Vacanze romane |
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Un film di William Wyler.
Con Gregory Peck, Eddie Albert, Audrey Hepburn, Artley Power, Hartley Power, Harcourt Williams.
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Titolo originale Roman Holiday.
Commedia,
b/n
durata 119 min.
- USA 1953.
MYMONETRO
Vacanze romane
valutazione media:
4,33
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un soffio di libertà per la principessa Audreydi riccardo-87Feedback: 3651 | altri commenti e recensioni di riccardo-87 |
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mercoledì 13 gennaio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Capolavoro di indescrivibile delicatezza, “Vacanze romane” si fa latore di un messaggio non compreso dai più, di quelli che si leggono solo tra le righe; certo il genere a cui si attribuisce questo splendido film – a cui è una vergogna dare solo due stelle e mezzo – è quello della commedia, ovviamente sullo stile romantico, eppure io noto in questo una fortissima attenzione al concetto di “libertà”. La principessa Anya Smith (la splendida Audrey Hepburn), stanca della monotona vita di palazzo, nella quale sì è di continuo costretti a fare inchini, partecipare a conferenze e ad usare “cordialità e discrezione”, decide di fuggire dalla reggia per unirsi alla vita esterna, per provare ad essere una persona comune –desiderio che credo abbiano un po’ tutti coloro che vivono costantemente “in prima pagina”; così evade da palazzo ed incontra il giornalista Joe Bradley (Gregory Peck), che, scoperta l’identità di lei, decide di strapparle di nascosto informazioni personali e far soldi con un articolo in esclusiva sulla fuga della bella principessa. A questo scopo si mette d’accordo con un amico fotografo (Eddie Albert), insieme al quale porta Anya a fare un giro per Roma. Tutto sembra andare nel verso giusto per i due e lo scoop è alle porte quando un rimorso di coscienza frena Gregory Peck, il quale, innamoratosi della bella Audrey Hepburn, decide di rinunciare all’articolo e ai soldi. Il film si conclude con il ritorno della principessa a palazzo e con un ultimo incontro tra i due, separati da un cordone che divide i reali dai giornalisti, in cui Irving Radovich (Albert) consegna alla principessa le foto scattatele nel suo giorno di “vacanza”. Il messaggio di “libertà negata”, se così lo si vuole chiamare, ci è dato dalla figura di Audrey Hepburn, che non solo scappa per trovare un po’ di respiro dalle ipocrisie e i sorrisi forzati a cui è sottoposta tutti i giorni, ma soprattutto dalla scena del suo ritorno a palazzo, dove, in risposta ad un commento sulle sue responsabilità, la principessa risponde: “non mi si venga a parlare delle mie responsabilità. Se non avessi un forte senso di dovere verso il mio paese e i miei obblighi, non avrei fatto ritorno a palazzo, ne stasera, ne mai”. Io credo che questo desiderio di evasione dagli obblighi quotidiani accomuni un po’ tutte le persone, ma, pensando alla monotonia della vita delle persone sempre “sotto i riflettori”, come politici, calciatori, attori o cantanti, ritengo che tale desiderio di libertà possa divenire un’ossessione, e che una vita così pregna di ipocrisie rischi di distruggere la loro vitalità, specie se giovani come la Hepburn nel film. Comunque, al di là di questa riflessione sulla libertà, il film è un vero capolavoro in miniatura, allegro e rilassante, simpatico e mai demenziale, con una Audrey Hepburn quanto mai deliziosa, principessa nel ruolo e nel sorriso. Una sorta di “Cenerentola” al contrario.
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