La famiglia Bélier |
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Un film di Eric Lartigau.
Con Karin Viard, François Damiens, Eric Elmosnino, Louane Emera.
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Titolo originale La famille Bélier.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 100 min.
- Francia 2014.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 26 marzo 2015.
MYMONETRO
La famiglia Bélier ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Una percezione di leggerezza troppo evidente
di Storie di CinemaFeedback: 1530 | altri commenti e recensioni di Storie di Cinema |
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lunedì 30 marzo 2015 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Certo, la famiglia Bélier è proprio strana. Tutti sordomuti, tranne Paula, la maggiore di due figli. Quella dei Bélier è comunque una famiglia che appare tutt'altro che disagiata: lavora, si mantiene dignitosamente, cresce i figli al meglio, legge, si informa e si esprime in maniera moderna. Gestiscono una fattoria in un villaggio francese e producono formaggio. Paula dà anima e corpo per agevolare l'attività di famiglia: si occupa del bestiame, parla con i fornitori, accompagna i genitori dal medico, studia con ottimi risultati. Fin quando un giorno, mossa da una cotta, scoprirà un talento che ignorava di avere: beffa del destino, una meravigliosa voce. La famiglia Bélier è un film che parla della diversità, e lo fa con uno spiccato senso dell'umorismo e con un tono semiserio che, nel suo insieme, risulta assai piacevole. Ma, nella fattoria felice dei Bèlier, c'è anche altro; ovvero il voler raccontare uno spaccato diretto e sincero dei piccoli drammi adolescenziali che hanno il compito non facile di traghettarci verso una dimensione più adulta. I presupposti della commedia impegnata ci sono tutti: temi forti, società, politica. E nella sua idea centrale, quella cioè che tocca l'umanità di chi vive un handicap, lo subisce e prova a crescere, tutto l'impianto funziona. Infatti c'è una certa grazia stilistica nel conferire ai Bèlier un' aura di perfetta sintonia tra se stessi e il mondo, il quale gli ricorda ogni giorno la loro condizione, ma, quantomeno, non sembra indifferente o, in un certo senso, infierire più di tanto ostentando menefreghismo, e i pregiudizi, dove appaiono, sembrano essere piuttosto velati. Un aspetto originale quindi, che punta più all'ilarità e alla sdrammatizzazione che alla denuncia concreta. Di una certa sensibilità risultano anche i momenti legati a Paula, ai suoi primi fermenti amorosi e al fratello Gabriel– unico protagonista realmente sordomuto del film -, tipici di un'età di transizione, ma non completamente in balia dei cliché del genere – meravigliosa la scena in cui Gabriel seduce a dovere l'amica di Paula e scopre, proprio quando arriva il bello, di essere allergico al lattice. Ma sotto la corteccia di questo film che sembra intenzionato a mostrare il lato più profondo di un racconto atipico, si nasconde un qualcosa che sfuma e inibisce le virtuose premesse di base. I lati meno narrativi, quelli che in certo senso hanno il compito di definire e arricchire tutto il progetto filmico, lasciano, in più di un'occasione, una percezione di leggerezza fin troppo evidente. Perché spingere l'acceleratore dei sentimenti, innalzare il lato emotivo parlando dei classici affetti familiari – una madre che, piangendo, fa un'isterica autocritica e si chiede dove ha sbagliato con la figlia, risulta un passaggio assolutamente evitabile -, di abbracci, di piccoli litigi e l' immagine di una campagna limitante rispetto alla città vista ancora come simbolo eterno di distanza e grandi opportunità, sono di certo piccoli escamotage mirati e, forse, meno riusciti. Come meno riuscita è la parentesi politica, in cui Rodolphe Bélier tenta di candidarsi per sconfiggere alle elezioni il sindaco affarista che vuole sottrarre terreni a favore di grandi strutture. Sequenze minori, che danno tutta l'aria di essere un riempitivo contestualmente forzato, sviluppato in maniera frettolosa e scontata, atto a racimolare facili consensi e a lisciare il pelo al pensiero buonista del politicamente corretto, dilatando in maniera impropria il tema della diversità e aggiungendo dosi d'inverosimile e velleitario senso comune. E tra le pause di tanta musica melodica e spiccatamente poetica, cha fa da colonna sonora, da richiamo d'amore e da esercizio di bel canto, stona non poco perfino l' interpretazione dei coniugi Bélier (Karin Viard e François Damiens), evidentemente sopra le righe nel mostrare il loro linguaggio dei segni, tanto da spingerli spesso sotto la soglia di credibilità interpretativa. Bene invece Louane Emera che, reduce dal talent The Voice, assolve dignitosamente il compito di trasmettere i disagi, i dubbi e le paure tipiche della sua età. Quindi, quella dei Bélier è una storia divertente che si spinge oltre il consueto e va alla ricerca di sentimenti positivi, oltre che puntare l 'attenzione alla valorizzazione del talento e alla consolidazione di certi valori universali legati alla famiglia. Il risultato, seppur altalenante, allieta e, comunque, non dispiace in toto. Certo che quando si parla di una commedia portatrice di straordinari effetti benefici, sorprendente, quando si evoca la virtù di un film evento destinato a lasciare il segno, di un autentico caso cinematografico si fa evidentemente riferimento più alla premesse che al risultato finale – successo al botteghino a parte. Il paragone con Quasi amici, per esempio, non sembra neanche proponibile. Perché il ripetersi in maniera quasi ossessiva di motivi soavi, qualche buona trovata umanamente toccante e coinvolgente – il papà che appoggia la mano sulla gola della figlia per percepire le vibrazioni del canto, ad esempio - e un'ironia positiva dispensata per l'intera pellicola non riescono a celare fino in fondo un cuore leggero e convenzionale che caratterizza assai troppo le trame di questa moderna commedia francese. Campione d'incassi in Francia con oltre sette milioni di spettatori.
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