Tra mito, memoria e responsabilità dello sguardo, in streaming su MYmovies ONE un’opera che si mette in discussione, accoglie le zone d’ombra e i dubbi, e interroga il nostro immaginario collettivo. GUARDA ORA IL FILM »
di Simone Granata
Arriva su MYmovies ONE il documentario di Håvard Bustnes Phantoms of the Sierra Madre (2024) che segue il viaggio dello stesso regista norvegese Bustnes e dello sceneggiatore danese Lars Kristian Andersen alla ricerca di una misteriosa tribù Apache nel cuore del Messico.
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Il pretesto narrativo che innesca il racconto è la volontà di ripercorrere le orme dell’esploratore norvegese Helge Ingstad (1899 – 2001) il quale negli anni Trenta del Novecento si addentra nella Sierra Madre – la catena montuosa che attraversa il Messico e l’estremo sudovest degli Stati Uniti – per individuare una comunità apache rimasta fuori dalla Storia ufficiale.
Il docufilm inizia dunque come un’avventura sulle tracce di un mito, nei territori del western, e finisce per interrogare in maniera ambigua e seducente il modo stesso in cui il cinema si appropria delle storie degli altri.
Nella loro ricerca attraverso deserti, riserve, “fantasmi”, villaggi, archivi e musei, Bustnes e Andersen si confrontano con le testimonianze dei nativi e con la memoria spesso dolorosa di ciò che hanno subito. Fanno la conoscenza di Pius, pronipote del leggendario guerriero Apache Geronimo, e incontrano anche una famiglia messicana che si dichiara (in maniera non troppo credibile) erede di quest’ultimo, per poterne sfruttare il nome a fini di lucro.
Ecco allora che nel viaggio emerge un’incrinatura: da un lato il desiderio di riscoprire una verità perduta; dall’altro la consapevolezza che ogni ricerca è anche un atto di potere, e che il confine tra documentare e appropriarsi è molto più sottile di quanto si voglia ammettere.
Alternando grandi e suggestivi paesaggi a momenti di intimità, Phantoms of the Sierra Madre racconta senza protezioni anche l’impasse dei propri autori, sempre più in bilico tra fascinazione e perplessità.
Bustnes non giudica ma rende la complessità etica dell’operazione, che avanza seguendo una traiettoria irregolare e spiazzante. E quando nell’ultima parte il documentario si sposta in Norvegia e affiorano reperti appartenuti a Ingstad, si apre un ulteriore livello di lettura. Il passato rivela un nodo irrisolto a cui non si può trovare una risposta definitiva.
Il viaggio resta inevitabilmente sospeso e incompiuto, ma qui rinviene il suo senso più profondo, mettendo a nudo l’illusione dell’esploratore moderno e, insieme, la responsabilità di chi racconta.
Phantoms of the Sierra Madre solleva domande sul peso della Storia e sulle narrazioni che continuiamo a costruire o ereditare. Un’opera che si mette in discussione, accoglie le zone d’ombra e i dubbi, e interroga il nostro immaginario collettivo. Così l’indagine sul passato si trasforma in una riflessione sui riverberi del presente, invitando a cogliere ciò che continua a muoversi tra memoria e sguardo.