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Aldo Scavarda

Aldo Scavarda è un regista, sceneggiatore, fotografo, è nato il 22 agosto 1923 a Torino (Italia).
Nel 1969 ha ricevuto il premio come miglior fotografia in bianco e nero al Nastri d'Argento per il film Grazie, zia. Aldo Scavarda ha oggi 100 anni ed è del segno zodiacale Leone.

Dopo avere seguito i corsi di ottica fotografica presso l'Istituto Teofilo Rossi, si accostò giovanissimo al mondo del cinema durante gli anni della seconda guerra mondiale, come assistente volontario del suo concittadino Carlo Borghesio. Dopo avere lavorato anche come aiuto-operatore di Enzo Serafin, passò successivamente alla fotografia, come operatore alla macchina a fianco di Michelangelo Antonioni, per il film Cronaca di un amore (1950), continuando a svolgere tale attività fino al 1955. Promosso direttore della fotografia, l'anno successivo firmò le bellissime immagini di Vertigine bianca, un ampio lungometraggio documentaristico sulle Olimpiadi invernali del 1956, diretto da Giorgio Ferroni, affermandosi in questo ambito come uno dei migliori operatori italiani. Passato al film a soggetto, collaborò nuovamente con Michelagelo Antonioni ne I vinti (1953), ne La signora senza camelie e ne L'avventura (1960), distinguendosi per l'abilità con cui seppe creare, con una fotografia raffinata e non priva di suggestioni documentaristiche, l'ambiente naturale perfetto per le vicende narrate nei film, e soprattutto per una storia «aperta» e problematica come quella descritta ne L'avventura. Tra le sue opere più interessanti e artisticamente elaborate degli anni Sessanta dobbiamo ricordare anche La giornata balorda (1960, Mauro Bolognini), Prima della rivoluzione (1964, Bernardo Bertolucci) e Grazie zia (1968, Salvatore Samperi); in esse la dimensione figurativa del film risulta talvolta superiore perfino alla sostanza drammatica della trama, per l'eccellenza formale e la raffinatezza stilistica della fotografia. Artista sensibile al fascino dell'immagine «libera», cioè destinata a suscitare emozioni di per sé, senza bisogno di alcun supporto narrativo, ma al tempo stesso consapevole delle possibilità drammatiche e narrative, oltre che estetiche, del fotogramma cinematografico, Scavarda si impose come uno degli operatori italiani più pronti a recepire ed a realizzare formalmente le esigenze artistiche del cinema contemporaneo; tuttavia, verso la metà degli anni Settanta lasciò la fotografia per dedicarsi alla produzione e alla regia di un unico film, La linea del fiume (1976), dopo il quale decise di abbandonare ogni attività nel mondo del cinema.

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