Tra 20 o 30 anni “The Social Network” sarà considerata come una delle pellicole che meglio hanno saputo fotografare l’epoca che stiamo vivendo. Un istant movie dal ritmo frenetico, capace di rendere appieno la velocità con cui il fenomeno “Facebook” è nato e si è diffuso cambiando, speriamo in maniera non irreversibile, le abitudini relazionali di milioni di persone. L’incapacità di comunicare e di rapportarsi agli altri è uno dei tratti salienti del Mark Zuckerberg dipinto da David Fincher ed interpretato dall’ottimo Jesse Eisenberg. Abbandonato da una ragazza con la quale non riesce ad instaurare un vero dialogo, escluso dalle “prestigiose” associazioni universitarie in cui l’amico-socio Eduardo Saverin cerca ostinatamente di entrare (riuscendoci), l’inventore dell’amicizia 2.0 si rinchiude nella sua stanza e medita, computer alla mano, vendetta.
E’ da questa voglia di rivalsa che il film muove le fila: un ragazzo solo, con un cervello fuori dal normale, che sfoga programmando e scrivendo sul suo blog ansie e frustrazioni. Da questo primo significativo passo seguiranno la notorietà di Zuckerberg come hacker causa dell’incontro-scontro con i gemelli Camero e Tyler Winklevoss, vera genesi del social network più famoso al mondo, il sodalizio con Saverin, l’incontro con Sean Parker, il boom di Facebook, tra menzogne, mezze verità e dispute legali.
Il ritmo è forsennato: la regia tiene il passo della sorprendente sceneggiatura di Aaron Sorkin di cui il dialogo incessante, ironico, spesso pungente, è protagonista assoluto.
Il regista di Denver non sembra prendere posizione sulla vicenda narrata ma mantiene nei confronti di Mark Zuckerberg uno sguardo paterno, non risparmiando però alcune abilissime stoccate.
Il genio del nuovo millennio, il più giovane biliardario del mondo è un nerd perso nel suo mondo, inadeguato in qualsiasi occasione mondana, con un malcelato senso di inferiorità verso i coetanei più sportivi, attraenti, socialmente inseriti. Non a caso tradirà l’amico Saverin a causa della sua “infatuazione” per Sean Parker, fondatore di Napster, ex nerd trasformatosi in un imprenditore scaltro e vincente. Dannatamente cool.
Il finale cinico e spietato (una delle specialità di casa Fincher) solleva una riflessione dal gusto amarissimo.
Mark Zuckerberg è solo ma ha avuto la sua vendetta.
Ecco milioni di persone chiuse nelle loro stanze davanti ad un pc a chattare, taggare, caricare foto, flirtare, chiedere ed accettare amicizie, cercare vecchi compagni di scuola con i quali hanno ormai perso ogni contatto…Attività ben più futili che programmare un sito rivoluzionario.
Ci vorrebbe davvero un Tyler Durden per svegliarli tutti da questo torpore.
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