enri_kiki
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lunedì 20 aprile 2009
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disastro ad hollywood...mai titolo più azzeccato..
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a fronte di un cast decisamente di livello elevatissimo, il film è lento, sconclusionato e solo a tratti vagamente divertente. la bravura di de niro è fuori discussione ed è l'unica cosa che rende una commedia (che più che una commedia sembra un'analisi minuto per minuto della vita del protagonista), altrimenti abbastanza banale, un film accettabile. invece i ruoli degli altri due personaggi (penn e willis) sono ridotti a margine di questa infinita odissea automobilistica del protagonista. ciò che mortifica la buona idea di base è proprio la scarsa fluidità dei passaggi fra le scene ed il succedersi degli avvenimenti, e ciò - a mio avviso - pregiudica completamente la riuscita del film.
[+] sconclusionato?
(di francesco2)
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basettoni
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martedì 21 aprile 2009
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disastroso...
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Il film ha la pretesa di prendere in giro il cinema americano ma non ci riesce e ahimè diventa esso stesso banale.
Fare critica o prendere in maniera ironica ciò che ruota attorno a hollywood dovrebbe essere così facile quanto sparare sulla croce rossa...
...Bhè il film davvero non ci riesce!!! Diamine è davvero brutto! Mi meraviglio come S.Peann e J. Turturro ne abbiano fatto parte...Secondo me
non hanno visto il prodotto finale per quanto è scandaloso!
Mi ripeto è davvero scandaloso il fatto che non si riesce a ridere per tutta la durata del film. Si sorride e quando lo si fa quelle poche volte sono
quelle 2 o 3 battutine che ci sono nel trailer...Colpi di scena scontati se non fuori luogo.
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Il film ha la pretesa di prendere in giro il cinema americano ma non ci riesce e ahimè diventa esso stesso banale.
Fare critica o prendere in maniera ironica ciò che ruota attorno a hollywood dovrebbe essere così facile quanto sparare sulla croce rossa...
...Bhè il film davvero non ci riesce!!! Diamine è davvero brutto! Mi meraviglio come S.Peann e J. Turturro ne abbiano fatto parte...Secondo me
non hanno visto il prodotto finale per quanto è scandaloso!
Mi ripeto è davvero scandaloso il fatto che non si riesce a ridere per tutta la durata del film. Si sorride e quando lo si fa quelle poche volte sono
quelle 2 o 3 battutine che ci sono nel trailer...Colpi di scena scontati se non fuori luogo...Bah!
Una cattiva pubblicità all'ironia americana che scivola sempre di più in un vorticoso baratro!
Ma poi di un american correct (al di là delle battute scurrili) che rabbrividisce.
Non buttate tempo...Se non l'avete fatto vedetevi Burn after reading dove gli stereotipi e situazioni comiche vengono davvero serviti come di deve.
God bless america che mi pare ne abbiano proprio bisogno!!!
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(di francesco2)
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ci_nico
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martedì 21 aprile 2009
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un vero disastro!!
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Titolo decisamente degno del film!! Era tempo che non mi annoiavo al cinema così tanto,una storia decisamente sciapa, che non coinvolge lo spettatore (almeno una decina di persone sono andate via prima della fine,nelle file davanti a me ed ero a metà sala, forse erano di piu; io ho resistito ma la fine l'ho vista in piedi mentre uscivo), priva di humor, una commedia a mio avviso dovrebbe avere un giusto mix di ingredienti, e bene questa è come una parete bianca! un film che puo' essere tranquillamente tagliato in un cortometraggio di 10 min. Tutti i commenti che sono stati fatti al film con protagonista Sean Pean sarebbero da indirizzare a chi ha scritto e prodotto questa storia (USATE MEGLIO I FONDI IN TEMPO DI CRISI).
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Titolo decisamente degno del film!! Era tempo che non mi annoiavo al cinema così tanto,una storia decisamente sciapa, che non coinvolge lo spettatore (almeno una decina di persone sono andate via prima della fine,nelle file davanti a me ed ero a metà sala, forse erano di piu; io ho resistito ma la fine l'ho vista in piedi mentre uscivo), priva di humor, una commedia a mio avviso dovrebbe avere un giusto mix di ingredienti, e bene questa è come una parete bianca! un film che puo' essere tranquillamente tagliato in un cortometraggio di 10 min. Tutti i commenti che sono stati fatti al film con protagonista Sean Pean sarebbero da indirizzare a chi ha scritto e prodotto questa storia (USATE MEGLIO I FONDI IN TEMPO DI CRISI). Visto anche il cast "eccezionale" e' stata una delusione che per ora gli vale la nomina di peggior film dell'anno.
A questo punto mi chiedo se volevano fare un disastro appositamente...bhe ci sono riusciti.
Manca il sale,l'olio ed e' rimasta solo un insalata che forse sarebbe stato meglio lavare..
L'unico sentimento che suscita è la voglia di prendere un bazooka e far esplodere lo schermo.
ECTOPLASMA!!
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patrickbateman47
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venerdì 9 aprile 2010
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bob de niro vs la barba di bruce willis
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Disastro a Hollywood è spassosissimo,brillante,simpatico,irriverente,intelligente,un film di satira sul mondo di Hollywood.
Un film controcorrente che ci mostra i retro scena della vita mondana della Mecca del cinema,il cast ottimo,grande attori ma anche grandi persone,non a caso De Niro,Willis e Sean Penn (e il resto del cast) hanno partecipato a questo film perchè sono ormai le ultime poche star che non prendono sul serio,che nonostante i soldi sono sempre umili e di valore.
A qualcuno non è piaciuto il film? Beh chi se ne frega,la critica è stata ottima e forse a qualcuno non è andata giù che si critichi il populino e che per colpa dei esso i compromessi commerciali distruggono l'arte,forse molti si sono identificati nel pubblico scioccato dal cane ammazzato,questo conferma che il film ha fatto centro,io invece sono con Bob De Niro e Barry Levinson,che vada in malora la commercialità e la morte delle idee,vai Bob! una parte di pubblico sarà sempre con te,alla faccia di Hollywood.
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susanna_372
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domenica 19 aprile 2009
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sono permalosa, non prendetemi in giro!
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Autoreferenzialità e metacinema: il film crede di svelare dei segreti sul mondo di hollywood anche se molta gente non sa come gira il mondo di hollywood per capire le sottigliette di alcune battute, di alcune situazioni. un film che si ricorda per le lunghe telefonate e tutti gli "ok ok ok" se non "caz..caz..caz.."; non per fare del moralismo ma c'è un limite anche alla maleducazione e a ciò che gli orecchi possono sopportare. hollywood sente di dover parlare di sè, ma mi stupisce che proprio hollywood, quella del cinema classico: del montaggio "classico" intendo, produca un film poco accattivante e poco ironico (ci ha provato per lo meno) e così autoreferenziale che sembra prendere in giro lo spettatore.
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Autoreferenzialità e metacinema: il film crede di svelare dei segreti sul mondo di hollywood anche se molta gente non sa come gira il mondo di hollywood per capire le sottigliette di alcune battute, di alcune situazioni. un film che si ricorda per le lunghe telefonate e tutti gli "ok ok ok" se non "caz..caz..caz.."; non per fare del moralismo ma c'è un limite anche alla maleducazione e a ciò che gli orecchi possono sopportare. hollywood sente di dover parlare di sè, ma mi stupisce che proprio hollywood, quella del cinema classico: del montaggio "classico" intendo, produca un film poco accattivante e poco ironico (ci ha provato per lo meno) e così autoreferenziale che sembra prendere in giro lo spettatore. questo mi ha un po' infastidito; perchè giocare con la macchina a mano, con i piani stretti ridondanti, con le vedute della città e del traffico sembrano una scusante, un tappabuchi per dire "scusate devo far vedere che la situazione del mio attore protagonista è incasinata e frenetica; scusate questo film è tutto al telefono, è quindi statico e pedante, vi metto su una macchina così intanto vi godete il panorama; scusate dovevo proprio inserire un matrimonio burrascoso e che ha quasi dell'incredibile (del poco credibile) per accattivare un po' l'attenzione di un'altra fascia di pubblico che altrimenti rimarrebbe esclusa; e infine scusate se metto una colonna sonora così ridondante e fastidiosa da bloccarsi improvvisamente, ma devo far capire la confusione del mio protagonista e farvi saltare sulla sedia visto che non fate altro che sistemarvici sopra per trovare la posizione più comoda per non addormentarvi. ora però scusate me che scrivo; perchè mi spiace che questo film sia così noioso, perchè speravo che riuscisse a far trasparire quello che davvero il mondo del cinema è. certo, non ne so tanto, ma abbastanza per capire che i registi a hollywood poco si lasciano andare a crisi e pianti isterici, perchè sanno bene che il mondo del cinema è un bisness e non un gioco; e che ragionano davvero come se il pubblico fosse una massa di idioti, tranne qualche eccezione. e per questo mi sento "presa in giro", come spettatrice, anche se questo vuol dire che a noi spettatori ci pensano, nel bene o nel male. lo spettatore classico capisce che per Robert de Niro è così importante far tagliare la barba a Bruce Willis? davvero? sembrerebbe una così gran stupidata e frivolezza; ma nel cinema queste sono le crisi, queste sono le cose che mandano a pezzi una produzione. e poi è così un peccato aver dato poco spazio a nomi quali Tucci, Penn, Torturro, Willis etc. perchè non so se Robert regga bene, e da solo, tutto il film. un'ultima cosa: mi incuriosisce molto che abbiamo usato la moglie "vera" di Sean Penn (la Jenny di Forrest Gump) per la parte della moglie di Rober de Niro, cosa è? finzione nella realtà, finzione nella finzione? cosa? Penn, nel film, va al festival di cannes naturalmente non accompagnato, chissà come mai!
aspetta, mi viene un dubbio: non è che mi stanno prendendo in giro?
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kika
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martedì 21 aprile 2009
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what just happened?!
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E' successo che ho appena visto un piccolo film pungente, vero, divertente, un film sul cinema, su chi fa il cinema e che decide cosa farci o non farci vedere. In 110 minuti ci regala un interpetazione di un Robert De Niro da urlo in grande spolvero affascinante e bravo oltre ogni misura, che interpreta questo produttore che per un film, anzi per il finale, finisce quasi fuori dalla foto dei più potenti, come a dire che sei fai un solo passo falso già sei mezzo tagliato fuori. Esilarante e fuori di testa la scena con B. Willis e il tormentone sulla sua barba e i suoi chili di troppo (perchè un sex symbol non può scegliere di farsela crescere o ingrassare ci sono i fan o meglio le fan da soddisfare.
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E' successo che ho appena visto un piccolo film pungente, vero, divertente, un film sul cinema, su chi fa il cinema e che decide cosa farci o non farci vedere. In 110 minuti ci regala un interpetazione di un Robert De Niro da urlo in grande spolvero affascinante e bravo oltre ogni misura, che interpreta questo produttore che per un film, anzi per il finale, finisce quasi fuori dalla foto dei più potenti, come a dire che sei fai un solo passo falso già sei mezzo tagliato fuori. Esilarante e fuori di testa la scena con B. Willis e il tormentone sulla sua barba e i suoi chili di troppo (perchè un sex symbol non può scegliere di farsela crescere o ingrassare ci sono i fan o meglio le fan da soddisfare...l'occhio vuole la sua parte) ... Ci sono diversi attori che ruotano intorno al protagonista, ma in realtà è difficile dare un giudizio su di loro perchè in questa chicca sono tutte comparse... c'è un solo protagonista che rende questo film geniale ed è lui, Bob...
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houssy
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mercoledì 13 maggio 2009
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disastro a hollywood: titolo perfetto
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Veramente un disastro questo film, che fuori tempo massimo pretende di riflettere sul mondo del cinema e le sue leggi. Registi schizzati, star del cinema fuori controllo, agenti psicotici e produttori alla deriva, in una giostra in cui nessuno si salva e nessuno è innocente, nemmeno i cani. Il problema di questo disastro diretto da Barry Levinson, è che arriva davvero fuori tempo massimo, per una riflessione su cui aveva posto una bella pietra tombale Robert Altman con I protagonisti. Il cast è strepitoso, ma è il primo a non credere in questa operazione, recitando senza convinzione vizi e virtù di un mondo che non è quel che sembra. Una scrittura piuttosto piatta e decisamente poco organica di certo non aiuta, come non aiuta la poca cattiveria in campo.
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Veramente un disastro questo film, che fuori tempo massimo pretende di riflettere sul mondo del cinema e le sue leggi. Registi schizzati, star del cinema fuori controllo, agenti psicotici e produttori alla deriva, in una giostra in cui nessuno si salva e nessuno è innocente, nemmeno i cani. Il problema di questo disastro diretto da Barry Levinson, è che arriva davvero fuori tempo massimo, per una riflessione su cui aveva posto una bella pietra tombale Robert Altman con I protagonisti. Il cast è strepitoso, ma è il primo a non credere in questa operazione, recitando senza convinzione vizi e virtù di un mondo che non è quel che sembra. Una scrittura piuttosto piatta e decisamente poco organica di certo non aiuta, come non aiuta la poca cattiveria in campo. L'aver spinto un pò di più sul pedale del cinismo avrebbe giovato a questo film, che così resta uno sterile racconto a base di proiezioni pilota, festival da barzelletta, integrità artistica d'accatto e liti amorose tra ex. Il messaggio è chiaro, il cinema non osa più, lo spettatore stesso è addomesticato, quasi addormentato, gli studi approfittano di questo status e continuano a crogiolarsi nella banalità, mettendo al bando tutto ciò che tutela un'integrità artistica, un'identità autoriale, una dignità cinematografica. Noioso, bolso a tratti pedante, scolastico e telefonato. Hollywood ha vinto ancora.
LA SCENA CHE VALE IL FILM
La proiezione pilota.
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paolo antonucci
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mercoledì 22 aprile 2009
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la fine dei sogni
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L'interpretazione di De Niro è di sicuro la spia dell'intenzione che sta dietro al film: come il Bill Murray di Broken Flowers -lo stolido convitato di pietra alla ricerca di paternità del film di J. Jarmusch- De Niro/produttore proietta la sua ricerca, il suo bisogno, sull'ex-moglie e sui figli che in realtà non conosce. Egli vive di illusione, di apparenza e di sogni così come tutto il mondo hollywooddiano, ormai dipendente delle proprie creazioni. Da Bruce Willis al regista che aspira al capolavoro i protagonisti 'hollywoodiani' credono fermamente e furiosamente in qualcosa che, agli occhi del mondo esterno dello spettatore (come dello psicologo o del mercato), non è ben comprensibile quando non addirittura ridicolo.
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L'interpretazione di De Niro è di sicuro la spia dell'intenzione che sta dietro al film: come il Bill Murray di Broken Flowers -lo stolido convitato di pietra alla ricerca di paternità del film di J. Jarmusch- De Niro/produttore proietta la sua ricerca, il suo bisogno, sull'ex-moglie e sui figli che in realtà non conosce. Egli vive di illusione, di apparenza e di sogni così come tutto il mondo hollywooddiano, ormai dipendente delle proprie creazioni. Da Bruce Willis al regista che aspira al capolavoro i protagonisti 'hollywoodiani' credono fermamente e furiosamente in qualcosa che, agli occhi del mondo esterno dello spettatore (come dello psicologo o del mercato), non è ben comprensibile quando non addirittura ridicolo.
Film hollywoddiano su Hollywood, What Just Happened? non può che avere un'amara ironia: gli uomini dipendono dalle proprie illusorie creazioni. Il difetto del film credo che sia proprio qui, cioè nel non aver concesso nulla alla riflessione e averci mostrato un mondo chiuso, totalmente autoreferenziale, nel quale la creazione artistica non realizza ed esorcizza le illusioni come da sempre accade nel nostro. Il risultato è un film dai toni incerti, una forma ibrida di commedia americana che tenta di strizzare l'occhio alla cinematografia d'oltreoceano semplicemente eliminando risate e drammi.
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great steven
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venerdì 27 febbraio 2015
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dietro le quinte dello star system più spudorato.
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DISASTRO A HOLLYWOOD (USA, 2008) diretto da BARRY LEVINSON. Interpretato da ROBERT DE NIRO, ROBIN WRIGHT PENN, CATHERINE KEENER, SEAN PENN, BRUCE WILLIS, JOHN TURTURRO, MICHAEL WINCOTT, STANLEY TUCCI, KRISTEN STEWART
Bizzarra opera di identità insicura, che trae le proprie origini da un omonimo romanzo autobiografico (2005) di Art Linson, che ha provveduto a sceneggiarla e produrla con la TriBeca di De Niro. La trama del film ruota intorno a Ben, alter ego del regista, produttore cinematografico a Hollywood: meno potente che in passato, sentimentalmente rovinato da un secondo divorzio che gli ha lasciato un’insopprimibile gelosia, si ritrova ad aver a che fare, nell’arco di due settimane, con un fallimento personale e professionale che lo precipiterà nel baratro dell’anonimato.
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DISASTRO A HOLLYWOOD (USA, 2008) diretto da BARRY LEVINSON. Interpretato da ROBERT DE NIRO, ROBIN WRIGHT PENN, CATHERINE KEENER, SEAN PENN, BRUCE WILLIS, JOHN TURTURRO, MICHAEL WINCOTT, STANLEY TUCCI, KRISTEN STEWART
Bizzarra opera di identità insicura, che trae le proprie origini da un omonimo romanzo autobiografico (2005) di Art Linson, che ha provveduto a sceneggiarla e produrla con la TriBeca di De Niro. La trama del film ruota intorno a Ben, alter ego del regista, produttore cinematografico a Hollywood: meno potente che in passato, sentimentalmente rovinato da un secondo divorzio che gli ha lasciato un’insopprimibile gelosia, si ritrova ad aver a che fare, nell’arco di due settimane, con un fallimento personale e professionale che lo precipiterà nel baratro dell’anonimato. Alle prese coi patemi degli agenti pubblicitari, le direttive opprimenti e capricciose degli studios e i vizi degli strapagati e spesso sopravvalutati attori dello star system USA, Ben deve giocare le (poche) carte che gli restano in due situazioni ricche di spine e cavilli: un regista irritabile e nevrotico si rifiuta di modificare il finale “sbagliato” del suo action-movie Fiercely con protagonista S. Penn; B. Willis (nella parte di sé stesso) che giunge imbolsito e con una barba folta, che rifiuta categoricamente di tagliarsi, sul set di un film in procinto di iniziare. Sono appunto queste due trovate il punto di forza su cui la pellicola fa leva, benché non riesca, nonostante gli sforzi, ad accordarle con l’amara malinconia di sottofondo del testo. È anche una delle rare occasioni cinematografiche in cui Levinson, anche produttore esecutivo, rivela la sua formazione ebraica. Senza ombra di dubbio, al di là dell’autoironia dissacrante e della ferocia espressiva, l’adattamento del libro di Linson passa per un’efficace analisi fondamentalmente polemica e impietosa di tutto l’insieme che raggruppa i “dietro alle quinte” del mondo hollywoodiano, evitando accuratamente di trascurare le caricature tanto di interpreti sovrastimati quanto di agenti incapaci e inadatti a scopi costruttivi. De Niro riesce a salvare il film dalla mediocrità in cui rischia pericolosamente di scivolare grazie alla sua consueta recitazione metodica e furbescamente pignola che fa di ogni suo personaggio una preparazione attiva, coerente e che non disdegna sorprese piacevoli. Non tutte interpretazioni di primo piano e difendibili da ogni punto di vista, ma fra i migliori del cast spiccano Turturro nel ruolo del collaboratore occhialuto smemorato e pacioccone, Wright Penn nelle vesti della seconda moglie svogliata e dedita esclusivamente alla terapia congiunta di separazione e Keener nei panni della cinica e disincantata direttrice degli studios. Penn e Willis si impegnano in un allegro esame autoreferenziale che scava dentro la personalità di ciascuno dei due, evidenziandone i pregi e le lacune proprio in qualità di attori professionisti inseriti o in sintonia o in antitesi col sistema produttivo che impera oltreoceano. Levinson riconferma la sua connotazione di regista medio che sa sorprendere non per il successo che le sue commedie riscuotono, ma piuttosto per le potenzialità vibranti e vitali che sa trarre dai copioni e trasferire sui volti delle personalità che dirige brillando fulgidamente per la scelta delle facce giuste e screditando apertamente il divismo operistico. Molti dettagli fissati nei fotogrammi da una telecamera intelligente e attenta aiutano a comprendere i significati di natura erotica, psicologica e motivazionale che il film mette a bella posta al servizio di un pubblico il cui occhio sia in grado di coglierli tramite una visione proficua e possibilmente vorace. Probabilmente un uso più compatto (non importa il suo ricorso o la sua frequenza, dopotutto) dell’accelerazione dei piani-sequenza avrebbe sortito effetti più carismatici e corretti ai fini del risultato conclusivo: questo espediente appare infatti un po’ scontato e troppo buttato via, o perlomeno disorganico e disomogeneo. Peccato che la presentazione del film al Sundance e a Cannes 2008 non abbia rilevato un successo consistente, perché quest’opera rimane comunque parte di un itinerario secondario (e questa classificazione è obbligatoria almeno per il suo andamento vagheggiante e la mancata risoluzione dei numerosi temi propugnati), ma risulta degnamente lodevole per il divertimento agrodolce che produce quantomeno negli spettatori più esigenti, per la nostalgia pesantemente accumulata di un’industria del cinema migliore sotto varie prospettive e per la controllata ma struggente esposizione delle magagne che finiscono per determinare con intollerabile gravezza le sorti dei film e le carriere attoriali.
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elgatoloco
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lunedì 19 aprile 2021
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bene de niro, fim non riuscito, ma...
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"WHat Just Happened?"/Barry Levinson, dalle memorie di Art Linson, anche sceneggiatore, 2008). Fase brutta per Hollywood, per la realizazione di un film che contiene scene(morte di un animale)inadatte comunque, problemi sentimentali che lo portano vicino alla separazione dalla moglie, il suicidio di un agente pubblicitario e altro anocra, crisi di un produttore hollywoodiano, che tuttavia non sfocia in una tragedia. Barry Levinson, regista forse non precisamente geniale, ma senz'altro un"signor regista", da tempo non trova più un film a lui adatto in pieno e dunque"branola"un poìnel buio, cercnado con questo film di cavalcare efficacemente i sentieri dell'autobiografia, ossia della riflessione sul cinema, che forse, volendo, possiamo considerare in crisi dall'epoca dei Frères Lumière.
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"WHat Just Happened?"/Barry Levinson, dalle memorie di Art Linson, anche sceneggiatore, 2008). Fase brutta per Hollywood, per la realizazione di un film che contiene scene(morte di un animale)inadatte comunque, problemi sentimentali che lo portano vicino alla separazione dalla moglie, il suicidio di un agente pubblicitario e altro anocra, crisi di un produttore hollywoodiano, che tuttavia non sfocia in una tragedia. Barry Levinson, regista forse non precisamente geniale, ma senz'altro un"signor regista", da tempo non trova più un film a lui adatto in pieno e dunque"branola"un poìnel buio, cercnado con questo film di cavalcare efficacemente i sentieri dell'autobiografia, ossia della riflessione sul cinema, che forse, volendo, possiamo considerare in crisi dall'epoca dei Frères Lumière... ossia dalla fondazione. In realtà la vicenda di per sé non è sciocca né petestuosa, ma è assemblata forse un poìin fretta, senza una riflessione che riesca a far trovare un"collante"vero e proprio, per cui si tratta , quasi di episodi, messi insieme, "organizzati"in modo un po'selvaggio, senza una coesione vera e propria, La prte del subfinale e del finale, che corrsiponnde alla proiezione del film al festival di Cannes, è forse la parte più convincente, quella che viene"dopo il disastro", che poi, a ben vedere, non è il crollo del cinema tout court ma quello(firemmo la débalce)di un singolo fim. Robert De Niro, che in altre occasioni in questi anni sembrava"prestato"a determinati ruoli, in certi film, che magari l'avevano attratto in un porimo mometo, è anch'egli più convincente che in altre occasioni(meglio il protagonista del fi,m, vine quasi da dire...), Bruce Wills e Sean Penn, nel ruolo di se sessi, offrono comunque un'immagine"efficace", gli altri e le altre sono comunque condizionati(e=d quanto il film vuol dire, assemblando troppi elementi e temi diversi senza quel collante che in altre occasoni e in altri tempi il cinema, in specie(ma non solo)made in the USA riusciva a trovare senza troppe tergiversazioni. Saranno "altri tempi", appunto(fra l'atro era il 2008, volendo, anno della crisi di"Lehman Brothers", ma voler cercare appigli extra filmici forse non è sempre adeugato, pur se il cinema vive, fatalmente di quanto avviene attorno ad esso, vive dell'extrafilm,ico)... El Gato
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