Zen - Sul Ghiaccio Sottile

La regista Margherita Ferri nel film Zen – Sul Ghiaccio Sottile, si cimenta riuscendoci, nel descriverci alcuni aspetti psicologici, estremamente complessi e difficilissimi da comprendere, di una adolescente “diversa” Maria/Maia/Zen (da Zennaro, il cognome datale dal padre, una convincente Eleonora Conti). Maria, che riesce a convogliare nello sport, nell’hockey ad alto livello, tutti i turbamenti della sua età e della sua storia, ha perso il padre in tenera età, un campione di sci, tanto allora positivo quanto adesso idealizzato. Maia non sembra aver ancora elaborato a sufficienza quella perdita, da non permettersi assolutamente una relazione con un altro, sia dello stesso sesso, sia dell’altro, nel percorso misterioso della scoperta del diverso da te. Come se dovesse proteggere dentro di lei, imperturbata, l’immutabilità della figura paterna. Proietta nella madre le stesse angosce, che “rimprovera”, come a se stessa d’altro canto, di non essersi rifatta un compagno, come se fosse facile, (che forse lei avrebbe avuto difficoltà ad accettare, che forse l’avrebbe liberata da quel giogo fantastico). Sandra (Fabrizia Sacchi), nella parte amabile di una madre formidabile, armata di una “innata e viscerale” saggezza che non le fa perdere mai la pazienza, cioè il contatto con sua figlia, malgrado le sue turbolenze, anche inquietanti e comprensibilmente destabilizzanti. Maia è quindi una “diversa” e in quanto tale “avvertita” dai coetanei, quindi discriminata. Sia dai maschi, che dalle femmine, perché è un bocconcino particolarmente invitante poter proiettare sul diverso le proprie incertezze esistenziali, e non lasciarsi andare alla propria e altrui compassione. Per Vanessa (Susanna Acchiardi) non è così come per gli altri, perché viene delusa dal rapporto, impacciato ed estremamente poco comunicativo, con Luca, mentre viene attirata dal turbinio interiore, ma assolutamente non depressivo, di Maia. A tal punto da innamorarsene, e da baciarla. Maia e Vanessa, però, non sono in grado di sopportare un tale ribaltamento e coinvolgimento interiore, forse da ambo le parti manca la persistenza nella dolcezza: Maia si rifiuta, quasi sdegnosamente, probabilmente spaventata, di entrare in quella relazione, per la quale aveva condiviso molto sentire, e Vanessa, similmente, non riesce a prendersi la responsabilità dei suoi sentimenti, accusandola di averla obbligata alla segregazione per diversi giorni. Una annotazione sui maschi adolescenti del film: sono rappresentati come soggetti estremamente insipidi, sorprendentemente superficiali, e tutto sommato poco attraenti, al di là dei loro attributi maschili. Non capisco se la regista Margherita Ferri non conosca a sufficienza l’immaginario maschile, sia un po’ influenzata anche da un comprensibile ma ingiustificato femminismo, o se invece metta evidenza con forza sull’impoverimento nella comunicazione e nel linguaggio dei maschi, complice il depauperamento indotto dai media, verso cui sono assolutamente supini. A questo proposito consiglio ai maschi la lettura del Cyrano de Bergerac di Rostand per imparare che il corteggiamento della femmina è cosa seria.