very75
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domenica 6 febbraio 2011
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la leggerezza di alcune 'pacche sulla spalla'
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In Another year non esiste un unico tempo, ma più tempi, quelli dell’anima umana.
I personaggi più belli perché più veri (Mary) disperatamente rincorrono il tempo convenzionalmente scandito dalle quattro stagioni e ‘imposto’, superficialmente, da Gerry e Tom.
Ma è quell’essere eternamente ‘fuori-tempo’ (o meglio: fuori da QUEL tempo) di Mary a emozionare e a intenerire e che Leigh magistralmente mette in scena.
Sono perfettamente d’accordo con Paolooozy: nessuno ha evidenziato la cattiveria del buonismo e la superficialità di alcune relazioni umane, come quelle che Gerry, psicologa, intrattiene con Mary.
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In Another year non esiste un unico tempo, ma più tempi, quelli dell’anima umana.
I personaggi più belli perché più veri (Mary) disperatamente rincorrono il tempo convenzionalmente scandito dalle quattro stagioni e ‘imposto’, superficialmente, da Gerry e Tom.
Ma è quell’essere eternamente ‘fuori-tempo’ (o meglio: fuori da QUEL tempo) di Mary a emozionare e a intenerire e che Leigh magistralmente mette in scena.
Sono perfettamente d’accordo con Paolooozy: nessuno ha evidenziato la cattiveria del buonismo e la superficialità di alcune relazioni umane, come quelle che Gerry, psicologa, intrattiene con Mary.
Nessuno, infine, si è soffermato sulla cura dell’orto nel tempo: è un caso che nell’orto ci siano sempre solo Tom e Gerry o al massimo Tom, Gerry e Joe?
A mio giudizio la cura dell’orto non solo è un buon espediente narrativo che segna il ritmo del film (apparentemente senza trama) ma è anche metafora dell’egoismo dell’essere umano e di tutte quelle ‘pacche sulla spalla’ che persone come Gerry si trovano a dare agli Altri (estranei alla propria famiglia), senza mai ascoltarli profondamente; senza mai accoglierli, di cuore, nel proprio orto.
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paolooozy
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domenica 6 febbraio 2011
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meglio soli...
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Ho letto alcune recensioni e alcuni commenti. A nessuno sfugge trattasi di un film che mette in scena in modo credibile e semplice la disperata solitudine della vita quotidiana, come del resto siamo abituati col cinema di Leigh.
Ma sembra invece sfuggire a tutti quello che secondo me è il punto centrale di Another year: svelare la cattiveria del buonismo. Ciò avviene nel film in modo graduale, con un punto di vista che rende sempre più gradevole la sciroccata Mary, e antipatici i "perfetti" Tom e Gerri, dotati di tanta gentilezza quanto di nessun cuore. Mammano si manifesta quanto sia superficiale la loro solidarietà verso i "casi umani" cadutigli in casa.
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Ho letto alcune recensioni e alcuni commenti. A nessuno sfugge trattasi di un film che mette in scena in modo credibile e semplice la disperata solitudine della vita quotidiana, come del resto siamo abituati col cinema di Leigh.
Ma sembra invece sfuggire a tutti quello che secondo me è il punto centrale di Another year: svelare la cattiveria del buonismo. Ciò avviene nel film in modo graduale, con un punto di vista che rende sempre più gradevole la sciroccata Mary, e antipatici i "perfetti" Tom e Gerri, dotati di tanta gentilezza quanto di nessun cuore. Mammano si manifesta quanto sia superficiale la loro solidarietà verso i "casi umani" cadutigli in casa. La loro superba, irritante, menefreghista condiscendenza non riesce e forse non vuole neanche (nonostante lei sia per giunta psicologa) scalfire il dramma di chi soffre.
ps: colonna sonora sbagliata peccato.
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orazio maione
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sabato 5 febbraio 2011
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no, nn ci siamo
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film ben fatto, personaggi credibili e attori bravi; ma storia deprimente, e tempi troppo lenti.
leigh colto da entropia senile?
peccato..
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brian77
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sabato 5 febbraio 2011
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uno dei migliori leigh
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Uno dei migliori film di Leigh, che riprende il suo tipo di racconto collaudatissimo, quello per intenderci alla "Segreti e bugie". Solo che qui non ci sono rivelazioni da melodramma, scene culminanti, momenti gridati: è come se la vita affondasse nella quotidianità, facendo annegare nella banalità la ricerca più o meno disperata di un significato. Non è un grande regista Leigh, ma ha un senso sottile della narrazione e sa ovviamente dirigere benissimo gli attori, anche se su un registro sempre un po' caricato. Buon film.
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melania
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venerdì 4 febbraio 2011
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la difficoltà del vivere
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Un film intenso che ha come tema le relazioni umane e il dramma della solitudine.Avvince sempre di più,in un crescendo ,perchè pian piano rivedi un po' della tua vita ,delle tue difficoltà relazionali e della fatica del vivere nelle vicende dei personaggi.Molto toccante è il tema della solitudine che trova in Lesley Manville un'interprete di eccezione.
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goldy
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sabato 12 giugno 2010
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la disperazione nel vivere
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Nessuno è capace quanto Mike Leigh di osservare e entrare nella disperazione e nella solitudine che è in agguato per ognuno di noi. Una disperazione che non origina da eventi casuali ,imprervisti o eccezionali ma semplicemente dal niente , dal nulla, che rende la vita di un'issoportabile crudeltà. Il volto della psicologa è da Oscar e Cannes ha perso l'ennesima occasione di premiare un cinema di inarrivabile credibilità.
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