adriano lotito
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mercoledì 11 giugno 2008
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prova d'autore per steven soderbergh
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Prendendo un pò dai ritratti corali ma allo stesso tempo introspettivi del compianto maestro Robert Altman e integrandolo col suo personalissimo stile, Steven Soderbergh (Solaris, Sesso, bugie e videotape), ci regala con "Traffic" un emozionante e intenso film che descrive attraverso degli stupendi movimenti di camera, il volto "nero" del nostro mondo solo apparentemente "civile". Lo fa attraverso, non solo la sua immensa abilità registica, ma anche grazie ad una sceneggiatura di ferro in grado di dare spessore psicologico a tutti i personaggi, a una straordinaria fotografia (soprattutto le sequenze in Messico sono davvero pittoriche) e per ultimo, ma non meno importante, grazie al fondamentale apporto di un cast stellare: il sempre bravo Benicio Del Toro, il solido Micheal Douglas, la bravina Catherine Zeta-Jones, l'efficace Don Cheadle e tutti gli altri comprimari.
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Prendendo un pò dai ritratti corali ma allo stesso tempo introspettivi del compianto maestro Robert Altman e integrandolo col suo personalissimo stile, Steven Soderbergh (Solaris, Sesso, bugie e videotape), ci regala con "Traffic" un emozionante e intenso film che descrive attraverso degli stupendi movimenti di camera, il volto "nero" del nostro mondo solo apparentemente "civile". Lo fa attraverso, non solo la sua immensa abilità registica, ma anche grazie ad una sceneggiatura di ferro in grado di dare spessore psicologico a tutti i personaggi, a una straordinaria fotografia (soprattutto le sequenze in Messico sono davvero pittoriche) e per ultimo, ma non meno importante, grazie al fondamentale apporto di un cast stellare: il sempre bravo Benicio Del Toro, il solido Micheal Douglas, la bravina Catherine Zeta-Jones, l'efficace Don Cheadle e tutti gli altri comprimari. Ma come non citare il ritorno sul grande schermo di uno dei mostri sacri della storia del cinema: il grandissimo Tomas "Er monnezza" Milian che al cinema italiano ha dato più di qualunque altro attore straniero. Congratulazioni a Soderbergh e speriamo che realizzi altri capolavori come questo.
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michele zaza
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sabato 7 luglio 2012
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un traffico che non smetterà
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Il ciclo della droga tra america e Messico, osservato dai quattro elemnti essenziali di questa economia:cartello, spacciatore, polizia e consumatore.
In questo film si intrecciano i grandi traffici dei cartelli con i corrispettivi americani, alla quotidianità dei figli della borghesia, che cercano e trovano rifugio nella cocaina ed eroina, passando le serate strafatti sul divano della villa di papà a parlare di quanto le convenzioni sociali li stritolino e dei clichè di questa società... Ma se poi tra questi ragazzi bene col naso bianco c'è anche la figlia del nuovo "zar dell'antidroga", la questione della lotta alla droga si pone ad un bivio :" se c'è una guerr alla droga, spesso i nostri familiari sono il nemico, ma non so come si possa dichiarare guerra alla nostra famiglia" che mette in crisi un ottimo Michael Douglas nei panni del sopracitato "zar", durante un discorso ufficiale alla casa bianca.
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Il ciclo della droga tra america e Messico, osservato dai quattro elemnti essenziali di questa economia:cartello, spacciatore, polizia e consumatore.
In questo film si intrecciano i grandi traffici dei cartelli con i corrispettivi americani, alla quotidianità dei figli della borghesia, che cercano e trovano rifugio nella cocaina ed eroina, passando le serate strafatti sul divano della villa di papà a parlare di quanto le convenzioni sociali li stritolino e dei clichè di questa società... Ma se poi tra questi ragazzi bene col naso bianco c'è anche la figlia del nuovo "zar dell'antidroga", la questione della lotta alla droga si pone ad un bivio :" se c'è una guerr alla droga, spesso i nostri familiari sono il nemico, ma non so come si possa dichiarare guerra alla nostra famiglia" che mette in crisi un ottimo Michael Douglas nei panni del sopracitato "zar", durante un discorso ufficiale alla casa bianca. Nel frattempo in un Messico sempre più assolato e polveroso (stupenda fotografia), il grande Benicio del Toro, si muove sulla linea di confine tra i due stati per colpire il cartello per cui lavora come poliziotto, coprendo la parte dello sbirro buono ma con quell'indolenza e quella capacità recitativa che lo rendono un'icona del cinema. Il tutto mentre a S.diego i grandi spacciatori americani sono insospettabili citadini dei piani alti della città, le cui mogli pur di mantenere il loro status sociale si trasformano in criminali che architettano omicidi e proseguono il lavoro dell'"azienda" del marito. Ma quando tutto sembra volgere al peggio, la faccia da oscar del film si rivela, tradendosi con l'illusione che comunque tutto si risolverà grazie ad una cimice sotto un tavolo o ad un centro per tossicodipendenti e che l'america è in grado, grazie alla perseveranza dei suoi cittadini, di rimettersi in piedi lasciando nella testa dello spettatore un "yes we can", che suona molto falso. Rimpiango finali più crudi, ma più veri, perchè il problema della droga non si stà risolvendo, come ci lascia intendere questo film, ma continua a peggiorare.
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andrea
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sabato 5 maggio 2001
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traffic(o)/spaccio di un animale da palcoscenico
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Del Toro con la sua indolenza riflessiva degna di un ferrariano Keitel e la fisicità di un Brando “è il film nella sua coralità” e fa passare il tema dell'"inestirpabilità della droga" in secondo piano. Attore capace di dire praticamente tutto con lo sguardo e con il corpo, dono che non gli ha potuto dare/insegnare né Stella Adler né nessun altro talent-scout, così come nessuno ha insegnato a Brando e alla Davis a recitare, a Marilyn ad essere Marilyn, ad Audrey Hepburn ad essere l’Eleganza… Sul viso di Del Toro si possono “leggere” storie che potrebbero essere senza fine se solo continuassimo a guardarlo e si capisce perché voglia sempre il minor numero di battute possibili e sogni di recitare, un giorno, senza dire una sola battuta.
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Del Toro con la sua indolenza riflessiva degna di un ferrariano Keitel e la fisicità di un Brando “è il film nella sua coralità” e fa passare il tema dell'"inestirpabilità della droga" in secondo piano. Attore capace di dire praticamente tutto con lo sguardo e con il corpo, dono che non gli ha potuto dare/insegnare né Stella Adler né nessun altro talent-scout, così come nessuno ha insegnato a Brando e alla Davis a recitare, a Marilyn ad essere Marilyn, ad Audrey Hepburn ad essere l’Eleganza… Sul viso di Del Toro si possono “leggere” storie che potrebbero essere senza fine se solo continuassimo a guardarlo e si capisce perché voglia sempre il minor numero di battute possibili e sogni di recitare, un giorno, senza dire una sola battuta. La sua connaturata mascolinità felina (fisica e mentale) è l’alter ego maschile della femminilità di una Marylin o di una Garbo. Del Toro non “buca lo schermo”, lo polverizza e, contemporaneamente, lo cristallizza in una serie di fotogrammi che ti scavano dentro e non si dimenticano più. Lodevole l’idea di premiare con l’Oscar l’intelligente regia che nonostante il montaggio (anch’esso academyzzato) e la fotografia ricercati (vedi ad es. i ripetuti e “ambientali” viraggi) riesce a integrarsi con la ciondolante e a-ricercata andatura dell’attore. Le “gote cotonate” del Padrino-Brando, i trenta chili di sovrappeso dello “scatenato” De Niro ed, nell’ultimo decennio, i chili presi e i cm d’altezza persi magicamente chissà dove da Del Toro/Dr. Gonzo (=”fuori dalle regole”, come tutti gli “animali rari” come lui) nel destinato a diventare un classico “Paura e delirio a Las Vegas” di Gilliam (oltre e più che “Monty Python” da ricordare per “Le avventure del barone di Munchausen” e soprattutto “Brazil”) dopo il longilineo e bellissimo Fe(-lino)nster singeriano.
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(di sugar plum fairy)
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jacopo b98
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martedì 7 maggio 2013
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grande prova di soderbergh, bella fotografia
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Quattro storie legate al traffico di droga: un giudice (Douglas) che diventa il principale esponente della lotta contro la droga, e più che nel lavoro dovrà lottare in famiglia, contro la figlia tossicodipendente (Christensen); un poliziotto messicano (Del Toro), per passare di posizione nel lavoro, aiuterà il suo capo (Milian) per sconfiggere un potente cartello del narcotraffico, ma scoprirà che le infiltrazioni sono a tutti i livelli; un poliziotto nero (Cheandle) dovrà fare la guardia ad un potente capo del narcotraffico, che però gli “insegnerà” delle cose che lo faranno riflettere; la moglie (Zeta-Jones) di un narcotrafficante (Bauer) dovrà improvvisarsi anche lei trafficante, per salvare il marito dalla galera e il figlio da altri narcotrafficanti che lo vogliono uccidere.
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Quattro storie legate al traffico di droga: un giudice (Douglas) che diventa il principale esponente della lotta contro la droga, e più che nel lavoro dovrà lottare in famiglia, contro la figlia tossicodipendente (Christensen); un poliziotto messicano (Del Toro), per passare di posizione nel lavoro, aiuterà il suo capo (Milian) per sconfiggere un potente cartello del narcotraffico, ma scoprirà che le infiltrazioni sono a tutti i livelli; un poliziotto nero (Cheandle) dovrà fare la guardia ad un potente capo del narcotraffico, che però gli “insegnerà” delle cose che lo faranno riflettere; la moglie (Zeta-Jones) di un narcotrafficante (Bauer) dovrà improvvisarsi anche lei trafficante, per salvare il marito dalla galera e il figlio da altri narcotrafficanti che lo vogliono uccidere. È il miglior film di Soderbergh in assoluto, scritto da Stephen Gaghan è un complesso film su quanto la droga e il narcotraffico siano legati alla politica. Fotografato splendidamente dallo stesso regista, con uno pseudonimo, usa un colore diverso per ognuna delle quattro storie (giallo=episodio di Del Toro, azzurro=episodio di Douglas, …), è un film intricato, difficile da seguire, molto parlato ma che immerge in un mondo che non vorremmo conoscere. Tutto questo fa da sfondo a tormentate storie familiari (Douglas) e individuali (Del Toro), tuttavia il film non prende mai del tutto e vale la pena di vederlo soprattutto per la prova registica di Soderbergh, meritatamente premiata con l’Oscar, insieme ad attore non protagonista (Del Toro), sceneggiatura e montaggio, che fa largo uso della telecamera a spalla che ha come risultato un’inquadratura costantemente in movimento. Bravi tutti gli attori e numerose le belle sequenze, ma forse il risultato, un thriller ben fatto e discretamente violento, non è quello che il regista (e lo spettatore) si aspettava e aspirava a realizzare.
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renato c.
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domenica 10 luglio 2011
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brutta calamità la droga!
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Due poliziotti della squadra antidroga che spesso vengono tentati dall'entrarne in commercio! Un giudice che si impegna in una ferrea campagna contro la droga, che scopre di avere la figlia tossicodipendente! Gente che sembrerebbe linda e pulita che invece...! Il film denuncia tante cose, la visione ti prende, ottimo il cast e alcune scene terribili! La figlia del giudice (Michael Douglas) che pur di avere la droga si concede alle persone più "lerce" I poliziotti in borghese che si fingono di entrare nel giro costretti a scavare le loro tombe per farsi poi impallinare (uno però si salva)! Il trafficante dalla faccia pulita al cui processo viene fatto fuori il testimone che proverebbe la sua colpevolezza! Il suo migliore amico che vorrebbe approfittare della situazione per prendersi la sua bella moglie (Catherine Zeta-Jones) , la sua casa e i sui averi! Non è del tutto chiaro il finale: quel poliziotto di colore che va in casa del colpevole assolto e lascia qualche cosa sotto il tappeto che cos'era quella piccola cosa? Una cimice o un esplosivo? La risposta forse doveva venire da un mancato sequel!
Comunque buon film e ottima denuncia!
P.
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Due poliziotti della squadra antidroga che spesso vengono tentati dall'entrarne in commercio! Un giudice che si impegna in una ferrea campagna contro la droga, che scopre di avere la figlia tossicodipendente! Gente che sembrerebbe linda e pulita che invece...! Il film denuncia tante cose, la visione ti prende, ottimo il cast e alcune scene terribili! La figlia del giudice (Michael Douglas) che pur di avere la droga si concede alle persone più "lerce" I poliziotti in borghese che si fingono di entrare nel giro costretti a scavare le loro tombe per farsi poi impallinare (uno però si salva)! Il trafficante dalla faccia pulita al cui processo viene fatto fuori il testimone che proverebbe la sua colpevolezza! Il suo migliore amico che vorrebbe approfittare della situazione per prendersi la sua bella moglie (Catherine Zeta-Jones) , la sua casa e i sui averi! Non è del tutto chiaro il finale: quel poliziotto di colore che va in casa del colpevole assolto e lascia qualche cosa sotto il tappeto che cos'era quella piccola cosa? Una cimice o un esplosivo? La risposta forse doveva venire da un mancato sequel!
Comunque buon film e ottima denuncia!
P.S.: Cosa porta un uomo a scavare la propria tomba sotto la minaccia di una pistola sapendo che poi morirà in ogni caso!? Forse la speranza di un miracolo all'ultimo momento? Oppure la paura di morire, disobbedendo, in modo molto più orribile e doloroso!? Me lo sono chiesto più volte, sapendo, purtroppo che sono cose accadute anche nella realtà!
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[+] speranza
(di carrol)
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molenga
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martedì 31 gennaio 2012
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un film che grazie a molti slalom risulta bello
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traffic è un film corale sulla situazione dei valichi tra messico e stati uniti e sul traffico di droga tra un paese e l'altro. un giudice in carriera-douglas- viene nominato capo delle organizzazioni contro il narco traffico ....nel frattempo un poliziotto statale messicano-del topro- viene reclutato dal presunto generale antinarcos per sbaragliare il cartello di tijuana: in realtà l'alto militare agisce per favorire l'altro cartello che domina i confini con gli usa, quello di ciudad juàrez. tornando in america, due poliziotti di san diego incastrano un grosso tramite del cartello di juarez in territorio stelle e strisce e la moglie di quest'ultimo-la zeta jones- si trova costretta prima ad affrontare la verità, poi a organizzarsi per entrare nel giro dello spaccio e per fare eliminare il teste chiave contro il marito.
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traffic è un film corale sulla situazione dei valichi tra messico e stati uniti e sul traffico di droga tra un paese e l'altro. un giudice in carriera-douglas- viene nominato capo delle organizzazioni contro il narco traffico ....nel frattempo un poliziotto statale messicano-del topro- viene reclutato dal presunto generale antinarcos per sbaragliare il cartello di tijuana: in realtà l'alto militare agisce per favorire l'altro cartello che domina i confini con gli usa, quello di ciudad juàrez. tornando in america, due poliziotti di san diego incastrano un grosso tramite del cartello di juarez in territorio stelle e strisce e la moglie di quest'ultimo-la zeta jones- si trova costretta prima ad affrontare la verità, poi a organizzarsi per entrare nel giro dello spaccio e per fare eliminare il teste chiave contro il marito. in casa del giudice antidroga esce una triste verità, la figlia è tossica; mandata in comunità fugge e si dà alla vita per potersi sballare.
finale aperto con speranza.
Buona fotografia, ottimi interpreti, non il meglio di soderbergh ma un film più che potabile.
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filippo catani
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sabato 1 giugno 2013
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destini incrociati dalla droga
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In Messico due poliziotti cercano di porre un argine al dilagare del traffico di stupefacenti cercando di rimanere onesti seppur tra mille tentazioni. In America un giudice della Corte Suprema diviene l'incaricato del Presidente per cercare di arginare il traffico di droga tra Messico e USA mentre la figlia ne fa uso costante. Nel frattempo sempre negli USA un importante trafficante rischia una severissima pena in quanto potrebbe essere incastrato da un supertestimone. Le tre vicende finiranno inevitabilmente per intersecarsi.
Forse l'unico e più serio appunto da fare a questo (bel) film di Soderbergh è l'eccessiva durata nel senso che alcune sequenze potevano tranquillamente essere tagliate e ce la si poteva cavare in un paio d'ore.
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In Messico due poliziotti cercano di porre un argine al dilagare del traffico di stupefacenti cercando di rimanere onesti seppur tra mille tentazioni. In America un giudice della Corte Suprema diviene l'incaricato del Presidente per cercare di arginare il traffico di droga tra Messico e USA mentre la figlia ne fa uso costante. Nel frattempo sempre negli USA un importante trafficante rischia una severissima pena in quanto potrebbe essere incastrato da un supertestimone. Le tre vicende finiranno inevitabilmente per intersecarsi.
Forse l'unico e più serio appunto da fare a questo (bel) film di Soderbergh è l'eccessiva durata nel senso che alcune sequenze potevano tranquillamente essere tagliate e ce la si poteva cavare in un paio d'ore. Al netto di questo, il film comunque sia viaggia su buoni livelli e descrive piuttosto impietosamente i grandi traffici che scorrono nella dorsale USA-Messico. Traffici che finiscono con l'arricchire non solo ovviamente chi li gestisce ma anche chi chiude un occhio facendo finta di niente e anzi si alimenta quasi l'invidia per chi è nel giro e riesce a fare soldi facili. Ben poco possono fare due semplici poliziotti messicani (uno dei quali il bravissimo Del Toro) che anzi devono fare prima di tutto i conti con collusione e corruzione all'interno della polizia e dei vertici militari stessi. E può fare poco anche il "supercommissario" Douglas stretto tra l'impotenza di fronteggiare un dilagante arrivo di droga e la visione della figlia che a soli 16 anni ne è già quasi imbottita per resistere non solo alla noia esistenziale ma anche ad una situazione familiare cristallizzata sul grigiore più assoluto. Poi troviamo la sensuale Zeta-Jones che da finta ingenua sui commerci del marito fa presto a trasformarsi in terribile vedova nera per cercare di tirare fuori il marito dai guai ma soprattutto per poter mantenere il suo status di agiatezza e rispetto tra le altre donne ricche del vicinato. Insomma un mosaico complesso ricco di azione e colpi di scena dove Soderbergh riesce a mettere il dito su una piaga di difficile estirpazione a causa del tanto denaro e delle tante collusioni ad ogni livello che i trafficanti riescono ad avere.
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inesperto
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giovedì 1 novembre 2018
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pluripremiato
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Difficile dire qualcosa di originale su di un film che ha vinto una marea di premi (tra i quali 4 oscar). La tematica è importante: il traffico di droga. La trama è affrontata divindendola in tre vicende, distinte ma collegate: in Messico, luogo di origine dello smercio; a San Diego, dove due poliziotti riescono a metter le mani su un narcotrafficante al fine di farlo testimoniare; a Washington, laddove ad un giudice (che ha una figlia tossica) vengono conferiti poteri speciali nel contrasto all'entrata ed al commercio della droga negli USA. Il personaggio di Del Toro è probabilmente il più incisivo di tutti, sia per la direzione che prende, sia per l'interpretazione dell'attore.
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Difficile dire qualcosa di originale su di un film che ha vinto una marea di premi (tra i quali 4 oscar). La tematica è importante: il traffico di droga. La trama è affrontata divindendola in tre vicende, distinte ma collegate: in Messico, luogo di origine dello smercio; a San Diego, dove due poliziotti riescono a metter le mani su un narcotrafficante al fine di farlo testimoniare; a Washington, laddove ad un giudice (che ha una figlia tossica) vengono conferiti poteri speciali nel contrasto all'entrata ed al commercio della droga negli USA. Il personaggio di Del Toro è probabilmente il più incisivo di tutti, sia per la direzione che prende, sia per l'interpretazione dell'attore. La vicissitudine familiare del giudice, inoltre, tocca corde molto profonde. Insomma, trattasi di un film di spessore.
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figliounico
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mercoledì 3 maggio 2023
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il mondo visto attraverso un fondo di bottiglia
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Super premiato film di Soderbergh che a distanza di vent’anni mostra tutti i suoi limiti. A prescindere dalla discutibile scelta estetica dell’uso dei filtri colorati, per cui, ad esempio, con poca fantasia, le sequenze ambientate a Tijuana in Messico sono di un giallo ocra che richiama per eccesso il colore naturale del deserto di Sonora al confine con gli USA, a parte la recitazione senza pathos di Douglas, Zeta Jones e Quaid che dà vita a personaggi stereotipati e senz’anima e all’opposto troppo carica e quasi macchiettistica di Milian e Del Toro, il film, costruito su quattro storie diverse che si intersecano reciprocamente e ruotano intorno al tema centrale della droga, è fruibile oggi come uno dei tanti action movie prodotti in serie da Hollywood per il puro intrattenimento di un pubblico oramai decerebrato.
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Super premiato film di Soderbergh che a distanza di vent’anni mostra tutti i suoi limiti. A prescindere dalla discutibile scelta estetica dell’uso dei filtri colorati, per cui, ad esempio, con poca fantasia, le sequenze ambientate a Tijuana in Messico sono di un giallo ocra che richiama per eccesso il colore naturale del deserto di Sonora al confine con gli USA, a parte la recitazione senza pathos di Douglas, Zeta Jones e Quaid che dà vita a personaggi stereotipati e senz’anima e all’opposto troppo carica e quasi macchiettistica di Milian e Del Toro, il film, costruito su quattro storie diverse che si intersecano reciprocamente e ruotano intorno al tema centrale della droga, è fruibile oggi come uno dei tanti action movie prodotti in serie da Hollywood per il puro intrattenimento di un pubblico oramai decerebrato. Contenutisticamente il messaggio di Soderbergh è di una deprimente banalità. In linea con il paternalismo familistico, che tanto piace all’America puritana e conservatrice che gli ha tributato ben quattro Oscar, la questione della tossicodipendenza e dei connessi traffici illegali di sostanze psicotrope secondo l’autore si può risolvere semplicemente con una maggiore attenzione dei genitori verso i figli, ossia con l’amore. Il sistema è marcio ma la cura è a portata di mano, in fondo basterebbe volersi un po’ di bene in più, l’importante è che a nessuno venga in mente che sarebbe invece necessario cambiare la società Il contesto sociale che ha originato i fenomeni della produzione, del traffico e del consumo di droghe, sebbene sia rappresentato nella povertà avvilente della città messicana dominata dai cartelli del narcotraffico o nei sobborghi ghetto di Washington, dove i neri campano di spaccio, passa in secondo piano o meglio è visto attraverso lo stesso fondo di bottiglia colorato che Soderbergh utilizza nelle riprese, a questo punto, si può dire inconsapevole del suo valore metaforicamente riduttivo e semplicistico.
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cinephilo
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martedì 23 luglio 2019
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appena sufficiente.
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Belle le sequenze girate in Messico con annessa fotografia. Troppo forzato l'inserimento di alcune linee narrative volte a dare la morale educativa contro la droga in un film che invece voleva proporsi (giustamente) come un film a carattere documentaristico piuttosto che moralistico. Mi riferisco alla storia della figlia tossicodipendente dello zar anti-droga. Poteva essere evitata e dato più spazio ad alcuni punti chiave come l'arresto di Flores e di Salazar che invece vengono appena accennati. Mentre l'utilizzo della luce per le scene girate in messico è tutto sommato azzeccato, quello del blu per le scene girate negli USA è quasi irritante per lo sguardo. La regia di soderbergh tanto acclamata l'ho trovata invece piuttosto semplice e essenziale, priva di particolari meriti (ma qiesta è un'opinione che ho di tutti i suoi film).
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Belle le sequenze girate in Messico con annessa fotografia. Troppo forzato l'inserimento di alcune linee narrative volte a dare la morale educativa contro la droga in un film che invece voleva proporsi (giustamente) come un film a carattere documentaristico piuttosto che moralistico. Mi riferisco alla storia della figlia tossicodipendente dello zar anti-droga. Poteva essere evitata e dato più spazio ad alcuni punti chiave come l'arresto di Flores e di Salazar che invece vengono appena accennati. Mentre l'utilizzo della luce per le scene girate in messico è tutto sommato azzeccato, quello del blu per le scene girate negli USA è quasi irritante per lo sguardo. La regia di soderbergh tanto acclamata l'ho trovata invece piuttosto semplice e essenziale, priva di particolari meriti (ma qiesta è un'opinione che ho di tutti i suoi film). Buono il montaggio, ottima performance di Del Toro e Milian mentre lasciano un po' a desiderare tutti gli altri.
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