Born To Raise Hell

Bobby, agente esperto dell'Interpol, è in missione nell'Est Europa con l'incarico di sgominare un'organizzazione che traffica droga e avvia donne alla prostituzione. Nel quadro per niente tranquillo, presto, entrerà in campo anche un gruppo di trafficanti di armi decisi a non perdere il controllo sul territorio. Oltre allo scopo di riportare l'ordine, Bobby è spinto dalla sete di vendetta per il suo compagno ucciso in un terribile scontro tra le due avverse fazioni.
Prodotto destinato alla distribuzione in home video, Born to Raise Hell appartiene prima di tutto a Steven Seagal, anche autore della sceneggiatura e produttore. Dalle prime sequenze, appare chiaro quanto l'agente speciale Bobby non sia per niente differente da altri personaggi portati sullo schermo dall'attore americano, sia sufficiente pensare alla dedizione al lavoro sopra ad ogni altra cosa, all'esperienza superiore a quella di chiunque altro, alla freddezza con cui riesce a cavarsi dalle situazioni più pericolose. Peccato però che la produzione di quest'ennesima prova sia davvero modesta, al punto da rendere alcune soluzioni, sulla carta in linea con una certa tendenza comune all'action contemporaneo, francamente risibili. Lauro Chartrand, di professione stuntman e qui alla sua prima prova dietro alla macchina da presa, utilizza il fermo immagine e il rallenti per dare sostanza e coinvolgimento, senza riuscire mai a cogliere il momento giusto in cui inserirli, fino all'estremo di una sequenza d'amore, tra Bobby e la sua giovane moglie, difficilmente perdonabile. Le mancanze produttive e le scelte tecniche, sembra quasi di essere alle prese con un film costruito al montaggio cercando di far funzionare al meglio il materiale disponibile, si sentono meno nella seconda metà. Nonostante il mucchio di cliché e le sequenze fumettistiche, infatti, Seagal continua a dare agli spettatori affezionati saggi del proprio inconfondibile stile, comprese quelle aggressioni lente, ormai quasi da fermo, che gli valsero il soprannome di Tortuga (tartaruga). La vendetta personale è ancora una volta il motore dell'azione, come nel vecchio Giustizia a tutti i costi, ma l'assenza di un regista capace come John Flynn si sente davvero troppo.
In questo senso, Born to Raise Hell è una specie di residuato degli anni Novanta, da prendere con il giusto gusto dell'ironia pena l'esclusione totale dal coinvolgimento. Del periodo straight-to-video di Seagal, tuttavia, non è uno dei risultati peggiori. 