andrea giostra
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mercoledì 6 febbraio 2013
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the impossible!
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The Impossible (2012)
Già turbolento dalle prime immagini che promettono ansia, angoscia, spavento.
La ricostruzione di Juan Antonio Bayona del maremoto dell’Oceano Indiano della notte del 26 dicembre del 2004, è straordinariamente reale e tuffa lo spettatore, ipnotizzandolo, dentro il disastro naturale thailandese che ha causato migliaia e migliaia di morti, le cui ferite sono ancora aperte e fanno lacrimare gocce di disperazione e di disarmante impotenza.
Se fosse stato fatto in 3D, il pubblico delle sale cinematografiche avrebbe più volte sobbalzato dalla poltrona e gli spettatori più freddi, apparentemente, avrebbero assistito ad un inaspettato ed imprevedibile fuggi fuggi.
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The Impossible (2012)
Già turbolento dalle prime immagini che promettono ansia, angoscia, spavento.
La ricostruzione di Juan Antonio Bayona del maremoto dell’Oceano Indiano della notte del 26 dicembre del 2004, è straordinariamente reale e tuffa lo spettatore, ipnotizzandolo, dentro il disastro naturale thailandese che ha causato migliaia e migliaia di morti, le cui ferite sono ancora aperte e fanno lacrimare gocce di disperazione e di disarmante impotenza.
Se fosse stato fatto in 3D, il pubblico delle sale cinematografiche avrebbe più volte sobbalzato dalla poltrona e gli spettatori più freddi, apparentemente, avrebbero assistito ad un inaspettato ed imprevedibile fuggi fuggi.
L’ansia e l’angoscia vengono ben coltivati durante tutta la proiezione.
Ma i veri protagonisti sono le emozioni e gli impulsi innati che appartengono alla natura dell’uomo: l’istinto di sopravvivenza prende immediatamente, insieme alle onde anomale del gigantesco tsunami, il sopravvento, per cedere subito dopo senza esitazione la scena all’istinto materno e all’amore filiale.
Ma le tragedie più grandi hanno sempre fatto emergere la vera natura dell’essere umano, nel bene e nel male:
- “Ho bisogno di chiamare a casa. Posso usare il suo telefono?”
- “Ehi, amico! Guardati intorno! Ho la batteria quasi scarica. Serve a noi.”
In questa, che sembra una scena in cui prevale il cinismo più crudele, è invece l’istinto di sopravvivenza che non riesce a cedere il passo alla solidarietà.
Bayona è molto bravo a far serpeggiare la paura e l’angoscia tra le poltrone del cinema illuminate da uno schermo che lancia ondate tumultuose e devastanti di spavento e terrore.
Ma la vera paura non è quella di essere travolti dalle onde e morire. La vera paura è ritrovarsi, dopo essere riemersi dall’acqua fangosa e soffocante, soli e con la consapevolezza di aver perso tutto:
- “Sai qual è stato il momento più brutto?” chiede Ewan McGregor al più piccolo dei suoi figli, Samuel Joslin.
- “Quando è arrivata l’acqua” risponde d’istinto il piccolo al padre.
- “No - replica McGregor - quando sono riemerso e mi sono ritrovato solo”.
E’ la solitudine nelle disgrazie il vero terrore dell’uomo. In fondo, è la solitudine che più di ogni altra cosa l’uomo teme, che lo terrorizza e gli fa paura.
Ma il film racconta un miracolo, racconta l’impossibile realmente accaduto. Ed è proprio “the impossible” che utilizza il bravo Bayona, aiutato dal suo attento sceneggiatore Sergio G. Sanchez, per esorcizzare il terrore che imprigiona l’uomo vittima delle grandi catastrofi naturali, e ridargli quella forza divina ed infinita che alimenta la speranza.
PS – E’ sorprendente la somiglianza del giovane e bravissimo Tom Holland, Lucas nel film, con l’altrettanto bravissimo Jamie Bell diventato famosissimo con la straordinaria interpretazione di Billy Elliot nel film di Stephen Daldry del 2000.
(recensione di Andrea Giostra – andreagiostra@libero.it)
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lucblaks
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giovedì 31 gennaio 2013
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qundo la verità è terrore
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Quando in genere faccio una recensione c'è sempre qualcosa,negativa o positiva,che mi porta a farla. Questa volta è stato diverso. Con The Impossible il mio cuore,la mia coscienza, la mia integrità umana mi hanno portato ad appicicarmi allo schermo del computer. Molti lo hanno criticato in quanto metesse in risalto il lato horror dell'avvenimento in modo spudorato. Ma cosa possiamo farci noi se l'orrore è la realtà stessa? Forse è questa la domanda che il talentuoso regista spagnolo vuole porre al publico... Non si può realizzare un film minimalizzandolo senza raccontare la verità. La brutalità di the impossible,purtroppo,è sincera e non è per tutti.
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Quando in genere faccio una recensione c'è sempre qualcosa,negativa o positiva,che mi porta a farla. Questa volta è stato diverso. Con The Impossible il mio cuore,la mia coscienza, la mia integrità umana mi hanno portato ad appicicarmi allo schermo del computer. Molti lo hanno criticato in quanto metesse in risalto il lato horror dell'avvenimento in modo spudorato. Ma cosa possiamo farci noi se l'orrore è la realtà stessa? Forse è questa la domanda che il talentuoso regista spagnolo vuole porre al publico... Non si può realizzare un film minimalizzandolo senza raccontare la verità. La brutalità di the impossible,purtroppo,è sincera e non è per tutti. E' un pugno nello stomaco nei confronti dello spettatore che non tirerà un sospiro di sollievo per tutta la durata della pellicola. Potrei dileguarmi troppo in questo quindi parliamo di cinema. Si,perchè The Impossible è cinema. E' cinema per molti motivi. Il primo è l'elemento portante della pellicola: Naomi Watts. La bellissima,e soprattutto bravissima,attrice inglese si cala perfettamente nei panni di Maria, madre,moglie e dotoressa. E' quasi buffo come all'inizio della pellicola si mostra così vulnerabile anche a delle semplici turbolenze in aereo senza sapere cosa a breve dovrà affrontare. Bhè sapete cosa vi dico? La Watts ha dato un'interpretazione da Oscar! Dalla scena dello tsunami in poi ha recitato la sua parte alla perfezione,quasi in maniera viscerale, facendo provare al publico ogni sua sofferenza fisica ma anche psicologica. Il resto del cast è formidabile da Ewan McGregor,bravissimo anche lui, al giovane Tom Holland,un esordio straordinario. La regia non è neanche lontanamente discutibile. La regia di Bayona è VERA. Si,non smentisco,non risparmia nulla,neanche le scene che neanche Quentin Tarantino e Dario Argento insieme potrebbero immaginare ( e ho detto tutto). La fotografia è meravigliosa e terirbilmente realistica così come la splendida colonna sonora. Il finale non lascia nessuna speranza allo spettatore. Ogni componente della famiglia dal più grande al più piccolo dovrà convivere con ricordi e pezzi della catastrofe che verso gli ultimi minuti della pellicola verrano resi molto espliciti. A volte coloro che hanno il coraggio di mettere in luce una verità così spaventosa senza alcun minimo di paura può solo fare del bene. Perchè vedete la violenza in questa caso va ben oltre alla scene esplicite del film. La violenza in The Impossible accomopagnerà i superstiti dell'accaduto per sempre. La violenza in questo caso aiuta noi,semplici spettatori,a non dimenticare.
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[+] non è un horror
(di sibyc)
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[+] splendido
(di elisamuse)
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ashtray_bliss
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mercoledì 23 gennaio 2013
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potente. struggente. emozionante e indimenticabile
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Un film che parla di sentimenti e che colpisce dritto al cuore di ogni spettatore. Un film che narra la drammatica storia di una famiglia, come tante altre, che si reco' in Thailandia per le vacanze e si ritrovo' a lottare per uscire da un incubo.
Il film parte subito, evitando inutili preludi, con la famiglia di Maria, Henry e i loro 3 figli maschi che atteranno in Thailandia e arrivano in una localita' marittima la vigiglia di natale, festeggiando serenamente la giornata natalizia. Ma purtroppo la calma e tranquillita' che regna sovrana nel paradiso per famiglie verra' spezzato bruscamente il 26 dicembre 2004 quando un muro d'acqua, l'onda anomala detta tsunami si abbatte sulle coste in pochi attimi ma con tanta violenza; causando morte e devastazione ovunque.
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Un film che parla di sentimenti e che colpisce dritto al cuore di ogni spettatore. Un film che narra la drammatica storia di una famiglia, come tante altre, che si reco' in Thailandia per le vacanze e si ritrovo' a lottare per uscire da un incubo.
Il film parte subito, evitando inutili preludi, con la famiglia di Maria, Henry e i loro 3 figli maschi che atteranno in Thailandia e arrivano in una localita' marittima la vigiglia di natale, festeggiando serenamente la giornata natalizia. Ma purtroppo la calma e tranquillita' che regna sovrana nel paradiso per famiglie verra' spezzato bruscamente il 26 dicembre 2004 quando un muro d'acqua, l'onda anomala detta tsunami si abbatte sulle coste in pochi attimi ma con tanta violenza; causando morte e devastazione ovunque. E partendo da questo tragico evento, realmente accaduto, "The Impossible" si concentra nel seguire la storia di questa famiglia di come si siano tutti miracolosamente salvati ed infine ritrovati.
Principalmente seguiamo cio' che accadde a Maria e il figlio adolescente Lucas, i quali riemersi dall'acqua si ritrovano a combattere contro la forza delle onde che continua inesorabile a trascinarli lontano, sbattendoli su oggetti galleggianti, auto e alberi. Quel che fu di una bellissima localita' costiera ormai e' stato spazzato via per sempre. Alla fine Maria e Lucas riusciranno a raggiungersi ma la paura ora e' il sentimento dominante. Non appena raggiungono un pezzo di terra non inondato cercheranno di mettersi in salvo da una nuova ed eventuale onda. L'istinto di sopravvivenza misto a quello della paura hanno il soppravvento nel giovane Lucas ma la madre lo convincera' a cercare di portare in salvo con loro una altro bambino, Daniel, anch'esso superstite della tragedia. L'umanita' e' rappresentata nel volto di Maria. L'istinto di sopravvivenza e conservazione del piu' abile e forte (echeggiante la teoria Darwiniana) e' rappresentata dal figlio Lucas.
Da li a presto arriveranno i primi soccorsi dagli abitanti locali i quali si premurano di dar ai tre malcapitati vestiti puliti e di trasportarli nell'ospedale piu' vicino. Per le strade e' il caos: distruzione, desolazione, morte. Ma non c'e' spazio ne tempo per il dolore, per piangere i frattellini e il papa' dispersi, il giovane Lucas e' ora preoccupato per la madre, gravemente ferita, la quale necessita di cure immediate. Anche nell'ospedale la situazione non e' migliore. Gli ospedali sono diventati rifugi per persone che hanno perso la propria casa, gente che cerca di ritrovare disperatamente i propri cari, persone ferite o in fin di vita.
Le immagini crude rappresentano la realta' di quei giorni e non lasciano spazio per l'ottimismo.
Ma la speranza riemerge incarnandosi di nuovo nel personaggio interpretato (come sempre ottimamente bene) da McGregor. Il padre che e' insieme ai due figli piu' piccoli non si vuole arrendere nel cercare i famigliari dispersi, la moglie Maria e il figlio Lucas. Per loro e' disposto a restare anche la notte nel Resort dove alloggiavano e continuare da solo le invane e pericole richerche sotto cumuli di oggetti. Per farlo si separera' momentaneamente anche dai suoi bambini, e incontrera' persone che non hanno avuto un destino migliore del suo. Di nuovo, ci si scontra tra l'umanita' e la disumanita' che pervade le persone anche in casi estremamente drammatici come quello (vedi l'uomo che nega di prestare il cellulare a Henry, e il giovane padre che invece glielo lascia usare liberamente).
Di nuovo i sentimenti regnano sullo schermo: lo sconforto, la disperazione, la rabbia e anche una momentanea rassegnazione, prima che Henry prometta a se stesso (e alla sua famiglia a casa) di non smettere di cercare mai la moglie e il figlio.
L'uomo, insieme ad un piccolo gruppo di persone, inizia cosi un disperato tentativo: quello di fermarsi in tutti gli ospedali dove sono stati trasportati i feriti e cercare tra le liste i nomi dei suoi famigliari (e quelli del suo gruppo). Una missione che sembra non portare alcun risultato positivo, come frugare in un pagliaio. Fino al giorno in cui, la fatalita' riesce a riunire dapprima i tre fratelli tra loro e successivamente il padre.
Un evento struggente ma a lieto fine, quello della vera famiglia spagnola la quale riusci a sopravvivere ad uno degli eventi piu' terribili e devastanti del 21esimo secolo. Ma non credete che quando parlo di lieto fine intenda dire il solito happy-end all'americana. I sentimenti di gioia e felicita' esistono ma si esprimono in giusta misura nei pressi dell'onda di tragedia che ha avvolto la famiglia in questione. Lacrime, commozione sono le parole chiave dei sentimenti legati alle scene finali del film. Immagini di una famiglia comunque distrutta, dagli eventi che ha vissuto, dalle peripezie che li ha provati...sia nella mente che nel corpo:
Le immagini dell'onda che si abbatte con violenza restano impresse nella mente di tutti, e i segni fisici della tragedia sono ben evidenti: Iniziano dalle ferite sul corpo di Maria e finiscono con il biglietto che Henry si ritrova del suo compagno di ricerca (che ha perso moglie e figlioletta sulla spiaggia).
The Impossible non e' un disaster-movie ma un film con sguardo sobrio e umano sulla tragedia dello tsunami che colpi le coste Thailandesi nel 2004 e costo la vita a centinaia di persone. E' un film che parla di sentimenti ed emozioni, e che per questo punta al cuore degli spettatori, piuttosto che sbalordirli con effetti speciali impeccabili degni di Ronald Emmerich. Ed una cosa che fa particolarmente apprezzare il movie sono anche le ottime interpretazioni dei protagonisti.
Intensa e potente l'interpretazione della Watts che impersona il dolore delle ferite che non guariranno mai ma anche la misericordia. Bravissimo il giovane ed emergente Tom Holland che porta sullo schermo un personaggio che si trova davanti ad una maturita' precoce dovendosi prendere cura prima della madre ferita e poi aiutando i dispersi in ospedale.
Impeccabile come sempre McGregor.
The Impossible risulta dunque un prodotto validissimo, supportato da ottime interpretazioni e basato su una storia vera, tanto quella della famiglia in questione, quanto quella sullo sfondo: della tragedia umana provocata dalla sorprendente e imprevedibile bestialita' della natura.
Imperdibile. Per ricordare e per riflettere sui legami indissolubili tra genitori e figli.
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(di sibyc)
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donni romani
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lunedì 11 febbraio 2013
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l'orrore negli occhi e nel cuore
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Potente, emozionante, terrificante ed inquietante. La forza della natura che sconvolse il mondo con lo tsunami del 26 Dicembre 2004 è ricostruita nel film di Baytona con una aderenza, emotiva e fisica, che inchioda alle immagini, e attraverso esse, fa percepire tutto l'orrore, la paura, la sensazione di solitudine dell'uomo di fronte all'eterna incontrollabile forza degli agenti atmosferici ma anche di fronte alla morte, al destino, al nulla che ci circonda se svuotiamo la realtà di volti, oggetti, ricordi e certezze. Siamo in Thailandia e la famiglia Bennett, Maria - Naomi Watts, meritatissima candidatura all'Oscar per questo ruolo - Henry - Ewan Mc Gregor scarno nei gesti e nelle parole quanto intenso negli sguardi sperduti - e i loro tre figli sono in vacanza in un resort sulla spiaggia.
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Potente, emozionante, terrificante ed inquietante. La forza della natura che sconvolse il mondo con lo tsunami del 26 Dicembre 2004 è ricostruita nel film di Baytona con una aderenza, emotiva e fisica, che inchioda alle immagini, e attraverso esse, fa percepire tutto l'orrore, la paura, la sensazione di solitudine dell'uomo di fronte all'eterna incontrollabile forza degli agenti atmosferici ma anche di fronte alla morte, al destino, al nulla che ci circonda se svuotiamo la realtà di volti, oggetti, ricordi e certezze. Siamo in Thailandia e la famiglia Bennett, Maria - Naomi Watts, meritatissima candidatura all'Oscar per questo ruolo - Henry - Ewan Mc Gregor scarno nei gesti e nelle parole quanto intenso negli sguardi sperduti - e i loro tre figli sono in vacanza in un resort sulla spiaggia. La mattina del 26 Dicembre in una spensierata giornata di sole che la famiglia sta trascorrendo in piscina - discutendo sul rischio di aver dimenticato di inserire l'allarme e quindi su possibili furti (dialogo che ci ricorda quanto futili siano le nostre preoccupazioni il più delle volte) la tragedia che nessuno mai poteva immaginare si abbatte silenziosa, uno tsunami devastante travolge cose e persone, rade al suolo alberi secolari e trascina in un vortice di fango, detriti e orrore tutto ciò che incontra. Salvarsi è una combinazione di fortuna, tenacia, coraggio e aiuto. Così Maria, che sta andando alla deriva ferita, scorge il figlio più grande Lucas fra le acque e fa di tutto per raggiungerlo, e per mettersi in salvo con lui arrampicandosi su un albero. La voce di un bambino che piange li spinge a ritardare la loro salvezza per recuperarlo e le scene dei tre abbarbicati ai rami che si danno conforto a vicenda sono sincere e toccanti nella loro sobrietà. Arriveranno i soccorsi e i tre verranno portati in un Ospedale talmente affollato da ricordare un girone dantesco, con i nomi dei dispersi gridati dai parenti con strazianti urla. Henry nel frattempo ha portato in salvo i due figli più piccoli, ma non si arrende alla scomparsa di Maria e Lucas, e li cerca per tutta la città, attraversando i campi profughi, incontrando solidarietà e non arrendendosi mai, nonostante le ferite e la paura. Quando riusciranno a ritrovarsi ci sarà naturalmente la gioia, ma quello che hanno vissuto rimarrà nei loro occhi e nei loro cuori per sempre. Si potrebbe pensare che una trama del genere, ricca di momenti di tensione, scene madri sottolineate da una musica avvolgente, sia tendente al ricattatorio, alla lacrima strappata con mestiere, e magari a qualcuno potrà anche risultare stucchevole la sequenza di sguardi che scrutano la folla e alla fine trovano chi da ore credevano morto, ma l'emozione semplice, primaria che accompagna quegli abbracci non può essere ignorata, e la regia sa dosare lo strazio, e sa fermare il tempo in una sorta di bolla sospesa, in cui niente ha senso fin quando non si riprende il contatto con la propria famiglia. La storia è vera, come quella di altre migliaia di famiglie rimaste intrappolate in quell'incubo senza fine, ma il film vive di vita propria, sceneggia con semplicità, filma con rigore, rende maestosa la natura con effetti speciali che sappiamo non essere affatto speciali nella violenza della natura, e ci consegna un decalogo di sentimenti e di emozioni pure, scarnificate, facendoci provare più di un brivido. Bravissima la Watts come dicevamo ma non si può dimenticare Tom Holland che interpreta il figlio Lucas, un adolescente maturo, coraggioso, tenace, ma che svela la sua fragilità negli sguardi e nei silenzi.
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federick supertramp
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venerdì 1 febbraio 2013
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niente è più forte dell'animo umano.
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Solo davanti a digrazie come questa ci ricordiamo di essere tutti fratelli. 2004, Sumatra, una delle più grandi catastrofi della storia si abbatte sul genere umano. Il 26 dicembre al largo delle coste Indonesiane si verifica un terremoto di altissima intenstià causando uno tsunami di proporzioni bibliche che travolge tutta la penisola. Il risultato è morte e distruzione ovunque esso ha colpito. Tratto da una storia vera, il film ripercorre le vicende di una tranquilla famiglia durante quei drammatici giorni . Il regista grazie a immagini forti e intense ci trasporta a stretto contatto con i cinque personaggi ognuno dei quali porta con se dolore e un angoscia diversa. Nella sua complessità il film è riuscito davvero bene, anche se alcune scene sono state un pò troppo romanzate (più per far cadere una lacrima allo spettatore che per raccontare la vera drammaticità e tragicità della situazione).
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Solo davanti a digrazie come questa ci ricordiamo di essere tutti fratelli. 2004, Sumatra, una delle più grandi catastrofi della storia si abbatte sul genere umano. Il 26 dicembre al largo delle coste Indonesiane si verifica un terremoto di altissima intenstià causando uno tsunami di proporzioni bibliche che travolge tutta la penisola. Il risultato è morte e distruzione ovunque esso ha colpito. Tratto da una storia vera, il film ripercorre le vicende di una tranquilla famiglia durante quei drammatici giorni . Il regista grazie a immagini forti e intense ci trasporta a stretto contatto con i cinque personaggi ognuno dei quali porta con se dolore e un angoscia diversa. Nella sua complessità il film è riuscito davvero bene, anche se alcune scene sono state un pò troppo romanzate (più per far cadere una lacrima allo spettatore che per raccontare la vera drammaticità e tragicità della situazione). Meritevole inoltre per l'intensa prova Naomi Watts, decisamente di gran lunga la migliore interprete della pellicola.
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[+] gran bel film!
(di antonio montefalcone)
[ - ] gran bel film!
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ylegrilla
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domenica 3 marzo 2013
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quando l'impossibile diviene possibile!
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Sicuramente sapere che il film riproduce una storia realmente accaduta è ciò che lo rende esaltante e permette di conservare quel velo di speranza che di fronte ad un tale dramma si tende a perdere completamente.
Il sentimento d'amore che lega un'intera famiglia sembra essere il protagonosta di tutta la storia e ciò che permetterà il ricongiungimento... Questo è ciò che Juan Antonio Bayona (regista del film) vuole trasmettere in maniera alquanto idialliaca poichè sappiamo bene che ci vuole ben altro che l'amore per scampare ad una strage del genere..!
Quando l'attenzione passa dai membri della famiglia alle scene di un paesaggio devastato ci permette di tanto in tanto tornare alla realtà e uscire dall'idillio, capendo che la forza della natura è insormontabile, e noi in confronto siamo gocce in un mare; ed ecco perchè il titolo sembra aver centrato in pieno le prime impressioni dei telespettatori, ovvero l'impossibilità del ricongiungimento di un'intera famiglia scampata allo tsunami!
E' un film che consiglierei di vedere perchè oltre a descrivere una tragicità realmente accaduta racchiude una bellissima storia che almeno per un attimo può strappare un sorriso e commozione.
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Sicuramente sapere che il film riproduce una storia realmente accaduta è ciò che lo rende esaltante e permette di conservare quel velo di speranza che di fronte ad un tale dramma si tende a perdere completamente.
Il sentimento d'amore che lega un'intera famiglia sembra essere il protagonosta di tutta la storia e ciò che permetterà il ricongiungimento... Questo è ciò che Juan Antonio Bayona (regista del film) vuole trasmettere in maniera alquanto idialliaca poichè sappiamo bene che ci vuole ben altro che l'amore per scampare ad una strage del genere..!
Quando l'attenzione passa dai membri della famiglia alle scene di un paesaggio devastato ci permette di tanto in tanto tornare alla realtà e uscire dall'idillio, capendo che la forza della natura è insormontabile, e noi in confronto siamo gocce in un mare; ed ecco perchè il titolo sembra aver centrato in pieno le prime impressioni dei telespettatori, ovvero l'impossibilità del ricongiungimento di un'intera famiglia scampata allo tsunami!
E' un film che consiglierei di vedere perchè oltre a descrivere una tragicità realmente accaduta racchiude una bellissima storia che almeno per un attimo può strappare un sorriso e commozione.
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doc steve
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lunedì 4 febbraio 2013
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tsunami di banalita'
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Famiglia felice "preconfezionata da film" in vacanza. Tsunami. la trama finisce qui e sarebbe dovuta finire cosi il resto e' un allungamento inverosimile di una storia che ha poco da dire, Spinge tutto sull'emozione dell'avvenimento ma lo fa malissimo.
Quando si tratta un film drammatico di avvenimenti reali, poiche' il tema principale e' una porta gia' aperta, devi avere o una trama coinvolgente o una regia che sa giocarsela bene o punti sulla recitazione; qui manca tutto, le reazioni umane spesso sono rovinate o troppo teatrali, dialoghi stereotipati che piu' non si puo' ( per non parlare di gente che continua a chiedere "va tutto bene?" a poveracci ricoperti di sangue), musiche pressanti, campi lunghi continui sulla devastazione (troppo troppo lunghi), i personaggi sono mal caraterizzati, spesso fanno scelte illogiche, tutto per enfatizzare le coincidenze.
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Famiglia felice "preconfezionata da film" in vacanza. Tsunami. la trama finisce qui e sarebbe dovuta finire cosi il resto e' un allungamento inverosimile di una storia che ha poco da dire, Spinge tutto sull'emozione dell'avvenimento ma lo fa malissimo.
Quando si tratta un film drammatico di avvenimenti reali, poiche' il tema principale e' una porta gia' aperta, devi avere o una trama coinvolgente o una regia che sa giocarsela bene o punti sulla recitazione; qui manca tutto, le reazioni umane spesso sono rovinate o troppo teatrali, dialoghi stereotipati che piu' non si puo' ( per non parlare di gente che continua a chiedere "va tutto bene?" a poveracci ricoperti di sangue), musiche pressanti, campi lunghi continui sulla devastazione (troppo troppo lunghi), i personaggi sono mal caraterizzati, spesso fanno scelte illogiche, tutto per enfatizzare le coincidenze.
Certamente vedere le scene di un tale disastro va a toccare e questo ha permesso di prendere un certo consenso tra il pubblico ma oltre questo non si procede, si insiste troppo sull'avvenimento in quanto fenomeno violento e distruttivo esteticamente e molto poco sul dare una storia realistica e profonda, troppa retorica.
Il film e' tratto da una storia vera....solo tratto...è l'unico baluardo che da un po' di forza al film e non gli consente di prendere solo 1 stella.
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[+] 1 stella?
(di epidemic)
[ - ] 1 stella?
[+] giudizio eccessivo
(di ★ Ŧιυε ☆)
[ - ] giudizio eccessivo
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renato volpone
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lunedì 4 febbraio 2013
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la catastrofe e il dolore
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Impossibile credere che da un momento all'altro tutto possa cambiare ed essere diverso. Impossibile credere che la natura benigna e madre si trasformi in uno strumento di morte e tutto distrugga. Impossibile credere di poter sopravvivere. Questo film ci racconta tutto questo, ci porta dolcemente per mano in un report meraviglioso che si affaccia su di un mare cristallino, ci fa godere l'armonia di una famiglia felice e, improvvisamente, ci butta tra le braccia distruttive dello tsunami che nel 2004 ha colpito la Thailandia. La nostra famiglia felice viene travolta e disintegrata dalla violenza feroce delle onde del mare. Gli effetti che il film ci propone ci tolgono il respiro, ci affondano nella melma e nei detriti per poi raggiungere di nuovo la luce.
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Impossibile credere che da un momento all'altro tutto possa cambiare ed essere diverso. Impossibile credere che la natura benigna e madre si trasformi in uno strumento di morte e tutto distrugga. Impossibile credere di poter sopravvivere. Questo film ci racconta tutto questo, ci porta dolcemente per mano in un report meraviglioso che si affaccia su di un mare cristallino, ci fa godere l'armonia di una famiglia felice e, improvvisamente, ci butta tra le braccia distruttive dello tsunami che nel 2004 ha colpito la Thailandia. La nostra famiglia felice viene travolta e disintegrata dalla violenza feroce delle onde del mare. Gli effetti che il film ci propone ci tolgono il respiro, ci affondano nella melma e nei detriti per poi raggiungere di nuovo la luce. Da lì, con i nostri protagonisti, Maria e Lucas, percorriamo la disperata strada della sopravvivenza, il reciproco sostegno, l'aiuto improvvisato. Il film ci propone con dolce gentilezza le scene crude e dolorose della catastrofe e del suo "dopo". Non ci fa mancare nulla di quello che accade, ma il regista è buono e, nonostante si esca dalla proiezione con un pugno nello stomaco, sappiamo che quello che abbiamo visto è solo il piccolo dolore di una molto più grande piaga, mai più rimarginabile per chi l'ha vissuta ed è sopravvissuto. Juan Antonio Bayona ci racconta di un miracolo, dell'impossibile che diventa realtà, lo fa senza riferimenti a religione o superstizione, semplicemente e con grande bravura ci racconta una storia vera. Grande bravura anche degli interpreti, soprattutto i bambini, fantastici tutti e tre. Non si riesce a trattenere le lacrime. Anche questo film, per chi ne ha possibilità, è da vedere in lingua originale.
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giorpost
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lunedì 11 novembre 2013
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incredibile realismo.impossibile non immedesimarsi
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26 dicembre 2004: un terribile terremoto a largo di Sumatra scatena un gigantesco tsunami nel sud-est asiatico che provoca la più grave catastrofe naturale a memoria d’ uomo, causando la morte di oltre 250.000 persone. A distanza di otto anni il Cinema ricorda i drammatici attimi seguiti all’ evento e genera una straordinaria rappresentazione della storia, in particolare quella vissuta da un’ intera famiglia, una delle tante presenti in quella parte di mondo in quei giorni in qualità di turisti. Sarebbe fin troppo semplice raccontarvi la storia di Henry e Maria e di come hanno fatto a sopravvivere tra le macerie in uno scenario di devastazione totale, o di come hanno potuto riabbracciare i loro tre figli.
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26 dicembre 2004: un terribile terremoto a largo di Sumatra scatena un gigantesco tsunami nel sud-est asiatico che provoca la più grave catastrofe naturale a memoria d’ uomo, causando la morte di oltre 250.000 persone. A distanza di otto anni il Cinema ricorda i drammatici attimi seguiti all’ evento e genera una straordinaria rappresentazione della storia, in particolare quella vissuta da un’ intera famiglia, una delle tante presenti in quella parte di mondo in quei giorni in qualità di turisti. Sarebbe fin troppo semplice raccontarvi la storia di Henry e Maria e di come hanno fatto a sopravvivere tra le macerie in uno scenario di devastazione totale, o di come hanno potuto riabbracciare i loro tre figli. No, in questo caso chi Vi scrive preferisce affrontare i temi di fondo che il regista Juan Antonio Bayona ha voluto affrontare in The Impossible (SPA, 2012).
Lo spagnolo non utilizza escamotage narrativi per raccontare questa storia. Lo fa in modo semplice e diretto (oltre che rispettoso) e con straordinario realismo grazie sia agli interpreti che alle ricostruzioni impressionanti dei luoghi colpiti dallo tsunami. Quello di cui si racconta in questa pellicola sono lo stupore, l’ angoscia, la reazione, la sopravvivenza, il coraggio, il rifiuto, la speranza. Lo stupore è dato da quell’ onda anomala che all’ improvviso fa la sua apparizione sulla spiaggia di un comune residence turistico che lascia gli ospiti a bocca aperta, impietriti, senza possibilità alcuna di poter solo accennare una reazione. Quest’ ultima si verificherà alcuni minuti dopo, quando il proprio corpo è rimasto letteralmente in balia del fiume da’ acqua e detriti che si è venuto a creare, sbattuto tra un tronco ed un’ auto galleggiante, provocando escoriazioni di ogni tipo, traumi contusivi, terrore psicofisico. La diretta conseguenza alla reazione è quella cosa che noi umani possediamo senza saperlo: l’ istinto di sopravvivenza. Questo si presenta solo in momenti particolari ed unici ed i protagonisti (realmente esistenti ma con nomi e nazionalità diversi) lo utilizzano nei modi più variegati. Maria è spaesata, ha dolori su tutto il corpo, non sa che fare tranne l’ unica cosa plausibile in quel momento ovvero proteggere il figlio maggiore, non ancora adolescente, salvo rendersi conto di avere bisogno molto più lei di essere protetta dal figlio. Questi ha una sorprendente forza d’ animo ed è munito di quella classica reattività tipica dei ragazzi di oggi, trovando sempre il modo di metter lui e la madre al riparo, sostenendola psicologicamente, cercando il cibo e riuscendo a trovare anche le forze e il tempo per salvare un bambino disperso. Henry, invece, è da tutt’ altra parte in quanto le onde hanno trascinato persone per chilometri, senza meta. Non ha subìto danni elevati a livello fisico ed è riuscito a mettere in salvo i due inseparabili figli più piccoli. Quando i due coniugi vengono aiutati dalle persone del posto e portati negli ospedali più vicini, è li che s’inizia a capire l’ entità del dramma, fatto di migliaia di persone ferite alla ricerca spasmodica dei propri cari dispersi o, purtroppo, inghiottiti dall’ oceano. E’ in quei luoghi che ci si confronta con l’ altro, con chi ti sta accanto che, tra le altre cose, comincia a vomitare sangue. Lì si percepisce l’ inadattabilità dell’ uomo a certi eventi e si carpisce la mancata preparazione di un Paese turistico ma comunque povero, nell’ affrontare un’ emergenza umanitaria di tali proporzioni. Nonostante tutto, tra un gesto di solidarietà e l’ altro, tra una telefonata intercontinentale fatta da un cellulare prestato da un altro superstite ed un viaggio in una camionetta che trasporta persone come fossero deportati, nella disperazione generata dalle urla di dolore (fisico o umano, quando altre persone vengono a conoscenza del decesso del proprio caro), i cinque elementi di questa famiglia riescono a ritrovarsi in un lungo abbraccio fatto di lacrime, di sangue che esce dalle ferite ancora fresche, di speranza mai tramontata e di incredulità nel rendersi conto di essere riusciti in qualcosa che 99 volte su cento avrebbe dato un esito diverso. La speranza è sempre l’ ultima a morire, ma quando si scampa alla morte nelle modalità affrontate (soprattutto da Maria ed il figlio Lucas) mettono i brividi. E la commozione che sovviene in quell’ abbraccio ci fa catapultare nella storia, ce la fa vivere come se fosse capitato tutto a noi stessi, facendoci immedesimare nella storia come solo un film di grande livello riesce a fare.
Sia McGregor, finalmente ai suoi livelli, che la Watts, da oscar, rendono a pieno il dramma vissuto dai veri protagonisti di questa storia. Nell' insieme, si tratta di un’ opera degna e completa per raccontare, rispettosamente, un’ immane tragedia accaduta nei nostri tempi.
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andrea giostra
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mercoledì 6 febbraio 2013
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turbolento!
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The Impossible (2012)
Già turbolento dalle prime immagini che promettono ansia, angoscia, spavento. La ricostruzione di Juan Antonio Bayona del maremoto dell’Oceano Indiano della notte del 26 dicembre del 2004, è straordinariamente reale e tuffa lo spettatore, ipnotizzandolo, dentro il disastro naturale thailandese che ha causato migliaia e migliaia di morti, le cui ferite sono ancora aperte e fanno lacrimare gocce di disperazione e di disarmante impotenza.
Se fosse stato fatto in 3D, il pubblico delle sale cinematografiche avrebbe più volte sobbalzato dalla poltrona e gli spettatori più freddi, apparentemente, avrebbero assistito ad un inaspettato ed imprevedibile fuggi fuggi.
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The Impossible (2012)
Già turbolento dalle prime immagini che promettono ansia, angoscia, spavento. La ricostruzione di Juan Antonio Bayona del maremoto dell’Oceano Indiano della notte del 26 dicembre del 2004, è straordinariamente reale e tuffa lo spettatore, ipnotizzandolo, dentro il disastro naturale thailandese che ha causato migliaia e migliaia di morti, le cui ferite sono ancora aperte e fanno lacrimare gocce di disperazione e di disarmante impotenza.
Se fosse stato fatto in 3D, il pubblico delle sale cinematografiche avrebbe più volte sobbalzato dalla poltrona e gli spettatori più freddi, apparentemente, avrebbero assistito ad un inaspettato ed imprevedibile fuggi fuggi.
L’ansia e l’angoscia vengono ben coltivati durante tutta la proiezione.
Ma i veri protagonisti sono le emozioni e gli impulsi innati che appartengono alla natura dell’uomo: l’istinto di sopravvivenza prende immediatamente, insieme alle onde anomale del gigantesco tsunami, il sopravvento, per cedere subito dopo senza esitazione la scena all’istinto materno e all’amore filiale.
Ma le tragedie più grandi hanno sempre fatto emergere la vera natura dell’essere umano, nel bene e nel male:
- “Ho bisogno di chiamare a casa. Posso usare il suo telefono?”
- “Ehi, amico! Guardati intorno! Ho la batteria quasi scarica. Serve a noi.”
In questa, che sembra una scena in cui prevale il cinismo più crudele, è invece l’istinto di sopravvivenza che non riesce a cedere il passo alla solidarietà.
Bayona è molto bravo a far serpeggiare la paura e l’angoscia tra le poltrone del cinema illuminate da uno schermo che lancia ondate tumultuose e devastanti di spavento e terrore.
Ma la vera paura non è quella di essere travolti dalle onde e morire. La vera paura è ritrovarsi, dopo essere riemersi dall’acqua fangosa e soffocante, soli e con la consapevolezza di aver perso tutto:
- “Sai qual è stato il momento più brutto?” chiede Ewan McGregor al più piccolo dei suoi figli, Samuel Joslin.
- “Quando è arrivata l’acqua” risponde d’istinto il piccolo al padre.
- “No - replica McGregor - quando sono riemerso e mi sono ritrovato solo”.
E’ la solitudine nelle disgrazie il vero terrore dell’uomo. In fondo, è la solitudine che più di ogni altra cosa l’uomo teme, che lo terrorizza e gli fa paura.
Ma il film racconta un miracolo, racconta l’impossibile realmente accaduto. Ed è proprio “the impossible” che utilizza il bravo Bayona, aiutato dal suo attento sceneggiatore Sergio G. Sanchez, per esorcizzare il terrore che imprigiona l’uomo vittima delle grandi catastrofi naturali, e ridargli quella forza divina ed infinita che alimenta la speranza.
PS – E’ sorprendente la somiglianza del giovane e bravissimo Tom Holland, Lucas nel film, con l’altrettanto bravissimo Jamie Bell diventato famosissimo con la straordinaria interpretazione di Billy Elliot nel film di Stephen Daldry del 2000.
(recensione di Andrea Giostra – andreagiostra@libero.it)
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