tiziana
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lunedì 23 febbraio 2004
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il peso del dolore
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“21 Gr.” giunge come un soffio pesante,sebbene sia il peso di un colibrì,ma diventa un maglio sul cuore già alle prime battute.L’unità temporale è continuamente spezzata,come le vite dei protagonisti,e la sceneggiatura è complessa quanto le loro anime;un montaggio vertiginoso,vero protagonista del film,rende a meraviglia il baratro in cui si cade ad ogni stacco.E’ impossibile non ascrivere ad Inàrritu il merito di aver girato un film tecnicamente bellissimo, e – al di là della narrazione, che all'inizio risulta decisamente spiazzante per lo spettatore–fotograficamente azzeccata;infatti le luci e i colori aiutano ad orientarsi negli spazi temporali,e perfino di prospettiva dei protagonisti.Giunti al termine del dedalo interiore,ginepraio di dolore e di resa,ecco una profonda svolta:la necessità di aggrapparsi a una mistica personale per salvarsi.
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“21 Gr.” giunge come un soffio pesante,sebbene sia il peso di un colibrì,ma diventa un maglio sul cuore già alle prime battute.L’unità temporale è continuamente spezzata,come le vite dei protagonisti,e la sceneggiatura è complessa quanto le loro anime;un montaggio vertiginoso,vero protagonista del film,rende a meraviglia il baratro in cui si cade ad ogni stacco.E’ impossibile non ascrivere ad Inàrritu il merito di aver girato un film tecnicamente bellissimo, e – al di là della narrazione, che all'inizio risulta decisamente spiazzante per lo spettatore–fotograficamente azzeccata;infatti le luci e i colori aiutano ad orientarsi negli spazi temporali,e perfino di prospettiva dei protagonisti.Giunti al termine del dedalo interiore,ginepraio di dolore e di resa,ecco una profonda svolta:la necessità di aggrapparsi a una mistica personale per salvarsi.E se l'anima è il centro dell'intera discussione,il fine non è certo quello di trovare risposte,quanto di osservare la vita,sperando di rintracciare,nel vortice della perdita,almeno una traccia di se stessi.Che conquisti o lasci perplessi,che impietosisca o disilluda,è improbabile allontanarsi dalla visione di“21 Gr.”senza avvertire più reale la presenza dell'incorporeo, quella“gravità”che alcuni chiamano anima,e che sembra rispondere all'unica certezza che Dio siamo noi,foss’anche in punto di morte.Una soluzione che il regista ha deciso di sottolineare partendo da presupposti religiosi,ma che se scrutata in ogni sua angolazione fa supporre che il destino sia quello di un inferno senza fine,nella disperazione più pura,quella che diventa eutanasia o suicidio.Concetti difficili da definire,devastanti da descrivere se non con l’aiuto di una forza visiva scarnificante e debilitante,che scava nei corpi e negli sguardi dolenti.Lo spazio mentale di“21 gr.”ricorda quello di“Spider”,con la differenza che termina in una catarsi,non in una fuga;questa purificazione si compie soltanto nello smarrimento mentre si assiste alle trasfigurazioni della ragione e della religione,al disfacimento che scardina ogni morale,finché non restano che briciole di esistenza svuotata.Un aspetto che accomuna i protagonisti di“21 gr.”è il percorso accidentato che le loro vite attraversano,e l’occasione di ricominciare;sciaguratamente,la seconda opportunità è vittima della cattiveria del fato che gioca a demolirla.Finalmente una pellicola senza buoni ne’ cattivi,tutti plasmati nell’assoluzione del supplizio.Sean Penn è più toccante e maturo che mai.
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lordrest
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venerdì 12 febbraio 2010
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lo strapotere del fato
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Inarritu con la complicità di Sean Penn e Benicio Del Toro costruisce magistralmente un altro film sulla morte, in cui il fato decide in modo onnipotente e onnipresente il destino dei protagonisti, slegate vite che si incontrano in modo perfetto, e sembrerebbe completamente casuale, vanno a creare un intreccio di incredibile fattura e carica drammatica. La carica drammatica, si basa sul peso di 21 grammi, il peso della morte, il peso dell'anima, che come dice Sean Penn "Tutti perdiamo al momento della morte", è questo peso insignificante far bucare lo schermo a questa pellicola, che arriva dritta al cuore. E' proprio Penn che fà da chiave di volta in questo film, dove una ex tossicodipendente (Naomi Watts), un bandito redento, ora integralista religioso (Benicio Del Toro) e un geniale matematico malato, e ormai prossimo alla morte (Sean Penn) si incontrano in modo, almeno apparentemente, completamente casuale.
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Inarritu con la complicità di Sean Penn e Benicio Del Toro costruisce magistralmente un altro film sulla morte, in cui il fato decide in modo onnipotente e onnipresente il destino dei protagonisti, slegate vite che si incontrano in modo perfetto, e sembrerebbe completamente casuale, vanno a creare un intreccio di incredibile fattura e carica drammatica. La carica drammatica, si basa sul peso di 21 grammi, il peso della morte, il peso dell'anima, che come dice Sean Penn "Tutti perdiamo al momento della morte", è questo peso insignificante far bucare lo schermo a questa pellicola, che arriva dritta al cuore. E' proprio Penn che fà da chiave di volta in questo film, dove una ex tossicodipendente (Naomi Watts), un bandito redento, ora integralista religioso (Benicio Del Toro) e un geniale matematico malato, e ormai prossimo alla morte (Sean Penn) si incontrano in modo, almeno apparentemente, completamente casuale. Un film dove in modo indiretto, le azioni di uno, segnano la vita dell'altro per sempre, e non solo nelle cose di tutti i giorni, bensì in quei frangenti della vita che ci contraddistinguono, quelle cose così importanti da decidere se vale la pena di vivere o se vale la pena di morire. Alla fine del film il puzzle che Inarritu ci mette davanti si fa chiaro e ci svela finalmente l'importanza di quei 21 grammi, quel peso insignificante nell' universo, ma fondamentale nella vita di ognuno di noi. Il peso dell'anima.
La cosa più sorprendente di questo film è come all'inizio la trama risulti complicata, annebiata, quasi indecifrabile e ,invece, di come alla fine essa ci risulti chiara ed evidente, pronta e libera ad ogni interpretazione.
Inarritu con questo film mescola poesia a recitazione, sicuramente aiutando e vivacizando questa pellicola con degli ottimi attori, mettendo prima di tutto un, giusto, strapotere del fato, che a volte salva e crea e a volte distrugge e cancella completamente. E' un film su cui riflettere, su cui pensare davvero. Perché pone moltissimi temi, tra cui il più importante, è la decisione di accettare o meno questo strapotere del fato, simbolo del film.
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[+] lo strapotere del fato....o delle coincidenze
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[+] coincidenza
(di molenga)
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pep82
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lunedì 26 maggio 2008
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un atto di fede senza luce
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Tre vite che scorrono e che si intersecano sul filo di lana che, una volta spezzato, le precipita in una follia direi "religiosa", ad un passo dal mistero della morte. Ventuno sono i grammi che il corpo rilascia quando cessa di vivere, ma quanto c'è in quei ventuno grammi, quanto va perduto... Inarritu ci coinvolge nel suo "atto di fede" senza luce ma insieme colmo di speranza, grazie anche al montaggio "roteante" il quale ci appassiona alle vicende che altrimenti sarebbero potute risultare pesanti. La fotografia, come il resto del film, ha le tinte cupe e sfocate dell'autunno, le note di Santaolalla sembrano piangere di una gioia malinconica che rimbomba nei timpani, e in tutti i dialoghi si coglie un dolce grido d'aiuto da parte dei vari personaggi.
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Tre vite che scorrono e che si intersecano sul filo di lana che, una volta spezzato, le precipita in una follia direi "religiosa", ad un passo dal mistero della morte. Ventuno sono i grammi che il corpo rilascia quando cessa di vivere, ma quanto c'è in quei ventuno grammi, quanto va perduto... Inarritu ci coinvolge nel suo "atto di fede" senza luce ma insieme colmo di speranza, grazie anche al montaggio "roteante" il quale ci appassiona alle vicende che altrimenti sarebbero potute risultare pesanti. La fotografia, come il resto del film, ha le tinte cupe e sfocate dell'autunno, le note di Santaolalla sembrano piangere di una gioia malinconica che rimbomba nei timpani, e in tutti i dialoghi si coglie un dolce grido d'aiuto da parte dei vari personaggi. Sean Penn e Naomi Watts al top, Benicio Del Toro (l'ho sempre reputato tra i migliori attori degli ultimi dieci anni e mi dispiace che, escluso 21 grammi, non abbia mai interpretato film indimenticabili) semplicemente commovente nell'interpretare un uomo in perenne contrasto/amore con Dio. La disperata gratitudine(quella di Penn), il senso di colpa(Del Toro), il passato che riaffiora come un segno della volontà divina (quello turbinoso e deprimente di Naomi Watts dopo la morte del marito e del figlio), la speranza... Dopo questo film non pochi registi hanno tentato di imitarne la tecnica di montaggio, ignorando che la grandezza di "21 grammi" sta nella totalità dei vari elementi che si incastrano a meraviglia come in un vero e proprio puzzle.
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toty bottalla
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mercoledì 28 luglio 2010
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puzzle impegnativo
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E' uno di quei film di cui non puoi perdere nemmeno un fotogramma, un puzzle impegnativo, si, per spettatori quantomeno attenti e appassionati, quelli che non vanno al cinema per ridere di battute stupide masticando pop corn. La storia, l'argomento, sono roba seria, affidati sapientemente a grandi attori e a un ottomo regista che combacia l'esigenza del racconto alla credibilità dello stesso.
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alex41
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sabato 18 giugno 2011
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21 grammi di assolute emozioni
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Non ci sono parole per descrivere questa intensa opera d'arte realizzata dal regista messicano di "Amores Perros". Con questa pellicola, il regista si è superato creando un film che racconta di tre episodi raccontati con molta delicatezza ma con una intensità mozzafiato: la presenza in più scene della macchina a mano e il montaggio di scene alternate del film permette allo spettatore soprattutto di prestare più occhio al film stesso rimandendo col fiato sospeso fino alla fine dove sono obbligatori applausi. Commovente come pochi, mostra soprattutto la presenza di tre straordinari attori che hanno dato il meglio di loro, specialmente Naomi Watts, e bravissimi Sean Penn, un ruolo intenso e soprattutto molto convincente, e Benicio Del Toro reduce di un Oscar da poco in un ruolo che non poteva mancare nella sua filmografia e che col tempo è riuscito a migliorare in una maniera paurosa.
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Non ci sono parole per descrivere questa intensa opera d'arte realizzata dal regista messicano di "Amores Perros". Con questa pellicola, il regista si è superato creando un film che racconta di tre episodi raccontati con molta delicatezza ma con una intensità mozzafiato: la presenza in più scene della macchina a mano e il montaggio di scene alternate del film permette allo spettatore soprattutto di prestare più occhio al film stesso rimandendo col fiato sospeso fino alla fine dove sono obbligatori applausi. Commovente come pochi, mostra soprattutto la presenza di tre straordinari attori che hanno dato il meglio di loro, specialmente Naomi Watts, e bravissimi Sean Penn, un ruolo intenso e soprattutto molto convincente, e Benicio Del Toro reduce di un Oscar da poco in un ruolo che non poteva mancare nella sua filmografia e che col tempo è riuscito a migliorare in una maniera paurosa. Inarritu crea un'atmosfera di ansia e malinconia come pochi riescono a fare, un regista assolutamente grande, una delle migliori menti cinematografiche dal 2000 in su. Capolavoro!!!
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filippo catani
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giovedì 14 luglio 2011
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l'incrocio della disperazione
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Tre famiglie che nulla hanno a che fare tra di loro, si ritrovano a dover fronteggiare un incastro terrificante. Un ex galeotto che cerca di ricominciare da capo investe due bimbe ed il loro padre. Il cuore del padre verrà donato ad un professore universitario in attesa di trapianto che si trova a fronteggiare la richiesta della compagna di avere un figlio. Il professore, dopo essere riuscito a scoprire l'identità del suo donatore, si metterà in contatto con la giovane vedova.
Un bellissimo e tristissimo film "a incastro". Il titolo del film dice già tutto; 21 grammi è il peso che si perde al momento stesso in cui si muore. Viene messo in scena un vero e proprio dramma della disperazione dove rabbia, gioia, speranza e vendetta vengono frullati tutti insieme ma il risultato è tutt'altro che piacevole.
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Tre famiglie che nulla hanno a che fare tra di loro, si ritrovano a dover fronteggiare un incastro terrificante. Un ex galeotto che cerca di ricominciare da capo investe due bimbe ed il loro padre. Il cuore del padre verrà donato ad un professore universitario in attesa di trapianto che si trova a fronteggiare la richiesta della compagna di avere un figlio. Il professore, dopo essere riuscito a scoprire l'identità del suo donatore, si metterà in contatto con la giovane vedova.
Un bellissimo e tristissimo film "a incastro". Il titolo del film dice già tutto; 21 grammi è il peso che si perde al momento stesso in cui si muore. Viene messo in scena un vero e proprio dramma della disperazione dove rabbia, gioia, speranza e vendetta vengono frullati tutti insieme ma il risultato è tutt'altro che piacevole. E non potrebbe essere altrimenti. Splendida regia e un cast azzeccatissimo con Sean Penn e Benicio Del Toro autentici mattatori insieme alla giovane Naomi Watts reduce dal successo di The Ring.
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samanta
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mercoledì 2 gennaio 2019
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coincidenza o provvidenza
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Il film rivelò in pieno le tematiche del regista e sceneggiatore messicano Alejandro Inàrritu che in seguito confermò il suo talento nei suoi successivi film come Babel, Birdman e Revenant che ebbero molteplici riconoscimenti (tra l'altro: l'Oscar 2015 per la regia di Birdman e gli Oscar 2016 per la regia e la sceneggiatura di Revenant). E' un film violentemente drammatico che però lascia spazio anche a sentimenti delicati, il titolo è dato dal peso che l'uomo perde quando muore: il peso dell'anima.
I protagonisti sono tre: Jack Jordan (Benicio del Toro) è un ex criminale detenuto in prigione che uscito dal carcere diventa un fondamentalista protestante e come può succedere a ogni neofita sbanda nel fanatismo, creando problemi con la famiglia e con la parrocchia; Paul Rivers (Sean Penn), è un professore universitario con gravi problemi al cuore ed in attesa di trapianto, la ex moglie Mary torna per assisterlo, ma avendo abortito appena sposati ora vuole un figlio da lui con l'inseminazione artificiale; infine Cristina (Naomi Watts) vive felice con il marito Michael e le due figlie, ma nasconde nel suo animo un passato di alcool e droga.
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Il film rivelò in pieno le tematiche del regista e sceneggiatore messicano Alejandro Inàrritu che in seguito confermò il suo talento nei suoi successivi film come Babel, Birdman e Revenant che ebbero molteplici riconoscimenti (tra l'altro: l'Oscar 2015 per la regia di Birdman e gli Oscar 2016 per la regia e la sceneggiatura di Revenant). E' un film violentemente drammatico che però lascia spazio anche a sentimenti delicati, il titolo è dato dal peso che l'uomo perde quando muore: il peso dell'anima.
I protagonisti sono tre: Jack Jordan (Benicio del Toro) è un ex criminale detenuto in prigione che uscito dal carcere diventa un fondamentalista protestante e come può succedere a ogni neofita sbanda nel fanatismo, creando problemi con la famiglia e con la parrocchia; Paul Rivers (Sean Penn), è un professore universitario con gravi problemi al cuore ed in attesa di trapianto, la ex moglie Mary torna per assisterlo, ma avendo abortito appena sposati ora vuole un figlio da lui con l'inseminazione artificiale; infine Cristina (Naomi Watts) vive felice con il marito Michael e le due figlie, ma nasconde nel suo animo un passato di alcool e droga.
In teoria sono tre persone che classe , cultura, frequentazioni non avrebbero mai dovuto incontrarsi anche vivendo un secolo. Ma il destino dispone diversamente: Jack con il furgone investe Michael e le figlie che muoiono, il cuore di Michael viene trapiantato a Paul. In questo momento le 3 vite si incrociano: nasce l'amore tra Paul che ha cercato chi era il donatore e Cristina, scoppiano la tragedia in quanto Cristina ripiomba nella droga e la vendetta di Paul e Cristina nei confronti di Jack quando questi esce di prigione. E' un film che pone tante questioni: perchè Dio sembra abbandonare Jack che pure aveva cercato di cambiare vita? La vendetta di Paul e Cristina che vogliono uccidere Jack quando questi esce di prigione è comprensibile? Può sorgere l'amore da una tragedia? Se non c'é la Provvidenza perché il destino fa incrociare vite così diverse? Il regista pone numerosi interrogativi, senza ovviamente risolverli, in un film che ha una trama asciutta, nervosa, avvincente, senza sbrodolature o momenti vuoti, che si avvale non solo di flash back, ma spesso di quella tecnica di anticipare durante una scena un evento futuro per ritornare alla scena originale (Flash foward). Però se il finale è drammatico, il regista lascia, a mio avviso, un filo di speranza: in ospedale dove è andata per assistere Paul, Cristina scopre che è rimasta incinta di Paul, che poi muore. Un bel film che si lascia vedere e che fa rimanere qualcosa dentro lo spettatore, film supportato da tre grandi interpretazioni di Sean Penn, di Benicio del Toro e di Naomi Watts che ebbe la nomination all'Oscar che fu data invece a Charlize Theron non so quanto meritatamente.
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tizianastanzani
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giovedì 13 gennaio 2011
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il peso del dolore
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"21 Grammi”giunge come un soffio pesante, sebbene sia il peso di un nichelino, di un colibrì, di una barretta di cioccolato, ma diventa un macigno sul cuore già alle prime inquadrature. L’unità temporale è continuamente spezzata, come le vite dei protagonisti, e la sceneggiatura è complessa quanto le loro anime; un montaggio vertiginoso, vero protagonista del film, rende a meraviglia il baratro in cui si cade ad ogni stacco. E’ impossibile non ascrivere ad Inàrritu il merito di aver girato una pellicola tecnicamente bellissima, e – al di là della narrazione, che all'inizio risulta decisamente spiazzante per lo spettatore – fotograficamente azzeccata; infatti le luci e i colori aiutano ad orientarsi nei vari spazi temporali, e perfino di prospettiva dei protagonisti.
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"21 Grammi”giunge come un soffio pesante, sebbene sia il peso di un nichelino, di un colibrì, di una barretta di cioccolato, ma diventa un macigno sul cuore già alle prime inquadrature. L’unità temporale è continuamente spezzata, come le vite dei protagonisti, e la sceneggiatura è complessa quanto le loro anime; un montaggio vertiginoso, vero protagonista del film, rende a meraviglia il baratro in cui si cade ad ogni stacco. E’ impossibile non ascrivere ad Inàrritu il merito di aver girato una pellicola tecnicamente bellissima, e – al di là della narrazione, che all'inizio risulta decisamente spiazzante per lo spettatore – fotograficamente azzeccata; infatti le luci e i colori aiutano ad orientarsi nei vari spazi temporali, e perfino di prospettiva dei protagonisti. Giunti al termine del dedalo interiore, ginepraio di dolore e di resa, ecco una profonda svolta interiore: la necessità di aggrapparsi a una mistica personale per determinare la motivazione dell’esistenza. E se l'anima è il centro dell'intera discussione, il fine non è certo quello di trovare risposte, quanto di osservare gli effetti del dare e del togliere, sperando di rintracciare, nel vortice della perdita, almeno una traccia di se stessi. Che conquisti o lasci perplessi, che impietosisca o disilluda, è improbabile allontanarsi dalla visione di “21 Grammi” senza avvertire più reale la presenza dell'incorporeo, quella “gravità” che alcuni chiamano anima, e che sembra rispondere all'unica certezza che Dio siamo noi, foss’anche in punto di morte. Una soluzione che il regista ha deciso di sottolineare partendo, evidentemente, da presupposti religiosi, ma che se scrutata in ogni sua angolazione (all'interno di una narrazione priva di artifizi musicali, e ritratta attraverso immagini sporche e fastidiose) fa supporre che il destino sia quello di un inferno senza fine, nella disperazione più pura, quella che diventa progressivamente eutanasia o suicidio. Concetti difficili da definire, devastanti da descrivere se non con l’aiuto di una forza visiva scarnificante e debilitante, che scava nei corpi e negli sguardi sofferenti. Lo spazio mentale di “21 grammi” ricorda quello di “Spider”, con la differenza che termina in una catarsi, non in una fuga, perché non si è ancora impazziti; questa purificazione si compie soltanto nello smarrimento estremo mentre si assiste alle trasfigurazioni della ragione e della religione, al disfacimento che scardina la morale e abbatte le convenzioni, finché non restano che frammenti di esistenza svuotata. Un aspetto che accomuna i personaggi principali di “21 grammi” è sicuramente il percorso accidentato che le loro vite attraversano, e l’occasione di ricominciare; sciaguratamente, la seconda opportunità è vittima della cattiveria del destino, che gioca a demolirla. Finalmente una pellicola senza buoni ne’ cattivi, tutti plasmati nell’assoluzione del supplizio. Sean Penn è più toccante e maturo che mai.
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norman_joker
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lunedì 12 novembre 2012
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il peso dell'anima
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“Questa è la sala d’attesa della morte”: sono queste le parole con cui si apre 21 grammi, pellicola diretta dal messicano Alejandro Gonzàles Inàrritu. Ed in effetti si ha la sensazione, per tutta la durata del film, di vivere nell’anticamera, sull’orlo dell’abisso dei protagonisti. L’impronta nostalgica consente allo spettatore di vivere il film in uno stato di attesa che si risolve soltanto nelle fasi finali. La vicenda ruota attorno a tre drammi che conducono alla ricerca del senso della vita e della riappropriazione della propria identità. L’unità temporale è spezzata, il montaggio è attuato in maniera tale da ricreare lo stesso stato confusionale dei personaggi e per alleggerire l’intensità che deriva da un mix di tematiche che si intersecano in un intreccio dalla incredibile carica drammatica.
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“Questa è la sala d’attesa della morte”: sono queste le parole con cui si apre 21 grammi, pellicola diretta dal messicano Alejandro Gonzàles Inàrritu. Ed in effetti si ha la sensazione, per tutta la durata del film, di vivere nell’anticamera, sull’orlo dell’abisso dei protagonisti. L’impronta nostalgica consente allo spettatore di vivere il film in uno stato di attesa che si risolve soltanto nelle fasi finali. La vicenda ruota attorno a tre drammi che conducono alla ricerca del senso della vita e della riappropriazione della propria identità. L’unità temporale è spezzata, il montaggio è attuato in maniera tale da ricreare lo stesso stato confusionale dei personaggi e per alleggerire l’intensità che deriva da un mix di tematiche che si intersecano in un intreccio dalla incredibile carica drammatica. Il montaggio è vertiginoso, si procede per flashback e anticipazioni in modo che il presente sia indefinito: le inquadrature sono rapide, fugaci, necessitano di attenzione per essere pienamente comprese.
Viene stuzzicata la curiosità nel procedere della visione del film, nel cercare di ricondurre ad un filo temporalmente logico le vicende parallele. Gli attori sono semplicemente magistrali. L’incredibile Sean Penn supera se stesso nell’interpretazione di Paul, insegnante di matematica che in seguito ad una malattia necessita di un trapianto di cuore. Quindi viviamo sequenze in cui è in casa, legato ad una bombola d’ossigeno, aggrappato alla speranza del trapianto, che non riesce a prevalere sulla rassegnazione, insieme a sequenze in cui è riuscito a ricevere un cuore nuovo, intervallate da altre in cui, guarito, va alla ricerca della famiglia del donatore. La sua necessità è legata alla volontà di riappropriarsi della propria identità e il regista concede inquadrature lente, con primi piani impregnati di espressività ed intensa emotività, insieme ad una musica nostalgica, triste, che con poche note e la forza dei colori slavati riesce a lasciare la sua impronta nel marcare il sentimento e la psicologia.
La speranza per la vita di Paul è abilmente contrapposta nel corso del film all’angoscia e all’abisso in cui è crollata Cristina, interpretata da Naomi Watts, che ha perso il marito e le due figlie in un incidente d’auto ed è sprofondata nell’alcol e nella droga, senza riuscire a trovare la forza di riappropriarsi del futuro. E’ lei che prende la decisione di donare il cuore del marito, senza sapere che sarà destinato a Paul. La sua sofferenza è credibile, reale, attinge alla nostra empatia.
Il responsabile dell’incidente d’auto è il terzo protagonista, Jack, interpretato da Benicio Del Toro, la cui vicenda apre una parentesi su tematiche non direttamente legate alla vicenda principale ma comunque abilmente trattate nella segmentazione della pellicola. Jack è un fanatico religioso che, dopo una vita passata in carcere ad intervalli regolari per piccoli crimini, si riveste di un bigottismo sfrontato e ritiene di possedere la sapienza religiosa, agendo in maniera ligia agli insegnamenti del Vangelo (emblematica la scena in cui obbliga la figlia a farsi picchiare dal fratello sull’altro braccio). Credendo di essere sotto la protezione di Cristo, interpreta ogni singolo aspetto dell’esistenza come un volere divino, per cui ha un crollo emotivo, un senso di sconcertante abbandono, dopo essersi costituito in seguito all’incidente. Il Cristo per cui ha operato ora sembra voltargli le spalle ed ha pertanto la necessità di scavare a fondo dentro di sé per convivere col senso di colpa, la responsabilità nei confronti della famiglia e il proprio dovere morale.
Quando Paul scopre che anche il nuovo cuore è instabile e rischia nuovamente la morte, gli eventi accelerano vorticosamente fino al finale, dal momento in cui il nostro Sean Penn ha la percezione che il nuovo ricovero sarà solamente un modo per “aiutarlo a morire meglio”.
La complicità dei personaggi porta alla comprensione di questi 21 grammi, il peso del dolore, un soffio leggero che è pesantezza dell’anima nella pellicola stilisticamente perfetta, tesa come i volti dei protagonisti che fluiscono in un’unica vicenda in maniera armoniosa. Non rimarrete indifferenti dinanzi alla casualità che non risulta forzata, alle debolezze del cuore e della vita.
Vi lascio con le parole di Paul, che rendono al meglio il senso stesso del film: “quante volte viviamo, quante volte si muore? Si dice che nel preciso istante della morte perdiamo 21 grammi di peso, nessuno escluso. Ma quanto c’è in 21 grammi, quanto va perduto, quando li perdiamo, quanto se ne va con loro? Quanto si guadagna? 21 grammi: il peso di cinque nichelini uno sull’altro, il peso di un colibrì, di una barretta di cioccolato; quanto valgono 21 grammi?”. Ve ne innamorerete, vi lascerà un peso in petto, forse dovuto a quei 21 grammi che si saranno ulteriormente arricchiti grazie alle miriadi di riflessioni che sgorgano dal film. Buona visione!
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mercoledì 1 maggio 2019
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una storia poco originale per un film emozionante
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Al suo secondo film, il primo prodotto a Hollywood, il talentuoso regista Alejandro G. Inàrritu traspone sullo schermo l'intricata sceneggiatura di G. Arriaga, dalla complessità tematica molto ambiziosa, forse troppo: tra i principali temi trattati ci sono la Provvidenza Divina e la Fede, nonché la perdita di quest'ultima a causa di un presunto tradimento di Dio verso il personaggio di Benicio Del Toro, un individuo inizialmente devoto al Signore, tormentato ed ossessionato dai suoi peccati, ed interpretato con meravigliosa rassegnazione dall'attore spagnolo. La tematica portante del film però non è la religione, ma la morte, unico vero filo conduttore di un racconto poco originale al livello tematico ma incredibilmente potente ed efficace dal punto di vista narrativo, grazie alla splendida fotografia, che segue, attraverso la ripresa a spalla, le tragiche vicende dei tre protagonisti, tutti e tre personaggi che hanno paura della morte ma in continua lotta contro le disgrazie della loro vita, arrivando a domandarsi se sia meglio continuare a vivere o finire la propria esistenza.
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Al suo secondo film, il primo prodotto a Hollywood, il talentuoso regista Alejandro G. Inàrritu traspone sullo schermo l'intricata sceneggiatura di G. Arriaga, dalla complessità tematica molto ambiziosa, forse troppo: tra i principali temi trattati ci sono la Provvidenza Divina e la Fede, nonché la perdita di quest'ultima a causa di un presunto tradimento di Dio verso il personaggio di Benicio Del Toro, un individuo inizialmente devoto al Signore, tormentato ed ossessionato dai suoi peccati, ed interpretato con meravigliosa rassegnazione dall'attore spagnolo. La tematica portante del film però non è la religione, ma la morte, unico vero filo conduttore di un racconto poco originale al livello tematico ma incredibilmente potente ed efficace dal punto di vista narrativo, grazie alla splendida fotografia, che segue, attraverso la ripresa a spalla, le tragiche vicende dei tre protagonisti, tutti e tre personaggi che hanno paura della morte ma in continua lotta contro le disgrazie della loro vita, arrivando a domandarsi se sia meglio continuare a vivere o finire la propria esistenza. In molte scene l'intero film si affida completamente alla straordinaria bravura dei tre protagonisti, tutti e tre con stili di recitazione diversi ma capaci di creare un equilibrio all'interno della pellicola di grande coinvolgimento emotivo, ormai poco frequente nel cinema contemporaneo. Non è facilmente comprensibile perché il regista abbia scelto di raccontare le tre vicende in modo frammentato, se per una presunta funzionalità o per un semplice autocompiacimento, ma in ogni caso ritengo che una storia più lineare avrebbe giovato al film. Alcune scene sono memorabili. In conclusione, un'opera molto matura per essere solo il secondo film di un regista assai promettente, ma che, proprio perché è tra le prime, cade in alcune ingenuità, tra cui la scarsa originalità e l'eccessiva durata, compensata in parte da un racconto intenso, fortemente drammatico, potente e per questo molto efficace, e recitato magistralmente dai tre attori protagonisti.
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