dbmassi
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martedì 21 dicembre 2010
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un film sulla realtà
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Il film è davvero ben fatto ed il messaggio era molto profondo. Infatti, non si limita solo a rappresentare la citazione di Shakespeare "la vita è un racconto di un idiota, pieno di rumore e furia, privo di significato" che costituisce il leitmotiv del film (ripetuta per ben due volte all’inizio ed alla fine del film), ma sviluppa questo argomento mettendo in scena la soluzione più utilizzata dagli esseri umani per sopperire a questa totale mancanza di significato: l’illusione.
È appunto l’illusione che viene rappresentata in molte delle sue forme: dalla più comune menzogna sull’amore che viene citata nel titolo del film “incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, all’anziana signora che, abbandonata dal marito, si rifugia nei consigli della chiromante imbrogliona (bellissimo lo scambio di battute col cognato scettico):
Roy: ".
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Il film è davvero ben fatto ed il messaggio era molto profondo. Infatti, non si limita solo a rappresentare la citazione di Shakespeare "la vita è un racconto di un idiota, pieno di rumore e furia, privo di significato" che costituisce il leitmotiv del film (ripetuta per ben due volte all’inizio ed alla fine del film), ma sviluppa questo argomento mettendo in scena la soluzione più utilizzata dagli esseri umani per sopperire a questa totale mancanza di significato: l’illusione.
È appunto l’illusione che viene rappresentata in molte delle sue forme: dalla più comune menzogna sull’amore che viene citata nel titolo del film “incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, all’anziana signora che, abbandonata dal marito, si rifugia nei consigli della chiromante imbrogliona (bellissimo lo scambio di battute col cognato scettico):
Roy: "..quella sedicente veggente prende tutti i tuoi soldi e ti dice solo quello che ti piace sentire!"
Helena: "anche tu prendi i miei soldi, visto che pago io i tuoi conti, e in più quello che mi dici non mi piace affatto!"
Dall’anziano Alfie che si illude di trovare nel sesso (e nel Viagra) la soluzione alla propria paura di invecchiare, a Roy che identifica col successo letterario a tutti i costi la realizzazione della propria esistenza.
Nel film abbiamo visto anche che queste illusioni a volte possono durare e dare anche degli ottimi risultati (Helena trova in realtà l’amore) mentre le menzogne di altri personaggi li porteranno presto ad un tragico fallimento. Il motivo possiamo solo immaginarlo; forse perché Helena era quella che si illudeva di più? O forse, come già lo stesso Woody aveva magistralmente rappresentato nello splendido Match Point, si tratta solo di fortuna?
In quest’ottica non è difficile immedesimarsi nei personaggi del film, tutti ci illudiamo quotidianamente che qualcosa di spirituale o di materiale possa dare un senso alla nostra vita perché, in fondo, siamo consapevoli solo dell’inconsapevolezza altrui.
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pepito1948
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lunedì 20 dicembre 2010
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un mondo senza speranza
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INCONTRERAI L'UOMO DEI TUOI SOGNI
Cito un pensiero di Woody Allen: "Credo che la vita sia un lungo, doloroso incubo privo di significato e che l'unica possibilità di essere felici sia mentire a se stessi....". Ancora, parafrasando Shakespeare: "E' tutto rumore e furia, e alla fine non vuol dire nulla". Non c'è da stare granchè allegri a riflettere sulla cornice folosofica dell'autore che, quanto a pessimismo (che sembra aumentare con il progredire dell'età), sembra voler gareggiare con certi film dei colleghi Cohen. Non c'è niente da fare, l'uomo è fallace, è meschino, è incapace di costruirsi -e mantenere su livelli accettabili- una vita soddisfacente, e tutto ciò porta inesorabilmente all'unico approdo possibile, cui non si sfugge, sia pure dopo effimeri successi: il fallimento, l'irraggiungibilità degli obiettivi finali.
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INCONTRERAI L'UOMO DEI TUOI SOGNI
Cito un pensiero di Woody Allen: "Credo che la vita sia un lungo, doloroso incubo privo di significato e che l'unica possibilità di essere felici sia mentire a se stessi....". Ancora, parafrasando Shakespeare: "E' tutto rumore e furia, e alla fine non vuol dire nulla". Non c'è da stare granchè allegri a riflettere sulla cornice folosofica dell'autore che, quanto a pessimismo (che sembra aumentare con il progredire dell'età), sembra voler gareggiare con certi film dei colleghi Cohen. Non c'è niente da fare, l'uomo è fallace, è meschino, è incapace di costruirsi -e mantenere su livelli accettabili- una vita soddisfacente, e tutto ciò porta inesorabilmente all'unico approdo possibile, cui non si sfugge, sia pure dopo effimeri successi: il fallimento, l'irraggiungibilità degli obiettivi finali. Questo il tema di fondo, tutt'altro che nuovo, dell'ultimo film di Allen, che per l'occasione ritorna a girare a Londra.
Per dimostrare la sua tesi, egli inscena alcune storie di persone di normale quotidianità -tratte dal suo ambiente preferito, quello della media o alta borghesia- intrecciate fra di loro da rapporti di parentela, secondo uno schema che tende a rappresentare un'ampia gamma di tipologie umane, comportamentali e situazionali in cui possa in qualche modo trovare posto il transfert di identificazione dello spettatore.
Ecco quindi l'attempato marito che, per scacciare l'imminente vecchiaia, conosce e sposa una ragazzetta oca e puttanella quanto succhiasoldi ed opportunista, accorgendosi dell'errore quando ormai è troppo tardi per tornare sui suoi passi; la figlia delusa dal menage familiare che si innamora del nuovo datore di lavoro, sprofondando nella vana illusione di essere ricambiata; suo marito scrittore che, dopo il successo del primo romanzo e la conquista di una giovane dirimpettaia, perde l'ispirazione e crede di porvi rimedio grazie ad un furto letterario. Ma è soprattutto l'ultima protagonista, moglie abbandonata del primo e madre invadente della seconda, che impersona al meglio la visione esistenziale e la quadratura del cerchio di Allen: l'anziana signora è succube di un'improvvisata indovina (a cui si riferisce il titolo) che le predice ciò che lei vorrebbe sentirsi dire, e vive in un mondo virtuale tutto suo che non ha nulla a che fare con la dura realtà che schiaccia gli altri mortali; grazie a questo si salverà e conoscerà un libraio occultista e perso sulle tracce più o meno percepibili dell'anima della defunta moglie, quindi anche lui fuori dalla realtà. "Le uniche persone felici sono coloro che non si rendono conto della realtà, gli sciocchi, i pazzi, che però alla fine sono più felici di me" (ancora Allen). C'è comprensione, c'è indulgenza verso i personaggi, visti come vittime più che come artefici dei propri fallimenti. Tranne che per uno, lo scrittore fedifrago, per il quale non c'è pietà e si profila un duro redde rationem.
Niente di nuovo quindi sotto il sole; stesso tema, differenti contesti per trasmetterci il solito messaggio di desolato sconforto verso l'umana esistenza, il tutto espresso -anche con l'aiuto di una voce narrante come nel penultimo film- con la consueta soave leggerezza. Ma non si ride durante la visione del film, che è difficile definire commedia sia pure sui generis; non ci sono le famose brillanti battute che compensano l'amarezza di fondo; nè si gode dei guizzi di genialità dei dialoghi cui Allen ci aveva abituato. Anche il cast non mi sembra impeccabile: accanto al grande Anthony Hopkins, che ci stupirebbe anche se interpretasse un rude boscaiolo o il matto del villaggio o uno scaricatore di porto in pensione, ed alle ottime e credibili Naomi Watts e Gemma Jones, c'è un Banderas che gigioneggia senza essere Nicholson, e Josh Brolin, spaesato sosia di Schwarzenegger che mi sembra più indicato nel ruoli da duro dei film dei fratelli Cohen.
Insomma una prova d'autore (un autore che rimane pur sempre uno dei più grandi della filmografia mondiale) al di sotto delle aspettative. Per chiudere mi sento di sintetizzare così il messaggio che ho percepito alzandomi piuttosto depresso a fine proiezione: la speranza è la penultima a morire; l'ultima è la consapevolezza che non c'è speranza.
CLAUDIO PIPITONE
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mafalda59
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lunedì 20 dicembre 2010
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banaleeee
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Temo che Allen sia arrivato....alla frutta. E' terribilmente banale...melange di altri suoi film. Ma se non ha più idee..fa niente. Continui solo a suonare il clarinetto! Tanto di capolavori ne ha già fatti! Antonietta
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ultimoboyscout
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lunedì 20 dicembre 2010
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voglio l'audi di banderas!
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Esempio lampante di tipicissimo ed evidentissimo film di Allen per cui se vi piace il regista amerete il film, se come me non lo amate lo detesterete. meno brillante e meno sottile di altre pellicole sue, mi ha colpito solo Brolin, bravissimo e sottovalutato, e il solito gruppo di personaggi bislacchi e grotteschi. Noioso e lentissimo all'inverosimile.
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marezia
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domenica 19 dicembre 2010
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"la donna della mia vita"
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ha TUTTO quello che c'è in questo film ma IN MODO INTELLIGENTE E CREATIVO. Se il pubblico italiano fosse MENO STUPIDAMENTE ESTEROFILO ED AMANTE DELLE CRETINATE sarebbe stato valorizzato come merita e invece perfino i critici cadono miseramente nella palude.
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marezia
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domenica 19 dicembre 2010
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... però senza pepe.
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"Una profonda riflessione su quella grande illusione che chiamiamo "amore"" : dice Giancarlo Zappoli. Forse sì ma LOGORATA da anni e anni di variazioni sul tema e quindi STANCA E MANIERISTICA, PROPOSTA AL PUBBLICO PIU' PER "DOVERE" CHE PER PIACERE però! E' una pellicola la cui morale ci viene presentata IN MODO APPICCICATO alla fine in un ideale cerchio che non racchiude nulla se non una cronaca BANALE, PIATTA E PATETICA come la vita. Nessuna traccia di umorismo (neanche nero), né di ironia se non in brevissime battute che appena si percepiscono come tali, NIENTE. A 75 anni suonati saper ancora scrivere e girare non è sufficiente per continuare il mestiere del regista se non si riesce a rinnovarsi e direi che questo potrebbe essere un buonissimo addio.
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"Una profonda riflessione su quella grande illusione che chiamiamo "amore"" : dice Giancarlo Zappoli. Forse sì ma LOGORATA da anni e anni di variazioni sul tema e quindi STANCA E MANIERISTICA, PROPOSTA AL PUBBLICO PIU' PER "DOVERE" CHE PER PIACERE però! E' una pellicola la cui morale ci viene presentata IN MODO APPICCICATO alla fine in un ideale cerchio che non racchiude nulla se non una cronaca BANALE, PIATTA E PATETICA come la vita. Nessuna traccia di umorismo (neanche nero), né di ironia se non in brevissime battute che appena si percepiscono come tali, NIENTE. A 75 anni suonati saper ancora scrivere e girare non è sufficiente per continuare il mestiere del regista se non si riesce a rinnovarsi e direi che questo potrebbe essere un buonissimo addio.
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graziella
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domenica 19 dicembre 2010
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woody che fai?
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Noioso, non originale,non sembra un film degno di Woody Allen!
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claftia
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venerdì 17 dicembre 2010
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atmosfere molto british
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Questo film di Woody Allen risulta stravagante, tronco per certi aspetti, ma la godibilita' e' data dalla comicita' molto british dei suoi protagonisti anziani, Anthony Hopkins e Gemma Jones. Lei e' fantastica, in questa ricerca di illusioni alla sua eta', dopo che il marito l'ha lasciata per una giovane escort. Esilarante nel suo rivolgersi alla maga, per prevedere il futuro. Le giovani coppie, invece, sembrano un po' prigioniere di una struttura razionale, ci provano a seguire sogni, ma sono meno credibili. In questo film quindi assistiamo a un capovolgimento di sistemi, cio' che e' irrazionale si compie, cio' che invece e' razionale vaga e rimane incompiuto.
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Questo film di Woody Allen risulta stravagante, tronco per certi aspetti, ma la godibilita' e' data dalla comicita' molto british dei suoi protagonisti anziani, Anthony Hopkins e Gemma Jones. Lei e' fantastica, in questa ricerca di illusioni alla sua eta', dopo che il marito l'ha lasciata per una giovane escort. Esilarante nel suo rivolgersi alla maga, per prevedere il futuro. Le giovani coppie, invece, sembrano un po' prigioniere di una struttura razionale, ci provano a seguire sogni, ma sono meno credibili. In questo film quindi assistiamo a un capovolgimento di sistemi, cio' che e' irrazionale si compie, cio' che invece e' razionale vaga e rimane incompiuto.
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sognatrice
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venerdì 17 dicembre 2010
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woody è sempre woody!!
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Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni:
“La vita è fatta di molto rumore e molto furore”, questa è la frase con cui la voce narrante inizia a raccontare la vicenda dell’ultimo film di Woody Allen. Dalla citazione di Shakespeare possiamo già capire che quello che il regista ci vuole presentare è una frammento di vita quotidiana, le vicende di una famiglia di Londra. Se all’inizio della vicenda sembra che Allen voglia seguire una certa linea narrativa, raccontando una storia che abbia un inizio un mezzo e una fine, in realtà al termine del film si capisce che il regista ha voluto semplicemente estrapolare dalla continuità, una storia qualunque con una coppia in crisi, una moglie abbandonata dal marito per una donna più giovane, un affascinante gallerista.
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Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni:
“La vita è fatta di molto rumore e molto furore”, questa è la frase con cui la voce narrante inizia a raccontare la vicenda dell’ultimo film di Woody Allen. Dalla citazione di Shakespeare possiamo già capire che quello che il regista ci vuole presentare è una frammento di vita quotidiana, le vicende di una famiglia di Londra. Se all’inizio della vicenda sembra che Allen voglia seguire una certa linea narrativa, raccontando una storia che abbia un inizio un mezzo e una fine, in realtà al termine del film si capisce che il regista ha voluto semplicemente estrapolare dalla continuità, una storia qualunque con una coppia in crisi, una moglie abbandonata dal marito per una donna più giovane, un affascinante gallerista. Woody Allen ci accompagna sapientemente attraverso la storia, servendosi dell’immancabile voce narrante , che rende un po’ favolettistico questo stralcio di vita reale. Quando poi abbiamo raggiunto la giusta dose di curiosità, e vogliamo sapere come andrà a finire la storia , il regista interrompe il film lasciando un possibile finale alla nostra immaginazione. Allen ha in effetti mostrato ciò che in un film qualsiasi sarebbe la parte centrale della storia. Così toglie allo spettatore il piacere del finale, concedendosi la licenza di raccontare una storia senza conclusione. Lo spettatore non saprà mai se lo scrittore in crisi riuscirà a trovare la sua strada o se tornerà con l’ex moglie, non saprà mai come vivrà Alfie con la giovane e infedele moglie, dopo essersi reso conto di aver commesso un tremendo errore di mezza età. In realtà ciò che è importante nel film non è la conclusione, ma la riflessione del regista sugli uomini del suo tempo, che cercano di ammazzare la solitudine trovando l’unica soluzione nell’amore e continuando a sperare nel fatidico “per sempre”, che nei film realisti e cinici di Allen non esiste. Così la voce narrante in realtà concludendo la storia sul più bello ci fa un favore, perché ci permette di poter immaginare il finale perfetto, che poi è quello che ogni spettatore vorrebbe. Così in un film senza senso abbiamo la riflessione sul senso della vita e ci accorgiamo che in realtà il senso lo si può trovare solo se ci si aggrappa a qualcosa, se si è capaci di credere ancora in qualcosa che ci permetta di alzarci la mattina.
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francesco giuliano
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giovedì 16 dicembre 2010
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l’illusione è una medicina per la vita!
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Quest’ultimo film del grande Woody Allen emana un percettibile profumo filosofeggiante arricchito da fantastiche musiche dal sapore barocco. Il regista, infatti, affronta un tema fondamentalmente sostanziale per l’esistenza degli esseri umani perché con una sottile, quasi inavvertibile, tenue e ironica vena pessimistica tratta, per tutta la durata della pellicola, con la descrizione di varie intricate situazioni familiari, il discorso sul senso della vita: la nostra esistenza ha un senso solo se ci si aggrappa necessariamente a personali illusioni che, al pari di “medicine”, ci danno la carica per continuare a vivere.
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Quest’ultimo film del grande Woody Allen emana un percettibile profumo filosofeggiante arricchito da fantastiche musiche dal sapore barocco. Il regista, infatti, affronta un tema fondamentalmente sostanziale per l’esistenza degli esseri umani perché con una sottile, quasi inavvertibile, tenue e ironica vena pessimistica tratta, per tutta la durata della pellicola, con la descrizione di varie intricate situazioni familiari, il discorso sul senso della vita: la nostra esistenza ha un senso solo se ci si aggrappa necessariamente a personali illusioni che, al pari di “medicine”, ci danno la carica per continuare a vivere.
Il film si srotola attorno ad una coppia: lui, Roy, è un medico mancato che cerca di fare lo scrittore invano, invaghendosi nel frattempo di una giovane promessa sposa rovinandole il matrimonio, e lei, Sally è un’assistente di una galleria d’arte che si prende una cotta per il suo direttore. Hanno, parimenti, una vita aggrovigliata Helena, la madre di Sally, divorziata, che si rivolge ad una chiromante che le fa credere dell’esistenza di una “seconda vita”, e il padre Alfie, ormai avanti negli anni, che, per mostrare vanamente la sua “giovinezza”, si prende una cotta per una prostituta sciocca e vistosa che oltretutto diventa la sua nuova moglie. Ognuno dei personaggi si crea, dunque, un’illusione che, come descrivo in un mio recente romanzo “Come fumo nell’aria” (2010, ed. Prospettiva editrice), svanisce, si dissipa, si dissolve, si dilegua lasciando l’amaro in bocca. Non è uno dei migliori film di Allen, in quanto non sempre riesce a coinvolgere, come invece è nel suo stile, pienamente lo spettatore, ma comunque non lo fa annoiare. (Francesco Giuliano)
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