Titolo originale | Lärjungen |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Finlandia |
Durata | 93 minuti |
Regia di | Ulrika Bengts |
Attori | Erik Lönngren, Patrik Kumpulainen, Niklas Groundstroem, Amanda Ooms, Ping Mon Wallén Philip Zandén, Sampo Sarkola, Alfons Röblom, Erik Enge, Ping Mon H. Wallén, Gunnar Lindholm, Jan Erik Berglund, John Hilander, Jan Lönnqvist, Dan Wikingson, Mariana Mox, Leif Sundberg, Stina Colerus, Richard Hägerstrand, Nina Långbacka-Wilenius, Ninni. |
MYmonetro | 2,30 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 4 dicembre 2015
Estate del 1939 su un'isola del Mar Baltico. La presenza del giovane Karl suscita la gelosia del figlio del guardiano del faro.
CONSIGLIATO NÌ
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Estate del 1939 su un'isola del Mar Baltico, il giovane Karl viene mandato a fare l'assistente del guardiano del faro, un padre di famiglia burbero e tirannico che vive con moglie, figlia e figlio, della stessa età di Karl, sull'isola stessa. Insoddisfatto della poca voglia di studiare del figlio, il guardiano apprezza la dedizione di Karl e la sua voglia di lavorare, unita alla facilità di apprendimento, causando le invidie e la rivalità del figlio. Nessuno si rende conto però che è la tirannia paterna la vera mina pronta ad esplodere.
La parabola della famiglia vessata da un padre violento e dittatoriale che The disciple propone è estremamente convenzionale, come del resto la morale che se ne trae (a senso unico, chiara, diretta e molto semplice, come se non ci dovesse essere rischio di fraintenderla o di avere altri pensieri): dalla parte di chi sogna un domani migliore, pensa all'arte e desidera essere libero, contro ogni forma d'oppressione.
È la tirannia dei governi ingiusti, delle istituzioni castranti e di un modo di intendere il mondo che Ulrika Bengts inserisce nel suo guardiano del faro, che pone ostacoli e fissa obiettivi per tutti, desideroso d'essere soddisfatto assecondando le proprie regole e disposto alle mosse più abiette per imporre la sua forza. E proprio nei gesti eclatanti e teatrali o nei suoi colpi allo stomaco (in realtà meno forti di quanto non vorrebbe che fossero) che The disciple rivela la sua programmatica volontà di non lasciare margine di manovra allo spettatore. Incanalato in una storia talmente estrema da non consentire altra interpretazione se non quella prevista fin dall'inizio, egli deve assolutamente commuoversi quando è il momento e provare rabbia quando il regista la chiama a forza. Per questo il guardiano Hasselbond, pietra intorno a cui ruotano tutti gli altri, unico motore di eventi e sentimenti, è un personaggio che sembra uscire da un film di almeno un ventennio fa, per non dire di più, molto lontano sia dalla complessità del cinema migliore (a prescindere dall'anno di realizzazione) che dalle semplificazioni del cinema mediocre attuale.
The disciple dunque nasce già vecchio, risaputo, visto e già narrato, prima ancora di iniziare. Per questo trova una via facile verso lo spettatore, che sa cosa aspettarsi e viene massaggiato nella ripetizione del noto e prevedibile, rischiando però di rimanere impresso nella memoria più per la sua ambientazione anticonvenzionale (il grande faro immerso in un luogo che pare non avere coordinate geografiche) che per altro.