samuele siani
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lunedì 9 aprile 2007
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nemmeno per la tv
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I fratelli Taviani confezionano un prodotto che non sarebbe adatto neppure per una prima serata di Rai1. L'eccidio degli armeni è trattato come una favola del settecentesco Carlo Gozzi. I personaggi hanno una psicologia da opera lirica, sembrano quelli della Traviata: si innamorano in un istante e senza un perché; lo stesso odio per gli armeni non ha un perché, né vi si leggono in esso le profonde e contradditorie motivazioni.
Tutto l'impianto del film è visivamente stucchevole e teatrale (nel senso peggiore del termine). Gli attori sono affettati: le loro movenze e la loro dizione sono da teatro di giro di fine ottocento, oggi degne di attori che, usciti dalle scuole dei teatri stabili, sbarcano il lunario dedicandosi alla fiction.
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I fratelli Taviani confezionano un prodotto che non sarebbe adatto neppure per una prima serata di Rai1. L'eccidio degli armeni è trattato come una favola del settecentesco Carlo Gozzi. I personaggi hanno una psicologia da opera lirica, sembrano quelli della Traviata: si innamorano in un istante e senza un perché; lo stesso odio per gli armeni non ha un perché, né vi si leggono in esso le profonde e contradditorie motivazioni.
Tutto l'impianto del film è visivamente stucchevole e teatrale (nel senso peggiore del termine). Gli attori sono affettati: le loro movenze e la loro dizione sono da teatro di giro di fine ottocento, oggi degne di attori che, usciti dalle scuole dei teatri stabili, sbarcano il lunario dedicandosi alla fiction.
Leggendo di tutti quelli che ammirano questi attori e questa recitazione, non posso che notare come ormai l'estetica televisiva delle fiction abbia presto piede nella nostra capacità critica.
Molte scene sono risibili: dalla moglie del generale che spiffera svenuta al capofamiglia sordo; la serva greca (ma era una serva?) che lavandosi il viso si ricorda della collana; il colloquio/rapimento con il console spagnuolo.
Anche la stessa regia è banale. L'esempio più lampante è il racconto dell'uomo in Italia che a 14 anni si allontana dalla Turchia. E i due geniali registi ci fanno vedere la scena che racconta. Neppure un esordiente farebbe una scena così didascalica.
Ma la cosa più penosa di tutte, la vera colpa dei fratelli Taviani è di aver creato un film senza cuore, su un argomento del quale, probabilmente, non si sono mai assoluamente interessati. Non vi è la minima partecipazione affettiva nella vicenda. E le scene grandguignolesche sono narrate con la stessa superficialità di un ballo al consolato spagnolo.
L'unica stella va al povero Moritz Bleibtreu, valido e intenso attore tedesco, che per misteriosi motivi si è trovato con gli attori e i registi del bagaglino.
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assadour
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giovedì 5 aprile 2007
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dolente dramma magistrale
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La tragedisa Le Troiane di Euripide narra in modo forte ed espressionista il dolore delle donne nella guerra di Troia, emblema della ferita inferta da tutte le guerre all'umanità più debole.
La Masseria delle allodole, nobilissimo film di suggestivi interni e scorci esterni,grazie all'espressività dei protagonisti magistralmente diretti dai Taviani racconta un genocidio dimenticato, perchè si ricordi con la stessa intensità delle storie antiche anche il dramma dell'Armenia e di tutte le armenie del mondo.
E' un film dolente che resterà nella storia del cinema, per i contenuti, gli obiettivi e le soluzioni visive.
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(di samuele siani)
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maria
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giovedì 5 aprile 2007
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regia banale,grezza e povera di creatività
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Troppo spesso ormai, secondo me, si tenta di rappresentare la morte o la sopravvivenza di un popolo, attraverso messaggi, immagini, e volti inadeguati alle molteplici sfaccettature che ha uno stato di dolore,e le coseguenze sottili tragiche e dure a morire che si mantengono nel tempo, salde come una roccia. Una persona che soffre non ha la forza ne di fare tutte le faccette finte e standardizzate proposte dal film ne di muoversi con tanta forza fisica e con tanta lucidità mentale. Trarre un film da un libro è sicuramente un progetto ambizioso, alcuni passaggi erano interessanti ma secondo me mal sviluppati, il silenzio senza speranza e l'accanimento alla vita di corpi più volte violati eppure sopravvissuti è un messaggio che può arrivare senza dover come al solito puntare sulle violenze in se.
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Troppo spesso ormai, secondo me, si tenta di rappresentare la morte o la sopravvivenza di un popolo, attraverso messaggi, immagini, e volti inadeguati alle molteplici sfaccettature che ha uno stato di dolore,e le coseguenze sottili tragiche e dure a morire che si mantengono nel tempo, salde come una roccia. Una persona che soffre non ha la forza ne di fare tutte le faccette finte e standardizzate proposte dal film ne di muoversi con tanta forza fisica e con tanta lucidità mentale. Trarre un film da un libro è sicuramente un progetto ambizioso, alcuni passaggi erano interessanti ma secondo me mal sviluppati, il silenzio senza speranza e l'accanimento alla vita di corpi più volte violati eppure sopravvissuti è un messaggio che può arrivare senza dover come al solito puntare sulle violenze in se. Forse il pubblico più che spaventato o violentato con immagini violente e rozzamente realizzate, andrebbe accompagnato in una vicenda storica tanto vergognosa cercando di lasciare lo spazio di riflettere sul qui ed ora della nostra storia e delle nostre donne e dei nostri bambini. Magari si potrebbe pensare di raccontare con maggior attenzione cosa ne rimane di tutto quel dolore dentro gli occhi dei tre bambini quando fnalmente sono liberi, o cosa significhi per una donna morire per salvergli la vita o sopravvivere al proprio marito... non so ognuno certo ha la sua sensibilità
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giulio valerio
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lunedì 2 aprile 2007
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un film grandioso
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I fratelli Taviani hanno costruito un film grandioso. Emozionante e tragico come raramente se ne vedono sugli schermi. Un film che meriterebbe un grande successo internazionale anche perché fa rivivere la grande tragedia dimenticata di un intero popolo.
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grazia
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domenica 1 aprile 2007
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un film meraviglioso
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Ogni volta che leggo un libro non posso non andare a vedere il film alcune volte rimango delusa ma questa volta sebbene abbiano cambiato qualcosa IL FILM MI HA RIPORTATO LE STESSE EMOZIONI DEL LIBRO.
Gli attori per mè sono stati tutti bravissimi e i personaggi tutti "fedeli al loro scopo" ho letto critiche su Egon che nel libro è Dejal ma il ruolo di questo turco "romanticamente infatuato" pronto a disertare ma non a essere degradato tanto slanciato e apppassionato nel bacio ma poi debole indeciso nella scelta crucial è fedele al libro .
Perfetto Preziosi nei gesti nell'eleganza perfetto alterego per il vero protagonista il semplice Yousuff che si trovera' al posto che Egon rifiuta e con la sua bonta' e tenerezza cerchera' di alleviare le pene di una Nunick che non è + la vivace spensierata romantica ragazza , ma una donna provata dal dolore dalla fame dalla morte prota a tutto pur di salvare la famiglia la stessa che poco tempo era pronta ad abbandonare,
Nunick provera' affetto riconoscenza per Yousuff ma non amore scegliera' di non seguirlo e senza saperlo questa scelta le sara' fatale .
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Ogni volta che leggo un libro non posso non andare a vedere il film alcune volte rimango delusa ma questa volta sebbene abbiano cambiato qualcosa IL FILM MI HA RIPORTATO LE STESSE EMOZIONI DEL LIBRO.
Gli attori per mè sono stati tutti bravissimi e i personaggi tutti "fedeli al loro scopo" ho letto critiche su Egon che nel libro è Dejal ma il ruolo di questo turco "romanticamente infatuato" pronto a disertare ma non a essere degradato tanto slanciato e apppassionato nel bacio ma poi debole indeciso nella scelta crucial è fedele al libro .
Perfetto Preziosi nei gesti nell'eleganza perfetto alterego per il vero protagonista il semplice Yousuff che si trovera' al posto che Egon rifiuta e con la sua bonta' e tenerezza cerchera' di alleviare le pene di una Nunick che non è + la vivace spensierata romantica ragazza , ma una donna provata dal dolore dalla fame dalla morte prota a tutto pur di salvare la famiglia la stessa che poco tempo era pronta ad abbandonare,
Nunick provera' affetto riconoscenza per Yousuff ma non amore scegliera' di non seguirlo e senza saperlo questa scelta le sara' fatale .
Bravissimo Blebitrau nell'ultimo colloquio drammatico e triste con Nunick e nella scena finale in cui sara' costretto a porre fine lui alla sua esitenza.
Grandissima Paz Vega, mi sono piaciuti tanto anche Mohammed Bakri, il mendicante , Angela molina, Andrè Doussolier, Mariano Rigillio che si strugge nell'impotenza.
Alcune scene mi sono arrivate dritte al cuore come quella del neonato .. come il canto di Nunick, come il bambino che scappa sotto il tavolo, o la moglie del comandante che va alla festa degli armeni con il cuore pieno di sensi di colpa ma ugualmente invidia la loro ricchezza.
I Turchi non sono descritti come mostri ma come uomini ognuno con la loro debolezza la loro natura.
Ci sono gli invasati ma ci sono anche i moderati , come Doussolier che non vorrebbe che tenta di rimandare, come lo stesso Egon il cui nome ricorda ego egoismo edonismo..ma sopratto I TAVIANI PER DARE UN'APPIGLIO AI TURCHI HANNO CREATO Yousuff come giuseppe come uomo semplice che ama con semplicita' senza tante parole ma con fatti questo personaggio riscatta il popolo turco peccato che nel libro non esista..ma dopotutto e' bello chiudere questa dolorosissima storia con la parola speranza e amore: SPERANZA PER I BAMBINI SALVATI CHE RAGGIUNGONO L'ITALIA E AMORE DA PARTE DI YOUSUFF CHE SI AUTODENUNCIA NEL NOME DI UNA DONNA CHE LUI SOLO HA AMATO E CHE LO AVEVA LASCIATO.
Un film che merita di essere visto perche' ci arricchisce di storia di umanita' di pieta' e ci aiuta a non dimenticare . NON EPICO.. NON CHIASSOSO, ma delicato i TAviani non indugiano nel dolore nei particolari raccapriccianti ma ugualmente ci trasmettono l'angoscia il dolore la disperazione la follia .
l'uva come liet motivit che accompagna il film .. dal letto di morte del capofamiglia al gioiello che riporta la speranza ma solo per pochi.
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chiara
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venerdì 30 marzo 2007
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cinema italiano di ottimo livello
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Con una struttura narrativa impostata per il grande pubblico il film parte lento e stentato, nonostante i costumi e le ambientazioni perfette e la bellissima coralità della cerimonia funebre. La fase che descrive gli ultimi momenti di serenità per gli armeni, o meglio il preludio della tragedia, manca di pathos e soffre di manierismo…risulta particolarmente scolastico il ruolo affidato alla figura di Egon (Preziosi). Non perché lui dia una cattiva prova di attore, ma proprio perché sono dialoghi assai banali soprattutto quelli che vedono protagonisti lui e Nunik (Vega). Per fortuna un personaggio che scompare senza lasciar traccia. Poi però c’è un salto notevole di qualità ed un crescendo di scene ottimamente riuscite ed il film inizia per davvero.
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Con una struttura narrativa impostata per il grande pubblico il film parte lento e stentato, nonostante i costumi e le ambientazioni perfette e la bellissima coralità della cerimonia funebre. La fase che descrive gli ultimi momenti di serenità per gli armeni, o meglio il preludio della tragedia, manca di pathos e soffre di manierismo…risulta particolarmente scolastico il ruolo affidato alla figura di Egon (Preziosi). Non perché lui dia una cattiva prova di attore, ma proprio perché sono dialoghi assai banali soprattutto quelli che vedono protagonisti lui e Nunik (Vega). Per fortuna un personaggio che scompare senza lasciar traccia. Poi però c’è un salto notevole di qualità ed un crescendo di scene ottimamente riuscite ed il film inizia per davvero. Dalla minestra versata sulla tavola imbandita, alla strage a tappe nelle stanze della masseria chiusa dalla potenza dell’immagine dei soldati turchi in piedi troneggianti sulla distesa dei cadaveri. Certo, non c’è un’inquadratura sbagliata e molte scene sono costruite con maestria e sapienza. Si tratta di cinema italiano di ottimo livello, da lodare, ma a mio parere, c’è un quid che sfugge e che rende il prodotto cinematografico imperfetto. Nonostante abbia il merito di affrontare un drammatico episodio storico ancora senza giustizia, rimane un po’ troppo melò più che adattamento cinematografico di un romanzo. Forse, e dico forse, perché poca giustizia è resa alla complessità della storia di un popolo le cui radici affondano già nel primo millennio a.C. insediato in una regione, quella anatolica, di fondamentale importanza per il controllo delle vie di comunicazione tra Oriente ed Occidente e ancor meno si possono dire affrontati gli intricati eventi storici che hanno determinato l’insorgere del “pericolo armeno” ed il genocidio.
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ariel
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giovedì 29 marzo 2007
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armeni, chi sono costoro?
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Al di là di valutazioni estetiche e di tecnica cinematografica, al bel film dei fratelli Taviani a cui va riconosciuto il coraggio ed il merito di aver, finalmente, spalancato il sipario su una truce pagina della storia degli ultimi anni dell'Impero Ottomano, già in piena Grande Guerra, pagina che per tanti versi si annuncia, nel suo orrore, come antesignana della "shoa" ebraica.
E' un film che fa riflettere chi, come è il caso di colui che scrive, da anni amico della Turchia, cerca, purtroppo invano e con il rischio di mettere a repentaglio i propri rapporti affettivi con gli amici di quel Paese, di spiegare che il genocidio armeno, "il grande male", non è un'invenzione dell'europeo sobillato o plagiato dagli Armeni, ma è una realtà tragicamente accaduta (e documentata) su istigazione del movimento panturco di giovani ufficiali dell'esercito sultaniale, assecondato e militarmente eseguito dai governanti dell'eclettico Palazzo sul Bosforo (Dolmabahçe Saray).
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Al di là di valutazioni estetiche e di tecnica cinematografica, al bel film dei fratelli Taviani a cui va riconosciuto il coraggio ed il merito di aver, finalmente, spalancato il sipario su una truce pagina della storia degli ultimi anni dell'Impero Ottomano, già in piena Grande Guerra, pagina che per tanti versi si annuncia, nel suo orrore, come antesignana della "shoa" ebraica.
E' un film che fa riflettere chi, come è il caso di colui che scrive, da anni amico della Turchia, cerca, purtroppo invano e con il rischio di mettere a repentaglio i propri rapporti affettivi con gli amici di quel Paese, di spiegare che il genocidio armeno, "il grande male", non è un'invenzione dell'europeo sobillato o plagiato dagli Armeni, ma è una realtà tragicamente accaduta (e documentata) su istigazione del movimento panturco di giovani ufficiali dell'esercito sultaniale, assecondato e militarmente eseguito dai governanti dell'eclettico Palazzo sul Bosforo (Dolmabahçe Saray).
Rimango dell'avviso che l'odierna Repubblica Turca, nata nel 1923 dal suo lungimirante fondatore, l'autocrate Mustafà Kemal, pur non essendo responsabile del sangue armeno versato in Anatolia o a Istanbul, deve criticamente assumersi le proprie responsabilità storiche, sull'esempio di altre nazioni europee, tra cui anche l'Italia, relativamente ai misfatti perpetrati dall'estinto Impero Ottomano. Sarebbe un passo altamente apprezzato per l'agognato, anche se difficoltoso, ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Costituirebbe, inoltre, un liberatorio atto dovuto nei confronti di un piccolo popolo, laborioso, intelligente ed intraprendente.
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nadia
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mercoledì 28 marzo 2007
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scelta teatrale
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I Taviani hanno voluto un impianto teatrale, senza vasti panorami e grandiosità: dalla casa stessa, un fondale prospettico stretto tra due muri convergenti, i monti alle spalle; alle singole tappe dell'eccidio, una per stanza della masseria; alla dimensione intima dei dialoghi, dei gruppi familiari e dei militari, dei mendicanti, delle deportate. E poi la dimensione corale - nel senso della tragedia greca - del funerale, della festa, della comunità armena spaventata, dello strazio delle donne sui corpi dei maschi trucidati, fino al canto nazionalista dei Giovani Turchi contrapposto al canto armeno proibito alle deportate.
Inutile aspettarsi azione o suspance, come forse certi recensori che hanno lamentato l'uso della camera fissa.
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I Taviani hanno voluto un impianto teatrale, senza vasti panorami e grandiosità: dalla casa stessa, un fondale prospettico stretto tra due muri convergenti, i monti alle spalle; alle singole tappe dell'eccidio, una per stanza della masseria; alla dimensione intima dei dialoghi, dei gruppi familiari e dei militari, dei mendicanti, delle deportate. E poi la dimensione corale - nel senso della tragedia greca - del funerale, della festa, della comunità armena spaventata, dello strazio delle donne sui corpi dei maschi trucidati, fino al canto nazionalista dei Giovani Turchi contrapposto al canto armeno proibito alle deportate.
Inutile aspettarsi azione o suspance, come forse certi recensori che hanno lamentato l'uso della camera fissa. Un film da vedere.
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[+] un film non riuscito
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(di samuele siani)
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[+] il ballo dell'estetica
(di nadia)
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(di samuele siani)
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augusto
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martedì 27 marzo 2007
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coralità e teatralità, per non dimenticare
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L'avvicendarsi di attori internazionali (TUTTI bravi, compresi i nostri)testimonia da un lato lo scopo dei Taviani di dare una dimensione universale al loro RICORDO per immagini e dall'altro l'enormità della diaspora degli esuli armeni, le cui comunità superstiti sono oggi presenti in tutte le nazioni degli attori che si sono incontrati sul set.
Attori di cinema, di teatro e della televisione: tutti alla pari in una tragica rappresentazione di storie private, destinate a soffocare nel sangue del genocidio.
La scena del massacro, cristallizata nella sconvolgente drammaticità, resterà nella storia del cinema.
Così come i simboli del triplo "darsi" di Nunik: il bacio del bell'ufficiale, le mani sul volto dello zaptier, il capo offerto alla lama.
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L'avvicendarsi di attori internazionali (TUTTI bravi, compresi i nostri)testimonia da un lato lo scopo dei Taviani di dare una dimensione universale al loro RICORDO per immagini e dall'altro l'enormità della diaspora degli esuli armeni, le cui comunità superstiti sono oggi presenti in tutte le nazioni degli attori che si sono incontrati sul set.
Attori di cinema, di teatro e della televisione: tutti alla pari in una tragica rappresentazione di storie private, destinate a soffocare nel sangue del genocidio.
La scena del massacro, cristallizata nella sconvolgente drammaticità, resterà nella storia del cinema.
Così come i simboli del triplo "darsi" di Nunik: il bacio del bell'ufficiale, le mani sul volto dello zaptier, il capo offerto alla lama. Bravi Vega, Preziosi e Bleibtreu. Grandioso il tragico e sofferente Rigillo. Encomiabili gli interpreti di Nazim e dell'uffiale Turco, amico di famiglia.
Ismene e Arisinèe, ricordano le eroine della tragedia greca. L'intensità e la partecipazione degli attori, guidati da Registi che guardano alla verità e non al documentarismo, è una delle carte vincenti di questo film maturo e bellissimo da far conoscere agli adolescenti.
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[+] personaggi e musiche indimenticabili....
(di aminta)
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[+] bellissima colonna sonora
(di grazia)
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[+] troppa fiction
(di samuele siani)
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lory
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martedì 27 marzo 2007
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un film da non dimenticare
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Bravi i Taviani, ottimo il cast la sceneggiatura e le musiche
ottimo film
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