elgatoloco
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lunedì 19 aprile 2021
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bene de niro, fim non riuscito, ma...
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"WHat Just Happened?"/Barry Levinson, dalle memorie di Art Linson, anche sceneggiatore, 2008). Fase brutta per Hollywood, per la realizazione di un film che contiene scene(morte di un animale)inadatte comunque, problemi sentimentali che lo portano vicino alla separazione dalla moglie, il suicidio di un agente pubblicitario e altro anocra, crisi di un produttore hollywoodiano, che tuttavia non sfocia in una tragedia. Barry Levinson, regista forse non precisamente geniale, ma senz'altro un"signor regista", da tempo non trova più un film a lui adatto in pieno e dunque"branola"un poìnel buio, cercnado con questo film di cavalcare efficacemente i sentieri dell'autobiografia, ossia della riflessione sul cinema, che forse, volendo, possiamo considerare in crisi dall'epoca dei Frères Lumière.
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"WHat Just Happened?"/Barry Levinson, dalle memorie di Art Linson, anche sceneggiatore, 2008). Fase brutta per Hollywood, per la realizazione di un film che contiene scene(morte di un animale)inadatte comunque, problemi sentimentali che lo portano vicino alla separazione dalla moglie, il suicidio di un agente pubblicitario e altro anocra, crisi di un produttore hollywoodiano, che tuttavia non sfocia in una tragedia. Barry Levinson, regista forse non precisamente geniale, ma senz'altro un"signor regista", da tempo non trova più un film a lui adatto in pieno e dunque"branola"un poìnel buio, cercnado con questo film di cavalcare efficacemente i sentieri dell'autobiografia, ossia della riflessione sul cinema, che forse, volendo, possiamo considerare in crisi dall'epoca dei Frères Lumière... ossia dalla fondazione. In realtà la vicenda di per sé non è sciocca né petestuosa, ma è assemblata forse un poìin fretta, senza una riflessione che riesca a far trovare un"collante"vero e proprio, per cui si tratta , quasi di episodi, messi insieme, "organizzati"in modo un po'selvaggio, senza una coesione vera e propria, La prte del subfinale e del finale, che corrsiponnde alla proiezione del film al festival di Cannes, è forse la parte più convincente, quella che viene"dopo il disastro", che poi, a ben vedere, non è il crollo del cinema tout court ma quello(firemmo la débalce)di un singolo fim. Robert De Niro, che in altre occasioni in questi anni sembrava"prestato"a determinati ruoli, in certi film, che magari l'avevano attratto in un porimo mometo, è anch'egli più convincente che in altre occasioni(meglio il protagonista del fi,m, vine quasi da dire...), Bruce Wills e Sean Penn, nel ruolo di se sessi, offrono comunque un'immagine"efficace", gli altri e le altre sono comunque condizionati(e=d quanto il film vuol dire, assemblando troppi elementi e temi diversi senza quel collante che in altre occasoni e in altri tempi il cinema, in specie(ma non solo)made in the USA riusciva a trovare senza troppe tergiversazioni. Saranno "altri tempi", appunto(fra l'atro era il 2008, volendo, anno della crisi di"Lehman Brothers", ma voler cercare appigli extra filmici forse non è sempre adeugato, pur se il cinema vive, fatalmente di quanto avviene attorno ad esso, vive dell'extrafilm,ico)... El Gato
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great steven
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venerdì 27 febbraio 2015
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dietro le quinte dello star system più spudorato.
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DISASTRO A HOLLYWOOD (USA, 2008) diretto da BARRY LEVINSON. Interpretato da ROBERT DE NIRO, ROBIN WRIGHT PENN, CATHERINE KEENER, SEAN PENN, BRUCE WILLIS, JOHN TURTURRO, MICHAEL WINCOTT, STANLEY TUCCI, KRISTEN STEWART
Bizzarra opera di identità insicura, che trae le proprie origini da un omonimo romanzo autobiografico (2005) di Art Linson, che ha provveduto a sceneggiarla e produrla con la TriBeca di De Niro. La trama del film ruota intorno a Ben, alter ego del regista, produttore cinematografico a Hollywood: meno potente che in passato, sentimentalmente rovinato da un secondo divorzio che gli ha lasciato un’insopprimibile gelosia, si ritrova ad aver a che fare, nell’arco di due settimane, con un fallimento personale e professionale che lo precipiterà nel baratro dell’anonimato.
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DISASTRO A HOLLYWOOD (USA, 2008) diretto da BARRY LEVINSON. Interpretato da ROBERT DE NIRO, ROBIN WRIGHT PENN, CATHERINE KEENER, SEAN PENN, BRUCE WILLIS, JOHN TURTURRO, MICHAEL WINCOTT, STANLEY TUCCI, KRISTEN STEWART
Bizzarra opera di identità insicura, che trae le proprie origini da un omonimo romanzo autobiografico (2005) di Art Linson, che ha provveduto a sceneggiarla e produrla con la TriBeca di De Niro. La trama del film ruota intorno a Ben, alter ego del regista, produttore cinematografico a Hollywood: meno potente che in passato, sentimentalmente rovinato da un secondo divorzio che gli ha lasciato un’insopprimibile gelosia, si ritrova ad aver a che fare, nell’arco di due settimane, con un fallimento personale e professionale che lo precipiterà nel baratro dell’anonimato. Alle prese coi patemi degli agenti pubblicitari, le direttive opprimenti e capricciose degli studios e i vizi degli strapagati e spesso sopravvalutati attori dello star system USA, Ben deve giocare le (poche) carte che gli restano in due situazioni ricche di spine e cavilli: un regista irritabile e nevrotico si rifiuta di modificare il finale “sbagliato” del suo action-movie Fiercely con protagonista S. Penn; B. Willis (nella parte di sé stesso) che giunge imbolsito e con una barba folta, che rifiuta categoricamente di tagliarsi, sul set di un film in procinto di iniziare. Sono appunto queste due trovate il punto di forza su cui la pellicola fa leva, benché non riesca, nonostante gli sforzi, ad accordarle con l’amara malinconia di sottofondo del testo. È anche una delle rare occasioni cinematografiche in cui Levinson, anche produttore esecutivo, rivela la sua formazione ebraica. Senza ombra di dubbio, al di là dell’autoironia dissacrante e della ferocia espressiva, l’adattamento del libro di Linson passa per un’efficace analisi fondamentalmente polemica e impietosa di tutto l’insieme che raggruppa i “dietro alle quinte” del mondo hollywoodiano, evitando accuratamente di trascurare le caricature tanto di interpreti sovrastimati quanto di agenti incapaci e inadatti a scopi costruttivi. De Niro riesce a salvare il film dalla mediocrità in cui rischia pericolosamente di scivolare grazie alla sua consueta recitazione metodica e furbescamente pignola che fa di ogni suo personaggio una preparazione attiva, coerente e che non disdegna sorprese piacevoli. Non tutte interpretazioni di primo piano e difendibili da ogni punto di vista, ma fra i migliori del cast spiccano Turturro nel ruolo del collaboratore occhialuto smemorato e pacioccone, Wright Penn nelle vesti della seconda moglie svogliata e dedita esclusivamente alla terapia congiunta di separazione e Keener nei panni della cinica e disincantata direttrice degli studios. Penn e Willis si impegnano in un allegro esame autoreferenziale che scava dentro la personalità di ciascuno dei due, evidenziandone i pregi e le lacune proprio in qualità di attori professionisti inseriti o in sintonia o in antitesi col sistema produttivo che impera oltreoceano. Levinson riconferma la sua connotazione di regista medio che sa sorprendere non per il successo che le sue commedie riscuotono, ma piuttosto per le potenzialità vibranti e vitali che sa trarre dai copioni e trasferire sui volti delle personalità che dirige brillando fulgidamente per la scelta delle facce giuste e screditando apertamente il divismo operistico. Molti dettagli fissati nei fotogrammi da una telecamera intelligente e attenta aiutano a comprendere i significati di natura erotica, psicologica e motivazionale che il film mette a bella posta al servizio di un pubblico il cui occhio sia in grado di coglierli tramite una visione proficua e possibilmente vorace. Probabilmente un uso più compatto (non importa il suo ricorso o la sua frequenza, dopotutto) dell’accelerazione dei piani-sequenza avrebbe sortito effetti più carismatici e corretti ai fini del risultato conclusivo: questo espediente appare infatti un po’ scontato e troppo buttato via, o perlomeno disorganico e disomogeneo. Peccato che la presentazione del film al Sundance e a Cannes 2008 non abbia rilevato un successo consistente, perché quest’opera rimane comunque parte di un itinerario secondario (e questa classificazione è obbligatoria almeno per il suo andamento vagheggiante e la mancata risoluzione dei numerosi temi propugnati), ma risulta degnamente lodevole per il divertimento agrodolce che produce quantomeno negli spettatori più esigenti, per la nostalgia pesantemente accumulata di un’industria del cinema migliore sotto varie prospettive e per la controllata ma struggente esposizione delle magagne che finiscono per determinare con intollerabile gravezza le sorti dei film e le carriere attoriali.
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ultimoboyscout
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domenica 25 novembre 2012
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la scena e la barba della discordia.
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Definirlo strano è poco ma sarebbe generico, direi che è un film incerto e poco convinto oltrechè poco convincente, tratto dall'omonimo autobiografico libro di Art Linson che l'ha scritto, prodotto (tra gli altri) e snaturato anche per l'intervento della Tribeca dello stesso DeNiro. Lo sguardo è quindi dall'interno, tutto somamto preciso ma che non dice nulla di nuovo su Hollywood e le sue star, sugli agenti e la major che lo dominano. Nasce come una commedia graffiante sul mondo dello star system americano ma la satira è annacquata e la perfidia è rimasta solo nelle intenzioni. Sembra piuttosto un dramma psicologico poco satirico e piuttosto amaro fortemente malinconico basato sulla storia del produttore cinematografico Ben, un alter ego dello stesso Levinson, alle prese con bizze e capricci di attori e registi con i quali lavora, con le imposizioni nette degli studios e i rapporti con le ex mogli.
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Definirlo strano è poco ma sarebbe generico, direi che è un film incerto e poco convinto oltrechè poco convincente, tratto dall'omonimo autobiografico libro di Art Linson che l'ha scritto, prodotto (tra gli altri) e snaturato anche per l'intervento della Tribeca dello stesso DeNiro. Lo sguardo è quindi dall'interno, tutto somamto preciso ma che non dice nulla di nuovo su Hollywood e le sue star, sugli agenti e la major che lo dominano. Nasce come una commedia graffiante sul mondo dello star system americano ma la satira è annacquata e la perfidia è rimasta solo nelle intenzioni. Sembra piuttosto un dramma psicologico poco satirico e piuttosto amaro fortemente malinconico basato sulla storia del produttore cinematografico Ben, un alter ego dello stesso Levinson, alle prese con bizze e capricci di attori e registi con i quali lavora, con le imposizioni nette degli studios e i rapporti con le ex mogli. Il tutto scandito in due settimane. Le trovate che funzionano sono appena due, la barba di Willis e la scena finale che il regista del film non vuole cambiare, ma si estraniano dal resto e dal tono del film. Levinson, che per la prima volta svela il suo lato "ebreo", si dimostra capace e attento ai dettagli ma non fa oltre il compitino e chiude il film con la morale che un produttore in crisi a Hollywood è considerato peggio di un appestato e come tale va trattato. Protagonista che non riesce nemmeno ad attirare le simpatie del pubblico e questo, assieme alla satira che non c'è e a un diffusissimo senso di già visto, è il guaio peggiore. Si salvano Penn e Willis che nei panni di loro stesso appaiono divertiti e divertiti e le signore Wright Penn e Keener che spalleggiano un DeNiro più che discreto, in una delle sue migliori recenti interpretazioni (anche se non ci vuole molto ad essere sinceri).
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claudiorec
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sabato 22 maggio 2010
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hollywood a nudo
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Un cast poliedrico per cercare di mettere Hollywood a nudo!
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patrickbateman47
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venerdì 9 aprile 2010
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bob de niro vs la barba di bruce willis
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Disastro a Hollywood è spassosissimo,brillante,simpatico,irriverente,intelligente,un film di satira sul mondo di Hollywood.
Un film controcorrente che ci mostra i retro scena della vita mondana della Mecca del cinema,il cast ottimo,grande attori ma anche grandi persone,non a caso De Niro,Willis e Sean Penn (e il resto del cast) hanno partecipato a questo film perchè sono ormai le ultime poche star che non prendono sul serio,che nonostante i soldi sono sempre umili e di valore.
A qualcuno non è piaciuto il film? Beh chi se ne frega,la critica è stata ottima e forse a qualcuno non è andata giù che si critichi il populino e che per colpa dei esso i compromessi commerciali distruggono l'arte,forse molti si sono identificati nel pubblico scioccato dal cane ammazzato,questo conferma che il film ha fatto centro,io invece sono con Bob De Niro e Barry Levinson,che vada in malora la commercialità e la morte delle idee,vai Bob! una parte di pubblico sarà sempre con te,alla faccia di Hollywood.
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warningsign
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domenica 14 marzo 2010
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solo una parata di attori
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Una pellicola che pare più una bella parata di grandi attori che una storia quantomeno interessante. Potrebbe anche essere piazzato tra i "flop" catastrofici nelle carriere di signori attori come Rob De Niro, Stanley Tucci, Sean Penn e (in parte) Bruce Willis. La storia si svolge in uno spazio temporale piuttosto ristretto, che non permette di entrare in contatto con l'essena del protagonista Ben (Robert De Niro), produttore affermato, alle prese con un regista pazzo e un "irsuto" Bruce Willis, intento a fare i capricci per rifiutarsi di tagliare la barba in occasione di un nuovo film.
Per il resto poco e nulla. Definita una commedia, mi sembra più che azzeccato il cambio di titolo per l'Italia (il titolo originale "What Just Happened" avrebbe ricondotto ad un film troppo più serio di quello che in realtà è).
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Una pellicola che pare più una bella parata di grandi attori che una storia quantomeno interessante. Potrebbe anche essere piazzato tra i "flop" catastrofici nelle carriere di signori attori come Rob De Niro, Stanley Tucci, Sean Penn e (in parte) Bruce Willis. La storia si svolge in uno spazio temporale piuttosto ristretto, che non permette di entrare in contatto con l'essena del protagonista Ben (Robert De Niro), produttore affermato, alle prese con un regista pazzo e un "irsuto" Bruce Willis, intento a fare i capricci per rifiutarsi di tagliare la barba in occasione di un nuovo film.
Per il resto poco e nulla. Definita una commedia, mi sembra più che azzeccato il cambio di titolo per l'Italia (il titolo originale "What Just Happened" avrebbe ricondotto ad un film troppo più serio di quello che in realtà è). Sicuramente la versione romanzata dell'autrice Art Linson, dalla quale è stata tratta la pellicola, potrebbe apparire un prodotto più accessibile e magari apprezzabile.
Da segnalare, ad ogni modo, le due scene che hanno visto impegnata la giovane Kristen Stewart, nel film figlia di De Niro, che dimostra ancora una volta di essere una grande promessa e non solo un "fenomeno delle teenager". La si attende in lavori più impegnativi per scoprire definitivamente quale sia il suo vero talento.
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paul keating
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giovedì 11 marzo 2010
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cosa succede in città?
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Autoreferenzialità, termine così logoro di questi tempi cupi, intriso di un’accezione spregiativa quando diventa sinonimo di esclusione, autocompiacimento, protervia. In questo caso il cinema autoreferenziale che ci racconta il cinema, grazie anche a numerosi cameo di celeberrimi attori hollywoodiani non è certo da stigmatizzare, specie se c’illustra meccanismi e “dietro le quinte” inediti con uno sguardo caustico, graffiante, mai banale. Deus ex machina di turno lo splendido Bob De Niro, che alla stregua di un’araba fenice risorge dalle ceneri attoriali in cui era piombato e ci guida brillantemente alla scoperta di una Hollywood frenetica e cinica che, nel suo parossismo, quasi diverte. Piacevole sorpresa.
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germi86
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sabato 6 marzo 2010
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il mondo di hollywood
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Nè caldo nè freddo,una commedia sul mondo cinematografico di Hollywood con un famoso produttore(De Niro)alle prese con i capricci di attori e registi(e non solo),pronto a rimediare a ogni problema,ma incapace di risolvere i problemi della sua vita privata.De Niro è sempre De Niro,ce poco da dire,un altra bella interpretazione.
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luciacinefila
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martedì 2 marzo 2010
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per passare una serata....
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devo dire da subito che l'interpretazione del grandissimo De NIro..vale tutto il film.
da canto suo la sceneggiatura era abbastanza originale quanto basta per lasciarsi vedere e sorridere frenquentemente.
la noia dello spettatore dipende sicuramente da ciò che ci si aspettava da questo film che in realtà penso ripercorra fedelemente le tappe di una vita "disastrosa" come quella del protagonista del film.
da vedere con occhio curioso al vero mondo del cinema..e non puoò non piacere a chi quel mondo..lo adora.
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giorgio
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lunedì 1 marzo 2010
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che noia....!
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Che noia! Ho retto mezz'ora, poi basta.
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