steve hassen
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lunedì 1 settembre 2014
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inspiegabilmente inedito in italia.
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Bleeder, secondo lungometraggio diretto, sceneggiato e prodotto da Nicolas Winding Refn, è innanzitutto un film forte. A differenza del primo capitolo della trilogia del regista danese, Pusher, girato tre anni prima, e delle due successive pellicole (rispettivamente del 2004 e 2005) in Bleeder la violenza è meno digeribile, quello ritratto nei 95 minuti infatti non è il microcosmo criminale di una Copenaghen squallida, sporca e malata, lontana dall'immaginario comune che la ritrae colorata e pacifica con le facciate dei palazzi che danno sul porto. I quattro protagonisti, tutti appartenenti al ceto medio-basso, sono avulsi da logiche malavitose, ma abitano le stesse periferie squallide, sporche e senza speranze dei protagonisti di Pusher (Refn ripropone i tre attori Mads Mikkelsen, Kim Bodnia e Zlatko Buric, per tutti ottima interpretazione).
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Bleeder, secondo lungometraggio diretto, sceneggiato e prodotto da Nicolas Winding Refn, è innanzitutto un film forte. A differenza del primo capitolo della trilogia del regista danese, Pusher, girato tre anni prima, e delle due successive pellicole (rispettivamente del 2004 e 2005) in Bleeder la violenza è meno digeribile, quello ritratto nei 95 minuti infatti non è il microcosmo criminale di una Copenaghen squallida, sporca e malata, lontana dall'immaginario comune che la ritrae colorata e pacifica con le facciate dei palazzi che danno sul porto. I quattro protagonisti, tutti appartenenti al ceto medio-basso, sono avulsi da logiche malavitose, ma abitano le stesse periferie squallide, sporche e senza speranze dei protagonisti di Pusher (Refn ripropone i tre attori Mads Mikkelsen, Kim Bodnia e Zlatko Buric, per tutti ottima interpretazione). Leo ha un lavoro che non lo soddisfa, un appartamento umile e claustrofobico (la scena della cena con Louise rende l'idea) e un figlio in arrivo, che non vuole. Non è un delinquente e subisce la fascinazione di una violenza che non può e forse non ha realmente intenzione di controllare, unica risposta per fronteggiare la sua incapacità di reagire al mondo che odia. Ancor più claustrofobico e pittoresco è il monolocale di Lenny, cinefilo maniacale, oratore monotematico, timido e a disagio con le donne, il suo rapporto con la violenza non è dialettico, ed è astratto, Lenny si limita all'incamerare quella che gli viene fornita dagli innumerevoli film che lo accompagnano per tutto l'arco della giornata e della settimana. Kitjo è il datore di lavoro di Lenny e il proprietario di una videoteca, uomo di mezz'età, disilluso e disincantato.
Infine vi è Louis, fratello di Louise, buttafuori in un locale notturno, quarto e ultimo dei protagonisti maschili. La violenza Louis la esercita per mestiere, volente o nolente, e non fa fatica a lasciarla fluire, dato il temperamento sanguigno e scontroso. Completa la trama la presenza della giovane Lea, lettrice incallita e cameriera tuttofare in un fastfood, della quale si innamora Lenny. Potete vedere il film in lingua originale sottotitolato in lingua inglese come ho fatto io, dal momento che non ho trovato una versione con sottotitoli italiani e che non esiste un doppiaggio per il nostro Paese. Questa produzione, insieme alla successiva 'Fear X' furono un insuccesso in patria e all'estero e catapultarono in una importante crisi economica Refn. Personalmente, limitandomi umilmente all'analisi di Bleeder non comprendo le ragioni dell'insuccesso, si tratta di un'ottima pellicola diretta bene e girata interamente in steadicam, con una trama che sa di marcio (volutamente) e uno svolgimento sempre sul punto di virare al peggio, con un'analisi psicologica ben ravvisabile anche se un po' superficiale. Insomma, per chi ama il regista danese un film da vedere e rivedere, per tutti gli altri da vedere senza dubbio, non è tempo sprecato.
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andrej
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venerdì 28 aprile 2017
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un refn ai suoi livelli piu' alti
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Ottimo secondo film del regista Nicolas Refn, stilisticamente simile al primo (Pusher): realistico, intenso, fortemente drammatico. Troviamo qui un Refn "prima maniera", senza nessuna delle peculiarita' che sviluppera' dopo la trilogia di Pusher, allontanandosi progressivamente dal solido realismo delle sue origini per approdare a uno stile surrealistico, con ibridazioni simbolico-oniriche dagli esiti secondo me discutubili. Ambientata in uno scenario metropolitano squallido e degradato, la vicenda porta in scena le vite al tempo stesso parallele ed opposte di due giovani coppie di modesta estrazione sociale, accomunate da problemi economici, lavori ingrati, frustrazioni e insoddisfazioni esistenziali assortite ma divise da opposti destini: una di esse infatti va verso una drammatica e violenta disgregazione, l'altra invece, nonostante l'intralcio di iniziali diffidenze e timidezze incrociate, va lentamente formandosi.
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Ottimo secondo film del regista Nicolas Refn, stilisticamente simile al primo (Pusher): realistico, intenso, fortemente drammatico. Troviamo qui un Refn "prima maniera", senza nessuna delle peculiarita' che sviluppera' dopo la trilogia di Pusher, allontanandosi progressivamente dal solido realismo delle sue origini per approdare a uno stile surrealistico, con ibridazioni simbolico-oniriche dagli esiti secondo me discutubili. Ambientata in uno scenario metropolitano squallido e degradato, la vicenda porta in scena le vite al tempo stesso parallele ed opposte di due giovani coppie di modesta estrazione sociale, accomunate da problemi economici, lavori ingrati, frustrazioni e insoddisfazioni esistenziali assortite ma divise da opposti destini: una di esse infatti va verso una drammatica e violenta disgregazione, l'altra invece, nonostante l'intralcio di iniziali diffidenze e timidezze incrociate, va lentamente formandosi. Notevole la maestria dimostrata dal regista nel trattare in modo efficace e convincente due storie cosi' diverse e nell' amalgamarle (cosa ancor piu' difficile) in modo convincente ed organico. Ottima la fotografia, la colonna sonora, la recitazione, sempre ben calibrata, intensa e credibile. Particolarmente bravi Kim Bodnia, nel ruolo drammatico di un uomo normale trascinato su una inarrestabile china di violenza distruttiva e autodistruttiva da frustrazioni lungamente represse e dall'angoscia di una paternita' indesiderata, e Mads Mikkelsen, nella parte di un commesso di videoteca timido e gentile, che tende a rifugiarsi nell'Iperuranio filmico ed esita a confrontarsi col mondo e la vita reale. Davvero un gran film, coronato anche da un bellissimo finale.
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dandy
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sabato 27 febbraio 2016
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c'era una volta a copenaghen....
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Secondo film del regista,distrubuito solo dopo "Pusher",e qui ancora inedito(complimenti).Una storia non nuova di vite squallide in cui si intrecciano violenza,sentimenti e tragedie dietro l'angolo.Ma raccontata con uno stile personale notevole(con la telecamera a mano che segue in modo opprimente i personaggi in spazi chiuse o per le strade)e un ottimo bilanciamento dei toni:si parte con la commedia(un pò un "Clerks" danese con cinefilia e dialoghi nerd)e pian piano la crudezza e l'orrore prendono il sopravvento.Gli attori sono molto bravi e l'ambientazione cupa e degradata funziona.Anche il parallelo tra la violenza dei film che Lenny e i suoi amici guardano e quella reale in cui si muovono non è risaputo e banale come troppo spesso avviene nel cinema americano.
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Secondo film del regista,distrubuito solo dopo "Pusher",e qui ancora inedito(complimenti).Una storia non nuova di vite squallide in cui si intrecciano violenza,sentimenti e tragedie dietro l'angolo.Ma raccontata con uno stile personale notevole(con la telecamera a mano che segue in modo opprimente i personaggi in spazi chiuse o per le strade)e un ottimo bilanciamento dei toni:si parte con la commedia(un pò un "Clerks" danese con cinefilia e dialoghi nerd)e pian piano la crudezza e l'orrore prendono il sopravvento.Gli attori sono molto bravi e l'ambientazione cupa e degradata funziona.Anche il parallelo tra la violenza dei film che Lenny e i suoi amici guardano e quella reale in cui si muovono non è risaputo e banale come troppo spesso avviene nel cinema americano.E colpisce la leggerezza con cui è tratteggiata la storia d'amore tra Lenny e Lea.Ottima prova seconda di un regista tra i più particolarmente capaci degli ultimi 20 anni.Che si spera vivamente non finisca per cedere alle regole rovinose hollywoodiane dopo il successo di "Bronson" e "Drive".
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