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giacomogabrielli
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domenica 12 dicembre 2010
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familiare. ***
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Un cast di alto livello domina questa altrettanto alta commedia dai toni brillanti, con un ritmo tipico degli ultimi film di Allen. La ricerca del partner ideale vista con gli occhi del leggendario regista, non fa mancare momenti divertenti e con una recitazione di alto livello. Nel cast, tra gli altri, Anthony Hopkins e Josh Brolin. FAMILIARE. ***
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whiteangel85
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domenica 12 dicembre 2010
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speravo di meglio
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Ditemi che sono ignorante, che non capisco niente di cinema. Fatto sta che in 25 anni non ho mai assistito ad un film così noioso. Qualsiasi regista avrebbe tagliato intere scene, in un film del genere. Troppo banale, troppo scontato, troppo pesante. Questo è un genere di film da guardare sul divano di casa propria, dove addormentarsi dopo mezz'ora.
Non avevo mai visto (fortunatamente) un film di Woody Allen, ma mi sono promesso che non mi azzarderò più a guardare un suo film.
Si salvano solo le interpretazioni degli attori principali, anche se ascoltato attraverso il doppiaggio.
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alexia62
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venerdì 10 dicembre 2010
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x tantumergo
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Più che tragica direi una commedia tragicomica....comunque grazie per la "piccina".
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melania
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venerdì 10 dicembre 2010
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la vita scorre sullo schermo,,,,
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Sono molto attratta dai films di woodj allen e anche questo suo ultimo lavoro mi è piaciuto molto.trovo che il grande regista abbia il dono di saper raccontare sullo schermo la vita,con le sue contraddizioni,le sue illusioni,le sue ambiguita',con tocco leggero e con molta intelligenza.ognuno di noi penso si possa ritrovare nei personaggi rappresentati .la ripetitività delle idee è quasi inevitabile perchè woodj racconta in ogni film il suo modo di vedere la vita e,comunque,ciononostante,non stanca proprio perchè lo spettetore ritova sempre qualcosa di "conosciuto" e familiare.voglio ancora fare un riferimento alla stupenda fotografia a alle eccezionali inquadrature che contraddistinguono sempre i suoi films.
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chiccalovesnami
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venerdì 10 dicembre 2010
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pochi sorrisi e niente risate..
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Ho aspettato per tutto il film un colpo di scena...una svolata..ma niente. Il film poteva finire in qulunque momento che era uguale.
Mi sono piaciuti moltissimo tutti gli attori... Naomi Watts è bravissima e ovviamente anche il grande Anthony che è intramontabile. Adoro il regista ma questa volta mi ha un pò deluso. è un film "carino" ma solo perchè ci sono dei gran bravi/belli attori. La storia è troppo lenta e piatta.
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albydrummer
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venerdì 10 dicembre 2010
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commedia
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I critici affermano, ennesima commedia,fa sempre lo stesso film...forse hanno ragione....ma la bravura e la genialità di woody sta proprio in questo,che ci stupisce sempre nei personaggi ,nelle storie,negli intrighi e nelle battute.Bravo Hopkins!!..da vedere,una piacevole commedia rilassante.e divertimento agrodolce.
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olgadik
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giovedì 9 dicembre 2010
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dall'umorismo al pessimismo
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Dopo la prima mezz’ora, che gira a vuoto e un po’ noiosamente, il teatrino prende anima, corpo e movimento. I fatti si intrecciano e in qualche modo il gruppo dei personaggi entra in relazione. E se non c’è proprio un legame diretto tra loro, hanno in comune la ricerca di un amore, che sia quello giusto, e l’oscura insidia della solitudine che sonnecchia al fondo dell’esistenza di tutti, condizione conclamata quanto più si avanza con gli anni. Questa volta Woody non è protagonista, ma l’amarezza degli ultimi film, londinesi e non, è presente e farà storcere il naso a chi non lo ama e pensa a una produzione ripetitiva. Io invece ritengo che ogni autore proceda con diverse modalità: alcuni sviluppano temi esplorando ambienti sociali a loro vicini e approfondendo via via il discorso (Allen appunto); altri amano fare incursioni in campi e tematiche diversi (Visconti ad esempio o Bertolucci).
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Dopo la prima mezz’ora, che gira a vuoto e un po’ noiosamente, il teatrino prende anima, corpo e movimento. I fatti si intrecciano e in qualche modo il gruppo dei personaggi entra in relazione. E se non c’è proprio un legame diretto tra loro, hanno in comune la ricerca di un amore, che sia quello giusto, e l’oscura insidia della solitudine che sonnecchia al fondo dell’esistenza di tutti, condizione conclamata quanto più si avanza con gli anni. Questa volta Woody non è protagonista, ma l’amarezza degli ultimi film, londinesi e non, è presente e farà storcere il naso a chi non lo ama e pensa a una produzione ripetitiva. Io invece ritengo che ogni autore proceda con diverse modalità: alcuni sviluppano temi esplorando ambienti sociali a loro vicini e approfondendo via via il discorso (Allen appunto); altri amano fare incursioni in campi e tematiche diversi (Visconti ad esempio o Bertolucci). Quello che importa però è che il film riesca a comunicare emozioni e riflessioni e parli nel suo linguaggio al meglio. A proposito di linguaggio: la scorrevolezza della direzione, la bravura nel ricavare il meglio dagli attori (eccettuato Josh Brolin che sta nel ruolo come un pugile suonato), la fotografia luminosa e chiara di quartieri e angolini della Londra più dolce, le musiche che suggeriscono la tenerezza dei sentimenti che si vorrebbe durassero per sempre, tutto questo è inconfondibile. Nel gruppo dei personaggi si salvano alla fine più sballati, illusi e fantasiosi. Tale è una anziana signora, Helena, abbandonata da un coniuge coetaneo, irretita da una veggente che le predice come prossimo un nuovo incontro amoroso e dalla quale la vecchia signora si fa guidare quasi ogni giorno, con l’aggiunta magari di un bicchierino, finché il nuovo amore non arriva. Questo non sarà l’uomo dei sogni ma un rotondo signore, fresco vedovo, assiduo nelle sedute spiritiche che attende dall’aldilà il permesso della moglie per essere ancora felice. Così i due personaggi, che sembrano usciti da Alice nel paese delle meraviglie, durano nella loro illusione, giacché l’amore rimane finché si riesce a illudersi che così sia. Toccherà a loro, seduti su una panchina nel verde del parco, l’ultima zummata del regista. Gli altri personaggi sono più cinici (tra questi la palma va a una affascinante Sally, figlia di Elena), più sprovveduti (l’anziano divorziato Alfie che sposa una prostituta pronta a tradirlo e a sfruttarlo), più sfortunati (Roy scrittore fallito, coniuge di Sally, mantenuto dalla moglie, che non riuscirà a portare a termine il colpo grosso della sua vita). Tutti comunque darebbero qualsiasi cosa pur di avere un nuovo inizio, una seconda esistenza. Ciò toccherà solo agli illusi, a quelli che sanno mentire a se stessi con leggerezza, perché, come Allen dice in apertura citando da Shakespeare: “La vita è una favola narrata da uno sciocco, piena di strepiti e di furore ma senza significato”.
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hanna
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giovedì 9 dicembre 2010
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"la volontà infinita e l'esecuzione ristretta
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che il desiderio è sconfinato e l’atto schiavo del limite” (W.S.)La messa in scena del reale anche questa volta è stata riprodotta. Il bersaglio non è stato mancato,centrato come un colpo di revolver senza indugio con un calibratissimo gesto descrittivo più che narrativo. Certo,la ripetizione come un antico canovaccio riproposto con le sue infinite variabili a mò di ‘esercizio di stile’ è diventato l’ingrediente fondamentale,quasi standard dei poteri narrativi di Allen, ma come in fondo biasimarlo? Non è che cambiano tanto le storie di vita, ma sono i personaggi a caratterizzare le differenze narrative nella trama delle esistenze umane. Diversamente dagli esordi e dai ‘suoi pezzi d’autore’ cadono quei veli di poetico intellettualismo che caratterizzavano le sue storie.
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che il desiderio è sconfinato e l’atto schiavo del limite” (W.S.)La messa in scena del reale anche questa volta è stata riprodotta. Il bersaglio non è stato mancato,centrato come un colpo di revolver senza indugio con un calibratissimo gesto descrittivo più che narrativo. Certo,la ripetizione come un antico canovaccio riproposto con le sue infinite variabili a mò di ‘esercizio di stile’ è diventato l’ingrediente fondamentale,quasi standard dei poteri narrativi di Allen, ma come in fondo biasimarlo? Non è che cambiano tanto le storie di vita, ma sono i personaggi a caratterizzare le differenze narrative nella trama delle esistenze umane. Diversamente dagli esordi e dai ‘suoi pezzi d’autore’ cadono quei veli di poetico intellettualismo che caratterizzavano le sue storie.È un po’ come se con gli anni la sua délicatesse fosse andata piano piano svanendo, lasciando il posto all’esplicito sbattuto in faccia.Come la pseudo prostituta amante e moglie dell’ormai trito e ritrito personaggio maschile in crisi di età, quasi uno stereotipo di attualissima eco,la bionda svampita e volgare,una concreta e reale material girl dei nostri tempi. Senza altri attributi. L’essenziale: popolare, prostituta e priva di qualsiasi altra sfumatura. Come la guarda bene la realtà Allen.Il patetismo dello scrittore che caratterizza buona parte degli scrittori smerciati alle librerie come salami quasi andati a male a basso costo, pronti a tutto pur di farsi spazio negli scaffali dei supermarket delle lettere e non più della letteratura. La sbiadita figura di giovane moglie, resa scialba nel suo decoro che appare proprio come il detto ‘né carne né pesce’, ancora smarrita dietro ai suoi sogni di gloria anziché ai suoi progetti di esistenza. Pronta ad invaghirsi di tutto e di tutti pur di evadere dalla sua routine che ogni giorno le ricorda che deve smettere di dimenticare di svegliarsi dal tardivo suo sogno infantile. La madre, quante persone e forse si, in maggioranza femminili,hanno dilapidato i loro averi per continuare a comprare illusioni proprie dagli altri, visto che a lungo andare non ce la facevano più a reggere il teatrino dei loro inganni da sole/i. Un’altra pagina di cronaca resa cinematograficamente con la meravigliosa frase senza origini‘meglio un’illusione che una medicina’. Forse, meglio né l’una né l’altra, visto che tutte e due non sono riuscite a debellare i mali della vita.Che questi mali debbano esistere inesorabilmente e basta? Che dobbiamo attingere solo dalla nostra forza di vita senza artifici esterni e senza estremizzazioni della mente?La morale la ricaviamo ognuno a modo proprio. Non è questo l’importante.Il magico Allen riesce ancora a sollevarci con sottile ironia in certi passaggi. Quando la Watts intraprende l’infelice dialogo confessione con il suo capo e si biforca su due binari semantici totalmente differenti, opposti, uno che dice “prendimi”, l’altro “non ti voglio” l'ilarità è di casa. L’assurdo rientra in scena nella realtà, spinto da illusioni di donna comprate al mercato del passaparola e una disincantata voce maschile che respinge ad ogni costo quelle farneticazioni.L’accenno al rosso personaggio, che spicca principalmente per il suo colore appunto:Dia, il nome un programma se ne riscopriamo l’etimologia. La classica ‘goccia che ha fatto traboccare il vaso’. E infine la fine, assolutamente non importante, trascurabile per il messaggio che non Allen, ma la vita vuole darci: “Molto rumore per nulla”, ma attenzione a questo nulla.
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il cinefilo
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giovedì 9 dicembre 2010
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woody allen è un regista(forse)finito...
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Woody Allen tenta nuovamente(sono più di vent'anni che propone lo stesso identico tema)la carta delle relazioni sentimentali in chiave di"intreccio"umoristico come era nel suo stile migliore ma i fasti degli anni settanta sono ormai un pallido ricordo e i suoi ultimi(non eccessivamente mediocri)film,tra cui BASTA CHE FUNZIONI,confermano questo declino.
Si tratta,in ogni caso,di un declino raffinato e pieno di stile(il regista,per fortuna,è ancora capace di sfruttare al meglio la sua capacità di raccontare delle storie seppure incentrate sullo stesso immaginario psicanalitico)e i personaggi sono,a loro modo,ancora ben delineati ma la capacità di rendere il tutto innovativo e genuinamente aggraziato è andata perduta nei miasmi del ignoto e,pur vantando un apparente modernizzazione di stile,finisce solamente per fare sbadigliare.
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Woody Allen tenta nuovamente(sono più di vent'anni che propone lo stesso identico tema)la carta delle relazioni sentimentali in chiave di"intreccio"umoristico come era nel suo stile migliore ma i fasti degli anni settanta sono ormai un pallido ricordo e i suoi ultimi(non eccessivamente mediocri)film,tra cui BASTA CHE FUNZIONI,confermano questo declino.
Si tratta,in ogni caso,di un declino raffinato e pieno di stile(il regista,per fortuna,è ancora capace di sfruttare al meglio la sua capacità di raccontare delle storie seppure incentrate sullo stesso immaginario psicanalitico)e i personaggi sono,a loro modo,ancora ben delineati ma la capacità di rendere il tutto innovativo e genuinamente aggraziato è andata perduta nei miasmi del ignoto e,pur vantando un apparente modernizzazione di stile,finisce solamente per fare sbadigliare.
Tra i vari(fastidiosi)clichè del cinema(e non solo del cinema)suona stracca e riciclata l'idea dell'anziano padre che si sposa con una"prostituta"che finisce solamente col farlo sentire ancora più vecchio di quanto non sia e il solito triangolo amoroso non suscita più particolari emozioni se non una risata ogni tanto.
La noia,a tratti,rischia di regnare sovrana e l'analisi dei problemi delle relazioni di coppia è particolarmente lontana dal profondo realismo che Woody aveva già dimostrato numerosi anni addietro in IO E ANNIE,nel suo periodo d'oro...fortunatamente il regista dimostra,a volte,ancora la capacità per risollevarsi da questo raffinatissimo e godibile pantano e io spero che riesca al più presto a imboccare questa strada poichè la mia fiducia nel suo cinema si trova,attualmente,in caduta libera verso il nulla.
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[+] woody sul viale del tramonto
(di marco brenni)
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scarp
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giovedì 9 dicembre 2010
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non poteva che finire così!
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"Non poteva finire in un altro modo? O per lo meno poteva finire?". Questi sono i commenti che si sentono all'uscita dalla sala alla fine della proiezione di "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni", ultima fatica di Woody Allen.
Non si può certo forzare il giudizio, ed anche i fan più sfegatati non possono fare a meno di notare quanto il regista sia calato in qualità rispetto ai film degli ultimi anni (rispetto ai grandi classici nemmeno stiamo a parlarne), però bisogna riconoscere che all'interno della pellicola si può percepire una sorta di malinconia di fondo, di non finto che pervadono tutta la trama, i dialoghi e che ovviamente condizionano l'intera pellicola e la sua interpretazione.
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"Non poteva finire in un altro modo? O per lo meno poteva finire?". Questi sono i commenti che si sentono all'uscita dalla sala alla fine della proiezione di "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni", ultima fatica di Woody Allen.
Non si può certo forzare il giudizio, ed anche i fan più sfegatati non possono fare a meno di notare quanto il regista sia calato in qualità rispetto ai film degli ultimi anni (rispetto ai grandi classici nemmeno stiamo a parlarne), però bisogna riconoscere che all'interno della pellicola si può percepire una sorta di malinconia di fondo, di non finto che pervadono tutta la trama, i dialoghi e che ovviamente condizionano l'intera pellicola e la sua interpretazione. Ed è proprio sul finale che bisogna riflettere: il film NON finisce, o meglio ci sembra che non finisca; la previsione della maga non può essere più esatta dal momento che tutti i personaggi ( e anche noi spettatori) prima o poi incontreranno non l'uomo dei loro sogni (come nell'indecente traduzione italiana) , ma uno sconosciuto alto e bruno: la morte. Ogni loro ( e nostra) azione, e ogni sentimento durante il film (e la vita)non sono altro che "rumore". La felicità di fatto non è raggiungibile; l'unica speranza è quella di appigliarsi alle illusioni. Ed ecco che in una trama dominata da tradimenti, sesso facile e sogni infranti gli unici personaggi che possono avere un happy ending sono proprio quelli che con più forza si lasciano abbindolare dall'illusione che possa esistere qualcosa di superiore alle loro misere vite.
Il "vecchio Woody" ovviamente respinge questa loro stolta certezza è chiaro, però, credo, che voglia anche ammonire lo spettatore e allo stesso tempo fare un esame di coscienza per se stesso: quando incontreremo il nostro sconosciuto alto e bruno potremo dire di aver vissuto una vita felice?
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