Traffic |
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Un film di Steven Soderbergh.
Con Amy Irving, Michael Douglas, Tomas Milian, Dennis Quaid, Benicio Del Toro.
continua»
Drammatico,
durata 143 min.
- USA, Germania 2000.
MYMONETRO
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il mondo visto attraverso un fondo di bottigliadi figliounicoFeedback: 50006 | altri commenti e recensioni di figliounico |
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mercoledì 3 maggio 2023 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Super premiato film di Soderbergh che a distanza di vent’anni mostra tutti i suoi limiti. A prescindere dalla discutibile scelta estetica dell’uso dei filtri colorati, per cui, ad esempio, con poca fantasia, le sequenze ambientate a Tijuana in Messico sono di un giallo ocra che richiama per eccesso il colore naturale del deserto di Sonora al confine con gli USA, a parte la recitazione senza pathos di Douglas, Zeta Jones e Quaid che dà vita a personaggi stereotipati e senz’anima e all’opposto troppo carica e quasi macchiettistica di Milian e Del Toro, il film, costruito su quattro storie diverse che si intersecano reciprocamente e ruotano intorno al tema centrale della droga, è fruibile oggi come uno dei tanti action movie prodotti in serie da Hollywood per il puro intrattenimento di un pubblico oramai decerebrato. Contenutisticamente il messaggio di Soderbergh è di una deprimente banalità. In linea con il paternalismo familistico, che tanto piace all’America puritana e conservatrice che gli ha tributato ben quattro Oscar, la questione della tossicodipendenza e dei connessi traffici illegali di sostanze psicotrope secondo l’autore si può risolvere semplicemente con una maggiore attenzione dei genitori verso i figli, ossia con l’amore. Il sistema è marcio ma la cura è a portata di mano, in fondo basterebbe volersi un po’ di bene in più, l’importante è che a nessuno venga in mente che sarebbe invece necessario cambiare la società Il contesto sociale che ha originato i fenomeni della produzione, del traffico e del consumo di droghe, sebbene sia rappresentato nella povertà avvilente della città messicana dominata dai cartelli del narcotraffico o nei sobborghi ghetto di Washington, dove i neri campano di spaccio, passa in secondo piano o meglio è visto attraverso lo stesso fondo di bottiglia colorato che Soderbergh utilizza nelle riprese, a questo punto, si può dire inconsapevole del suo valore metaforicamente riduttivo e semplicistico.
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