Ecce bombo

Per ridere (e piangere) di come eravamo e siamo

Fa più impressione oggi, a distanza di quasi un trentennio, la sproporzione che c'è in questo film tra la sua quasi desolata indigenza - di mezzi e esperienza - e la sua densità. L'indigenza, che sul momento erano tutti disposti a "perdonare", è ancora più vistosa. E la densità, con il senno di poi, risalta ancora di più. A dispetto dell'eventuale gusto cattivello di cogliere oggi Moretti in fallo ("ero certo di aver fatto un film doloroso, non mi aspettavo che sarebbe stato preso per un film comico"), la ricchezza di Ecce Bombo sta proprio nel rapporto tra la sua ispirazione solitaria, aspramente autocritica e sgradevolmente aggressiva, tra la sua soggettività deformante e un po' malata, tra il suo estremismo sofferto e autolesionista, e l'esito che ne ha fatto un oggetto cinematografico di culto, "epocale", in cui se non tutti molti (e tanti altri si sono aggiunti strada facendo) hanno potuto vedersi rappresentati.
È per questo che un piccolo film abbastanza rudimentale si può ripresentare oggi con la certezza che parla di noi, di come eravamo e di come siamo diventati. Il percorso morettiano è la dimostrazione più clamorosa di una grande verità e al contempo è di monito verso una grande illusione. La prima: ciò che conta di più, prima della padronanza di ogni strumento, è possedere un sentimento, una passione, un'idea, una visione. La seconda: l'immediatezza, la spontaneità, la facilità di accesso al superotto allora o alla videocamera oggi non fanno da soli un autore.
Da La Repubblica , 8 dicembre 2006


di Paolo D'Agostini, 8 dicembre 2006