filigrana
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sabato 16 gennaio 2021
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alla fiera dell'' improbabilità (spoiler)
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come scritto altrove, mi sto facendo il pieno di horror in questo periodo di confinamento.
ogni tanto c' è qualche film che, bene o male, regge alla logica di per sè traballante dei film horror (corrono tutti in cantina a farsi massacrare, l' auto non parte mai, la bellona oca è sempre la prima a farsi scannare ecc. ecc.) ma, con tutta la benevolenza d' obbligo per questo genere, non è il caso di questo film.
ci sono film dalla sceneggiatura che etichetto "seria" oppure "drammatica" (martyrs, laugier, 2008; W delta Z, shankland, 2007), ovvero dove l' intenzione del cineasta è quella di raccontare una storia bene o male aderente alla realtà, altri che definirei "semiseri" o "umoristici" (sheitan, chapiron, 2006; la casa dei 1000 corpi, zombi, 2003), dove la dura realtà è volutamente infarcita di scene o personaggi improbabili, infine i "grotteschi" (the human centipede 3 (final sequence), six, 2015; denti, lichtenstein, 2007), dove gli agganci alla realtà sono molto flebili, per lasciare il posto a idee o personaggi completamente strampalati.
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come scritto altrove, mi sto facendo il pieno di horror in questo periodo di confinamento.
ogni tanto c' è qualche film che, bene o male, regge alla logica di per sè traballante dei film horror (corrono tutti in cantina a farsi massacrare, l' auto non parte mai, la bellona oca è sempre la prima a farsi scannare ecc. ecc.) ma, con tutta la benevolenza d' obbligo per questo genere, non è il caso di questo film.
ci sono film dalla sceneggiatura che etichetto "seria" oppure "drammatica" (martyrs, laugier, 2008; W delta Z, shankland, 2007), ovvero dove l' intenzione del cineasta è quella di raccontare una storia bene o male aderente alla realtà, altri che definirei "semiseri" o "umoristici" (sheitan, chapiron, 2006; la casa dei 1000 corpi, zombi, 2003), dove la dura realtà è volutamente infarcita di scene o personaggi improbabili, infine i "grotteschi" (the human centipede 3 (final sequence), six, 2015; denti, lichtenstein, 2007), dove gli agganci alla realtà sono molto flebili, per lasciare il posto a idee o personaggi completamente strampalati.
la presente opera, a mio avviso, rientra nel primo filone, ma la cattura di seed pregiudica tutto il film.
infatti, per arrestare un serial killer autore di 666 (sic!) omicidi, anzichè mandare la SWAT o l' FBI in forze arrivano 4 o 5 scalzacani che non arresterebbero manco hitler nel caso se lo trovassero davanti, che si sparpagliano subito ognuno per sè, al buio pesto, con delle torce che il mio cellulare sembra luci a s. siro; il risultato è ovviamente il sacrosanto massacro trucido di tutti i poliziotti, tranne uno, il nostro amico, che con due ceffoni atterra l' energumeno sanguinario serial killer il quale, detto tra noi, è un uomo talmente deboluccio e gracilino da sopravvivere a due scariche di sedia elettrica e alla sepoltura da vivo stile buried (cortes, 2010).
ecco, film rovinato, poi l' ho visto fino alla fine ma con la solita sgradevole sensazione di essere stato preso per i fondelli.
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carloalberto
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mercoledì 7 ottobre 2020
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semplicemente inguardabile
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Si passa repentinamente dal ribrezzo iniziale, indotto dalle immagine tratte dal vero di torture su cani e altre bestiole, trasmesse in bianco e nero da un vecchio televisore, pura pornografia dell’orrore, alla noia soporifera di una interminabile sequenza di caccia notturna al serial killer, iperbolicamente accusato di, addirittura, 666 omicidi e per questo condannato alla sedia elettrica, in una villa abbandonata in mezzo a una campagna, girata nel buio più totale illuminato soltanto dalla flebile luce delle torce dei malcapitati poliziotti. Si fa fatica a continuarne la visione e non nascondo di aver saltato parecchie scene per soffermarmi un attimo su quella truculenta del massacro di una donna anziana nel suo appartamento, macabra e veristica come quella di un analogo omicidio casalingo de La casa di Jack di Lars von Trier, ovviamente nemmeno lontanamente paragonabile, e su quella finale che direi in linea con tutto il resto.
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Si passa repentinamente dal ribrezzo iniziale, indotto dalle immagine tratte dal vero di torture su cani e altre bestiole, trasmesse in bianco e nero da un vecchio televisore, pura pornografia dell’orrore, alla noia soporifera di una interminabile sequenza di caccia notturna al serial killer, iperbolicamente accusato di, addirittura, 666 omicidi e per questo condannato alla sedia elettrica, in una villa abbandonata in mezzo a una campagna, girata nel buio più totale illuminato soltanto dalla flebile luce delle torce dei malcapitati poliziotti. Si fa fatica a continuarne la visione e non nascondo di aver saltato parecchie scene per soffermarmi un attimo su quella truculenta del massacro di una donna anziana nel suo appartamento, macabra e veristica come quella di un analogo omicidio casalingo de La casa di Jack di Lars von Trier, ovviamente nemmeno lontanamente paragonabile, e su quella finale che direi in linea con tutto il resto. Alla fine ritengo quest’opera di Uwe Boll, da quello che leggo, prolifico regista tedesco dalla filmografia eclettica che comprende anche un opera dedicata all’olocausto, Auschwitz del 2011, sia semplicemente inguardabile.
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