|
Giornalista freelance aderisce, insieme alla sua ragazza e assistente, ad una misteriora setta con a capo una enigmatica e giovane donna che dice di provenire da un futuro prossimo venturo, un'epoca buia dominata dalla miseria e dalla guerra civile. Lo scopo è quello di documentare gli incontri e sventare un possibile suicidio di massa. Le cose però sembrano prendere subito una piega assai diversa.
Docufilm nella forma di un singolare psicodramma a metà tra fiction e analisi sociologica è un piccolo film indipendente che ha il merito di imbrigliare un argomento scottante e scivoloso (per ovvie pregiudiziali di natura politica e religiosa) relegandolo ad un ambito di rigorosa sperimentazione cinematografica; preservando da un lato il rigore formale di una pretesa obiettività (docufilm di un docufilm) e dall'altro evitando le facili strumentalizzazioni di una drammaturgia dell'ambiguità ad uso e consumo del cinema hollywoodiano piuttosto che di una programmatica visibilità festivaliera.
Disseminando la narrazione degli indizi inquietanti di una surreale verosimiglianza e mantenendo la coerenza di un registro che rimane sospeso sul precario equilibrio di una indefinita tensione dell'attesa, si rivelano i perversi meccanismi di un processo di mistificazione della realtà (l'essenza stessa della tecnica cinematografica) dove l'oggetto dell'indagine finisce per modificare il punto di vista dello stesso osservatore a sua volta coinvolto in un processo di conoscenza (di sè, dell'altro) dove risulta difficile distinguere il vero dal falso, il verosimile dal prodotto di una abile manipolazione psicologica. Anche le concessioni che lo script riserva nel definire il profilo dei protagonisti (due brevi digressioni sulla loro storia personale) sembrano funzionali a questo processo di mistificazione, potendo in questo modo porre l'accento su una pregiudiziale biografica che ne giustifichi la pretesa obiettività (un adolescente orfano di madre che cresce nell'avversione verso lo spiritualismo New Age e la giovane figlia viziata di un ricco produttore che si è da tempo disintossicata dalle variegate dipendenze della vita mondana), salvo utilizzarli come il punto debole di una facile ricattabilità caratteriale.
Quello che si racconta (il suono della voce) assurge al rango di realtà inconfutabile in quanto prodotto di un processo di conoscenza in cui l'ascoltatore è un mero soggetto passivo, il contenitore svuotato di quelle sovrastrutture mentali che una verità fluida (e ondivaga) è pronta a ricolmare.
Pur nel minimalismo di una messa in scena ridotta ed essenziale (una produzione dal costo modesto e dagli esiti sorprendenti) si coglie una brillante dialettica della narrazione e la capacità di evocare talora alcune folgorazioni esistenzialiste alla Chris Marker: dall'anticamera di una modesta e anonima residenza borghese alle soglie di una mistica comunione astrale, dalla virginale bellezza di una procace sensualità l'incondizionata adorazione per una apparizione mistica, dal singolare rituale di una appartenenza settaria il segno allarmante di una sconcertante verità.
Perfino l'introduzione di una plausibile spiegazione fraudolenta (la mistica biondona altri non sarebbe che una ricercata per reati federali: sembra che in America ciò sia molto grave!) non scioglie i dubbi di un'ambiguità di fondo rafforzata nel finale da una inaspettata rivelazione. Premiato al Sundance Film Festival del 2011. Mistiche suggestioni di una evocazione dell'Avvento.
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
twitter
diventa fan
