
Anno | 2008 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia |
Durata | 127 minuti |
Regia di | Andreï Schtakleff, Jonathan Le Fourn |
MYmonetro | Valutazione: 1,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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L'idea degli esiliati in attesa dell'Eldorado è l'allegoria della situazione che vivono tutti i sans-papier che dal 5 novembre 2002 sono giunti a Sangatte (nel nord della Francia) con la speranza di entrare in Inghilterra per trovare lavoro.
CONSIGLIATO NO
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Nella Francia di confine, e in particolare a Calais, i giardini pubblici e i parchi vengono assaliti ogni notte da gruppi di profughi in fuga da patrie ostili: diventano giacigli notturni per pernottamenti furtivi. Rifugiati politici, esiliati e disertori, madri e figli che scommettono sul loro futuro: il porto sulla Manica francese diventa un punto di partenza per i meno fortunati in cerca di riscatto. Per scelta politica, tuttavia, il governo Sarkozy dal 2002 ha chiuso i centri di accoglienza di questi poveri emarginati, costringendoli ad accamparsi illecitamente sul suolo pubblico, in fuga perenne dai celerini mandati dalle istituzioni stesse. Non solo il Paese europeo non li aiuta più, ma li perseguita perché non li vuole per strada.
Il punto di partenza del documentario di Andreï Schtakleff e Jonathan Le Fourn è un'idea ricca di spunti politici ed etici interessanti: peccato che la realizzazione di questo lavoro a metà tra il giornalismo d'inchiesta e la registrazione meccanica, si perda con disperazione tra le parole dei personaggi coinvolti, che parlano senza informare ma piuttosto per stordire.
Tre i protagonisti. Per prima, una giornalista temeraria e agguerrita, che è l'unica ad avere la forza e la personalità per trascinarsi dietro una narrazione pesante, a tratti soporifera. È lei che seguiamo nella continua provocazione delle forze dell'ordine che inseguono gli abusivi, e li allontanano gentilmente con i manganelli e i lacrimogeni. Lei, che conosce quei disperati, insulta a pieni polmoni i metodi anti-democratici della Polizia, agli ordini di un sistema che ricorda in tanti suoi aspetti le pulizie etniche del passato europeo. Purtroppo, questa è l'unica tra i presenti a meritare interesse e, più di tutto, a dare la possibilità allo spettatore di partecipare e lasciarsi conquistare dalla causa che lei stessa porta avanti, così come il documentario dovrebbe.
Un buffo anziano legge lettere che fino all'ultimo non si riesce davvero a capire a chi appartengano; minuti su minuti. Poi ci si mette anche un altro buffo individuo dai lunghi baffi arrotolati, Moustache lo chiamano per questo, la cui parlata anglo-franco-maccherone, rende la comprensione delle sue frasi un'impresa quasi titanica. In altre parole, intere scene si sviluppano senza che lo spettatore possa penetrare nelle oscure intenzioni di questo cittadino di Calais che aiuta i profughi nascondendoli in casa. Chissà cosa si dicono...
Poi ci sono loro, i fuggitivi, coloro a cui L'exile et le Royaume vorrebbe rendere merito, ma che vengono affogati nelle acque della Manica da una narrazione inconcludente, un montaggio inesistente e pesante, e riprese senza un minimo di intenzione registica. Avremmo volentieri condiviso con loro le fatiche dei nascondigli, delle fughe, della disperazione e della mancanza di speranza; ma non ci è stato permesso. E avremmo voluto poter confrontare quella situazione, rappresentata con tanta enfasi formalista da quelle immagini statiche da autoscatto fotografico, con la situazione che anche in Italia si cerca di affrontare. Purtroppo il film non ci consente nessuna riflessione, per la sterilità con cui viene raccolto questo cospicuo materiale, montato con minima selezione alla fonte: peccato che una così cruda realtà sia stata deturpata della sua greve profondità.