fabiola franco
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mercoledì 20 novembre 2013
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un film coraggioso
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Il venditore di medicineè un film duro, che ci mostra una realtà poco conosciuta, quella del comparaggio farmaceutico, con personaggi che senza vergogna fanno di questa pratica parte integrante del proprio lavoro. Bruno, informatore scientifico, e i suoi amici medici ("Bruno, che farmaco vuoi che spingiamo questo mese?") fanno rabbia in quanto parte attiva e colpevole di un sistema corrotto, consentito e appoggiato dai politici, il cui unico scopo è il profitto e che non tiene minimamente in considerazione il bene dei cittadini, in questo caso i malati, o meglio i pazienti ("un paese civile non ha malati ma pazienti").
Bruno fa rabbia ma anche pena per la sua condizione personale, per quel senso di pressione continua che il film ci trasmette e che assorbe tutte le energie di Bruno, e ne stravolge la scala di valori, portandolo ad agire in modo sicuramente condannabile ma, dalla sua prospettiva di topo in gabbia, quasi inevitabile.
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Il venditore di medicineè un film duro, che ci mostra una realtà poco conosciuta, quella del comparaggio farmaceutico, con personaggi che senza vergogna fanno di questa pratica parte integrante del proprio lavoro. Bruno, informatore scientifico, e i suoi amici medici ("Bruno, che farmaco vuoi che spingiamo questo mese?") fanno rabbia in quanto parte attiva e colpevole di un sistema corrotto, consentito e appoggiato dai politici, il cui unico scopo è il profitto e che non tiene minimamente in considerazione il bene dei cittadini, in questo caso i malati, o meglio i pazienti ("un paese civile non ha malati ma pazienti").
Bruno fa rabbia ma anche pena per la sua condizione personale, per quel senso di pressione continua che il film ci trasmette e che assorbe tutte le energie di Bruno, e ne stravolge la scala di valori, portandolo ad agire in modo sicuramente condannabile ma, dalla sua prospettiva di topo in gabbia, quasi inevitabile.
Un film coraggioso, ben diretto e ben recitato (Claudio Santamaria, protagonista assoluto, è credibile e intenso), ambientato in una città qualsiasi, con personaggi che si muovono in ambienti asettici, resi efficacemente da una fotografia cruda, che potrebbero essere l'ospedale della nostra città o l'anticamera del nostro medico di famiglia.
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mari70
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lunedì 5 maggio 2014
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parabola discendente di un venditore di medicine
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Il film “Il venditore di medicine” di Antonio Morabito è un pugno allo stomaco, forte quanto necessario. Ottimamente scritto a quattro mani col produttore, il coraggioso Amedeo Pagani, indaga senza retorica tutto l’universo corrotto di uomini, medici, manager che ruota intorno al colosso della Big Pharma italiana. In questo microcosmo di persone che hanno perso di vista valori e umanità si muove benissimo Bruno, il venditore di medicine magistralmente interpretato da un Claudio Santamaria in stato di grazia, che è risucchiato in breve tempo in una parabola discendente senza ritorno. Bruno corrompe tutto e tutti, medici compiacenti, amici, conoscenti fino portare a corruzione anche il rapporto con sua moglie, a cui presta il volto un’elegante Evita Ciri, moglie devota e vittima dell’uomo.
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Il film “Il venditore di medicine” di Antonio Morabito è un pugno allo stomaco, forte quanto necessario. Ottimamente scritto a quattro mani col produttore, il coraggioso Amedeo Pagani, indaga senza retorica tutto l’universo corrotto di uomini, medici, manager che ruota intorno al colosso della Big Pharma italiana. In questo microcosmo di persone che hanno perso di vista valori e umanità si muove benissimo Bruno, il venditore di medicine magistralmente interpretato da un Claudio Santamaria in stato di grazia, che è risucchiato in breve tempo in una parabola discendente senza ritorno. Bruno corrompe tutto e tutti, medici compiacenti, amici, conoscenti fino portare a corruzione anche il rapporto con sua moglie, a cui presta il volto un’elegante Evita Ciri, moglie devota e vittima dell’uomo. Le medicine, che fanno la sua fortuna scambiate e vendute senza alcuno scrupolo, gli serviranno per mettere a tacere la donna ignara del vero volto del marito. Questo ritratto impietoso di uno spaccato d’Italia non lascia spazio alla speranza: tutto e tutti si possono comprare e vendere in nome della logica del mero profitto, e le medicine sono considerate al pari di qualsiasi altro bene di consumo. A capo di questa macchina per fare soldi c’è una credibilissima Isabella Ferrari, il cui volto aggraziato fa da contraltare alla spietatezza della donna manager. Anche il primario integerrimo, interpretato in maniera egregia da Marco Travaglio, che all’apparenza sembra incorruttibile, alla fine disvela il suo vero volto cinico e corrotto. Nessuno si salva, e chi tenta di farlo viene immediatamente risucchiato dal sistema. Il film di Morabito ben si colloca sulla scia del cinema di impegno civile che il regista ben conosce grazie alla sua formazione cinematografica d’oltralpe e con questo lavoro si conferma essere uno dei migliori della sua generazione. Merito di un soggetto mai banale, che non scade nella facile tentazione del cliché e che nasce da un’esperienza personale del regista, alle prese col complesso mondo del farmaco. L’eccellente cast di attori fa il resto, a partire dai bravissimi comprimari così ben delineati, con un’approfondita analisi psicologica che non mira a sedurre quanto a delineare. Un film da vedere. Per riflettere e capire.
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controinformazione
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domenica 4 maggio 2014
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film coraggioso e unico
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Un film incredibile, se si pensa all’asfittica voglia di verità del cinema italiano. Un racconto senza sbavature e compromessi, che attraverso la vicenda di un ‘piccolo uomo’ ci mostra gli ingranaggi di un sistema complesso e molto articolato, quello che sta alla base del nostro Sistema sanitario nazionale e che ci permette di andare dal medico di famiglia e farci prescrivere la ricetta per avere il farmaco il cui costo sarà poi rimborsato dallo Stato, mai portato sul grande schermo con questa forza e intensità.
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Un film incredibile, se si pensa all’asfittica voglia di verità del cinema italiano. Un racconto senza sbavature e compromessi, che attraverso la vicenda di un ‘piccolo uomo’ ci mostra gli ingranaggi di un sistema complesso e molto articolato, quello che sta alla base del nostro Sistema sanitario nazionale e che ci permette di andare dal medico di famiglia e farci prescrivere la ricetta per avere il farmaco il cui costo sarà poi rimborsato dallo Stato, mai portato sul grande schermo con questa forza e intensità. “Il venditore di medicine non è una puntata di Report, che si è occupata dell’argomento diverse volte, o un documentario alla Micheal Moore, anche lui conSicko ha svelato le pecche del sistema sanitario americano. Il venditore di medicine è quel cinema civile che un tempo sapevamo fare molto bene con Petri (nella prima foto), Montaldo, Rosi, Damiani e Lizzani, con cui si poteva vincere l’Oscar e fare scuola. Ricordiamocelo e diamogli una possibilità. Dal blog 'Soldout' di Sentieri Selvaggi
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siebenzwerg
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martedì 6 maggio 2014
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la salute dei profitti
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Un film riuscito e non scontato come invece potevo prevedere conoscendo le cronache. Certamente fa luce solo su uno spicchio dell'immane corruttela che ammorba il mondo della Sanità a livello mondiale che oggi è letteralmente identificata con l'industria farmaceutica. Comunque è fatto con passione e competenza. Claudio Santamaria, in altri film abbastanza gigionesco e autocompiaciuto, dà una prova matura. Isabella Ferrari fa paura. Anche gli altri attori mi sono sembrati convincenti. Travaglio (specie quando gli mettono in mano la sigaretta) è un discorso a parte. Un film dedicato ai pazienti che sperano di essere curati dai farmaci, fidandosi della scienza, dove di scientifico c'è solo il calcolo dei profitti.
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Un film riuscito e non scontato come invece potevo prevedere conoscendo le cronache. Certamente fa luce solo su uno spicchio dell'immane corruttela che ammorba il mondo della Sanità a livello mondiale che oggi è letteralmente identificata con l'industria farmaceutica. Comunque è fatto con passione e competenza. Claudio Santamaria, in altri film abbastanza gigionesco e autocompiaciuto, dà una prova matura. Isabella Ferrari fa paura. Anche gli altri attori mi sono sembrati convincenti. Travaglio (specie quando gli mettono in mano la sigaretta) è un discorso a parte. Un film dedicato ai pazienti che sperano di essere curati dai farmaci, fidandosi della scienza, dove di scientifico c'è solo il calcolo dei profitti.
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mari70
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lunedì 5 maggio 2014
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parabola discendente di un venditore di medicine
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Il film "Il venditore di medicine" è un vero e proprio pugno allo stomaco, forte, duro quanto necessario.
Antonio Morabito, supportato da un'ottima sceneggiatura scritta a quattro mani con il produttore Amedeo Pagani, delinea un ritratto disincantato ed spietato di tutto quell'universo di uomini, medici e manager che ruota a vario intorno alla Big Pharma italiana. La storia di Bruno, l'informatore medico-scientifico interpretato magistralmente da un Claudio Santamaria in stato di grazia, è paradigma della corruzione, ambizione e degrado di tutta una categoria di persone che vendono se stesse e i loro valori nella logica del mero profitto. Bruno arriva a corrompere non solo i medici compiacenti a cui va a fare visita, ma lentamente, quanto inesorabilmente, anche il rapporto con la moglie, avvelenandola a sua insaputa con uno dei suoi farmaci.
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Il film "Il venditore di medicine" è un vero e proprio pugno allo stomaco, forte, duro quanto necessario.
Antonio Morabito, supportato da un'ottima sceneggiatura scritta a quattro mani con il produttore Amedeo Pagani, delinea un ritratto disincantato ed spietato di tutto quell'universo di uomini, medici e manager che ruota a vario intorno alla Big Pharma italiana. La storia di Bruno, l'informatore medico-scientifico interpretato magistralmente da un Claudio Santamaria in stato di grazia, è paradigma della corruzione, ambizione e degrado di tutta una categoria di persone che vendono se stesse e i loro valori nella logica del mero profitto. Bruno arriva a corrompere non solo i medici compiacenti a cui va a fare visita, ma lentamente, quanto inesorabilmente, anche il rapporto con la moglie, avvelenandola a sua insaputa con uno dei suoi farmaci. Le medicine vengono vendute e scambiate al pari di un qualsiasi altro bene di consumo e la odiosa pratica del comparaggio diviene la prassi in un sistema dove nessuno, o quasi, si salva. Anche chi all'apparenza sembra incorrutibile, come il primario ben interpretato da Marco Travaglio, alla fine disvela il suo volto più cupo e la speranza sembra venir meno. Il film di Morabito si muove nella scia del cinema di impegno civile, in cui il regista, forte della sua formazione cinematografica d'oltralpe, si muove bene con estrema eleganza. Supportato da un cast eccellente di attori, con Isabella Ferrari a prestare il volto grazioso ad una spietata manager dell'industria farmaceutica, Evita Ciri nei panni di moglie devota e vittima di Bruno, uno stuolo di comprimari credibili e ben delineati, il regista si conferma uno dei migliori della sua generazione. Tutto nasce da un'esperienza familiare in cui Morabito è venuto in contatto col complesso mondo del farmaco italiano. Un film ottimamente girato e recitato, ben scritto, una storia dei nostri tempi, un'analisi psicologica approfondita e mai banale. Meritatissimo il premio per il miglior soggetto al Bari International Film Festival, giuste le ottime critiche e gli applausi tributati nella scorsa edizione Festa del Cinema di Roma. Un film da vedere. Per riflettere e capire.
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flyanto
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venerdì 9 maggio 2014
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un doloroso e quanto mai vergognoso aspetto della
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Film in cui si racconta di un informatore scientifico (Claudio Santamaria) che, in quanto fortemente pressato dalla propria capo area (Isabella Ferrari), al fine di non finire nella lista dei prossimi elementi licenziati dall'azienda poichè poco produttivi, arriva al punto di escogitare ogni espediente e di avvalersi di ogni mezzo per non soccombere. Tutto ciò gli causerà non pochi problemi, sia di salute a causa del forte e continuo stress che sul piano personale con la propria moglie. Alla fine riuscirà nel proprio intento ma non senza aver pagato un alto prezzo.
La pellicola di Antonio Morabito in pratica mette a nudo e dunque denuncia apertamente il reato di comparaggio e cioè tutto quel sistema che regola i rapporti più o meno disonesti e di connivenza che si instaurano tra i medici, le case farmaceutiche e gli informatori scientifici, che cercano di "piazzare" a tutti i costi presso i vari pazienti delle medicine, magari non nocive ma neppure del tutto efficaci o, per lo meno, non del tutto necessarie, dietro ovviamente compensi monetari o bonus e regali di varia portata.
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Film in cui si racconta di un informatore scientifico (Claudio Santamaria) che, in quanto fortemente pressato dalla propria capo area (Isabella Ferrari), al fine di non finire nella lista dei prossimi elementi licenziati dall'azienda poichè poco produttivi, arriva al punto di escogitare ogni espediente e di avvalersi di ogni mezzo per non soccombere. Tutto ciò gli causerà non pochi problemi, sia di salute a causa del forte e continuo stress che sul piano personale con la propria moglie. Alla fine riuscirà nel proprio intento ma non senza aver pagato un alto prezzo.
La pellicola di Antonio Morabito in pratica mette a nudo e dunque denuncia apertamente il reato di comparaggio e cioè tutto quel sistema che regola i rapporti più o meno disonesti e di connivenza che si instaurano tra i medici, le case farmaceutiche e gli informatori scientifici, che cercano di "piazzare" a tutti i costi presso i vari pazienti delle medicine, magari non nocive ma neppure del tutto efficaci o, per lo meno, non del tutto necessarie, dietro ovviamente compensi monetari o bonus e regali di varia portata. Una piaga, purtroppo, molto ben radicata in Italia e soprattutto sempre di più in espansione al punto di diventare quasi una norma quotidiana. Il film pertanto risulta immediatamente crudo nella sua esposizione sia per le situazioni rappresentate che per il grave e doloroso significato morale che tutta la questione assume. Morabito in pratica non giustifica nessuno in quanto proprio nessuno si deve effettivamente giustificare in un contesto così delicato ed importante come quello che appunto riguarda la salute della maggior parte degli esseri umani. Ed il film finisce amaramente perchè in nessun altra maniera può terminare una così grave e pietosa condotta da parte di una certa parte della società.
Claudio Santamaria è da definirsi semplicemente perfetto nel proprio ruolo di cinico, nonchè ormai disperato uomo, e la sua interpretazione risulta sicuramente al di sopra di quella di tutti gli altri attori del film. Ma l'apprezzamento ovviamente deve essere rivolto anche ad Isabella Ferrari nella parte della capo area fredda e spietata ed anch'ella tutta impegnata a mantenersi ad ogni costo il proprio posto di lavoro nei confronti dei, a sua volta, superiori senza scrupoli.
Insomma, un film per riflettere e per non uscirne purtroppo del tutto orgogliosi e rincuorati.
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veritasxxx
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venerdì 16 maggio 2014
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incrociate le dita e sperate di non stare mai male
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Dopo aver visto questo film apprezzerete di più il vostro impiego da mille euro al mese e ringrazierete il cielo di non fare gli informatori medici. Solitamente non sopporto Santamaria, con quella faccia da sfigato piagnone a cui hanno tolto il giocattolo, ma in questo ruolo è perfetto: sempre in bilico tra essere preda e carnefice in un mondo (quello delle commesse delle compagnie farmaceutiche) dove la corruzione è di rigore. Bravissima la Ferrari nella parte della capo area spietata, ma vittima anche lei del gioco perverso delle parti. Non si salva nessuno (o quasi): i medici, gli informatori, le case farmaceutiche, i politici, la giustizia.
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Dopo aver visto questo film apprezzerete di più il vostro impiego da mille euro al mese e ringrazierete il cielo di non fare gli informatori medici. Solitamente non sopporto Santamaria, con quella faccia da sfigato piagnone a cui hanno tolto il giocattolo, ma in questo ruolo è perfetto: sempre in bilico tra essere preda e carnefice in un mondo (quello delle commesse delle compagnie farmaceutiche) dove la corruzione è di rigore. Bravissima la Ferrari nella parte della capo area spietata, ma vittima anche lei del gioco perverso delle parti. Non si salva nessuno (o quasi): i medici, gli informatori, le case farmaceutiche, i politici, la giustizia. Incrociate le dita e sperate di non stare mai male. L'intento del regista era di deprimere l'ignaro spettatore e coglie perfettamente nel segno. Più nero di così è notte fonda.
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luke77
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sabato 17 maggio 2014
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un film avvincente che fa pensare
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Una vita come tante altre: un lavoro, un auto, una bella casa...una realtá quasi banale. Ma in tutto questo, emerge pian piano tutta la mostruositá nascosta che anche una vita "normale" puó celare. Il personaggio principale del "Venditore di medicine" viene risucchiato in un vortice, in parte perché non del tutto conscio dei meccanismi perversi della societá di oggi che schiacciano e "costringono", ed in parte perché in quei rari momenti di luciditá consapevole, si rende conto di essere caduto in una trappola psicologica da cui non riesce ad uscire perché privo della necessaria energia morale.
Forse é il risultato di un certo tipo di capitalismo malato e portato agli eccessi, che impera nella societá odierna e da cui nessuno di noi, in varia misura, ne é completamente esente.
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Una vita come tante altre: un lavoro, un auto, una bella casa...una realtá quasi banale. Ma in tutto questo, emerge pian piano tutta la mostruositá nascosta che anche una vita "normale" puó celare. Il personaggio principale del "Venditore di medicine" viene risucchiato in un vortice, in parte perché non del tutto conscio dei meccanismi perversi della societá di oggi che schiacciano e "costringono", ed in parte perché in quei rari momenti di luciditá consapevole, si rende conto di essere caduto in una trappola psicologica da cui non riesce ad uscire perché privo della necessaria energia morale.
Forse é il risultato di un certo tipo di capitalismo malato e portato agli eccessi, che impera nella societá odierna e da cui nessuno di noi, in varia misura, ne é completamente esente. Difatti, la costante minaccia di un lavoro precario la cui perdita potrebbe cambiare radicalmente il suo tenore di vita, una vita spesso legata a valori assolutamente falsi e privi di importanza, spinge il "venditore" alla competizione sfrenata, ad accettare compromessi con la sua coscienza che sembrano provarlo anche fisicamente. Il suo viso si trasforma sempre piú in una maschera grottesca di dolore, di angoscia, di rassegnazione. Le sue spalle sembrano "curvarsi" sotto il peso di una vita crudele che non lascia scampo. Pensa di non avere alternativa e sceglie, ogni giorno, quello che secondo lui é il male minore.
Solo alcuni brevi sprazzi di luce in un mondo grigio e metallico, come quando per pietá aiuta l'amico morente, lo contraddistinguono come umano. Per tutto il resto é un automa, senza sentimenti apparenti.
Il successo nella competizione diventa quasi giustificazione dell'essere spietato, cinico. E' un balsamo che porta solo temporaneo sollievo. Ma in realtá é autodistruzione. Sporca irrimediabilemte l'anima.
Il film assorbe completamente e non ha tempi morti. Lo si guarda tutto d'un fiato. Senza respirare. E soprattutto lascia qualcosa: un amaro in bocca, un leggero malessere che stringe il cuore. Succede ogni volta che si é costretti dalla propria coscienza a rimuginare su qualcosa di spiacevole che non si vuole affrontare.
E nello specifico, che anche vita e morte di un essere umano, sono solo merce, prodotto. Risultato di una deviazione sociale "normalizzata" e banalizzata.
Il finale é intelligente ed esprime tutta la contraddittorietá di un Santamaria credibile e sofferente. Ma anche gli altri attori sono all'altezza. Forse Travaglio lo é stato un pó meno, ma credo sia giustificabile non essendo un attore professionista.
Mi sarei inoltre aspettato, non so perché, un piccolo cameo a "Il Medico della Mutua" dell'Albertone nazionale. Giusto cosí, per un fugace sorriso dolce-amaro.
E' un film duro, senza fronzoli. Pietra e acciaio. Fa male e disillude.
Ma merita.
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ralphscott
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martedì 13 maggio 2014
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eccessi romanzati per un film comunque da vedere
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Premetto che la borsa (senza regali,ovviamente) la porto anch'io. Ieri sera sono stato al cinema con una collega,incuriositi da un film che alcuni altri informatori si sono rifiutati di andar a vedere subodorando una lettura scandalistica della realtà (e così é). Siamo usciti dalla sala contenti della scelta. Il film é ben fatto,ben recitato. Un ritratto estremizzato ed a tinte eccessivamente fosche,forse,ma che si ispira a situazioni reali,sebbene gonfiate e densificate. Certo la giornata media di un onesto professionista non poteva,probabilmente,essere materia narrativa. Se l'opera ha un difetto é quello di mettere troppa carne al fuoco.
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Premetto che la borsa (senza regali,ovviamente) la porto anch'io. Ieri sera sono stato al cinema con una collega,incuriositi da un film che alcuni altri informatori si sono rifiutati di andar a vedere subodorando una lettura scandalistica della realtà (e così é). Siamo usciti dalla sala contenti della scelta. Il film é ben fatto,ben recitato. Un ritratto estremizzato ed a tinte eccessivamente fosche,forse,ma che si ispira a situazioni reali,sebbene gonfiate e densificate. Certo la giornata media di un onesto professionista non poteva,probabilmente,essere materia narrativa. Se l'opera ha un difetto é quello di mettere troppa carne al fuoco. Al dramma del lavoro gli sceneggiatori sommano quello del desiderio di maternità di Anna,eluso da un marito senza più freni inibitori. L'incontro con l'amico che si ammala facendo da cavia per testare un nuovo farmaco é ben raccontato,commovente,ma appesantisce una vicenda già permeata di cupo pessimismo. Bravissima la Ferrari,con una sequenza iniziale,la riunione con i suoi uomini,di grande impatto emotivo. Le allusioni a due grandi nomi dell'industria del farmaco sono evidenti:nomi quasi anagrammati,anche un logo richiama quello di un brand colosso dell'industria. Confesso che gli eccessi mi hanno anche strappato alcune risate:mai sentita la "regola dell'undici",ad esempio. E nemmeno di medici che chiedono dvd porno agli ISF. Occasione più unica che rara vedere Travaglio subdolo disonesto,quasi una nemesi al contrario per il castigamatti della mala politica italiana.
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[+] macché romanzato
(di raffele)
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minnie
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martedì 3 giugno 2014
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malasanità
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E poi dicono che il cinema italiano non sa fare attualità. Questo film a me è molto piaciuto! Somiglia a un altro film di una bravissima regista in cui Claudia Gerini faceva la tagliatrice di teste in un'azienda; stesso clima di uomo mangia uomo, come i topolini dell'esempio del collega di Bruno, stessa disperazione anche se il finale lì era più speranzoso mentre qui, se Bruno non cambia mestiere - ma pare di capire che non possa - c'è veramente da star male con lui. Morabito ha centrato l'obiettivo mostrando il mondo dei rappresentanti di medicinali anello intermedio di una catena che porta alle case farmaceutiche e arriva fino ai poveri malati terminali come l'amico che forse avrebbe avuto subito sollievo da un medicinale artatamente tenuto a prezzi proibitivi e che Bruno, nell'unica buona azione che fa, gli procura.
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E poi dicono che il cinema italiano non sa fare attualità. Questo film a me è molto piaciuto! Somiglia a un altro film di una bravissima regista in cui Claudia Gerini faceva la tagliatrice di teste in un'azienda; stesso clima di uomo mangia uomo, come i topolini dell'esempio del collega di Bruno, stessa disperazione anche se il finale lì era più speranzoso mentre qui, se Bruno non cambia mestiere - ma pare di capire che non possa - c'è veramente da star male con lui. Morabito ha centrato l'obiettivo mostrando il mondo dei rappresentanti di medicinali anello intermedio di una catena che porta alle case farmaceutiche e arriva fino ai poveri malati terminali come l'amico che forse avrebbe avuto subito sollievo da un medicinale artatamente tenuto a prezzi proibitivi e che Bruno, nell'unica buona azione che fa, gli procura. Non si capisce invece, se non considerando lo stato di stress in cui Bruno (interpretato da un ottimo Santamaria) versa, la sua crudeltà nei confronti della moglie, un bel personaggio di donna (intenso il volto di questa attrice!) a cui apparentemente non manca nulla se non un figlio e l'agio e la disponibilità ormai di tempo per farlo insieme a colui che ritiene uno sposo consenziente. Giusto che la donna gli volti le spalle di fronte a un tale brutto tradimento, tradimento della speranza stessa nella continuità della vita, della sigla di un vero amore qual è la maternità e anche la paternità che Bruno, da squalo qual è, si nega e le nega. Bravissimo (ma non è una sorpresa) Marco Travaglio nel ruolo del professore integerrimo almeno fino a quando non si scoprono i traffici delle sue cliniche private. Qualche preparazione preventiva è necessaria, per esempio nel sapere come sia proibito indagare sul numero di pazienti di un medico dell'Asl,dettaglio da addetti ai lavori, qualche carenza nell'audio (i dialoghi spesso non si sentono) ma nel complesso il film di Antonio Morabito funziona davvero alla grande, sottolineato dall'ottima musica di Andrea Guerra. E anche Bari, la mia città, fa da sfondo perfetto a una vicenda metropolitana che non dà adito a prospettive di salvezza. Ma qualche medico che non si arrende a un sistema corrotto c'è e lotta insieme a noi!
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