gaiart
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domenica 6 agosto 2017
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un viaggio geniale e “fortunato” dal qualcosa verso il nulla...
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...DOVE I DUE PROTAGONISTI SONO UNA TESTUGGINE STIZZOSA E UN ANZIANO ZEN, QUASI COETANEI.
La relazione tra l’uomo e gli animali è utile all’anima.
I due personaggi principali hanno tre cose in comune. Uno. Vivono entrambi a lungo. Il primo ha più di cento anni. Il secondo 90 e oltre. Due. Il primo si chiama President Roosvelt e il secondo Lucky. Entrambi sono sopravvissuti al nazismo. Tre. Uno si porta dietro la bara nel carapace. Il secondo ha una paura fottuta di morire Non è una coincidenza che la casa di produzione di questo film eccellente si chiami Superlative Films. Quando si dice Nomen Omen – un nome, una garanzia, ha reso il film perfetto.
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...DOVE I DUE PROTAGONISTI SONO UNA TESTUGGINE STIZZOSA E UN ANZIANO ZEN, QUASI COETANEI.
La relazione tra l’uomo e gli animali è utile all’anima.
I due personaggi principali hanno tre cose in comune. Uno. Vivono entrambi a lungo. Il primo ha più di cento anni. Il secondo 90 e oltre. Due. Il primo si chiama President Roosvelt e il secondo Lucky. Entrambi sono sopravvissuti al nazismo. Tre. Uno si porta dietro la bara nel carapace. Il secondo ha una paura fottuta di morire Non è una coincidenza che la casa di produzione di questo film eccellente si chiami Superlative Films. Quando si dice Nomen Omen – un nome, una garanzia, ha reso il film perfetto. Ottimo humor, dialoghi sagaci, sintetici, arguti, attori eccellenti e un cast scelto tra amici cari che conosco da anni - mi racconta il regista – rendono una perfetta simbiosi sullo schermo e delle facce calzanti appieno in ogni ruolo. Il brillante attore, John Carroll Lynch, sfaccettato come un diamante, indimenticabile in Shutter Island con la sua faccia cattiva, oggi è qui nei panni di regista, dando prova di grande sapienza. Forse genetica. Il film è commovente e profondo, comico e divertente al tempo stesso. Chi sa la differenza tra testuggine e tartaruga? Penso in pochi. Se fai così guadagni. Se usi questo vinci. Un insieme di citazioni toccano ambiti diversi riferendo su vita, animali, umanità, denaro e associano quest’America vincitrice, economica, smaliziata, alla lentezza di una testuggine che non è tartaruga. Accostamenti originali sorprendono continuamente. La celebrazione di un carattere, quello di un altro grande attore: Harry Dean Stanton, per cui e su cui, è stato costruito il film come omaggio alla carriera. Drago Sumonja e Logan Sparks hanno messo insieme uno script davvero originale. La storia - mi raccontano - è stata veramente scritta con Harry Dean in testa, persino trasferendo direttamente alcune sue battute sagaci e stile di vita. A Los Angeles è davvero amico di un cameriere nel suo locale favorito e le battute del bartender Joe nel film sono le stesse: Joe: “Non sei niente”. Lucky: “Nemmeno tu”. Joe:“Grazie”. Lucky: “Preferisco la crudezza di un goffo silenzio a inutili salamelecchi”.
Harry Dean Stanton è qui un leader, la cui faccia bella si ama fin dal primo istante ed è un crescendo per tutti i 128 minuti. È un indimenticabile uomo di 90 anni – bravo cantante amico appassionato, affettuoso, ma burbero. Fa 5 esercizi yoga ogni giorno con 21 ripetizioni, fuma tre pacchetti di sigarette quotidiane, è totalmente naturale e a suo agio bighellonando in giro per un villaggio disperso nel deserto, così sicuro di se. Solo una lunga vita di esperienze pazzesche rende così un uomo e i suoi atteggiamenti. O forse anche l’aiuto di un ottimo regista. Anche gli altri attori sono affiatati e bravi come Ed Begley Jr, Tom Skerritt, David Lynch e tutta l’energia di questa storia sorprendente di amore per le piccole cose, di attaccamento alla vita è semplicemente perfetta. Anzi superlativa. Come chi ha deciso di produrla!
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luca
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martedì 4 settembre 2018
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paura
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È questo il sentimento nuovo ed inesplorato con cui è costretto a fare i conti Lucky (Harry Dean Stanton), novantenne che si considera quasi invincibile. La paura del vuoto, l’attesa di un epilogo già scritto che aspetta di essere vissuto. Lucky, fumatore e bevitore abitudinario, amante dei quiz e dei cruciverba, vede la sua routine quotidiana scossa da una scoperta del tutto inaspettata, una crepa nella sua natura invulnerabile: la vecchiaia.
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È questo il sentimento nuovo ed inesplorato con cui è costretto a fare i conti Lucky (Harry Dean Stanton), novantenne che si considera quasi invincibile. La paura del vuoto, l’attesa di un epilogo già scritto che aspetta di essere vissuto. Lucky, fumatore e bevitore abitudinario, amante dei quiz e dei cruciverba, vede la sua routine quotidiana scossa da una scoperta del tutto inaspettata, una crepa nella sua natura invulnerabile: la vecchiaia.
Negli 88 minuti che raccontano pochi giorni della sua vita, Lucky conduce con se lo spettatore in un viaggio interiore che passa per esperienze e situazione della sua quotidianità.
La fotografia, che sfrutta la luce naturale tipica dei paesaggi rurali degli states fa da cornice alle vicende ordinarie vissute dal protagonista che, grazie al confronto con gli altri personaggi riesce a maturare una riflessione, cruda quanto vera, sulla fugacità della vita e sulla mortalità. Come riacquistare l’equilibrio nel vivere, superando la paura della morte e affrontando l'ingiustizia che sembra la vita: è una delle domande a cui John Carroll Lynch tenta di dare una risposta con il suo primo film alla regia. E lo fa offrendoci una chiave, una strategia, una via, che ci appare scontata, quasi banale, tanto semplice quanto potente: sorridere.
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eugenio
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domenica 8 luglio 2018
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l'arte di invecchiare
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La vecchiaia è lentezza, abitudinarietà, mesta inevitabile rassegnazione, ma anche e soprattutto paura della morte, inquietudine e solitudine. Lucky, fumatore incallito, ateo convinto, dopo una caduta teme, teme di morire.
E allora si lancia in una researche alla ricerca della vita, cercando di capire come sconfiggere l'aurea della morte. O almeno stemperarne la sua fisicità possente e inquietante.
Contesto semplice, trama assolutamente nulla se non una mera rappresentazione della coscienza di sé nel mondo: "La verità riguardo a cosa ci aspetta tutti. Che è... che tutto svanisce.
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La vecchiaia è lentezza, abitudinarietà, mesta inevitabile rassegnazione, ma anche e soprattutto paura della morte, inquietudine e solitudine. Lucky, fumatore incallito, ateo convinto, dopo una caduta teme, teme di morire.
E allora si lancia in una researche alla ricerca della vita, cercando di capire come sconfiggere l'aurea della morte. O almeno stemperarne la sua fisicità possente e inquietante.
Contesto semplice, trama assolutamente nulla se non una mera rappresentazione della coscienza di sé nel mondo: "La verità riguardo a cosa ci aspetta tutti. Che è... che tutto svanisce... nell'oscurità, nel nulla. E cosa possiamo fare?... Sorridere". Conclusione e riflessione non particolarmente originale, ma la saggezza in fondo è scontata
E l'interprete un pò meno perchè è l'indimenticato, scomparso l'anno scorso, Harry Dean Stanton, spalla di tanti big agli Oscar con tanto di canottiera e esercizi a torso nudo sullo sfondo di una desolata terra di frontiera.
Piccola perla di quotidianeità con tanto di presenza di David Lynch, alla ricerca di una testuggine scappata di proposito?
L'assurdo ricorda Twin Peaks se non fosse pervaso di tanta metaforica ricerca.
Un film sull'arte dell'invecchiare che tutti noi prima o poi sperimenteremo, inevitabilmente lento, ma mai noioso.
Dal 30 agosto al cinema.
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luca
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martedì 4 settembre 2018
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paura
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È questo il sentimento nuovo ed inesplorato con cui è costretto a fare i conti Lucky (Harry Dean Stanton), novantenne che si considera quasi invincibile. La paura del vuoto, l’attesa di un epilogo già scritto che aspetta di essere vissuto. Lucky, fumatore e bevitore abitudinario, amante dei quiz e dei cruciverba, vede la sua routine quotidiana scossa da una scoperta del tutto inaspettata, una crepa nella sua natura invulnerabile: la vecchiaia.
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È questo il sentimento nuovo ed inesplorato con cui è costretto a fare i conti Lucky (Harry Dean Stanton), novantenne che si considera quasi invincibile. La paura del vuoto, l’attesa di un epilogo già scritto che aspetta di essere vissuto. Lucky, fumatore e bevitore abitudinario, amante dei quiz e dei cruciverba, vede la sua routine quotidiana scossa da una scoperta del tutto inaspettata, una crepa nella sua natura invulnerabile: la vecchiaia.
Negli 88 minuti che raccontano pochi giorni della sua vita, Lucky conduce con se lo spettatore in un viaggio interiore che passa per esperienze e situazione reali della sua quotidianità.
La fotografia, che sfrutta la luce naturale tipica dei paesaggi rurali degli states fa da cornice alle vicende ordinarie vissute dal protagonista che, grazie al confronto con gli altri personaggi riesce a maturare una riflessione, cruda quanto vera, sulla fugacità della vita e sulla mortalità. Come riacquistare l’equilibrio nel vivere, superando la paura della morte e affrontando l'ingiustizia che sembra la vita è una delle domande a cui John Carroll Lynch tenta di dare una risposta con il suo primo film alla regia. E lo fa offrendoci una chiave, una strategia, una via, che ci appare scontata, quasi banale, tanto semplice quanto potente: sorridere.
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michelino
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martedì 11 settembre 2018
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michelino va al cinema
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Ci sono attori bravissimi che avrebbero potuto
avere un posto in prima fila tra i grandi nomi
del cinema ma che - per qualche motivo che
non conosco o non capisco - sono stati utilizzati
al risparmio delle loro immense potenzialità, uno
di questi nomi è quello del grande Harry Dean
Stanton.
Ci sono film all'apparenza semplici e vuoti solo
perché raccontano la vita normale di tutti i giorni.
Film che invece si meritano a pieno titolo un posto
di riguardo nella classifica delle nostre emozioni
visive e non solo.
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Ci sono attori bravissimi che avrebbero potuto
avere un posto in prima fila tra i grandi nomi
del cinema ma che - per qualche motivo che
non conosco o non capisco - sono stati utilizzati
al risparmio delle loro immense potenzialità, uno
di questi nomi è quello del grande Harry Dean
Stanton.
Ci sono film all'apparenza semplici e vuoti solo
perché raccontano la vita normale di tutti i giorni.
Film che invece si meritano a pieno titolo un posto
di riguardo nella classifica delle nostre emozioni
visive e non solo.
Uno di questi è il bellissimo Lucky...un film che
non ha molto da invidiare a tante di quelle pellicole
che hanno fatto grande la storia del cinema.
Se non ce ne rendiamo conto allora è meglio che
lasciamo perdere la settima arte...forse ci manca
l'occhio di Lynch.
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flyanto
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martedì 11 settembre 2018
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un vecchio ed una testuggine
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“Lucky” opera prima dell’attore John Caroll Lynch (affatto parente del regista David qui, peraltro, in in una piccola parte come attore), è il soprannome con cui tutti chiamano il protagonista, un novantenne solitario che gode di ottima salute, che possiede una mente ben lucida e vive in una cittadina dell’assolato Texas. L’uomo, ogni mattina svolge le stesse identiche azioni: dopo il risveglio fa colazione con una grossa tazza di latte freddo, poi un poco di esercizi di yoga, successivamente si reca in una tavola calda dove prende del caffè lungo molto zuccherato e qui trascorre qualche ora a parlare con i gestori del locale ma soprattutto a completare le parole crociate di una rivista, per poi recarsi in uno spaccio a comprarsi il latte per il mattino dopo e ritornare a casa a guardare dei quiz televisivi e terminare la propria giornata in un lounge bar a bere il proprio serale Bloody Mary e parlare e battibeccare con gli altri avventori.
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“Lucky” opera prima dell’attore John Caroll Lynch (affatto parente del regista David qui, peraltro, in in una piccola parte come attore), è il soprannome con cui tutti chiamano il protagonista, un novantenne solitario che gode di ottima salute, che possiede una mente ben lucida e vive in una cittadina dell’assolato Texas. L’uomo, ogni mattina svolge le stesse identiche azioni: dopo il risveglio fa colazione con una grossa tazza di latte freddo, poi un poco di esercizi di yoga, successivamente si reca in una tavola calda dove prende del caffè lungo molto zuccherato e qui trascorre qualche ora a parlare con i gestori del locale ma soprattutto a completare le parole crociate di una rivista, per poi recarsi in uno spaccio a comprarsi il latte per il mattino dopo e ritornare a casa a guardare dei quiz televisivi e terminare la propria giornata in un lounge bar a bere il proprio serale Bloody Mary e parlare e battibeccare con gli altri avventori. Quando una mattina improvvisamente egli cade a terra, da cui però si rialza subito, l’uomo, preoccupato, va a farsi visitare subito dal medico che inspiegabilmente gli dichiara l’ottimo stato di salute, nonostante il vizio eccessivo del fumo a cui il protagonista non ha mi rinunciato e non intende rinunciare. Continuerà così, tra l’affetto sincero dei suoi concittadini, a trascorrere le proprie giornate seguendo sempre allo stesso ritmo le stesse azioni, aderendo ad una sua visione generale del mondo, della vita e della morte molto realistica, seppur, tutto sommato, serena .
Un’opera prima, ripeto, molto ben riuscita ed altamente toccante che presenta l’ormai, purtroppo, defunto l’anno scorso attore Henry Dean Stanton in uno straordinario stato di grazia professionale. Novantenne come il protagonista, Stanton riesce a presentare sullo schermo il ritratto di un uomo positivo, seppure con le sue battaglie passate, gli amori, probabilmente infranti o non realizzati (nel film non viene specificato) e la serenità interiore con cui affrontare la propria quotidianità. Essendo un uomo piuttosto tranquillo, sebbene un poco scontroso, egli, pur vivendo solo ed in una casa decentrata dalla cittadina, è ben visto ed amato da tutti i propri concittadini che gli sono affezionati e lo stimano e si preoccupano per lui. Insomma, circondato da tanto amore si intuisce che, seppure con estrema lentezza, come la testuggine ‘scappata’ da casa e più volte nominata nel film va incontro alla propria morte, anche il protagonista si appresta in modo del tutto naturale e sereno a dirigersi verso la propria fine quando essa avverrà.
Una pellicola molto delicata e melanconica, toccante nella descrizione del suo personaggio a cui lo spettatore, man mano che lo segue nella sua quotidianità, non può che non affezionarsi, ricca di immagini assai suggestive del paesaggio quanto mai arido ed assolato del Texas e con scene di pura poesia da suscitare profonda commozione, come quelle della festa di compleanno in cui l’uomo intona una canzone tipica dei mariachi (ricordo, forse, di un antico amore) o rammenta alla tavola calda con un avventore qualsiasi (Tom Skerritt) , anziano più o meno come lui, il proprio passato ai tempi del secondo conflitto bellico come cuoco su una nave al largo del Giappone (e sembrerebbe che realmente Henry Dean Stanton ai tempi avesse svolto tale mansione).
Insomma, un film che, come ultima sua prova artistica, l’attore ci ha regalato molto poeticamente.
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gabriella
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lunedì 12 novembre 2018
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la vida.... este amor apasionado...
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Con quella faccia un pò così, quell'espressione un pò così..... Chi meglio di Harry Dean Stanton poteva calzare i panni di Lucky, che poi sono i suoi stessi panni, un novantenne , in una cittadina sperduta nel deserto texano, ogni mattina si alza, compie il solito rituale, una capatina al diner per il solito caffè, un salto al drugstore per prendere il latte e le immancabili sigarette, la sera il solito bloodymary al bar e due chiacchere in compagnia, sempre le stesse.
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Con quella faccia un pò così, quell'espressione un pò così..... Chi meglio di Harry Dean Stanton poteva calzare i panni di Lucky, che poi sono i suoi stessi panni, un novantenne , in una cittadina sperduta nel deserto texano, ogni mattina si alza, compie il solito rituale, una capatina al diner per il solito caffè, un salto al drugstore per prendere il latte e le immancabili sigarette, la sera il solito bloodymary al bar e due chiacchere in compagnia, sempre le stesse. A spezzare questa routine, un banale malore, una mattina , Lucky si rende improvvisamente conto che tutti i suoi gesti , le sue abitudini, un giorno cesseranno di essere e che paura che fa quel mare scuro che comincia ad agitarsi dentro di lui e che si muove anche di notte.Ateo convinto , Lucky è convinto che quando si spegnerà la luce sarà buio totale e il nulla.Uomo schivo e di poche parole , brusco nei modi e schietto nel parlare, un pò randagio, ciononostante gode della simpatia degli abitanti del paese ,viene anche invitato al compleanno di un bambino messicano, la cameriera del diner va a trovarlo a casa per informarsi del suo stato di salute e lui si dimostra riconoscente e lascia trasparire tutta la sua fragilità e insicurezza. Comincia a prendere coscienza della realtà, si mette in ascolto delle persone come con l’amico Howard, inconsolabile perché la sua tartaruga centenearia, pardon, testuggine, dopo tanti anni in sua compagnia è andata via lasciandolo solo, comprende che ognuno di noi guarda le stesse cose ma ognuno la vede in modo diverso, ma che tutti siamo accomunati da una stessa sorte, il sipario calerà per tutti, alla fine. Le cose a questo punto assumono significati più profondi, mettersi in relazione con il quotidiano ha un peso diverso, specifico, un valore aggiunto, meglio guardare con occhi nuovi ciò che ci è sempre sembrato banale e apprezzarlo e capire che forse non era poi così banale. Comprendere che le cose che si amano, proprio perché si amano, a un certo punto bisogna lasciarle andare. E avere il coraggio e la sfrontatezza di sorridere. Un piccolo grande film, un grande attore che si offre alla macchina da presa in tutto il disfacimento dell’età ma anche con una limpidezza di sguardo e di espressione che lo hanno caratterizzato come attore e che fino in fondo attraversa con un incedere lento e solenne l’intero film.
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louisedominici
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domenica 28 ottobre 2018
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sulle note di red river valley
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Sarà perché le note di Red river valley mi hanno immediatamente riportato all’atmosfera magica dei canti intonati attorno al falò della mia adolescenza. O sarà perché l’ambientazione scelta dal regista non smette un attimo di suscitare nell’animo di ogni spettatore il desiderio di percorrerlo cavalcando un mustang; alla Tex Willer per intenderci, o in Harley-davidson alla Easy rider, ma il film Lucky è uno di quei film che vorrei considerare imperdibile. Imperdibile per la saggezza di un uomo capace di godere dei piccoli piaceri che conseguono alla possibilità di coltivare, in solitudine, i propri interessi. Compreso quello di bere e fumare, provocatoriamente, anche laddove non dovrebbe essere concesso.
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Sarà perché le note di Red river valley mi hanno immediatamente riportato all’atmosfera magica dei canti intonati attorno al falò della mia adolescenza. O sarà perché l’ambientazione scelta dal regista non smette un attimo di suscitare nell’animo di ogni spettatore il desiderio di percorrerlo cavalcando un mustang; alla Tex Willer per intenderci, o in Harley-davidson alla Easy rider, ma il film Lucky è uno di quei film che vorrei considerare imperdibile. Imperdibile per la saggezza di un uomo capace di godere dei piccoli piaceri che conseguono alla possibilità di coltivare, in solitudine, i propri interessi. Compreso quello di bere e fumare, provocatoriamente, anche laddove non dovrebbe essere concesso. Perché tutti nel nostro animo siamo un po’ anticonformisti e ci adeguiamo soltanto per dovere sociale. E’ forse questo il vero senso di libertà. Mantenere la routine di compiere ogni giorno gli stessi gesti, visitare gli stessi luoghi, incontrare le medesime persone, fino a quando un malore improvviso anticipa il presagio della fine. Succede, allora, che in quel momento ci si guarda intorno e si scopre il piacere di condividere, la festa di compleanno di un bambino messicano, i ricordi di guerra con un veterano o anche la tristezza di un amico per la fuga di una testuggine. Il film che in soli 88 minuti condensa un breve ma intenso spaccato di vita del novantenne, alla fin fine dura esattamente un’ora di meno del film Into the wild per pervenire alla medesima conclusione, ovvero che l’uomo non è fatto per vivere in solitudine ma per condividere esperienze ed emozioni. Perché “Sentirsi da soli e stare da soli sono due cose differenti.”
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fabio
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martedì 4 settembre 2018
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la filosofia di un cowboy alla fine
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C'è del buono in questo lavoro ma non tanto da valere il biglietto al cinema.
In un posto in mezzo al deserto americano un cowboy si confronta con la vecchiaia e la morte. Non succede nulla: solo uno sfilare di persone, amici e non; una piccola umanità del sud, che si vuol credere spavalda, forte e coraggiosa ma che ammutolisce davanti al destino.
Lynch fratello dimostra di saper maneggiare il mezzo cinematografico e di essere capace di raccontare con onestà e semplicità.
Pregevole il cameo di Tom Skerritt, l'eterno soldato americano nel quale viene riposta la "verità" di una saggezza nata dall'esperienza.
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