howlingfantod
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venerdì 28 giugno 2019
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"qui hanno tutti ragione e hanno tutti torto"
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Possiamo immaginare Emma Dante, regista e autrice del romanzo dal quale è stato tratto il film da lei stessa diretto e sceneggiato insieme a Giorgio Vasta, interpretare se stessa in questo stupefacente e potente film tanto ricco quanto scarno nell’ambientazione e penetrante nella drammaticità del suo sviluppo. Un film strettamente al femminile con le tre protagoniste principali che sono tre donne così diverse e così uguali e di fronte alle quali gli uomini, pur soverchianti e predominanti come sempre risultano comprimari e macchiette. La lotta fra le avverse parti, modi stessi di concepire la vita, la società, la modernità con Samira (la bravissima Elena Cotta) legata a riti ancestrali, tradizioni inestirpabili, segna il territorio non lasciando passare l’auto.
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Possiamo immaginare Emma Dante, regista e autrice del romanzo dal quale è stato tratto il film da lei stessa diretto e sceneggiato insieme a Giorgio Vasta, interpretare se stessa in questo stupefacente e potente film tanto ricco quanto scarno nell’ambientazione e penetrante nella drammaticità del suo sviluppo. Un film strettamente al femminile con le tre protagoniste principali che sono tre donne così diverse e così uguali e di fronte alle quali gli uomini, pur soverchianti e predominanti come sempre risultano comprimari e macchiette. La lotta fra le avverse parti, modi stessi di concepire la vita, la società, la modernità con Samira (la bravissima Elena Cotta) legata a riti ancestrali, tradizioni inestirpabili, segna il territorio non lasciando passare l’auto. Da notare che la strada permetterebbe il passaggio delle due auto anche se significativamente questo lo si scopre nel corso dello svolgimento della narrazione, mentre all’ inizio del fronteggiamento in strada la stessa appare uno stretto budello che non può permettere il passaggio in contemporanea. Sceneggiatura tanto essenziale quanto stratificata. L’incontro scontro fra le due auto in una piccola strada periferica di una Palermo accecante e bruciata dal sole dà il via a un gioco al massacro, tanto essenziale nella sua dinamica quanto micidiale e universale nei suoi sviluppi e implicazioni. Diventa una sfida e una contrapposizione universale fra due mondi contrastanti. Quello di Rosa (Emma Dante), cittadina del mondo che è fuggita da Palermo e vi ritorna nella finzione filmica per il matrimonio di un amico della compagna Clara (Alba Rohrwacher) e quello legato alle ataviche e grottesche tradizioni e chiusure degli abitanti di Via Castellana Bandiera, dove “tutti hanno ragione e tutti hanno torto” come confesserà a Clara una delle donne vestite in nero che abitano una di quelle case di quel nugolo che fa da quinta del film e che potrebbero appartenere a una qualsiasi bidonville di Caracas, Rio De Janeiro, Nairobi. Ecco perché questo film è universale, perché parla del microcosmo e del macrocosmo, il micro di una piccola e dimenticata periferia di Palermo dei giorni nostri, il macro con la dura legge della natura che qui sembra soppiantare quella sociale al di là di ogni contratto e umana mediazione e dove vige quindi la legge del più forte (chi ha diritto a passare). Le due donne, Rosa (Emma Dante) e Samira rappresentano due visioni della vita, così opposte e così uguali, due donne forti pur con visioni opposte della società, della modernità, con la seconda che nella dinamica degli eventi e con la sua scelta estrema sembra urlare la sua condanna a un mondo volgare, impietoso e fondamentalmente maschile, dove alla fine fatalmente tutti sono destinati a perdere, come i vinti dei Malavoglia, perdere anche la scommessa che era stata giocata dagli uomini sulla testa delle due donne, mentre l’auto finalmente sgombra la strada in un drammatico grottesco e bellissimo finale degno di questo film e corre via da sola lungo Via Castellana Bandiera.
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ennio
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venerdì 5 gennaio 2018
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grottesco e tragicomico affresco palermitano
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Sono più i momenti comici che drammatici in questo film, almeno a me questo effetto fanno le realtà dialettali estreme, i modi sanguigni e all'antica della gente di provincia. Visto che la regista e attrice protagonista è anche l'autrice del romanzo, vale la pena di fidarsi che il film sia coerente con lo scritto originale. Ma dubito in partenza che la parola scritta possa rendere in modo così colorito una realtà di periferia vivace isterica e stralunata come quella raffigurata qui, che seppur in altra epoca e altri luoghi ricorda vagamente la mia infanzia. Bella la scena finale sulla via ormai deserta e incurante della tragedia.
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mauridal
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venerdì 21 febbraio 2014
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una tragedia della magna grecia
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VIA CASTELLANA BANDIERA UN FILM DI EMMA DANTE . ITALIA 2013
Quando una civiltà antica, come la classicità greca non muore mai , malgrado il passare dei millenni e l’avvento delle macchine , intese come macchine da ripresa , come automobili, ma anche come macchinazione , cioè una serie di avvenimenti messi insieme , congegnati in maniera tale da sembrare una vicenda semplice ,ma in realtà , a ben vedere si tratta di una trappola , di una gabbia, di un ingorgo, allora, è opportuno rintracciarla, nella trama di questo film : VIA CASTELLANA BANDIERA. Un’opera dalla Magna Grecia , una vicenda da tragedia classica siciliana con accento palermitano.
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VIA CASTELLANA BANDIERA UN FILM DI EMMA DANTE . ITALIA 2013
Quando una civiltà antica, come la classicità greca non muore mai , malgrado il passare dei millenni e l’avvento delle macchine , intese come macchine da ripresa , come automobili, ma anche come macchinazione , cioè una serie di avvenimenti messi insieme , congegnati in maniera tale da sembrare una vicenda semplice ,ma in realtà , a ben vedere si tratta di una trappola , di una gabbia, di un ingorgo, allora, è opportuno rintracciarla, nella trama di questo film : VIA CASTELLANA BANDIERA. Un’opera dalla Magna Grecia , una vicenda da tragedia classica siciliana con accento palermitano. La macchina da ripresa, cioè il cinema, è fondamentale nel caso del film VIA CASTELLANA BANDIERA, poiché una regista di teatro, come Emma Dante anch’essa attrice, commediografa tragica, dal volto di una drammaticità unica , un volto severo senza sconti, adatta una azione teatrale, alla modernità del cinematografo .Dunque è la storia di un confronto –scontro tra due donne, protagoniste Samira e Rosa votate alla reciproca distruzione di sé e dell’altra .Nel proemio Le troviamo con tutti gli altri personaggi in una strada stretta, quasi un vicolo cieco, una via degradata e squallida, del centro storico di Palermo bloccate in due auto una di fronte l’altra, senza che nessuna delle due ceda il passo finendo entrambe come in una trappola., e nell’epilogo invece con la magia del cinema appunto,la via diventa una grande strada da cui fuggire ,una vera via di fuga liberatoria. Questo della strada è un tema non inconsueto per il cinema, basterebbe il solo riferimento a La strada di Fellini dove però lungo una strada si svolge un metaforico viaggio nell’immaginario, mentre qui in questa via castellana bandiera si sta assolutamente fermi e chiusi fisicamente e mentalmente in automobile. Il compimento del dramma si ha quando tra le due donne , diverse per età,ed estrazione si instaura una sfida all’annientamento distruttivo. L’una Samira anziana è prigioniera infelice del suo passato, di profuga albanese orba di una figlia morta ma con un altro coccolato figlio maschio, insieme ospiti di un genero odiato dalla famiglia numerosa , l’altra donna è Rosa donna emancipata con una compagna lesbica , altrettanto infelice di questa relazione,omosessuale, ma che esprime la sua rabbia proprio in questo casuale ingorgo con la caparbietà di scontrarsi con tutti e non cedere niente a nessuno. Lo stile del racconto non rientra nel road movie, anche se tuttavia stando le auto ferme e i personaggi chiusi dentro e bloccati in una strada, ugualmente raccontano la dinamica storia di un duello psicologico all’ultimo sangue dove come nei migliori duelli, una morte chiuderà la vicenda. Ora I significati psicoanalitici all’origine di questa storia tra donne , dove i personaggi maschili sono del tutto comparse irrilevanti , vanno ricercati nell’ancestrale ruolo delle donne nella tragedia greca ,come già accennavo.
La conclusione è la morte della duellante Samira e la conseguente fuga liberatrice di tutti gli altri, Rosa compresa che finalmente libererà la strada con l’auto, sturando il tappo occlusivo alla libertà per tutti gli abitanti della via, ma forse alludendo alla fuga per tutti i palermitani donne bambini e uomini in cerca di emancipazione da oppressioni sociali, economiche e politiche. Mauridal.
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ivanleone
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lunedì 4 novembre 2013
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un "corto" troppo lungo...
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Dispiace parlare di politica quando ci sia di mezzo il cinema, ma diciamoci la verità: in Italia tutto è rivolto alla "politica". Ed un film del genere può essere prodotto e distribuito solo in Italia e solo se gli autori -in questo caso l'autrice- facciano parte di certe "dinamiche", perché fosse appartenuta ideologicamente ad opposte "dinamiche" avrebbe forse ottenuto finanziamenti solo per un "corto". E sinceramente l'idea di base, cui si deve riconoscere una notevole dose di originalità, è perfetta per realizzare un corto: averne voluto tirar fuori un lungometraggio ne fa un'opera presuntuosa e che fallisce lo scopo ultimo di qualsiasi forma d'arte qual è il cinema, ovvero appassionare, anche divertire, in ultima analisi piacere attraverso l'incanto.
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Dispiace parlare di politica quando ci sia di mezzo il cinema, ma diciamoci la verità: in Italia tutto è rivolto alla "politica". Ed un film del genere può essere prodotto e distribuito solo in Italia e solo se gli autori -in questo caso l'autrice- facciano parte di certe "dinamiche", perché fosse appartenuta ideologicamente ad opposte "dinamiche" avrebbe forse ottenuto finanziamenti solo per un "corto". E sinceramente l'idea di base, cui si deve riconoscere una notevole dose di originalità, è perfetta per realizzare un corto: averne voluto tirar fuori un lungometraggio ne fa un'opera presuntuosa e che fallisce lo scopo ultimo di qualsiasi forma d'arte qual è il cinema, ovvero appassionare, anche divertire, in ultima analisi piacere attraverso l'incanto. Possibile che in Italia non si sia più capaci di realizzare film che possano "divertire" facendo contemporaneamente riflettere lo spettatore sui grandi temi sociali? Ci riesce pure la serie di "Hunger Games", perdiana!
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odessa
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mercoledì 16 ottobre 2013
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incomprensibile e confuso come chi lo ha premiato
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Un film inutile e privo di tutti quegli abissi così generosamente descritti da chi vede ciò che il pubblico ordinario non è in grado nemmeno di intuire. Un finale arrogante che può permettersi (forse) solo un grande regista a fine carriera. Dieci minuti dieci di macchina fissa con due o trecento persone che corrono in discesa con un sole radente e falso come la situazione assurda che si è voluta raccontare. Una storia che stava abbondante anche negli spazi di un corto d'esordio. Un brodo allungato e girato con una macchina a mano che provoca qualche inizio di nausea. Da evitare o meglio da consigliare a tutti coloro che si impancano nel descrivere la poetica scabra del linguaggio livido e diretto ed (ovviamente) sottotitolato.
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Un film inutile e privo di tutti quegli abissi così generosamente descritti da chi vede ciò che il pubblico ordinario non è in grado nemmeno di intuire. Un finale arrogante che può permettersi (forse) solo un grande regista a fine carriera. Dieci minuti dieci di macchina fissa con due o trecento persone che corrono in discesa con un sole radente e falso come la situazione assurda che si è voluta raccontare. Una storia che stava abbondante anche negli spazi di un corto d'esordio. Un brodo allungato e girato con una macchina a mano che provoca qualche inizio di nausea. Da evitare o meglio da consigliare a tutti coloro che si impancano nel descrivere la poetica scabra del linguaggio livido e diretto ed (ovviamente) sottotitolato. Ciliegina finale, oltre ad aver premiato Emma Dante per l'unica maschera espressiva ed impietrita che ci ha propinato per tutto il film, hanno premiato anche l'orrido motivetto che accompagna i dieci minuti tragici di corsa verso il baratro.
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lilly55
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martedì 8 ottobre 2013
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noia mortale
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dalle prime battute non si è fatto altro che fare una cattiva pubblicità ad una palermo in cui non funziona nulla....e nella quale la protagonista non sarebbe mai voluta tornare.....in un momento storico nel quale la sicilia è maltrattata e dilaniata da giudizi negativi...questo film non fa altro che accentuarne ed ingrandirne i difetti....la storia è mediocre e trattata in modo surreale.... abitando al nord....la sala rideva e disgustata dalle scene di voluta barbaria ci additava come SELVAGGI!!!!.
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dalle prime battute non si è fatto altro che fare una cattiva pubblicità ad una palermo in cui non funziona nulla....e nella quale la protagonista non sarebbe mai voluta tornare.....in un momento storico nel quale la sicilia è maltrattata e dilaniata da giudizi negativi...questo film non fa altro che accentuarne ed ingrandirne i difetti....la storia è mediocre e trattata in modo surreale.... abitando al nord....la sala rideva e disgustata dalle scene di voluta barbaria ci additava come SELVAGGI!!!!.....MI SONO VERGOGNATA...oltretutto ci sono scene come la fine che urano una eternità.....la proiezione sembra fatta da un amatore di filmini fatti in casa e si fa fatica a seguire con gli occhi le varie inquadrature a volte anche sfocate.Mi dispiace che questa neo regista ha dato della sicilia una immagine di degrado e di barbaria.... DAL FILM NON VIENE FUORI CHE QUESTO....la sala era annoiata e non vedeva lora che finisse....uscendone delusi e sconcertati!!! non è stato certo un film come BAARIA.....ricco di contenuti ma anche di una SICILA CHE DA UN MESSAGIO.....DI SENTIMENTI...DI GENTE CHE LAVORA.....cmq mi scusi ma .....il film si poteva sintetizzare in 45 minuti......e lei avrebbe risparmiato un sacco di soldi....forse la emma...dovrebbe mirare + in basso ed imparare molto di +!!!
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handsome
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martedì 8 ottobre 2013
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ma...
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che film e' questo? Continui piani di donne mute, gente allucinante, situazione da terzo mondo.......noioso e inutile, neorealismo da miseria nera.
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saby000
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sabato 5 ottobre 2013
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pessimo
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Non mi è piaciuto. Tutta la storia è fondata su queste due donne che che non cedono il passaggio l'una all'altra. Inquadrature da far girare la testa e far venire la nausea. Io e la mia amica non riuscivamo a guardare lo schermo.
Da non vedere.
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francif
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lunedì 30 settembre 2013
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assurdo come noi
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Due automobili si incrociano, un afoso giorno d'estate, in Via Castellana Bandiera, un “budello” in un quartiere povero e degradato di Palermo.
Semplicemente una a caso delle due auto avrebbe potuto fare qualche metro di retromarcia per far passare l'altra auto e poter quindi così proseguire entrambe.
Invece le due donne alla guida, Samira e Rosa, si fermano li. Non solo non fanno retromarcia, ma spengono i rispettivi motori. Una delle due, poi, metterà la prima e andrà proprio contro l'altra.
Samira si chiude nella sua auto e nel suo silenzio devastato dal dolore per la morte della giovane figlia.
Rosa si inchioda li, forse per non andare a quel matrimonio dell'amico della compagna, forse per non voler andare avanti oltre nel rivedere e ritrovare Palermo e riaprire vecchie ferite di figlia, forse per tenere ancora un po' lì con se Clara, la compagna che vuole lasciare.
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Due automobili si incrociano, un afoso giorno d'estate, in Via Castellana Bandiera, un “budello” in un quartiere povero e degradato di Palermo.
Semplicemente una a caso delle due auto avrebbe potuto fare qualche metro di retromarcia per far passare l'altra auto e poter quindi così proseguire entrambe.
Invece le due donne alla guida, Samira e Rosa, si fermano li. Non solo non fanno retromarcia, ma spengono i rispettivi motori. Una delle due, poi, metterà la prima e andrà proprio contro l'altra.
Samira si chiude nella sua auto e nel suo silenzio devastato dal dolore per la morte della giovane figlia.
Rosa si inchioda li, forse per non andare a quel matrimonio dell'amico della compagna, forse per non voler andare avanti oltre nel rivedere e ritrovare Palermo e riaprire vecchie ferite di figlia, forse per tenere ancora un po' lì con se Clara, la compagna che vuole lasciare.
Con quell'assordante silenzio fatto di sguardi, quelle due donne si parlano e, in fondo, si alleano complici.
Mentre il paese intorno osserva, abbozza reazioni inadeguate, inventa scommesse per scacciare un po' più in là la noia ed una miseria che uccide in mille modi.
Rosa e Samira condividono il buttare la cena e l'urinare per la strada.
Complici, comunicano facendosi l'occhiolino e con i lampeggianti dell'auto.
Tutto il resto, gli altri, sono in fondo solo ombre e comparse.
Il senso pieno e vivo della storia ce lo raccontano tutto loro due, con le loro diverse e uguali solitudini e disperazioni.
Sarebbe stato così semplice, addirittura naturale, fare retro per poter proseguire entrambe.
Assurdo fare muro contro muro per vedere “chi ha le corna più dure”, per perdere tutto quel tempo e non poter proseguire.
Assurdo.
Assurdo come ogni coazione a ripetere, come ogni storia che ci fa soffrire e ci ruba la speranza e non sappiamo chiudere perchè solitudine e libertà fanno tanta paura.
Assurdo come ogni volta che una donna viene massacrata di botte dal suo uomo e non lo lascia e non lo denuncia, pensando magari che in fondo è anche colpa sua.
Assurdo come ogni sogno che ci ostiniamo a lasciare nel cassetto.
Assurdo come l'assuefazione a politicanti mafiosi e criminali, ignoranti e incapaci.
Assurdo come questo Paese che non sa reagire da lustri allo sfascio collettivo.
Questa storia inizia con la morte che chiama la morte (Samira che si sdraia sulla tomba della figlia e la abbraccia) e termina con la morte di questa mamma che ha “usato” questa sfida per suicidarsi e tentare di riabbracciare forse in qualche modo la figlia.
Per assurdo, solo la morte di Samira risveglia Rosa e le fa mettere quella dannata e banale retromarcia. Troppe volte abbiamo bisogno di toccare il fondo per riuscire a reagire. E troppe volte è troppo tardi.
Questa metafora dell'assurdo deve toranarci in mente ogni volta che basterebbe fare qualche passo indietro per poter proseguire.
Ogni volta che abbiamo paura di andare avanti, di sfidare gli eventi, di vivere, di liberarci ed essere appieno noi stessi.
Questa metafora così evidente nella sua tragica assurdità deve aiutarci a riconoscere e combattere le nostre quotidiane e suicide follie.
E le suicide follie di questa violentata Repubblica democratica fondata sul Lavoro.
Francesca Fabbri.
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robynieri
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lunedì 30 settembre 2013
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un ovosodo alla siciliana
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Atmosfera surreale, personaggi grotteschi, scene esilaranti, sembra di essere lì a Palermo ed è un piacere starci.
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