donni romani
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venerdì 14 giugno 2013
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una storia d'amore, senza bisogno di etichette omo
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Presentato al Festival di Cannes 2013 e non distribuito nel circuito cinematografico americano per paura che il pubblico non gradisse vedere due attori popolari - ed etero - come Michael Douglas e Matt Damon interpretare due omosessuali - ma davvero si può avere un'opinione così bassa dei propri concittadini da parte dei distributori statunitensi o il pubblico usa è così "prud"? - il film di Soderbergh, camaleontico e talentuosissimo regista, ci racconta una storia, una storia d'amore, una storia d'amore omosessuale.
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Presentato al Festival di Cannes 2013 e non distribuito nel circuito cinematografico americano per paura che il pubblico non gradisse vedere due attori popolari - ed etero - come Michael Douglas e Matt Damon interpretare due omosessuali - ma davvero si può avere un'opinione così bassa dei propri concittadini da parte dei distributori statunitensi o il pubblico usa è così "prud"? - il film di Soderbergh, camaleontico e talentuosissimo regista, ci racconta una storia, una storia d'amore, una storia d'amore omosessuale. Ma per chi ha occhi per guardare e cuore per sentire il fatto che siano due uomini ad innamorarsi resta sullo sfondo, perchè sono le dinamiche sentimentali ad emergere, i rapporti di forza e di fragilità all'interno di una coppia, le gelosie, le ripicche, le promesse infrante e l'attrazione fisica irresistibile, tutto ciò che fa una storia d'amore quindi, nel bene e nel male. La scelta di mettere al centro del palcoscenico - metaforico e fisico - una star della musica di intrattenimento anni 70 come Valentino Liberace la dice lunga anche sulla voglia di Soderbergh, come sempre bulimico di temi, spunti e sottotrame, vedi l'ultimo "Effetti Collaterali", di raccontare le incertezze di un uomo di successo, la difficoltà di invecchiare nello starsytem, la paura di restare solo che coglie qualunque uomo una volta tolti gli abiti di scena, il parrucchino e tutti gli orpelli dietro cui il pianista showman Liberace nascondeva la sua omosessualità che all'epoca poteva essere esibita in vestiti stravaganti, gioielli femminili e trucco pesante ma non poteva e non doveva essere rivelata. L'incontro con il giovane Scott, cresciuto in case famiglia e affamato di affetto e attenzioni sarà per Liberace un fulmine impossibile da schivare, un amore totalizzante che lo porterà a fare scelte estreme, quale quella di avviare le pratiche per adottarlo e costringerlo a delle plastiche facciali che lo facciano assomigliare a se stesso da giovane. Un rapporto così patologico, così esclusivo, così morboso non può che esplodere nel peggiore del modi, e le ultime scene con un Damon dai lineamenti alterati, sconvolto dalle droghe e dalla gelosia ci precipitano nella realtà oscura e deviata di un rapporto che si logora per troppo volere, troppo dare, troppo sentire. Sono bellissime - perchè sobrie, trattenute e mai caricaturali - le scene di seduzione fra di due, è naturalissimo credere alla loro storia d'amore, al quotidiano fatto di corpi sfatti, lifting estremi e sfoghi verbali durissimi, ed è davvero secondario che il tutto avvenga in un ambiente omosessuale, perchè dopo le prime scene si dimentica di essere in un contesto dove i soli etero sono la vecchia madre di Liberace e - forse - il manager che sfrutta il talento di intrattenere il pubblico dell'eccentrico pianista. Magistrale Michael Douglas nell'indossare panni scomodissim,i parrucche inverosimili e sguardi e gesti misuratissimi pur nel loro essere palesemente gay, perchè il rischio di fare di Liberace una macchietta era altissimo, e Douglas ne esce concentrandosi sulla sua ossessione amorosa erotica per il giovane Adone amante degli animali e talmente grezzo da poter essere plasmato a sua immagina e somiglianza - in fondo con il cambiargli i lineamenti Liberace realizza il desiderio di clonare se stesso - e bravissimo Damon ad interpretare un giovane affascinato da un mondo di ricchezza e generosità che non ha mai conosciuto, forte inizialmente del potere che ha sull'anziano pianista, ma che rivela tutta la sua fragilità nel momento in cui il rapporto si incrina. Dopo aver visto il film si commisera ancora di più chi ha scelto di far passare il film solo in televisione, sulla HBO naturalmente , canale coraggioso e progressista da sempre, e ci si dispiace profondamente per l'arretratezza culturale che ancora abita il nostro pianeta, sia pure mascherata da abili campagne anti omofobia o da proclami scenografici. Fortunatamente il film, libero, coraggioso e senza false pruderie, resta un magnifico racconto di una tenera triste, appassionata, vorace e struggente storia d'amore.
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(di khaleb83)
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[+] storia d'amore???? l'amore è un'altra cosa
(di wallander)
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stefano pariani
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mercoledì 11 dicembre 2013
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dietro i candelabri la solitudine e l'amarezza
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Valentino Liberace (Michael Douglas) è un popolare pianista nell’America a cavallo tra gli anni ’50 e ’70, vive in una splendida villa con piscina arredata in stile “kitsch monumentale” (parole sue), veste con abiti eccentrici e vistose pellicce e indossa enormi anelli di dubbio gusto. Gay non dichiarato, dalla sua vita entrano ed escono uomini più giovani di lui, finchè un giorno incontra Scott Thorson (Matt Damon), un ingenuo ragazzo provinciale e belloccio. E’ il 1977 e Scott rappresenta per Liberace la bellezza e la giovinezza, che ormai in lui stanno sfiorendo; il pianista non tarda a far entrare nella sua vita il biondo adone, facendo di lui il suo amante, il suo aiutante di scena e il suo alter ego, intrecciando con lui una storia d’amore e di morbosa dipendenza durata alcuni anni.
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Valentino Liberace (Michael Douglas) è un popolare pianista nell’America a cavallo tra gli anni ’50 e ’70, vive in una splendida villa con piscina arredata in stile “kitsch monumentale” (parole sue), veste con abiti eccentrici e vistose pellicce e indossa enormi anelli di dubbio gusto. Gay non dichiarato, dalla sua vita entrano ed escono uomini più giovani di lui, finchè un giorno incontra Scott Thorson (Matt Damon), un ingenuo ragazzo provinciale e belloccio. E’ il 1977 e Scott rappresenta per Liberace la bellezza e la giovinezza, che ormai in lui stanno sfiorendo; il pianista non tarda a far entrare nella sua vita il biondo adone, facendo di lui il suo amante, il suo aiutante di scena e il suo alter ego, intrecciando con lui una storia d’amore e di morbosa dipendenza durata alcuni anni. Il film non è esattamente una biografia di Liberace, ma piuttosto una riflessione sul rapporto tra due uomini e sulle dinamiche di un amore nato sullo sfondo dello showbiz di fine anni ’70. Prima di Elton John, Madonna e Lady Gaga, Liberace aveva introdotto il culto della propria immagine e un nuovo modo di apparire sul palcoscenico. Amato e osannato dal pubblico, viveva e si comportava in modo esplicito, ma non fece mai outing sulla propria sessualità, nonostante la liberazione sessuale di quegli anni. Dietro i candelabri sfarzosi dei suoi pianoforti, dietro i vestiti esagerati e lo sfarzo da baraccone degli arredi si nascondeva la vita di uomo solo, che indossava parrucchini cotonati, che non esitava a fare ricorso alla chirurgia estetica per perpetrare una parvenza di giovinezza, che metteva sopra ogni cosa il mito della propria immagine. Dietro i candelabri si nascondeva anche la vita di un giovane fagocitato e poi respinto da un mondo che forse non capiva fino in fondo e non gli apparteneva nemmeno. L’amara parabola è inserita in un teatrino di finzione e falsità, fragile come la cartapesta, in cui si muovono personaggi bizzarri, che l’occhio di Soderbergh osserva con ironia per nasconderne l’orrore. Il regista conferma il suo eclettismo anche in questo film per la tv e abbandona per una volta lo stile “intellettuale” e minimal che gli è proprio per una narrazione più convenzionale, ma sorretta da un’abile sceneggiatura. Michael Douglas dà vita ad uno dei ruoli più riusciti della sua carriera: il suo Liberace pieno di moine, sguardi e sorrisi ammiccanti è già "cult". Gli sta dietro un Matt Damon non meno incisivo, che passa con disinvoltura da aitante provincialotto biondo a cotonato mantenuto strafatto.
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(di antonio montefalcone)
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francesca romana cerri
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martedì 10 dicembre 2013
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una storia di interdipendenza perfetta
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Il rapporto che si instaura tra Liberace, famoso pianista, carismatico e di gran fascino e personalità e Schott, il ragazzo giovane e biondo che diventerà subito il suo amante, amico ,convivente e a suo servizio sul piano lavorativo, dipinge una storia di Interdipendenza. Progressivamente Schott perde il suo volto, le sue abitudini, il suo spazio dietro ad un apparente bisogno di Liberace di averlo tutto per sè. Liberace fà una tabula rasa attorno a Schott, lo vuole ancora più bello, ancora più muscoloso, fino a trovarlo progessivamente noioso. Inizialmente geloso e possessivo Liberace, inizia a suscitare in Schott la possessività e il sospetto.
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Il rapporto che si instaura tra Liberace, famoso pianista, carismatico e di gran fascino e personalità e Schott, il ragazzo giovane e biondo che diventerà subito il suo amante, amico ,convivente e a suo servizio sul piano lavorativo, dipinge una storia di Interdipendenza. Progressivamente Schott perde il suo volto, le sue abitudini, il suo spazio dietro ad un apparente bisogno di Liberace di averlo tutto per sè. Liberace fà una tabula rasa attorno a Schott, lo vuole ancora più bello, ancora più muscoloso, fino a trovarlo progessivamente noioso. Inizialmente geloso e possessivo Liberace, inizia a suscitare in Schott la possessività e il sospetto. Come ha fatto con tutti gli amanti Liberace sostituisce Schott con un nuovo giovane, biondo come lui e con l'aria innocente, un altro oggetto su cui eserciterà il suo potere. Schott quando viene messo alla porta quasi impazzisce, ha perso tutto per quest'uomo che lo ha agganciato su un punto fondamentale, il disperato bisogno di Schott di appartenenza, di famiglia, di padre. Schott infatti è orfano e come classicamente avviene nei rapporti di coppia ognuno dei due elementi aggancia l'altro su bisgoni fondamentali che non c'entrano nulla con l'amare alla pari.
Una storia che fà riflettere tutti e disegna con chiarezza dove stà l'amore, ovvero la parità e dove invece regna il possesso e il disequilibrio di potere. La storia narra di due uomini ma è applicabile in toto a molte storie tra donna e uomo. La bravura degli interpreti è eccezionale, le scene di seduzione e di sesso sono piene di erotismo, ed è veramente bello vedere due uomini che si baciano con passione . Direi che è liberatorio non vedere il solito polpettone tra uomo e donna trito e ritrito. I sentimenti sono completamente universali.
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pepito1948
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giovedì 12 dicembre 2013
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liberace, talento ed eccentricità
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I preziosi candelabri che LIberace tiene sul pianoforte nei suoi concerti sono il confine invisibile della sua doppia vita, pubblica e privata. Al di là c’è una massa idolatrante di spettatori, che vedono nel suo look eccentrico e stravagante una trasgressione “ammessa” e divertente, con sfoggio di costosissime pellicce del peso di diecine di chili e con atteggiamenti anticonvenzionali, dove la parola, spesso banale e vacua, è solo un orpello accessorio o tutt’al più un filo sonoro che lo lega empaticamente alle folle estasiate dalla sua rutilante presenza scenica, di intrattenitore e di pianista dotato di un talento fuori del comune.
Dietro ai candelabri e nascosto nel personaggio che si offre alle folle strabiliate dalle sue trovate spettacolari, pulsa il cuore di una persona chiusa in una reggia da reame delle fiabe più note, dove lusso sfrenato, specchi, vetri e luci creano l’effetto di una condizione di “sospensione” dalla vita ordinaria, apparentemente priva delle sue angustie quotidiane.
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I preziosi candelabri che LIberace tiene sul pianoforte nei suoi concerti sono il confine invisibile della sua doppia vita, pubblica e privata. Al di là c’è una massa idolatrante di spettatori, che vedono nel suo look eccentrico e stravagante una trasgressione “ammessa” e divertente, con sfoggio di costosissime pellicce del peso di diecine di chili e con atteggiamenti anticonvenzionali, dove la parola, spesso banale e vacua, è solo un orpello accessorio o tutt’al più un filo sonoro che lo lega empaticamente alle folle estasiate dalla sua rutilante presenza scenica, di intrattenitore e di pianista dotato di un talento fuori del comune.
Dietro ai candelabri e nascosto nel personaggio che si offre alle folle strabiliate dalle sue trovate spettacolari, pulsa il cuore di una persona chiusa in una reggia da reame delle fiabe più note, dove lusso sfrenato, specchi, vetri e luci creano l’effetto di una condizione di “sospensione” dalla vita ordinaria, apparentemente priva delle sue angustie quotidiane. Spersa e sparsa in tale contesto vive la sua corte, ciascuno con il ruolo affidatogli dal re: manager ricchissimo da 10% sui favolosi compensi del capo, cameriere fedele e guardingo, inservienti vari, chirurgo-plastico custode dell’immagine fisica del suo datore di lavoro, l’amante appena scaricato e il nuovo amante da conquistare, e via elencando, in un fluire incessante e frenetico di una vita collettiva che non ammette pause. La bacchetta di Liberace, all’apice del successo e con segni ormai evidenti di rugosità, dirige ogni attività che si svolge nel castello, e sovraindente ai complicati rapporti umani che si intrecciano tra i sudditi e che, oltre ad armonie, creano discrasie, sfoghi emotivi, sottili malcontenti da competizione. Ma tutto è ordinato come un orologio. Regola generale: schiavardare –ma solo tra le pareti del castello- la libera natura di ciascuno, ed in particolare di lui, gay non dichiarato e deciso a mantenere il segreto per non deludere un pubblico tradizionale e bigotto.
Liberace è soddisfatto ma è umanamente solo, il sesso non colma la sua fame di amore e di vicinanza psicologica, finchè non entra nella sua vita il giovane Scott, e tutto il Liberace orpelloso ed imperioso si mette a nudo liberando il fluire di sentimenti finora compressi, che si sciolgono in un rapporto passionale e sfrenato. All’ amante, al confidente, all’amico, Lee arriva ad offrire, oltre a lavoro, ricchezza ed agi smodati, una prova d’amore estrema, come la proposta di adottarlo come figlio. Ma i costi di tutto questo, blindatura in casa, possesso estenuante, sottomissione ad un intervento chirurgo-estetico per avvicinare i connotati a quelli del suo pigmalione, creano un crescente stridore fino alla crisi, in cui Scott, sull’orlo della follia, viene sostituito ed estromesso grazie ad un accordo economico. Lee ricomincerà la girandola dei suoi amanti, ma Scott sarà l’unica presenza confortante quando l’AIDS, dopo averlo divorato, verrà a prenderselo.
Sodergberg, per realizzare a suo modo il biopic di un personaggio di grande e duraturo successo senza negarne l’omosessualità, ha mostrato coraggio e pazienza: ci sono voluti 13 anni –comprese le pause per la malattia di Douglas e gli impegni di Demon- per avviare il primo ciak, faticando non poco per cercare un distributore. Solo l’emittente televisiva via cavo HBO si è prestata a diffondere il film nei puritani USA, film che invece è stato proiettato nei cinema di gran parte del mondo, ottenendo dovunque premi e riconoscimenti.
Liberace fu un fenomeno tipicamente americano; in Italia transitò in qualche trasmissione televisiva, apparendo come un giullare uso a pronunciare frasi al limite del volgare come: “Vi piace questo orologio d’oro? In fondo me lo avete regalato Voi “(ricordo personale e diretto di chi scrive). Fu uno show-man sempre sopra le righe, il primo che osò guardare durante le sue esibizioni dritto nella telecamera; il suo successo sarebbe stato impensabile fuori dei confini americani, ma quello stile eccentrico e fuori del comune ha fatto scuola; a lui sono tributari performers come Presley, Madonna, Elton John, Zero ed altri.
Soderberg è riuscito nell’intento di rendere credibile una relazione gay al massimo della naturalità in un sfondo artificiale e fuori dal mondo, astenendosi dall’esaltare più del necessario l’aspetto kitsch e le manifestazioni debordanti di un personaggio perfettamente consapevole di assomigliare alla caricatura di un normale uomo americano, che fu poi la sua carta vincente. Grandi i due protagonisti, con un Douglas al meglio delle sue possibilità in un ruolo ad alto rischio di cadute, e splendide le ricostruzioni scenografiche, con apoteosi finale (ispirata ad un vero numero di Liberace) che ricorda la scena clou del ballo corale con Giuda “risorto” di Jesus Christ Superstar.
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flyanto
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lunedì 9 dicembre 2013
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quando essere gay non poteva essere rivelato
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Film in cui si racconta la vera storia di Liberace, famoso e talentuoso pianista gay che raggiunse i massimi vertici di notorietà negli Stati Uniti nel corso degli anni '60 e '70. Più che la sua attività professionale che viene presentata già come un fatto scontato e ad un livello di notorietà molto avanzato, il regista Steven Soderbergh pone l'accento soprattutto sulla sua vita personale e sentimentale presentando Liberace come un uomo altamente eccentrico ed all'apice del successo ma fondamentalmente molto solo, essendo circondato da persone interessate per lo più alla sua alla fama ed alla sua ricchezza. Con la presentazione della relazione sentimentale più profonda e lunga di Liberace con il giovane orfano Scott Thorson, Soderbergh coglie l'occasione per affrontare lo spinoso e delicato tema dell' omosessualità e di come questa, in tempi come quelli vissuti negli Stati Uniti negli anni '60/'70, fosse pressoché rifiutata e praticamente non ammessa e riconosciuta nella società, a tal punto da indurre lo stesso Liberace a millantare una predisposizione eterosessuale naturale a lui invece mai appartenuta.
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Film in cui si racconta la vera storia di Liberace, famoso e talentuoso pianista gay che raggiunse i massimi vertici di notorietà negli Stati Uniti nel corso degli anni '60 e '70. Più che la sua attività professionale che viene presentata già come un fatto scontato e ad un livello di notorietà molto avanzato, il regista Steven Soderbergh pone l'accento soprattutto sulla sua vita personale e sentimentale presentando Liberace come un uomo altamente eccentrico ed all'apice del successo ma fondamentalmente molto solo, essendo circondato da persone interessate per lo più alla sua alla fama ed alla sua ricchezza. Con la presentazione della relazione sentimentale più profonda e lunga di Liberace con il giovane orfano Scott Thorson, Soderbergh coglie l'occasione per affrontare lo spinoso e delicato tema dell' omosessualità e di come questa, in tempi come quelli vissuti negli Stati Uniti negli anni '60/'70, fosse pressoché rifiutata e praticamente non ammessa e riconosciuta nella società, a tal punto da indurre lo stesso Liberace a millantare una predisposizione eterosessuale naturale a lui invece mai appartenuta. E così il film praticamente diventa sia un ritratto psicologico di un individuo che quello più oggettivo e critico di un' epoca puritana stessa, venendo il tutto rappresentato da Soderbergh in maniera molto delicata nonchè intrisa di un retrogusto amaro. Il pregio di questa pellicola è determinato da molteplici fattori che sono sia lo stile asciutto e preciso di direzione del regista, sia la riproduzione perfetta dell'ambiente e dei costumi assai particolari, per non dire kitsch, in cui e con cui LIberace operava, che, e soprattutto, l'ottima interpretazione dei due protagonisti principali, Michael Douglas nel ruolo di Liberace e Matt Damon in quello del giovane amante (ma si potrebbe aggiungere a loro anche Rob Lowe in quello del chirurgo plastico), la quale risulta perfetta e naturale e dunque altamente credibile. I ritratti dei personaggi gay che entrambi questi due attori per nulla omosessuali impersonano non sono mai sopra le righe e tali da essere ridotti allo stato di macchiette, ma, pur nel loro eccesso, veritieri e soprattutto molto umani ed approfonditi dal punti di vista psicologico. Insomma, un'opera altamente consigliabile e totalmente da scoprire ed apprezzare a dispetto di come frivola e superficiale possa apparire invece dalla presentazione dei suoi trailers. Ancora una volta Steven Soderbergh si dimostra un talentuoso e del tutto originale regista donando al pubblico un film encomiabile.
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[+] liberace e la millantazione
(di hollyver07)
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[+] correzione a hollyver07
(di pepito1948)
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(di hollyver07)
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yrock
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sabato 28 dicembre 2013
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un film drammaticamente realistico
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Il film in questione, tratta la relazione tra i due protagonisti senza filtri (se non per la cesura), che finalmente mostra una coppia gay, che non faccia sembrare gli omosessuali asessuati o viceversa dei pervertiti. é la storia d'amore che potrebbe capitare (ed è capitata) a molte persone: una relazione segreta e due vite condizionate fino all'estremo dal mondo dello spettacolo. Il lusso fa arrivare le persone a fare cose terribili; la scena del cambiamento di volto di Matt Demon è resa in modo soft ma, in realtà, è raccapricciante.Un altro punto importante viene fissato, l'impossibilità legale e sociale, dell'equiparazione tra coppie eterosessuali ed omosessuali; un ragazzo che vive come il marito di un altro uomo che non avrebbe avuto diritto a nulla,se il suo partner non fosse stato ricco.
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Il film in questione, tratta la relazione tra i due protagonisti senza filtri (se non per la cesura), che finalmente mostra una coppia gay, che non faccia sembrare gli omosessuali asessuati o viceversa dei pervertiti. é la storia d'amore che potrebbe capitare (ed è capitata) a molte persone: una relazione segreta e due vite condizionate fino all'estremo dal mondo dello spettacolo. Il lusso fa arrivare le persone a fare cose terribili; la scena del cambiamento di volto di Matt Demon è resa in modo soft ma, in realtà, è raccapricciante.Un altro punto importante viene fissato, l'impossibilità legale e sociale, dell'equiparazione tra coppie eterosessuali ed omosessuali; un ragazzo che vive come il marito di un altro uomo che non avrebbe avuto diritto a nulla,se il suo partner non fosse stato ricco. La gelosia, le liti, l'amore e l'affetto manifestati in questo film sono quelli di una coppia qualunque rendendo così giustizia, almeno morale, alla discriminazione che vi era al livello legale. Douglas è eccezionale, così lento,mieloso e falso, mentre Damon nelle scene drammatiche cattura la nostra attenzione nelle altre, è bravo a rendere il personaggio assegnatogli: un bel giocattolo che quando è passato di moda non piace più (ma rimane sempre nel cuore). I personaggi di contorno sono del tutto marginali.
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luca scial�
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mercoledì 18 dicembre 2013
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salvato da un grande michael douglas
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Valentino Liberace è un talentuoso, appariscente e famoso pianista. Uno showman eclettico, di grande impatto tanto in teatro quanto in tv. Ha un segreto che non può rivelare allo star system, altrimenti gli farebbe perdere l'ammirazione di molte fan: è gay. Dopo uno spettacolo gli presentano il giovane Scott Thorson, timido, bisessuale alle prime armi, di cui Liberace si infatua, al punto da prenderselo in casa come amante-collaboratore. Tra i due nasce un'intensa storia d'amore, addirittura Valentino gli chiede di rifarsi il lifting per somigliargli. Scott è un oggetto nelle sue mani. Ma come accade a tutti i vip, il loro privato è continuamente minato dalla vita pubblica dell'artista.
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Valentino Liberace è un talentuoso, appariscente e famoso pianista. Uno showman eclettico, di grande impatto tanto in teatro quanto in tv. Ha un segreto che non può rivelare allo star system, altrimenti gli farebbe perdere l'ammirazione di molte fan: è gay. Dopo uno spettacolo gli presentano il giovane Scott Thorson, timido, bisessuale alle prime armi, di cui Liberace si infatua, al punto da prenderselo in casa come amante-collaboratore. Tra i due nasce un'intensa storia d'amore, addirittura Valentino gli chiede di rifarsi il lifting per somigliargli. Scott è un oggetto nelle sue mani. Ma come accade a tutti i vip, il loro privato è continuamente minato dalla vita pubblica dell'artista...
Soderbergh si è dimostrato, lungo la sua proficua carriera, un regista eclettico. Capace di saltare da un genere all'altro con buoni risultati. Qui si cimenta per la prima volta in un film biografico, presentandoci la vita "esagerata" di Wladziu Valentino Liberace. Il film si concentra soprattutto sul suo rapporto col giovane Scott Thorson. Ma lo fa in modo morboso, appesantito. L'aspetto più interessante della pellicola diventa la grande interpretazione di Michael Douglas, lasciatosi alle spalle un tumore alla gola, nei panni di Liberace. Si addentra egregiamente nei panni di un omosessuale, scambiandosi effusioni riuscite e convincenti con Matt Damon, anch'egli nei panni di un gay però meno palesato: Scott.
Ben costruito il finale, che bene da' l'idea di quanto un uomo dello spettacolo, attorniato da fama e successo, si ritrovi quasi sempre da solo. Ingoiato dal suo stesso egocentrismo.
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gabriella
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giovedì 29 settembre 2016
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tra commedia e dramma
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Ogni tanto nel deserto televisivo viene proposto qualcosa di decente, ieri sera è stata la volta di questo film, concepito appunto per la televisione. Nonostante la firma di Steven Sodenbergh, che solitamente mi lascia perplessa, non essendo un regista nelle mie corde, stavolta devo dire che è stata una gradevole sorpresa , benchè non tutto sia perfetto. Wladziu Valentino Liberace( interpretato da un Michel Douglas in una delle sue migliori performance) è stato un celebre pianista tra gli anni 50 e gli anni 80, compositore tra l'altro di numerose colonne sonore , personaggio decisamente eccentrico e stravagante, le sue esibizioni erano a dir poco barocche e ridondanti, aveva l'abitudine di piazzare un candelabro sul pianoforte, il suo fare carismatico faceva impazzire le donne.
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Ogni tanto nel deserto televisivo viene proposto qualcosa di decente, ieri sera è stata la volta di questo film, concepito appunto per la televisione. Nonostante la firma di Steven Sodenbergh, che solitamente mi lascia perplessa, non essendo un regista nelle mie corde, stavolta devo dire che è stata una gradevole sorpresa , benchè non tutto sia perfetto. Wladziu Valentino Liberace( interpretato da un Michel Douglas in una delle sue migliori performance) è stato un celebre pianista tra gli anni 50 e gli anni 80, compositore tra l'altro di numerose colonne sonore , personaggio decisamente eccentrico e stravagante, le sue esibizioni erano a dir poco barocche e ridondanti, aveva l'abitudine di piazzare un candelabro sul pianoforte, il suo fare carismatico faceva impazzire le donne. Ma dietro la facciata pubblica , Lee ( così era chiamato dagli amici), nascondeva quella che al tempo era considerato un vero tabù, ovvero la sua omesessualità. Negli anni 70, epoca in cui l'artista si avvicinava ai 60 anni, s'invaghisce di un sedicenne Scott Thorson ( Matt Damon), i due hanno un'intensa relazione costellata da una grande passione ma anche di battibecchi, gelosie e discussioni. Scott entra a far parte di u mondo dorato, vestiti sgargianti, gioielli vistosi, cappotti di pelliccia e auto dorate, si fa travolgere dal lusso e dalla bella vita , diventa da ciò che inizialmente sembrerebbe un dominatore , data la giovane età, da dominato. Lee è cappriccioso, volubile, tremendamente narcisista, pretende che il giovane diventi il suo specchio riflesso, lo manipola, lo gestisce a suo piacimento, fino a trasformarlo in un essere simile a lui, attraverso la chirurgia estetica, un circolo vizioso che porta la relazione al logoramento. Il voler reinventare il giovane amante, mi ha fatto venire in mente un film francese del 2001 , diretto da Bernard Rapp " Un affare di gusto", in cui un ricco industriale assume un cameriere affinchè gli faccia da assaggiatore personale, ma lo scopo principale è quello di creare un clone di sè stesso, per potersi appunto riconoscere, compiaciuto nell'altro, quindi lo usa, lo gestisce a suo piacimento, fino ad annullarne completamente la sua personalità, soggiogandolo in un gioco perverso e spietato. Nel film di Sodenbergh, viene privilegiata la complessa storia d'amore tra i due protagonisti, anzichè lo showman forse il più pagato all'epoca, con il risultato di una prima parte divertente ( ricorda un pò il vizietto, certe scene), e una seconda parte che un tantino si sgretola forse per l'eccessiva lunghezza, ma che sa rendere bene l'immagine di un uomo costretto a mentire sulla sua natura perchè il prezzo da pagare sarebbe stato insopportabile, e che se rivelato avrebbe sicuramente posto fine alla sua carriera. I due interpreti sono assolutamente credibili, in un ruolo certamente non facile , anche per il carattere dei personaggi che , diciamolo non suscitano la commozione e la tenerezza di Heath Ledger e Jake Gyllenhaal di "Brokeback mountain", ma che proprio per la loro fragiltà cammuffata tra lustrini e pailette e parrucche con ciuffi improbabili, si intravede , dietro il sipario, una sofferenza privata, lontana dai riflettori e dai fans.
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jaylee
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domenica 15 dicembre 2013
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una vita esagerata (il film meno)
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Walter “Lee” Liberace è stato un pianista e performer enormemente famoso negli USA per un periodo che va dagli anni 30 agli anni 80; talento incredibile, e uno stile di vita palesemente (ma non dichiarato) gay in un Paese dove l’outing è tuttora la tomba professionale per molti artisti. Muore di AIDS nel 1987, una delle prime star USA colpite dal siero HIV, cosa che fu peraltro negata fin dopo la sua morte dai suoi legali per molto tempo.
Steven Soderbergh alla regia, Dietro I Candelabri racconta della relazione di Liberace (M. Douglas) con Scott Thorson (M. Damon) di 40 anni più giovane di lui, assunto per fargli da segretario, guardia del corpo, confidente, ed ovviamente amante.
Se “eccessivo” era l’obiettivo che si era posto Soderbergh, allora c’è da dire che la sua opera lo ha senz’altro raggiunto.
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Walter “Lee” Liberace è stato un pianista e performer enormemente famoso negli USA per un periodo che va dagli anni 30 agli anni 80; talento incredibile, e uno stile di vita palesemente (ma non dichiarato) gay in un Paese dove l’outing è tuttora la tomba professionale per molti artisti. Muore di AIDS nel 1987, una delle prime star USA colpite dal siero HIV, cosa che fu peraltro negata fin dopo la sua morte dai suoi legali per molto tempo.
Steven Soderbergh alla regia, Dietro I Candelabri racconta della relazione di Liberace (M. Douglas) con Scott Thorson (M. Damon) di 40 anni più giovane di lui, assunto per fargli da segretario, guardia del corpo, confidente, ed ovviamente amante.
Se “eccessivo” era l’obiettivo che si era posto Soderbergh, allora c’è da dire che la sua opera lo ha senz’altro raggiunto. I costumi, le ambientazioni, la reggia di oro, marmi, e pietre preziose, le rolls royce, i barboncini, il lusso sfrenato, Las Vegas… Se Willy Wonka si fosse occupato di gioielli, invece che di cioccolato, probabilmente sarebbe vissuto a Villa Liberace.
Così come eccessive sono le interpretazioni del film, su tutti ovviamente Michael Douglas, al quale si deve riconoscere un gran coraggio nell’affrontare, probabilmente a fine carriera, un ruolo non tanto omosessuale quanto “camp”, dopo esser stato negli anni 80 e 90 un sex symbol nei vari Basic Instict, Attrazione Fatale, Rivelazioni… L’impegno non solo è notevole, ma addirittura (rieccoci) eccessivo, visto che appare ancora più gay che nelle apparizioni dello showman, ancora visibili in rete; e ci regala un personaggio piuttosto odioso e petulante: un Elton John perennemente in crisi pre-mestruale. Idem per quanto riguarda Matt Damon, forse però meno bi-dimensionale dell’amante maturo, stallone cotonato, ignorante, palestrato, bigotto (!) e alla fine usato dall’altro. Un bel tocco del regista è far vedere la stessa scena due volte: la prima volta è il “vecchio” amante Billy che mangia al tavolo senza degnare di uno sguardo il nuovo Scott, la seconda volta è lo stesso Scott che riserva lo stesso trattamento al suo futuro successore Cary. La vita di Liberace come uno spettacolo che, meraviglioso e lucente da vicino, semplicemente è una scontata replica vista da abbastanza lontano… prevedibile (ogni) finale, col giovane amante scaricato che porta il vecchio artista in tribunale per spillargli soldi un’ultima volta.
Giudizio finale? Poco convincente, soprattutto la prima ora che sembra veramente una parodia o una farsa. Tra tanti personaggi posticci, spicca Rob Lowe, che ci regala un chirurgo plastico (ovviamente gay) patetico come pochi… e alcune chicche mostruose, come Liberace che non potrà chiudere completamente gli occhi dopo i suoi terrificanti trattamenti in sala operatoria.
Migliore la seconda parte, soprattutto il funerale finale, un trionfo del kitsch (ma riuscito, a differenza della maggior parte del film)ma non abbastanza per salvare il film. Curioso che , per un film dalle modalità così eccessive, il tutto sembra fin troppo insapido alla fine. Facciamo una metafora in linea col film? Se fosse un vino, Dietro i Candelabri sarebbe uno di quei rossi dal bouquet ricchissimo, ma che una volta aperto si rivela senza carattere.
Dopo Magic Mike (e solo parzialmente riscattato da Danni Collaterali), Soderbergh appare in picchiata, lontanissimo da Traffic, Bubble, e persino Ocean’s Eleven. “Too much of a Good Thing … is Just Wonderful”. Non sempre, Lee. (www.versionekowalski.it)
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catcarlo
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giovedì 9 gennaio 2014
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dietro i candelabri
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Regista dalla carriera saltabeccante, Soderbergh si lascia volentieri andare ad azzardi che non sempre è ben capace di padroneggiare. In questo caso, però, la sfida può dirsi vinta: non era certo semplice mettere in immagini la sceneggiatura di Richard LaGravenese tratta dalle memorie di Scott Thorson sul rapporto tra quest’ultimo e Liberace, a partire dalle idee preconcette che possono azzoppare una progetto simile. Pur in un periodo di outing diffusi (e qualche anno dopo ‘I segreti di Brokeback Mountain’), nessuno negli Stati Uniti ha voluto produrre il film tranne la rete via cavo HBO – e difatti imdb lo cataloga come ‘TV Movie’ – con la conseguenza che la distribuzione in sala è stata riservata al resto del mondo: benché l’argomento non sia certo dei più edificanti – una persona famosa, ricca e anziana che ne soggioga, dal punto di vista sentimentale e psicologico, una con molti anni di meno per poi mettere al suo posto carne più fresca – vien difficile pensare che problemi analoghi si sarebbero palesati in caso di personaggi di sesso differente.
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Regista dalla carriera saltabeccante, Soderbergh si lascia volentieri andare ad azzardi che non sempre è ben capace di padroneggiare. In questo caso, però, la sfida può dirsi vinta: non era certo semplice mettere in immagini la sceneggiatura di Richard LaGravenese tratta dalle memorie di Scott Thorson sul rapporto tra quest’ultimo e Liberace, a partire dalle idee preconcette che possono azzoppare una progetto simile. Pur in un periodo di outing diffusi (e qualche anno dopo ‘I segreti di Brokeback Mountain’), nessuno negli Stati Uniti ha voluto produrre il film tranne la rete via cavo HBO – e difatti imdb lo cataloga come ‘TV Movie’ – con la conseguenza che la distribuzione in sala è stata riservata al resto del mondo: benché l’argomento non sia certo dei più edificanti – una persona famosa, ricca e anziana che ne soggioga, dal punto di vista sentimentale e psicologico, una con molti anni di meno per poi mettere al suo posto carne più fresca – vien difficile pensare che problemi analoghi si sarebbero palesati in caso di personaggi di sesso differente. All’inizio degli anni settanta, Wladziu/Walter Liberace è un pianista e intrattenitore di successo che si esibisce tra scenografie scintillanti (inclusi i candelabri sul pianoforte) e vestiti sfarzosi: forte di una carriera che ormai dura da trentacinque anni, ha accumulato milioni, case che offrono ogni lusso e una piccola corte che si occupa dei suoi affari. E’ omosessuale, ma lo nega (ha vinto anche un processo in merito): quando incontra il giovane Thorson, se ne invaghisce, molla il suo protetto del momento e inizia una relazione lunga sette anni costituita di passione e anche amore (almeno all’inizio), ma nella quale il più forte finisce per sopraffare l’altro – il ragazzo accetta anche una plastica facciale per assomigliare al Liberace giovane. Tutto finisce nel peggiore dei modi – davanti al giudice per una causa che lascia Scott con un pugno di mosche – ma il legame, per quanto attenuato, sembra non spezzarsi mai. Il loro è un rapporto pieno di zone oscure e di cose non dette, ma stupirebbe la sincerità in un mondo come quello in cui vivono: i palchi pacchiani su cui Scott, vestito da autista, accompagna Liberace per esibizioni davanti a folle di donne adoranti, le ville luccicanti ed esagerate del pianista, l’alcool e la droga a fiumi, una fauna umana pericolosa, tra l’avido e l’inquietante. Il film inizia su un tono più leggero, quasi di commedia, e si va incupendo con il passare dei minuti fino ad assestarsi su un registro drammatico: la transizione, però, non riesce appieno, pregiudicando così la riuscita complessiva con una seconda parte che non riesce a mantenere la brillantezza della prima per colpa di qualche ridondanza e indecisione di troppo. Si tratta di difetti che vengono comunque compensati dall’accurata ricostruzione d’epoca – dal punto di vista visivo, ma anche dello spirito – e, soprattutto, da una notevolissima prova degli attori. E’ doveroso citare almeno Rob Lowe, sotto il faticosissimo trucco del chirurgo estetico dotor Startz, Dan Aykroyd, in pratica irriconoscibile nei panni di Seymour Heller, e Debbie Reynolds che interpreta la madre di Liberace, Frances, ma chi eccelle dalla cintola in su sono i due interpreti principali, capaci di immedesimarsi nei due non facili ruoli sempre in primo piano con una bravura davvero sorprendente. Impossibile scegliere tra un Michael Douglas, forse al suo apice, che impersona un Liberace all’epoca dei fatti ben più giovane di lui e Matt Damon che riesce a vestire i panni di un ragazzo con la metà dei suoi anni senza che lo spettatore se ne accorga: sono loro il vero punto di forza di una pellicola che, pur non perfetta, val comunque la pena di essere vista (senza pregiudizi).
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