gaiart
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domenica 25 maggio 2014
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yorim lo yorim --sparo o non sparo?
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Giunta ormai alla settima edizione e curata da Dan Moggia, la selezione dei film presentati è stata, ancora, veramente pazzesca e varia, spaziando da film e documentari sulla situazione militare e politica, come il pluripremiato The Gatekeepers,candidato all’Oscar, che ha prodotto un sold out con molte persone costrette ad andare via, per mancanza di spazio.
Il film, diretto da Dror Moreh intervista sei personaggi di spicco del Beit-Shin-bet, il servizio segreto interno israeliano e affronta, con un’enorme consapevolezza, una critica, mossa dagli stessi esponenti dei servizi, alla politica di violenza inaudita negli anni, in Israele e non solo, ripercorrendo anche la storia del contrastato paese.
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Giunta ormai alla settima edizione e curata da Dan Moggia, la selezione dei film presentati è stata, ancora, veramente pazzesca e varia, spaziando da film e documentari sulla situazione militare e politica, come il pluripremiato The Gatekeepers,candidato all’Oscar, che ha prodotto un sold out con molte persone costrette ad andare via, per mancanza di spazio.
Il film, diretto da Dror Moreh intervista sei personaggi di spicco del Beit-Shin-bet, il servizio segreto interno israeliano e affronta, con un’enorme consapevolezza, una critica, mossa dagli stessi esponenti dei servizi, alla politica di violenza inaudita negli anni, in Israele e non solo, ripercorrendo anche la storia del contrastato paese.
The Gatekeepers è montato magistralmente, pone domande intelligenti ma, ciò che lo rende, oltre a documento opera d’arte, è la ricreazione a livello digitale di tutti i video e le fotografie fatte animare in 3D, partendo da un solo dettaglio minimo. E’ come se fosse una ri-costruzione, simile a un video-game e diviene quindi un docu-film. Tutto finto, iper-ricostruito nelle immagini con il computer, pur apparendo un girato, il film apre interrogativi fondamentali sia sulla vita in generale, sia sulla politica e i suoi segreti, sia sull’interrogativo del fare arte oggi.
Il costo dei film è stato altissimo e seppur intelligentemente pagato dal ministro della cultura israeliano, è stato poi snobbato dalla critica in Israele, (forse proprio per la velata critica e denuncia sotterranea).
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filippo catani
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mercoledì 15 gennaio 2014
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la pace sempre più lontana
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Attraverso una serie di interviste agli ex capi dello Shin Bet, questo documentario descrive la parabola dei rapporti tra israeliani e palestinesi e non solo.
Davvero bello e interessante questo documentario diretto da Moreh che riesce per la prima volta a intervistare gli uomini più riservati d'Israele. Quello che ne viene fuori è una profonda autocritica della storia recente dei rapporti tra israeliani e palestinesi. L'unica vera e propria e storica occasione per arrivare alla pace fu con Rabin e gli accordi di Oslo con Arafat. Un sogno che si infranse sotto le violente proteste cavalcate da rabbini ultraortodossi e destra nazionalista e che si risolsero con l'assassinio del primo ministro.
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Attraverso una serie di interviste agli ex capi dello Shin Bet, questo documentario descrive la parabola dei rapporti tra israeliani e palestinesi e non solo.
Davvero bello e interessante questo documentario diretto da Moreh che riesce per la prima volta a intervistare gli uomini più riservati d'Israele. Quello che ne viene fuori è una profonda autocritica della storia recente dei rapporti tra israeliani e palestinesi. L'unica vera e propria e storica occasione per arrivare alla pace fu con Rabin e gli accordi di Oslo con Arafat. Un sogno che si infranse sotto le violente proteste cavalcate da rabbini ultraortodossi e destra nazionalista e che si risolsero con l'assassinio del primo ministro. Per il resto dalla Guerra dei Sei giorni ad oggi è stato tutto un susseguirsi di operazioni più o meno mirate per uccidere terroristi palestinesi da una parte e attacchi suicidi dall'altra. Insomma al netto di tutto questo e di un momento in cui l'unica cosa che conta è la reciproca sofferenza solo il ritorno a un serio dialogo può portare a risolvere le ostilità ed avere finalmente due stati. Un dialogo che deve coinvolgere tutte le forze in campo. Certo è un pentimento tardivo da parte di chi ha autorizzato missioni sanguinarie al motto di al diavolo la morale (come dice uno degli intervistati) ma sicuramente significativo di come devono cambiare le cose (ottima la battuta nel finale dove si dice che al momento del congedo e dopo tutte le cose viste uno diventa un pochino di sinistra). Insomma un ritratto lucido e disincantato di una regione, il Medioriente, che è sempre sull'orlo di trasformarsi in una tremenda polveriera. La violenza e i muri reciproci non porteranno mai da nessuna parte; speriamo che le nuove generazioni riescano a fare un passo avanti verso la fine di questo lunghissimo e cruente conflitto.
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