 maggio 2011
|
film da vedere
|
|
|
|
Film molto bello che lascia un po' quel riso amaro. Un ritorno al cinema italiano.
|
|
[+] lascia un commento a bebo976 »
[ - ] lascia un commento a bebo976 »
|
|
d'accordo? |
|
bruno leonardini
|
lunedì 2 maggio 2011
|
mediocre
|
|
|
|
Non basta una buona idea per fare un film. E non basta una storia per fare il regista. Il film è lento, retorico e senza stile. Consiglio a Celestini di non seguire le orme del suo collega musicista, ma ben più bravo di lui, Zampaglione.
|
|
[+] lascia un commento a bruno leonardini »
[ - ] lascia un commento a bruno leonardini »
|
|
d'accordo? |
|
astromelia
|
lunedì 31 gennaio 2011
|
film da osservare
|
|
|
|
sebbene il tema sia delicato,questo film va osservato nel vero senso della parola,senza commenti ne opinioni,è una reale realtà nel contesto di normalità/anormalità sociale,buon ritmo
|
|
[+] lascia un commento a astromelia »
[ - ] lascia un commento a astromelia »
|
|
d'accordo? |
|
rosatigre
|
giovedì 4 novembre 2010
|
poesia pura
|
|
|
|
Complimenti ad Ascanio Celestini per avere creato un'opera cinematografica emozionante e commovente.
Ciò che colpisce di più è la voce fuori campo, perfetta, coinvolgente e perfetta in ogni attimo del film; funzionale come il ripetersi di certe frasi, quasi necessarie per avere una visione più ampia e profonda della storia.
Una storia toccante e travolgente che in apparenza da l'aria di una semplice presentazione dei pensieri del protagonista pazzo, ma reso tale.
Perché in profondità ecco una sottile denuncia verso le istituzioni psichiatriche; la delicata descrizione di ogni angolo del posto e di ogni personaggio presente.
[+]
Complimenti ad Ascanio Celestini per avere creato un'opera cinematografica emozionante e commovente.
Ciò che colpisce di più è la voce fuori campo, perfetta, coinvolgente e perfetta in ogni attimo del film; funzionale come il ripetersi di certe frasi, quasi necessarie per avere una visione più ampia e profonda della storia.
Una storia toccante e travolgente che in apparenza da l'aria di una semplice presentazione dei pensieri del protagonista pazzo, ma reso tale.
Perché in profondità ecco una sottile denuncia verso le istituzioni psichiatriche; la delicata descrizione di ogni angolo del posto e di ogni personaggio presente.
Un Giorgio Tirabassi da urlo, straordinario per ogni minima espressione e ogni minimo movimento del corpo, mai visto così bravo!
Non manca la storia d'amore, raccontata con dolce drammaticità ed è il pezzo che completa un puzzle fatto di emotività portata all'estremo … improvvisa e costante.
Ottima sceneggiatura di Chiti, Labate e lo stesso Celestini; bellissima la fotografia di Cipri.
Si è vista la pazzia umana trattata con amore e rispetto; quasi con pudore, perché l'uomo è fatto di carne sofferente, ma forse di mente libera e inconsapevole di tutto ciò che c'è intorno.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rosatigre »
[ - ] lascia un commento a rosatigre »
|
|
d'accordo? |
|
silvianovelli
|
lunedì 1 novembre 2010
|
io che t'ho fatto ti disfo...
|
|
|
|
Se - come dice Jake Moore nel secondo Wall Street - "follia è ripetere la stessa azione ed aspettarsi un risultato diverso", il film di Ascanio Celestini rende questa definizione quanto mai calzante: "La pecora nera" è tutto una ripetizione di parole, suoni onomatopeici, codici comportamentali e situazioni, fino al limite dell'esasperazione. Se volete passare un'ora e mezzo di sana angoscia, andatelo a vedere!
A parte tutto, non è che non lo consigli. Il film, in concorso a Venezia, è stato molto apprezzato e anch'io mi sento di dire: se vi ispira guardatelo e traete le vostre conclusioni.
[+]
Se - come dice Jake Moore nel secondo Wall Street - "follia è ripetere la stessa azione ed aspettarsi un risultato diverso", il film di Ascanio Celestini rende questa definizione quanto mai calzante: "La pecora nera" è tutto una ripetizione di parole, suoni onomatopeici, codici comportamentali e situazioni, fino al limite dell'esasperazione. Se volete passare un'ora e mezzo di sana angoscia, andatelo a vedere!
A parte tutto, non è che non lo consigli. Il film, in concorso a Venezia, è stato molto apprezzato e anch'io mi sento di dire: se vi ispira guardatelo e traete le vostre conclusioni. Personalmente ne ho apprezzato il coraggio e la sperimentazione: la storia, ambientata nei "favolosi anni '60", come ripete più volte il protagonista Nicola - Ascanio Celestini, parla di pazzia, malattia mentale e manicomi.
Racconta la vita di Nicola bambino, figlio di una madre malata di mente, e poi di Nicola adulto, internato in un maniconomio gestito dalle suore, la cui missione quotidiana è la spesa al supermercato dove può comprare solo quello che sta scritto sulla lista della suora. Per Nicola il supermercato, il manicomio, l'ospedale o un condominio sono la stessa cosa e il direttore del supermercato è il capo di tutto, è il Papa, anzi è Gesù. Nicola interagisce con una sorta di alter ego interpretato da Giorgio Tirabassi, che forse esiste veramente o forse è solo una sua proiezione mentale. Nella struttura fatta di continui flash back e rimandi passato - presente emergono le vicende dell'infanzia di Nicola, dove non si capisce cosa sia causa e cosa effetto della sua malattia mentale, con una famiglia non propriamente rassicurante e una mamma che finisce i suoi giorni in manicomio.
Il film è tratto da una pièce e l'impostazione teatrale rimane fortissima, anche troppo. Si avverte nelle inquadrature lunghe, nell'assenza di musica, nella reiterazione, nei monologhi. In sala diverse persone lo hanno trovato noioso. Io personalmente ho iniziato a spazientirmi un po' soltanto verso la fine, anche se il film è senza dubbio lento. A mio parere riesce a trasmettere molto bene il senso di straniamento del protagonista e ci fa penentrare nella sua dimensione di follia, proprio esasperando i suoi monologhi e le sue cantilene, ripetendole fino al parossismo, e al tempo stesso confonde la sua follia con la realtà in cui è cresciuto, tanto che non si capisce più dove stia la linea di confine.
Ci sono intuizioni non banali e la capacità di sorprendere nel mischiare ironia e drammaticità, al punto che in alcuni momenti non si sa veramante se aspettarsi di ridere, schifarsi, provare pena o piangere. Però rimane a mio parere un film non del tutto riuscito, trasmette angoscia e questo probabilmente è il suo scopo, ma poteva riuscirci forse meglio esasperando meno i concetti e con una soglia minore di reiterazione. Non "arriva" bene, si disperde, soffoca troppo la poesia con l'ansia. Azzeccate ed efficaci le battute finali.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a silvianovelli »
[ - ] lascia un commento a silvianovelli »
|
|
d'accordo? |
|
sara marini
|
lunedì 25 ottobre 2010
|
l'alienato mondo di nicola
|
|
|
|
Dopo aver transitato sui palchi teatrali, La pecora nera approda al cinema. Ascanio Celestini debutta dietro la macchina da presa in veste di sceneggiatore e regista di stesso per raccontare la storia di Nicola, bambino poco dedito allo studio e ai suoi coetanei durante i “favolosi anni Sessanta” e factotum in un manicomio gestito da suore alla soglia dei non più favolosi anni Ottanta (la legge Basaglia abolì queste strutture sanitarie nel 1978).
L’anamnesi del percorso che lo ha condotto nell’istituto di cura procede ricalcando i toni e gli scarti temporali che caratterizzano i monologhi teatrali dell’autore. La vicenda di Nicola è composta da micro storie oscillanti tra dramma e assurdità che lentamente modificano il punto di vista dello spettatore fino a condurlo faccia a faccia con un’amarissima verità.
[+]
Dopo aver transitato sui palchi teatrali, La pecora nera approda al cinema. Ascanio Celestini debutta dietro la macchina da presa in veste di sceneggiatore e regista di stesso per raccontare la storia di Nicola, bambino poco dedito allo studio e ai suoi coetanei durante i “favolosi anni Sessanta” e factotum in un manicomio gestito da suore alla soglia dei non più favolosi anni Ottanta (la legge Basaglia abolì queste strutture sanitarie nel 1978).
L’anamnesi del percorso che lo ha condotto nell’istituto di cura procede ricalcando i toni e gli scarti temporali che caratterizzano i monologhi teatrali dell’autore. La vicenda di Nicola è composta da micro storie oscillanti tra dramma e assurdità che lentamente modificano il punto di vista dello spettatore fino a condurlo faccia a faccia con un’amarissima verità. Questo meccanismo ricorda la dinamica della follia descritta da Martin Scorsese in Shutter Island ma l’isola di Celestini è popolata dai volti popolari e a tratti folkloristici che egli ama dissezionare con intenti antropologici per ricomporli traducendoli nel suo personalissimo linguaggio.
Malgrado il film sia illuminato da pennellate d’ironia, la desolazione di cui è intessuto non viene mai stemperata totalmente. L’infanzia di Nicola è irreparabilmente contaminata da morte e alienazione, piaghe contro cui nulla possono gli intermezzi comici delle uova delle nonna e delle caramelle balsamiche “di pecora”.
Per riflettere su quella che fu l’istituzione “manicomio” e sull’uso e abuso che se ne fece.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sara marini »
[ - ] lascia un commento a sara marini »
|
|
d'accordo? |
|
|