vi3x
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sabato 21 giugno 2008
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e venne il 62% di probabilità...
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Con l'arrivo dell'estate fioriscono i film sul genere più o meno apocalittico-catastrofico. Premetto che di N. Shyam. avevo visto solo Il Sesto Senso - che ho molto apprezzato - e che l'idea di una sua pellicola interpretata da Wahlb. mi aveva spinto ad andare a vedere questo film. Ma sono rimasto profondamente deluso.
Chi cerca un filmone catastrofico non guardi questo film. C'è il rischio di alzarsi dalla poltrona e domandarsi se i 7.50€ si sarebbero potuti spendere meglio. E' apprezzabile il tentativo del regista (voluto o imposto dal budget?) di creare tensione senza affidarsi ad effetti speciali spettacolari, ma concentrandosi sulle reazioni dei protagonisti e delle masse di fronte ad un pericolo inspiegabile, ma il film è piatto, noioso e scontato.
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Con l'arrivo dell'estate fioriscono i film sul genere più o meno apocalittico-catastrofico. Premetto che di N. Shyam. avevo visto solo Il Sesto Senso - che ho molto apprezzato - e che l'idea di una sua pellicola interpretata da Wahlb. mi aveva spinto ad andare a vedere questo film. Ma sono rimasto profondamente deluso.
Chi cerca un filmone catastrofico non guardi questo film. C'è il rischio di alzarsi dalla poltrona e domandarsi se i 7.50€ si sarebbero potuti spendere meglio. E' apprezzabile il tentativo del regista (voluto o imposto dal budget?) di creare tensione senza affidarsi ad effetti speciali spettacolari, ma concentrandosi sulle reazioni dei protagonisti e delle masse di fronte ad un pericolo inspiegabile, ma il film è piatto, noioso e scontato. Qua e là spuntano fuori espedienti da film TV (Per il ciclo "Alta tensione"...) - come le musichette inquietanti - e il fatidico ZAN! nei momenti clou - i primissimi piani e persino il vento che segna l'erba man mano che avanza. A un certo punto mi aspettavo persino di vedere la "minaccia" tipo puntini luminosi sullo sfondo che insegue i nostri eroi.
I dialoghi e le situazioni sprofondano nel ridicolo involontario. La classe del professor Wahlb. sembra uscita dagli anni '50, per non dire del tragicomico siparietto con la vicepreside; la moglie di Wahlb. è psicopatica nella migliore delle ipotesi e credo sia anche una sensitiva per sbottare in quel modo ad un'innocentissima frase di Leguiz., in stazione; la scena in cui i due parlano di Joey, nel campo, sembra addirittura troncata prima ancora di cominciare. A proposito di Leguiz., qualcuno mi spiega come se ne esce con il 62% di probabilità??? Come la calcola parlando in mezzo a una strada? Passi il 60%, ma quel 2% dove lo prende???
Verso metà film si ha l'impressione che siano gli alberi gli attori migliori, anche perchè sono inquadrati per metà del tempo. Gli unici momenti davvero inquietanti e originali sono i modi in cui questa minaccia colpisce le persone. Wahlb. in cerca del suo prezioso secondo di riflessione in mezzo al campo è oggettivamente inguardabile. La parte con i fucili mostra una reazione comprensibile ma è francamente inutile nell'economia del racconto, così come la casa stile Ikea (chi qui ci ha visto una metafora del consumismo probabilmente ha fumato più erba di quella presente in tutto il film). La vecchina paranoica è raccapricciante e scontata. Il passo successivo credo sarebbe stato far comparire un pagliaccio divorabambini: l'equivalente del tizio che scivola sulla buccia di banana, nel cinema comico. Guardando il film a volte si ha l'impressione che vengano tirati fuori dall'armadio i trucchetti da manuale per inquietare lo spettatore.
Non viene spiegato nulla. Non c'è un perchè, le cose succedono e basta. Secondo qualcuno non è questo il punto, conta il fatto che il regista sia riuscito a creare situazioni di tensione a prescindere dalla spiegazione logica. A parte il fatto che di tensione ne ho vista davvero poca, far scappare i protagonisti da "qualcosa" per tutto il film e poi non dirti perchè succede è un modo molto comodo di cavarsela. Chiedere agli spettatori di stare lì seduti a bersi il film senza porsi dubbi o domande sul perchè equivale a ritenerli dei lobotomizzati che dovrebbero semplicemente saltare sulla sedia solo perchè c'è una musichetta angosciante o perchè una vecchina fa le smorfie.
Un film costruito sul niente, a volte siamo davvero dalle parti di The Blair Witch Project...
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michele
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martedì 17 giugno 2008
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c'è qualcosa che non va...
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Shyamalan è sempre stato, anche di fronte ai dispetto dei suoi "detrattori", un regista originale. Classico nello stile ma con notevole capacità di messa in scena moderna; abile costruttore di sequenze giocando con l'horror ma in un contesto che va al di là delle regole del genere. Però in "E venne il giorno", un film "suo" che ha scritto prodotto e diretto, a mio avviso c'è qualcosa che non va.
Se da un lato la messa in scena è allegorica (le piante che obbligano la comunità, la società ad assottigliarsi alla ricerca della propria "essenza"), dall'altro comuqnue il regista vuole passare attraverso il genere apocallitico e di suspence. E qui, al di là di alcune sequenze ad effetto, Shyamalan si perde perchè è, come in altre sue opere, troppo "semplice" (se non sempliciotto) e talvolta fuori luogo (le problematiche amorose dei due protagonisti sono ridicole).
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Shyamalan è sempre stato, anche di fronte ai dispetto dei suoi "detrattori", un regista originale. Classico nello stile ma con notevole capacità di messa in scena moderna; abile costruttore di sequenze giocando con l'horror ma in un contesto che va al di là delle regole del genere. Però in "E venne il giorno", un film "suo" che ha scritto prodotto e diretto, a mio avviso c'è qualcosa che non va.
Se da un lato la messa in scena è allegorica (le piante che obbligano la comunità, la società ad assottigliarsi alla ricerca della propria "essenza"), dall'altro comuqnue il regista vuole passare attraverso il genere apocallitico e di suspence. E qui, al di là di alcune sequenze ad effetto, Shyamalan si perde perchè è, come in altre sue opere, troppo "semplice" (se non sempliciotto) e talvolta fuori luogo (le problematiche amorose dei due protagonisti sono ridicole). La società americana che reagisce all'apocalisse e si raduna in un gruppo di persone più o meno bonarie che fuggono è raccontata in modo sciocco e alcuni personaggi sono messi là quasi per caso sembra: le mele marce dell'america (la vecchina pazza e l'uomo con il fucile) sono parentesi senza pathos e non necessarie. Il massimo poi è quando i due ragazzini orfani che seguono il protagonista (che non è particolarmente approffondito come personaggio) sembrano essere scevri di qualsiasi dramma personale.
Se il tono voleva essere allegorico, quasi "surreale", beh non pare che la messa in scena del regista americano curi questo aspetto più di tanto: e l'happy end familista è inutile quanto il finale volutamente da film di serie B che tiene aperto il film. Deludente.
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francesco
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sabato 21 giugno 2008
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abbastanza deludente
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Ho letto la recensione con una certa perplessità. Ho trovato infatti questo film di Shyamalan piuttosto modesto. Considerati i lavori a cui ci aveva abituato mi è rimasto un certo amaro in bocca. E venne il giorno è un tipico film apocalittico che però ha vari punti deboli. Intanto il modo con cui la "neurotossina" agisce è poco credibile e Wahlberg e family si salvano in modo abbastanza artificioso in più momenti del film. Pessima poi la sezione del film sentimentale-affettiva: la ricostruzione dei problemi di coppia e del rapporto con la bambina è superficiale e banale, per non parlare dei relativi dialoghi, al limite dell'indecenza. Certo, le sequenze dei suicidi sono inquietanti e riuscite ma i film precedenti si erano distinti per una profondità ben maggiore.
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Ho letto la recensione con una certa perplessità. Ho trovato infatti questo film di Shyamalan piuttosto modesto. Considerati i lavori a cui ci aveva abituato mi è rimasto un certo amaro in bocca. E venne il giorno è un tipico film apocalittico che però ha vari punti deboli. Intanto il modo con cui la "neurotossina" agisce è poco credibile e Wahlberg e family si salvano in modo abbastanza artificioso in più momenti del film. Pessima poi la sezione del film sentimentale-affettiva: la ricostruzione dei problemi di coppia e del rapporto con la bambina è superficiale e banale, per non parlare dei relativi dialoghi, al limite dell'indecenza. Certo, le sequenze dei suicidi sono inquietanti e riuscite ma i film precedenti si erano distinti per una profondità ben maggiore. Come non pensare ai tanti messaggi e significati che The Village nascondeva nella sua storia? In questo film tutto ciò è assente: messaggi ambientalisti non ce ne sono, spiegazioni alla catastrofe nessuna e l'alone di mistero che circonda l'accaduto sembra più dovuto alla scarsa ispirazione del regista-sceneggiatore che non alla volontà di lasciare il film a varie interpretazioni. Inoltre perchè mai svelare in anticipo la ragione della catastrofe?? Il twist ending dei film di Shyamalan era uno degli elementi più interessanti e ben fatti, qui è totalmente assente. Credo che si sarebbe potuto fare molto di più e d'altronde già Lady in the water aveva mostrato ampie mancanze, per quanto l'atmosfera fosse comunque apprezzabile. Mi auguro che Shyamalan si riprenderà, perchè tra i registi hollywoodiani rimane senz'altro uno dei migliori dell'ultimo decennio e le aspettative verso di lui non possono non essere alte.
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robmamba
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lunedì 16 giugno 2008
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e venne un giorno pessimo!
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Un film solo per i fans accaniti del regista,che entusiasma i primi cinque minuti per poi perdersi successivamente. Le interpretazioni sono a dir poco imarazzanti,ecceto Leguizano comunque molto bravo,una sceneggiatura che è devota a nascondere la realtà dei fatti,una regia assolutamente non rilevante.Un film quasi ecologista,ma senza ritegno. Forse c'è della classe cinematografica in questo film ,non voler mostrare quello che è la realtà lasciandoci col dubbio,ma sinceramente propria a livello di costruzione seppur il soggetto interessante la storia ci alscia statici per tutto il tempo.
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maxmun
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domenica 22 giugno 2008
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due considerazioni
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ATTENZIONE POTREI RILEVARE ALCUNE PARTI DELLA TRAMA, DA NON LEGGERE PER CHI NON HA ANCORA VISTO IL FILM.
Premetto anche che non sono esperto di cinema, so poco o nulla sul regista e lo sceneggiatore, ma volevo fare un paio di considerazioni.
Non so dire se sia un capolavoro o meno, quello che è sicuro è che ho provato una certa angoscia, molto interesse e attenzione per tutto il tempo della proiezione; alla fine la strage non viene spiegata scientificamente e per gran
parte del film non si sa nulla sull'origine di questi fenomeni e la prima considerazione è che (come ha scritto qualcun'altro proprio in questo sito) il centro della narrazione non si basi su questo, la trama non vuole spiegare
esattamente qual'è la causa ma vuole analizzare l'effetto: le reazioni della gente.
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ATTENZIONE POTREI RILEVARE ALCUNE PARTI DELLA TRAMA, DA NON LEGGERE PER CHI NON HA ANCORA VISTO IL FILM.
Premetto anche che non sono esperto di cinema, so poco o nulla sul regista e lo sceneggiatore, ma volevo fare un paio di considerazioni.
Non so dire se sia un capolavoro o meno, quello che è sicuro è che ho provato una certa angoscia, molto interesse e attenzione per tutto il tempo della proiezione; alla fine la strage non viene spiegata scientificamente e per gran
parte del film non si sa nulla sull'origine di questi fenomeni e la prima considerazione è che (come ha scritto qualcun'altro proprio in questo sito) il centro della narrazione non si basi su questo, la trama non vuole spiegare
esattamente qual'è la causa ma vuole analizzare l'effetto: le reazioni della gente. La pellicola scava nel nostro inconscio alla ricerca delle nostre paure più profonde nei confronti di ciò che appunto non è spiegabile, non è
prevedibile ed è inarrestabile, quasi come se la minaccia arrivasse da ovunque dalle piante, dall'aria, dalle nuvole o peggio come se fosse un castigo Divino, una sorta di fine del mondo o giudizio universale; a questo si aggiungono
alcune scene veramente surreali, l'apice si raggiunge nella casa dell'anziana signora, qui il il film si trasforma in un vero e proprio horror come non ne vedevo da tempo. La seconda considerazione è sulla colonna sonora o meglio
sugli effetti sonori di sottofondo, avete notato come si sentissero spesso dei colpi a bassissima frequenza, quasi come se si sentisse un temporale in lontananza o un bombardamento, erano effetti sonori talmente bassi da essere a volte quasi impercettibili; mi piacerebbe sapere quanta dell'ansia che provoca il film sia causata da questo martellamento continuo di basse frequenze, lo so è una considerazione strana che centra poco o nulla con la trama ma ho notato
questo aspetto.
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fabian t.
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mercoledì 23 febbraio 2011
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tanto buon fumo, poco arrosto
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Risulta alquanto strano leggere i commenti entusiasti della critica per un film di sicuro affascinante ma contenutisticamente deludente. Fatti salvi l'ambientazione, la lodevole recitazione, il montaggio e la competente regia, ciò che manca è proprio l'impegno creativo di escogitare una soluzione narrativa coerente e necessaria. E invece, così come già ci era capitato di assistere con "Signs", il regista non si cura minimamente di realizzare un degno finale sostenuto da idee e intuizioni, a differenza di quanto invece era accaduto ne "Il sesto senso". Lascia piuttosto che la storia sfumi senza una chiara spiegazione, proseguendo per inerzia dopo le tante promesse (non mantenute) con cui si è costellata tutta la prima parte.
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Risulta alquanto strano leggere i commenti entusiasti della critica per un film di sicuro affascinante ma contenutisticamente deludente. Fatti salvi l'ambientazione, la lodevole recitazione, il montaggio e la competente regia, ciò che manca è proprio l'impegno creativo di escogitare una soluzione narrativa coerente e necessaria. E invece, così come già ci era capitato di assistere con "Signs", il regista non si cura minimamente di realizzare un degno finale sostenuto da idee e intuizioni, a differenza di quanto invece era accaduto ne "Il sesto senso". Lascia piuttosto che la storia sfumi senza una chiara spiegazione, proseguendo per inerzia dopo le tante promesse (non mantenute) con cui si è costellata tutta la prima parte.
Non bastano l'inquietudine diffusa e l'atmosfera carica di tensione per dare corpo a un film che sia fino alla fine realmente capace di sorprendere (John Carpenter, ad esempio, è un maestro in questo). Troppo facile essere vaghi su ciò che si cela dietro alla vicenda principale e cavarsela solo con scene morbose e terrificanti di sicuro effetto. Senza considerare poi la complessa simbologia degli alberi e il loro rapporto con la storia antropologica dell'uomo, aspetti che il regista sembra non affrontare affatto.
Di certo non si può neppure paragonare la sua soluzione con quella adottata dal grande Hitchcock ne "Gli uccelli", dato il diverso approccio registico e culturale, laddove l'apparente mancanza di una spiegazione (stando a quanto affermato dal critico Robin Wood) era proprio il presupposto di un'arbitraria e imprevedibile natura, dunque un monito alla nostra fragilità e instabilità.
Invece, in "E venne il giorno", la sensazione dominante è quella di un film che comincia molto bene ma termina in modo alquanto sotto tono, con un soggetto indubbiamente interessante ma insufficientemente sviluppato.
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the and
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lunedì 28 luglio 2008
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e venne il giorno...
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sono rimasto piacevolmente sorpreso da questo film. In molte scene, la tensione era talmente elevata da darmi i brividi. Quello su cui il regista pone l'accento, si puo' interpretare come un esempio di come si comporterebbe la natura se realmente rischiasse un estizione di massa. Questo non e' solo fantascienza, infatti studi approfonditi hanno veramente dimostrato che la natura potrebbe reagire in maniera devastante pur di difendersi. Ragioniamo: noi essere umani, tendiamo a dare per scontato troppo cose, ci permettiamo di abusarne e a volte di distruggere tutto senza ritegno. Ecco, e' questo il regista su cui pone l'accento, l'uomo non e' indispensabile alla terra, mentre la terra lo e' per l'uomo.
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sono rimasto piacevolmente sorpreso da questo film. In molte scene, la tensione era talmente elevata da darmi i brividi. Quello su cui il regista pone l'accento, si puo' interpretare come un esempio di come si comporterebbe la natura se realmente rischiasse un estizione di massa. Questo non e' solo fantascienza, infatti studi approfonditi hanno veramente dimostrato che la natura potrebbe reagire in maniera devastante pur di difendersi. Ragioniamo: noi essere umani, tendiamo a dare per scontato troppo cose, ci permettiamo di abusarne e a volte di distruggere tutto senza ritegno. Ecco, e' questo il regista su cui pone l'accento, l'uomo non e' indispensabile alla terra, mentre la terra lo e' per l'uomo. Ritengo questo film ottimo e aiuta un po' a sensibilizzare. Mr Shyamalan, mi aveva gia' convinto delle sue dote registiche con le sue precedenti produzioni, tranne The Village che non mi era piaciuto ne totalmente convinto, per cui spero che continui a fare di questi film cercando di riuscire ad arrivare dove slogan e summit non riescono, in modo che la gente possa un po' riflettere, non tanto ne necessariamente per noi ma per come lasceremo questo terra per le generazioni future.Concludendo, consiglio la visione di questo film, anche se puo' risultare un po' scontato o monotono o semplicemente di difficile interpretazione, l'unico mio consiglio provate a riguardarlo piu' volte potrebbe aiutarvi.....
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ultimoboyscout
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domenica 30 gennaio 2011
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devastante.
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Ricco di suspence, gelido come pochi altri, questo film ci narra della scorporazione dell'umanità dal mondo in cui vive, puntando in particolare l'occhio su un solo uomo, un bravissimo Mark Wahlberg che regge sulle proprie spalle quasi per intero il peso della storia. Ennesimo film catastrofico o simile in cui la paura e il sentirsi indifesi e piccoli rispetto all'ignoto la fanno da padroni. Una grande inquietudine avvolge lo spettatore vedendo questo film e credo sia il grande merito del regista, di far vivere totalmente la storia e soprattutto di farla vivere proprio come voleva lui.
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diomede917
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mercoledì 18 giugno 2008
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l'11 settembre della natura
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Esistono situazioni o presonaggi che segnano oltre modo un regista sfociando in ossessione (Berlusconi e Nanni Moretti, Bush e la sua politica con Micheal Moore), nel caso di Shyamalan questa ossessione si chiama 11 Settembre. Già in The village l'aveva trattata in maniera metaforica con questo villaggio fuori dal tempo e dallo spazio preservato dagli attacchi della vita violenta, qui il riferimento è più esplicito: l'apertura al Central Park alle 08.33, la prima supposizione di un attacco terroristico e lo stesso suicidio degli operai visto con terrore dal loro capo ricordava e non poco il volo dei disperati dai grattacieli. Shyamalan usa l'artefizio della finta critica ambientalista per rappresentare le paure ancora presenti in America e negli americani, paranoie estreme in difesa del proprio abitat come si vede nel massacro dei ragazzini da parte di una famiglia asserragliata in casa.
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Esistono situazioni o presonaggi che segnano oltre modo un regista sfociando in ossessione (Berlusconi e Nanni Moretti, Bush e la sua politica con Micheal Moore), nel caso di Shyamalan questa ossessione si chiama 11 Settembre. Già in The village l'aveva trattata in maniera metaforica con questo villaggio fuori dal tempo e dallo spazio preservato dagli attacchi della vita violenta, qui il riferimento è più esplicito: l'apertura al Central Park alle 08.33, la prima supposizione di un attacco terroristico e lo stesso suicidio degli operai visto con terrore dal loro capo ricordava e non poco il volo dei disperati dai grattacieli. Shyamalan usa l'artefizio della finta critica ambientalista per rappresentare le paure ancora presenti in America e negli americani, paranoie estreme in difesa del proprio abitat come si vede nel massacro dei ragazzini da parte di una famiglia asserragliata in casa. Per dirla tutta non è il classico film di contenuti ma più che altro di sensazioni, i suicidi sono pensati bene e la tensione che si respira in casa della vecchia signora Jones è veramente da brividi. C'è poco Shyamalan in questo film, E venne il giorno dura poco rispetto alle altre sue opere e di questo ne risente la sceneggiatura priva di una premessa e soprattuto del finale ad effetto marchio di fabbrica del regista inoltre il film è decisamente più violento rispetto a film più celebrali come Il sesto senso o The village stesso. Però come punto a suo favore metto la scelta di rappresentare il terrore alla luce del sole, niente buio o candele, una paura decisamente più esplicita proprio come av...Venne quel giorno.
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rudy gonzo
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mercoledì 18 giugno 2008
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grossi disastri e piccoli film
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Lavorare sulle paure contemporanee è un filone benemerito e anche ampiamente sfruttato. E’ fuori di dubbio che Shyamalan consideri questa come una delle fonti principi del suo cinema, e ben venga. The village, anche se incredibilmente esplicito, funzionava bene come metafora degli Usa di Bush, e tutto sommato anche dell’arroccamento di tutto l’Occidente su posizioni di difesa estrema dall’invasione di altre culture e altri popoli. Difesa fisica o anche solo psicologica, alzando barriere, crendo mostri terribili e sanguinari oltre queste. Su un altro fronte, un’altra grande paura, angoscia, spada di Damocle sulle nostre teste, è l’imminente e immanente catastrofe ecologica (non domani, non tra un anno, ma certo tra qualche decennio), per scongiurare la quale abbiamo tutti i mezzi ma nessuna volontà politica, e contro la quale la gente normale si trova spiazzata e sola di fronte all’ignoto.
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Lavorare sulle paure contemporanee è un filone benemerito e anche ampiamente sfruttato. E’ fuori di dubbio che Shyamalan consideri questa come una delle fonti principi del suo cinema, e ben venga. The village, anche se incredibilmente esplicito, funzionava bene come metafora degli Usa di Bush, e tutto sommato anche dell’arroccamento di tutto l’Occidente su posizioni di difesa estrema dall’invasione di altre culture e altri popoli. Difesa fisica o anche solo psicologica, alzando barriere, crendo mostri terribili e sanguinari oltre queste. Su un altro fronte, un’altra grande paura, angoscia, spada di Damocle sulle nostre teste, è l’imminente e immanente catastrofe ecologica (non domani, non tra un anno, ma certo tra qualche decennio), per scongiurare la quale abbiamo tutti i mezzi ma nessuna volontà politica, e contro la quale la gente normale si trova spiazzata e sola di fronte all’ignoto. Ancora una volta, tutte le nostre certezze sono messe in discussione – non esistono più le mezze stagioni, signora mia – e il terrore può arrivare dalla più innocua delle cose che ci circondano. Ma se vuoi farmi paura, farmici riflettere, devi impegnarti un po’ di più e andare un po’ più in là della sola constatazione di ciò e dell’idea di farne un soggetto cinematografico. Devi trovare una chiave narrativa congrua, un mostro che abbia una sua coerenza anche scientifica, dato l’argomento; soprattutto, una risoluzione che passi attraverso la presa di coscienza dei personaggi riguardo al disastroso problema. Innanzitutto, che tensione ci può essere se non riesci ad essere abbastanza bravo da darmi un contensto verosimile per quello che mi vai raccontando? E non sto parlando altro che della proverbiale e banalissima sospensione dell’icredulità con la quale ogni raccontatore di storie deve fare i conti. Non importa quanto il mondo che mi metti davanti sia fantastico o irreale o inverosimile, basta che al suo interno tutto torni. A maggior ragione se il mondo che vuoi raccontare è il nostro, e se la paura che vuoi incutere dovrebbe essere nient’altro che l’estremizzazione di quello che tutti abbiamo davanti agli occhi. Ma, di incongruenza in incongruenza, di incoerenza in incoerenza, questo brutto film si riduce alla più banale delle storielle di coppia circa quarantenne in crisi - intorno al suo problema si svolgeranno tre quarti del film, compreso il melenso finale - dimenticando quasi il contesto. Che si trasforma, a ben vedere, nella metafora del viaggio dei due protagonisti all’interno dei loro problemi, e da qui il non casuale sdolcinato, banale, fastidioso citato finale (del controfinale taccio per decenza). E in più a condire tutto, al contrario di quanto visto nei precedenti lavori di questo regista, un film girato con approssimazione, con una fotografia così sciatta come non si ricordava da tempo, e con attori (ma forse è colpa dei personaggi, così male abbozzati e niente profondi) privi del minimo spessore e della minima capacità espressiva. Insomma, o il Nostro è in profonda crisi, o, semplicemente, ha cercato di affrontare un tema più grosso di lui senza avere le capacità o la maturità per affrontarlo. In fondo, tutte le altre sue storie erano basate sul giochino narrativo del ribaltamento finale: è evidente che l’aver provato ad affrontare un tema vero e così grande, non risolvibile con espedienti o trovatine più o meno furbe, si è rivelato un compito non alla sua altezza.
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