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Ultimo aggiornamento mercoledì 13 aprile 2022
Premio del Pubblico al Sundace Film Festival 2013, il film di Sean Ellis descrive le conseguenze della povertà nelle Filippine. Il film ha ottenuto 1 candidatura a BAFTA,
CONSIGLIATO SÌ
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Il raccolto di Oscar e Mai - contadini di Banaue, nel nord delle Filippine - è così misero che i due non dispongono neanche dei semi necessari per ripiantare l'anno venturo. Decidono così di trasferirsi a Manila con i figli, in cerca di un lavoro che permetta loro di sopravvivere. Ma la metropoli mostrerà il suo volto più crudele.
Le ragioni che hanno portato all'assegnazione del premio del pubblico del Sundance Festival a Metro Manila sono in fondo semplici da individuare: lo sguardo occidentale su gioie e dolori dell'Estremo Oriente in genere funziona, in un accattivante connubio di delizia e crudeltà, e comunica con la dovuta dose di stereotipi la malìa esotica di mondi lontani.
Il britannico Sean Ellis, reduce da una commedia come Cashback ma anche da un horror come Rotto, conferma il suo tocco del tutto impersonale, adattandosi a una narrazione che risente tanto di Refn che di Nolan, (fin troppo) attenta alla direzione intrapresa dal cinema d'autore contemporaneo.
Se l'epilogo, folgorante e di rara potenza, appartiene fieramente al cinema di genere e mostra le indiscutibili doti tecniche di Ellis, il percorso che conduce ad esso è dominato da uno sguardo sulla realtà delle bidonville e dei cittadini meno agiati che sperpera il verismo in situazioni già viste - molti i richiami a Kinatay di Brillante Mendoza - e riproposte in uno stile ai limiti del didascalico. Le sventure che si abbattono su Oscar e Mai si accumulano e si sovrappongono con perfetta quanto poco credibile funzionalità narrativa. D'altronde lo scopo principale del primo e prevalente segmento del film di Ellis è quello di predisporre al mutamento etico e comportamentale dei protagonisti, talmente consequenziale da annullare ogni effetto sorpresa. Ma il calvario che caratterizza le peregrinazioni di Oscar, in cerca di un lavoro, e le umiliazioni di Mai, costretta a vendere il proprio corpo, aggiungono poco a territori abbondantemente esplorati.
A Metro Manila avrebbe forse giovato una maggiore insistenza sugli elementi action (lo spunto originario del soggetto riguarda proprio un caso di cronaca nera legato a un furgone portavalori), ma il mix impressionista di stili e la superficialità con cui questi sono affrontati può paradossalmente allargare il potenziale target del film, come dimostra il successo della pellicola nel circuito festivaliero.