Dietro i candelabri

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Un film di Steven Soderbergh. Con Michael Douglas, Matt Damon, Dan Aykroyd, Scott Bakula, Rob Lowe (II).
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Titolo originale Behind the Candelabra. Biografico, durata 118 min. - USA 2013. - 01 Distribution uscita giovedì 5 dicembre 2013. MYMONETRO Dietro i candelabri * * * - - valutazione media: 3,28 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Dietro i candelabri Valutazione 3 stelle su cinque

di catcarlo


Feedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo
giovedì 9 gennaio 2014

Regista dalla carriera saltabeccante, Soderbergh si lascia volentieri andare ad azzardi che non sempre è ben capace di padroneggiare. In questo caso, però, la sfida può dirsi vinta: non era certo semplice mettere in immagini la sceneggiatura di Richard LaGravenese tratta dalle memorie di Scott Thorson sul rapporto tra quest’ultimo e Liberace, a partire dalle idee preconcette che possono azzoppare una progetto simile. Pur in un periodo di outing diffusi (e qualche anno dopo ‘I segreti di Brokeback Mountain’), nessuno negli Stati Uniti ha voluto produrre il film tranne la rete via cavo HBO – e difatti imdb lo cataloga come ‘TV Movie’ – con la conseguenza che la distribuzione in sala è stata riservata al resto del mondo: benché l’argomento non sia certo dei più edificanti – una persona famosa, ricca e anziana che ne soggioga, dal punto di vista sentimentale e psicologico, una con molti anni di meno per poi mettere al suo posto carne più fresca – vien difficile pensare che problemi analoghi si sarebbero palesati in caso di personaggi di sesso differente. All’inizio degli anni settanta, Wladziu/Walter Liberace è un pianista e intrattenitore di successo che si esibisce tra scenografie scintillanti (inclusi i candelabri sul pianoforte) e vestiti sfarzosi: forte di una carriera che ormai dura da trentacinque anni, ha accumulato milioni, case che offrono ogni lusso e una piccola corte che si occupa dei suoi affari. E’ omosessuale, ma lo nega (ha vinto anche un processo in merito): quando incontra il giovane Thorson, se ne invaghisce, molla il suo protetto del momento e inizia una relazione lunga sette anni costituita di passione e anche amore (almeno all’inizio), ma nella quale il più forte finisce per sopraffare l’altro – il ragazzo accetta anche una plastica facciale per assomigliare al Liberace giovane. Tutto finisce nel peggiore dei modi – davanti al giudice per una causa che lascia Scott con un pugno di mosche – ma il legame, per quanto attenuato, sembra non spezzarsi mai. Il loro è un rapporto pieno di zone oscure e di cose non dette, ma stupirebbe la sincerità in un mondo come quello in cui vivono: i palchi pacchiani su cui Scott, vestito da autista, accompagna Liberace per esibizioni davanti a folle di donne adoranti, le ville luccicanti ed esagerate del pianista, l’alcool e la droga a fiumi, una fauna umana pericolosa, tra l’avido e l’inquietante. Il film inizia su un tono più leggero, quasi di commedia, e si va incupendo con il passare dei minuti fino ad assestarsi su un registro drammatico: la transizione, però, non riesce appieno, pregiudicando così la riuscita complessiva con una seconda parte che non riesce a mantenere la brillantezza della prima per colpa di qualche ridondanza e indecisione di troppo. Si tratta di difetti che vengono comunque compensati dall’accurata ricostruzione d’epoca – dal punto di vista visivo, ma anche dello spirito – e, soprattutto, da una notevolissima prova degli attori. E’ doveroso citare almeno  Rob Lowe, sotto il faticosissimo trucco del chirurgo estetico dotor Startz, Dan Aykroyd, in pratica irriconoscibile nei panni di Seymour Heller, e Debbie Reynolds che interpreta la madre di Liberace, Frances, ma chi eccelle dalla cintola in su sono i due interpreti principali, capaci di immedesimarsi nei due non facili ruoli sempre in primo piano con una bravura davvero sorprendente. Impossibile scegliere tra un Michael Douglas, forse al suo apice, che impersona un Liberace all’epoca dei fatti ben più giovane di lui e Matt Damon che riesce a vestire i panni di un ragazzo con la metà dei suoi anni senza che lo spettatore se ne accorga: sono loro il vero punto di forza di una pellicola che, pur non perfetta, val comunque la pena di essere vista (senza pregiudizi).

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