ennas
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martedì 26 novembre 2013
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il passato e la colpa
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E’ un aeroporto francese il luogo di partenza del film “Il passato” del regista iraniano Asghar Farhadi è lì infatti dove Ahmad, uno dei protagonisti, vi incontra l’ex moglie Marie: è arrivato da Teheran per formalizzare il loro divorzio, insieme si avviano verso la casa dove lei vive tuttora.
La regia ci illumina pian piano i caratteri dei protagonisti e ci presenta la loro storia con un andamento circolare. un anno prima Ahmad ,ha disertato un precedente appuntamento per questa ratifica del divorzio e stavolta Marie non gli ha prenotato di nuovo una stanza d’albergo ma lo conduce a casa. Marie esprime ad Ahmad la sua ansia per la propria figlia maggiore, è inquieta, non parla e passa molto tempo fuori di casa.
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E’ un aeroporto francese il luogo di partenza del film “Il passato” del regista iraniano Asghar Farhadi è lì infatti dove Ahmad, uno dei protagonisti, vi incontra l’ex moglie Marie: è arrivato da Teheran per formalizzare il loro divorzio, insieme si avviano verso la casa dove lei vive tuttora.
La regia ci illumina pian piano i caratteri dei protagonisti e ci presenta la loro storia con un andamento circolare. un anno prima Ahmad ,ha disertato un precedente appuntamento per questa ratifica del divorzio e stavolta Marie non gli ha prenotato di nuovo una stanza d’albergo ma lo conduce a casa. Marie esprime ad Ahmad la sua ansia per la propria figlia maggiore, è inquieta, non parla e passa molto tempo fuori di casa.
Marie spera che Ahmad riesca ad avere uno scambio con la figlia : è molto attaccata a lui anche
se non è sua figlia. Marie infatti ha avuto due figlie da una unione precedente il matrimonio con Ahmad.
Al loro arrivo a casa, insieme alla seconda figlia di Marie, Ahmad trova un bambino che non conosce: è Fouad il figlio di Samir il nuovo amore di Marie, un amore col quale la donna progetta di vivere dopo il divorzio e come sapremo in seguito, aspetta un figlio da lui. La madre del piccolo Fouad, moglie di Samir è in coma dopo un tentato suicidio.
La casa stessa, in cui sono girate gran parte delle riprese del film, ci comunica un messaggio caotico che allude scenograficamente alla vita dei personaggi, spazi stracolmi e lavori in corso danno un senso di provvisorietà e disordine.
E’ il ritratto di una famiglia allargata quello che il regista ci mette in scena fin dall’inizio : unioni fallite e nuovi incontri che costringono i soggetti coinvolti a vivere le contraddizioni delle loro mutate condizioni di esistenza. Questo è, a mio avviso, il nucleo centrale del film e il suo filo d’Arianna non è solamente il passato dei protagonisti, bensì il senso di colpa alimentato dalle perdite e dalle aspettative frustrate di ciascuno nei confronti dell’altro.
Sono ottimi gli attori, magistralmente diretti da una regia che vuole rendere palesi le sfumature umane e psicologiche dei personaggi e ci riesce egregiamente. Pur con questi presupposti di grande cinema di altissimo livello, il clima del film è opprimente: nessun sottofondo musicale scandisce i passaggi e i dialoghi del film. Il regista ha voluto, a mio parere, non solo evitare il melò,
ma rimarcare questa atmosfera di oppressione: il senso di colpa è oppressivo per antonomasia.
I suoi personaggi se lo “passano” vicendevolmente come un virus : è troppo duro da reggere,è
meno pesante andare a caccia di motivi, meglio se fuori dal proprio io.
Il finale del film che ci presenta un “non concluso” altamente drammatico, aperto alla sensibilità interpretativa dello spettatore, enfatizza all’estremo questo sentimento di colpevolezza cosmica, quasi da “peccato originale”.
Nessuno dei personaggi del film è escluso da questo meccanismo , nemmeno il più apparentemente razionale e conciliante Ahmad. Ognuno si ritrova, sembra suggerirci la regia, a fare i conti non tanto e solo con il passato ma con gli effetti che il proprio agire, le proprie scelte hanno anche sulla vita degli altri oltre che sulla propria.
La regia riesce a far esprimere efficacemente ai suoi personaggi anche il “non detto” dei dialoghi,il disagio della loro labirintica esistenza.
Nuovamente per questo regista, una prova di grande cinema di qualità, assolutamente da vedere.
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[+] il passato che non passa mai...
(di antonio montefalcone)
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linus2k
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domenica 24 novembre 2013
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il thriller dell'anima
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Attendevo con trepidazione "Il passato", la nuova avventura cinematografica dell'iraniano Asghar Farhadi, premio Oscar per il film "Una separazione".
Nei suoi due film precedenti mi aveva conquistato il suo sguardo asciutto, profondo e arguto e la perfetta conoscenza dei tempi cinematografici.
"Il passato", primo film girato fuori dai confini persiani, con un cast internazionale con una meravigliosa Bérénice Béjo (candidata all'Oscar come miglior attrice non protagonista per "The Artist"), mi conferma in pieno le ottime sensazioni delle precedenti opere.
Tutto nel film funziona alla grande: regia, fotografia, sceneggiatura, attori e la sensazione è davvero di assistere ad una prova di Grande Cinema come raramente si può vedere nelle sale ultimamente.
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Attendevo con trepidazione "Il passato", la nuova avventura cinematografica dell'iraniano Asghar Farhadi, premio Oscar per il film "Una separazione".
Nei suoi due film precedenti mi aveva conquistato il suo sguardo asciutto, profondo e arguto e la perfetta conoscenza dei tempi cinematografici.
"Il passato", primo film girato fuori dai confini persiani, con un cast internazionale con una meravigliosa Bérénice Béjo (candidata all'Oscar come miglior attrice non protagonista per "The Artist"), mi conferma in pieno le ottime sensazioni delle precedenti opere.
Tutto nel film funziona alla grande: regia, fotografia, sceneggiatura, attori e la sensazione è davvero di assistere ad una prova di Grande Cinema come raramente si può vedere nelle sale ultimamente. Il regista ha saputo dosare la giusta leggerezza nella scrittura evita l'effetto melò, la suspance in dosi sempre maggiori con repentini e continui colpi di scena, l'attenzione alla veridicità delle reazioni (complici degli attori assolutamente perfetti).
Ahmad atterra a Parigi dopo 4 anni dall'Iran per chiudere definitivamente il capitolo matrimoniale con la sua ex moglie Marie, pronta a risposarsi ed a cominciare una nuova vita. Ritroverà una situazione affettiva diversa, in crisi, schiacciata in non detti ed in reciproci sospetti ed accuse che rischiano di far esplodere la situazione.
Con un ritmo sempre più concitato, giocando con i colpi di scena, si apre un vero e proprio thriller emotivo sentimentale alla scoperta di quella verità di cui tutti i protagonisti del film sono portatori in parte; parte che, rimanendo all'oscuro del resto, genera pregiudizi, sospetti, rancori.
Con tatto e amorevole distacco, il film si dipana tra confessioni ed accuse con una perfezione narrativa tale da essere indotti di volta in volta come spettatori a rileggere la storia secondo i vari punti di vista, condordando con il protagonista di turno sulle accuse e sulla presunta verità, fino a scoprire poco dopo tasselli in più che ridisegnano dinamiche e responsabilità.
"Il passato" ha quasi la dimensione di un giallo con Ahmad che, con il dovuto distacco, cerca di indagare, mediare, favorire il dialogo.
L'aspetto interessante è come questa dimensione vada oltre il genere, l'indagare chi ha commesso cosa, ma in realtà va a svelare i vari protagonisti nelle loro debolezze, paure, nei loro rancori, il tutto senza reale condanna verso nessuno di loro, solo voglia di mostrare i percorsi emotivi che spingono una famiglia a scontrarsi, non capirsi e provare a confrontarsi.
Perché il passato può nascondere verità non dette che pesano come macigni e la loro scoperta può mostrare la strada più giusta (ma non necessariamente non dolorosa) verso il futuro.
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pepito1948
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giovedì 28 novembre 2013
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il passato, non pietra ma matassa
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Sgombriamo il campo da un pregiudizio. L’ultima opera di Fahradi non è la continuazione di La separazione, come qualcuno sostiene. Primo, perché Il passato è un film franco-italiano ed è girato a Parigi, quindi lontano dall’Iran. Secondo, perché la ricorrenza del tema (fine di una coppia) è solo apparente, in quanto le due storie hanno sviluppi e contesti (anche cronologici) diversi. Terzo, nell’ultimo film mancano del tutto i riferimenti culturali del Paese natale del regista (fatta salva la comune provenienza dei due personaggi principali), laddove il film precedente abbonda di collegamenti, anche esteriori, con quella realtà.
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Sgombriamo il campo da un pregiudizio. L’ultima opera di Fahradi non è la continuazione di La separazione, come qualcuno sostiene. Primo, perché Il passato è un film franco-italiano ed è girato a Parigi, quindi lontano dall’Iran. Secondo, perché la ricorrenza del tema (fine di una coppia) è solo apparente, in quanto le due storie hanno sviluppi e contesti (anche cronologici) diversi. Terzo, nell’ultimo film mancano del tutto i riferimenti culturali del Paese natale del regista (fatta salva la comune provenienza dei due personaggi principali), laddove il film precedente abbonda di collegamenti, anche esteriori, con quella realtà. Tuttavia un nesso di parentela c’è: i due film “sono come fratello e sorella…nascono uno dietro l’altro, hanno personalità indipendenti ma fanno parte della stessa famiglia”, spiega l’Autore. Che, interessato al vissuto di un distacco tra due coniugi, ha voluto sperimentare in questo dittico cinematografico il passaggio del focus dal momento in cui tale distacco avviene e si dipana a quello successivo in cui i due si rivedono dopo anni per formalizzare il divorzio. Ottica dinamica non solo sul piano cronologico ma anche esistenziale, che essendosi aggiunto al passato della coppia un ulteriore passato della ex coppia, pone la domanda che sottende tutto il film: come incide il passato (complessivo) su un presente frammentato e gravido di problemi, nella prospettiva di dissipare le molte ombre accumulatesi nel tempo nel rapporto tra i due e nella vita di ciascuno di essi?
Il fine di Farhadi non è quello di dare risposte –ed infatti il finale è volutamente aperto- ma dissezionare chirurgicamente la complessa risultante del passato per mostrarne tutti i risvolti e le ramificazioni che aggrovigliano l’oggi, su cui l’ autore non si esprime, rimandando agli spettatori ogni giudizio. L’esito di tale operazione è tutt’altro che semplice perché, come dice il regista: “il passato in realtà non esiste, esiste la nostra visione del passato, la nostra interpretazione soggettiva” e pertanto la ricomposizione dei pezzi, a distanza di anni, diventa problematica. Il passato, da pietra da soppesare, diventa una matassa da sbrogliare.
Per rappresentare filmicamente tutto questo, Fahradi complica la vicenda affollandola di personaggi in qualche modo imprescindibili: nell’incontro, per una mera formalità, con la ex moglie Maria nella casa parigina dove questa vive, Ahmed si trova invischiato in una rete di rapporti interdipendenti (bambini non suoi, il compagno di lei ed una sua inserviente) in cui non gli è consentito limitarsi ad un ruolo passivo; i suoi affetti, il senso di solidarietà e protezione, il peso del passato e le connesse esigenze di chiarificazione lo spingono ad intervenire sull’intrico dei rapporti ed a fare emergere una dirompente verità, aprendo un varco verso possibili soluzioni. Tra i due, ormai divorziati, la nebbia sembra diradarsi, lei si riappropria del ruolo di madre e di amante, lui, con qualche peso in meno e qualche certezza in più, riprende l’aereo per la nativa Teheran….
La vicenda, che dall’iniziale confronto (e conflitto) psicologico tra i personaggi vira verso l’investigazione a suspance, appare un po’ discontinua, e questo crea qualche cesura nella fluidità del racconto, ma Fahradi è bravo nel delineare situazioni e movimenti dei personaggi con la solita eleganza e scrupolosa cura dei dettagli, caratteristica in linea peraltro con la tradizione iraniana delle miniature e delle pennellate filiformi degli artisti di quel Paese, come da lui stesso ricordato. Ne risulta un film forse non all’altezza del precedente, ma comunque prezioso e ben recitato da un cast in cui spicca Berenice Bejo, premiata a Cannes, che, in un ruolo ad alto tasso di drammaticità, non fa rimpiangere l’attrice di prima scelta, la connazionale Marion Cotillard.
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(di zoom e controzoom)
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maurizio meres
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sabato 30 novembre 2013
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grande cinema
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Film di notevole intensità dove l'intreccio della vita dei vari personaggi è basato su di un grande malinteso nessuno e' soddisfatto della propria scelta di vita .Stupenda interpretazione degli attori dove ogni sguardo diventa attraverso delle splendite riprese una completezza alla recitazione ,doppiaggio superlativo,la bella Parigi non si vede ma si sente in tutta la sua libertà di fare e di pensare . Film completo da vedere assolutamente .
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kimkiduk
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mercoledì 4 dicembre 2013
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qualcosa manca
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Dopo la separazione Farhadi rimane ancorato al tema della famiglia e della sua disgregazione. Questa volta cambia location e dall'Iran vola in Francia. Film costruito bene, ma qualcosa stona, manca o forse anche eccelle nel troppo. Stona il bambino che vive nel dubbio di dove poter e dover vivere. Preso tra fratelli acquisiti di vari genitori e l'improvvisa presenza di un uomo che torna nella casa e che non aveva mai conosciuto. Problemi forse ormai comuni a tanti, ma può un bambino di 7/8 anni (credo) parlare di eutanasia? Perfetta la rappresentazione della frenesia isterica e metereopatica della mamma, contesa tra ricordi, dolori, gioie, angosce, dubbi, nuovo matrimonio e nuova gravidanza.
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Dopo la separazione Farhadi rimane ancorato al tema della famiglia e della sua disgregazione. Questa volta cambia location e dall'Iran vola in Francia. Film costruito bene, ma qualcosa stona, manca o forse anche eccelle nel troppo. Stona il bambino che vive nel dubbio di dove poter e dover vivere. Preso tra fratelli acquisiti di vari genitori e l'improvvisa presenza di un uomo che torna nella casa e che non aveva mai conosciuto. Problemi forse ormai comuni a tanti, ma può un bambino di 7/8 anni (credo) parlare di eutanasia? Perfetta la rappresentazione della frenesia isterica e metereopatica della mamma, contesa tra ricordi, dolori, gioie, angosce, dubbi, nuovo matrimonio e nuova gravidanza. Madre e donna che mette in gioco tre uomini e destabilizza la figlia adolescente anche lei a cavallo tra l'accettazione della madre e quella del terzo uomo terzo padre e per lei insopportabile. Bravissima la Bejo a raffigurare tutto questo in un susseguirsi di amore ed isteria. Bravo Ahmad nel raffigurare la razionalità di un personaggio costretto suo malgrado a fare il vero padre pur essendo l'unico non padre. Tutto insieme è specchio reale, ma tutto insieme rischia in certi momenti di ridondare nel troppo, quasi nel finto anche se non lascia mai annoiati. Film da salvare e da vedere, ma forse Farhadi dovrebbe cambiare argomento nel prossimo film. Viene da pensare che sia separato anche lui e che abbia vissuto male la cosa. Chissà
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tomdoniphon
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lunedì 12 maggio 2014
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l'indagine sulle scelte umane
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Farahdi è un regista che solo all'apparenza dirige storie semplici e banali. In questo stupendo film, egli in realtà prosegue (dopo l'altrettanto toccante "la separazione") la propria indagine sulle ragioni che muovono le singole scelte umane; e lo fa con il suo inimitabile stile, mediante il quale, ad ogni singola scena, si scopre qualcosa di nuovo. Il film, in particolare, narra la vicenda di Ahmad che dall'Iran torna a Parigi per l'epletamento delle formalità per il divorzio da Marie, che anni prima aveva lasciato; Marie che, a propria volta, vive con le sue due figlie e con un nuovo compagno,Samir, (oltre che con il figlio di quest'ultimo).
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Farahdi è un regista che solo all'apparenza dirige storie semplici e banali. In questo stupendo film, egli in realtà prosegue (dopo l'altrettanto toccante "la separazione") la propria indagine sulle ragioni che muovono le singole scelte umane; e lo fa con il suo inimitabile stile, mediante il quale, ad ogni singola scena, si scopre qualcosa di nuovo. Il film, in particolare, narra la vicenda di Ahmad che dall'Iran torna a Parigi per l'epletamento delle formalità per il divorzio da Marie, che anni prima aveva lasciato; Marie che, a propria volta, vive con le sue due figlie e con un nuovo compagno,Samir, (oltre che con il figlio di quest'ultimo). Sennonché, i rapporti tra i personaggi sono tesi, tanto che all'inizio lo spettatore fatica a comprendere il perchè tra le due figlie di Marie e quello di Samir e gli adulti i rapporti siano così tesi. Le motivazioni, come si diceva, vengono spiegate scena dopo scena, ponendo, però, allo spettatore nuove domande di carattere più generale: fino a quando un soggetto può rispondere delle proprie scelte? Che ruolo ha il passato nella vita di tutti i giorni? (In questo senso, si veda la meravigliosa scena iniziale all'aereoporto, in cui Marie e Ahmad cercano di parlarsi e di capirsi attraverso un vetro, ma nessuno dei due ci riesce). Un cinema maturo, capace di parlare al cuore dello spettatore, come, purtroppo, oggi capita sempre meno.
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danylt
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venerdì 22 novembre 2013
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passato e presente...pesi e scelte
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L’iraniano Ahmad torna in francia dalla moglie Maria per completare le formalità per il loro divorzio. Quando Ahmad su richiesta della moglie rimarrà nella casa di quest’ultima per i giorni del soggiorno, scoprirà che Maria oltre ad avere una relazione con un uomo sposato e con un figlio, vive un rapporto conflittuale con la figlia Lucie avuto dal primo marito. Per cercare di capire e risanare in qualche modo queste spaccature Ahmad si troverà dentro un "passato" con dei segreti.
Con uno stile classico e apparentemente leggero il film di Asghar Farhadi ti trasporta con il passare dei minuti nei vicoli chiaro scuri della storia, che piano piano vengono svelati e portati alla luce.
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L’iraniano Ahmad torna in francia dalla moglie Maria per completare le formalità per il loro divorzio. Quando Ahmad su richiesta della moglie rimarrà nella casa di quest’ultima per i giorni del soggiorno, scoprirà che Maria oltre ad avere una relazione con un uomo sposato e con un figlio, vive un rapporto conflittuale con la figlia Lucie avuto dal primo marito. Per cercare di capire e risanare in qualche modo queste spaccature Ahmad si troverà dentro un "passato" con dei segreti.
Con uno stile classico e apparentemente leggero il film di Asghar Farhadi ti trasporta con il passare dei minuti nei vicoli chiaro scuri della storia, che piano piano vengono svelati e portati alla luce. C’è un senso di oppressione e mistero in ogni personaggio, e sono i dettagli dei gesti e le frasi dette che rivelano l' identità di ogni sguardo presente, ma in realtà sempre rivolto al passato. Perché è quest' ultimo, da cui il titolo prende nome nella sua totalità, il tema centrale del film, nel quale non si può fare a meno di rimanere coinvolti in prima persona nonostante la genericità della storia narrata. Il regista vuole soprattutto ricordarci che alla fine di tutto il presente e il passato sono sempre lì, che quasi si fondono, e lo fa con i gesti sincopati ed estremamente naturali degli attori. Spesso infatti ogni personaggio fisicamente va avanti e indietro con il corpo,si allontana dando le spalle,e mentre c'è chi viene richiamato da qualcuno per tornare indietro sia fisicamente che simbolicamente,c'è chi invece è richiamato dall'eco del proprio passato,remoto o prossimo che sia. Ed è in quell'istante che rimaniamo in sospeso con il fiato in attesa di quella decisione. Ma è possibile decidere di scindere i due tempi? E possibile dividere presente e passato per riuscire finalmente a guardare avanti? Secondo Farhadi è necessario e ce lo racconta senza mostrare azione nette o scelte definitive, come se un po' non ci fosse dato saperlo, rimanendo in bilico in prima persona. Quindi si rimane lì con un piccolo senso di vuoto e dei pugni allo stomaco, come pochi film riescono a fare. E ci lascia con un ultima immagine quasi eterea seppur nella sua durezza.
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silvia errante
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giovedì 16 gennaio 2014
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stilisticamente bello, ma opprimente
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Molti dicono che Farhadi ha fotografato esattamente la realtà della nostra società senza voler esprimere giudizi e offrendo i diversi punti di vista dei diversi personaggi. Ma è davvero così? Si può fotografare un bel paesaggio con accanto una discarica ed escludere dalla foto la discarica? L'inquadratura che scegliamo non è già un modo di interpretare e quindi, anche, di giudicare la realtà? Ecco, secondo me Farhadi ha mostrato soltanto la discarica,la rovina della famiglia, delle relazioni umane, la sofferenza dei bambini e degli adulti, la lacerazione degli affetti, l'impossibilità a stabilirne altri duraturi, l'incomunicabilità. Tutte queste cose sono vere, ma non è vero che non esista una speranza, una via di uscita se non, verrebbe fatto di pensare sebbene non sia detto esplicitamente, nel ritorno all'ordine della famiglia tradizionale, ammesso che ciò sia ancora possibile nella società occidentale.
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Molti dicono che Farhadi ha fotografato esattamente la realtà della nostra società senza voler esprimere giudizi e offrendo i diversi punti di vista dei diversi personaggi. Ma è davvero così? Si può fotografare un bel paesaggio con accanto una discarica ed escludere dalla foto la discarica? L'inquadratura che scegliamo non è già un modo di interpretare e quindi, anche, di giudicare la realtà? Ecco, secondo me Farhadi ha mostrato soltanto la discarica,la rovina della famiglia, delle relazioni umane, la sofferenza dei bambini e degli adulti, la lacerazione degli affetti, l'impossibilità a stabilirne altri duraturi, l'incomunicabilità. Tutte queste cose sono vere, ma non è vero che non esista una speranza, una via di uscita se non, verrebbe fatto di pensare sebbene non sia detto esplicitamente, nel ritorno all'ordine della famiglia tradizionale, ammesso che ciò sia ancora possibile nella società occidentale.
In questo film il futuro è prigioniero del passato e il passato non lascia scampo al futuro. Il bimbo nel ventre della protagonista femminile è già e sarà ancora prigioniero; l'uomo fedifrago che l'ha amata e l'ama è imprigionato nella mano della moglie tradita, suicida, stesa su un letto d'ospedale in stato vegetativo. Il passato non può rinverdire, eppure si chiude come una morsa, con le armi più tradizionali, la colpa, il rimorso, la paura, e soffoca ogni speranza.
La scena finale mi ha impressionato, mi ha fatto capire quanto vi sia di grottesco, persino melodrammatico, quindi non realistico ma soggettivo, parziale, nella visione che Farhadi ci offre. Una lacrima che scende sulla guancia di una donna in stato vegetativo, il volto sempre gonfio di lacrime di Lucy adolescente che non può accettare - comprensibilmente - una famiglia "aperta", perfino le lacrime che gonfiano il volto del giovane marito fedifrago a causa di un'allergia alla vernice certamente simbolica: ma quante lacrime! Troppe!
E che dire della protagonista femminile? Isterica, pasticciona, persino violenta,inconsciamente sembra abbia solo voglia di tornare a farsi guidare da Ahmed - per esempio quando ripete le sue parole al nuovo compagno riguardo al rischio di lasciare i documenti in macchina: "E' un po' pericoloso..." Davvero Ahmed è l'unico personaggio adulto simpatico, positivo. Lei non riesce a vivere con nessuno per più di qualche anno. Ma davvero vogliamo abbracciare una visione delle cose così pessimistica e tradizionalista? Viva la libertà, viva il disordine! Qualunque prezzo abbia, viva la scelta personale, che si continui a correre il rischio di sbagliare! Quella famiglia che è stata ormai scardinata era comunque oppressione e dolore.
Un film diversissimo, che affronta temi in parte diversi in parte analoghi, ma lo fa col canto il sole e la speranza, con la fiducia nell'amore e nel perdono, cioè la fiducia che si può rimediare agli sbagli, che le ferite si possono rimarginare e le persone possono maturare e cambiare in meglio, è "Una piccola impresa meridionale" di Papalardo. Sicuramente come stile è meno bello, eppure lo preferisco e canto con quella prostituta slovacca la mia ribellione ai tentativi di imprigionarci di nuovo nel passato
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filippo catani
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domenica 8 dicembre 2013
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la forza preopotente del passato
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Una donna riesce a rivedere l'ex marito iraniano dopo quattro anni per fargli firmare il divorzio. La donna infatti ha intrecciato una nuova relazione ma tutti i protagonisti dovranno fare i conti con il loro passato.
Tante carne al fuoco per l'ottimo film del regista Farhadi che ci aveva già tutti stregati con Una separazione. Ecco si può dire che anche questa pellicola riflette su questo tema riuscendo a ricostruire la complessa psiche dei personaggi protagonisti che sono tutti segnati da una o più separazioni. Da una parte c'è una donna che ha già avuto due figlie con il primo marito poi si è risposata e ora è rimasta nuovamente incinta. Troviamo poi il suo attuale compagno dilaniato dai sensi di colpa e dall'amore che ancora prova per la moglie in coma per aver tentato il suicidio.
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Una donna riesce a rivedere l'ex marito iraniano dopo quattro anni per fargli firmare il divorzio. La donna infatti ha intrecciato una nuova relazione ma tutti i protagonisti dovranno fare i conti con il loro passato.
Tante carne al fuoco per l'ottimo film del regista Farhadi che ci aveva già tutti stregati con Una separazione. Ecco si può dire che anche questa pellicola riflette su questo tema riuscendo a ricostruire la complessa psiche dei personaggi protagonisti che sono tutti segnati da una o più separazioni. Da una parte c'è una donna che ha già avuto due figlie con il primo marito poi si è risposata e ora è rimasta nuovamente incinta. Troviamo poi il suo attuale compagno dilaniato dai sensi di colpa e dall'amore che ancora prova per la moglie in coma per aver tentato il suicidio. Quindi poi troviamo il secondo marito anche lui alle prese con un passato non facile. Se gli adulti non riescono a fare i conti con i propri sentimenti sono i bambini e i figli a pagarne le conseguenze più dirette e forti. Specialmente la figlia maggiore non riesce ad accettare la nuova storia della madre e farà di tutto per cercare di metterle i bastoni tra le ruote. C'è poi il figlio dell'attuale fidanzato della madre che non si è ancora ripreso dai tragici avvenimenti che hanno sconvolto il suo piccolo e meraviglioso universo familiare. Insomma un film complesso che, prendendo a prestito la frase di lancio del trailer, si può davvero definire come un thriller dei sentimenti. In tutto questo brilla la stella della bravissima Bejo alle prese con un ruolo intenso quanto difficile e che è stata giustamente premiata. Va detto però che tutto il cast al completo merita una menzione speciale. Ancora una volta quindi Farhadi si candida come possibile protagonista della notte degli Oscar nella sezione che speriamo potrebbe contenere anche la Grande Bellezza. Certo vedendo la raffinatezza di un prodotto come questo aumentano i rimpianti per una cinematografia italiana che solo raramente riesce più a spingersi verso queste vette.
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luis23
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sabato 24 maggio 2014
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il passato : la storia
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Ho avuto il piacere di aver visto "Una Separazione" di Farhadi. Un grande film , una perla !
Questo film è un'alra perla che si aggiunge a questo fantastico gioiello che è l'opera di questo regista. La grandezza di questo autore , artista, consiste a mio umilissimo parere nel portare a livello epidermico l'essenza dell'animo umano , delle anime di cui lui tratta.
Questo ennesimo suo grande film tratta della "storia". Il luogo ove "la storia" nasce è, appunto, il passato. Noi tutti partecipiamo a questa vita ognuno col proprio contributo. Il nostro contributo si forma e si arricchisce di piccoli "pezzi" di storia normale, quotidiana di ognuno di noi che interagisce con la vita quotidiana di "altri" ognuno di noi.
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Ho avuto il piacere di aver visto "Una Separazione" di Farhadi. Un grande film , una perla !
Questo film è un'alra perla che si aggiunge a questo fantastico gioiello che è l'opera di questo regista. La grandezza di questo autore , artista, consiste a mio umilissimo parere nel portare a livello epidermico l'essenza dell'animo umano , delle anime di cui lui tratta.
Questo ennesimo suo grande film tratta della "storia". Il luogo ove "la storia" nasce è, appunto, il passato. Noi tutti partecipiamo a questa vita ognuno col proprio contributo. Il nostro contributo si forma e si arricchisce di piccoli "pezzi" di storia normale, quotidiana di ognuno di noi che interagisce con la vita quotidiana di "altri" ognuno di noi. Insomma , come nel film, gli episodi quotidiani degli uomini hanno sempre un legame , una causa , nelle piccole quotidiane azioni degli altri, di ognuno di noi. Fino a qui nulla di eccezionale, se vogliamo. L'eccezionalità consiste nel fatto che con una semplicità disarmante forse anche accecante questo Signor Regista ,narratore Farhadi rende semplice ed evidente ciò che è misterioso. Trovo tutto questo sintomatico di un vero artista, di un grande!
Il mistero degli uomini, il mistero della vita stessa, narrato da questo regista, appare ai nostri occhi evidente, scontato al pari di una favola per bambini.
Adoro la Bejo, un'attrice naturale, animale.... e di beltà notevolissima tutti gli altri attori sono come devono. Sia gli adulti che il sorprendente bambino Fouad (Elyes Aguis).
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