Noi, Zagor

Un film di Riccardo Jacopino. Documentario, durata 70 min. - Italia 2013. - Microcinema uscita martedì 22 ottobre 2013.
   
   
   

Un eroe sempreverde Valutazione 3 stelle su cinque

di Eugenio


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martedì 5 novembre 2013

In una Milano squassata da una pioggia battente e fitta quasi torrenziale, quella che i metereologici sono soliti definire clima “bomba d’acqua”, si è svolta nell’atmosfera intima e quasi perduta del Cinema Palestrina di Milano (zona piazzale Loreto) rigorosamente singola sala, il docu-film dedicato allo spirito con la scure, il personaggio inventato dall’estro di Nolitta e dalla mano di Ferri nel lontano 1961.
Grande è stata la partecipazione del pubblico come era facile immaginare data anche la forza del fumetto che negli ultimi tempi sta andando controtendenza rimanendo un buon caposaldo della fornace Bonelli pur con la crisi imperante della carta stampata che morde il freno oggi più che mai.
La passione sembrava il comune denominatore in ogni persona che era accorsa a vedere il film: dai classici nerd , ai partecipanti del forum dello Spirito con la scure- Ramath-  in casacca rossa con lo stemma al centro dell’aquila simbolo di Zagor, ai bambini che accompagnavano il padre (non viceversa come avviene normalmente) fan “per osmosi” del fumetto e che sfruttavano l’occasione per porre domande a Moreno Burattini, redattore e sceneggiatore principale della serie e Roberto Piere, grafico della Sergio Bonelli Editore.
Il titolo paradigmatico è stato il miglior modo per definire la serata: corale,simpatica e all’insegna del divertissment. Noi Zagor, infatti, è un film che unisce le emozioni e la passione che lo spirito con la scure ha esercitato nei bambini di allora (che scambiavano come ricorda Marco Laurenti le strisce per i cantuccini inconsci di aver dilapidato un patrimonio oggi) ora divenuti autori e disegnatori  costruttori di quegli stessi sogni  che loro stessi alimentavano in passato verso nuovi autori in un moto perpetuo che è quello della fantasia stessa.
Ovvero inimmaginabile ed emozionante. Ed è di emozioni che il documentario sembra pervaso. Scandito in sette capitoli, di cui solo il primo dedicato  come è giusto a Gallieno Ferri che dalla sua casa sulla scogliera di Recco racconta la gestazione del fumetto (la candidatura dopo gli studi a un concorso in Francia, gli incerti inizi,la conoscenza con Tea Bonelli e il figlio e il sodalizio con quest’ultimo per la creazione di un personaggio “avventuroso” lontano dai canoni rigorosi texiani) , Noi Zagor dedica i rimanenti allo studio del personaggio con esimi interventi (Giorello e Boschi tra i tanti)  dedicato come è ovvio alla figura dochisciottesca di Cico.
Il personaggio, buffo discendente dei conquistadores, ricorda infatti il Sancho Panza per le buffe avventure e gag che lo contraddistinguono (frutto di un lavoro certosino e di talento oltre che di continua collaborazione tra autori-disegnatori)  e che stemperano evidentemente la carica tragica di alcune scene di lotta contro i vari nemici alla ricerca di una giustizia mai sommaria. Non c’e’ infatti in Zagor la lotta con il nemico per ucciderlo, le atmosfere alla dark novel che negli anni settanta stavano prendendo piede in America quanto la volontà di creare, come ha affermato in sala il filosofo Giorello, un personaggio umano caratterizzato quindi dalle sue molteplici luci e ombre, sconfitto talune volte da avversari più forti o costretto ad uccidere nel momento in cui la scelta non offriva altrettanto. L’idea quindi di un personaggio “complesso” pur apparentemente invincibile nelle sue mostrine e nella casacca rossa da “Uomo mascherato”, nasconde dietro di sé le tragedie dell’uomo contemporaneo proiettate in un non luogo (che geograficamente può essere collegato tra L’Illinois e la Pennysilvania)  ricco di anacronismi ma non per questo meno affascinante.
Come giustamente analizzato da Jacopino, l’autore del documentario,  nella foresta di Darkwod ben resa anche musicalmente da Graziano Romani, il cantautore che ha collaborato anche nei dvd dedicati a Tex, si scontrano civiltà sconosciute,alieni, scienziati pazzi (Hellingen col suo Titan), vampiri (Rakosi), mostri millenari risorti, accomunati tuttavia da una trama che sa stupire e soprattutto raccontare qualcosa che quei bambini di una volta leggevano sdraiati sull’erba.  Uno dei punti di forza del documentario è proprio questo:  non rendere nota la cinquantennale vita editoriale ma “rappresentarla” attraverso gli occhi di un appassionato della serie e quindi focalizzandosi (dal quarto capitolo in avanti) sugli eventi zagoriani: le manifestazioni all’estero come in Croazia in cui intervenne lo stesso presidente e le gag della creazione di un degno “schizzo” ad opera di Sedioli, i raduni al ristorante con gli aficionados e i lettori dello spirito con la scure, gli smodati eccessi (il lettore di Roma che ha rinunciato alla casa paterna cedendo la sua parte alla sorella per poter acquistare i primi cento numeri originali e completi della serie oppure la famiglia con la villetta tappezzata di quadri zagoriani o l’appassionato papà al punto da vestire e forse traumatizzare chissà il figlio con una maglietta con la stemma dell’aquila) ma soprattutto la passione e la fatica che ogni mese portano in edicola le fatidiche novantotto tavole.
Quest’aspetto, importantissimo, ha avuto il giusto (ma a mio avviso non completo) peso nella creazione del documentario.  E’ stata sottolineata la difficoltà di trovare storie sempre più avvincenti per un pubblico divenuto negli anni esigente, la gestazione della sceneggiatura con la visione di alcune tavole e incontri tra lo stesso Burattini con i collaboratori (Rauch,Verni) per la rivisitazione del soggetto e addirittura la corsa all’errore trovato poche ore prima della stampa e ai rimedi utilizzati dai grafici per porre una “pezza” al prodotto (mani mancanti,personaggi spariti misteriosamente, inadeguatezze stilistiche) con attenzione anche a volti non noti (che cioè non compaiono nella prima di copertina come autori o disegnatori) che svolgono importantissime funzioni per rendere fruibile e accettabile il prodotto in fase di stampa. 
Una giusta valorizzazione del lavoro della squadra di Buonarroti che nel documentario ha un peso non indifferente nella comunicazione di una passione divenuta lavoro e del viaggio sulle ali della fantasia che il personaggio continua a suscitare tra gli appassionati grazie a un bel lavoro d’equipe.
Complessivamente soddisfatto e anche divertito da alcuni interessanti aneddoti personali della vita degli autori (il padre di Burattini che non ha mai letto un albo del figlio), un omaggio di un appassionato per degli appassionati di genere ma anche del fumetto in generale grazie alla sua generalità

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