gatsby97
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sabato 1 giugno 2013
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chiudo la porta.
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Benjamin Esposito è un commissario di polizia che, attraverso un lungo flashback, ripercorre le tappe di un caso iirisolto 25 anni prima e del suo amore nei confornti di Irene ( segretaria del ministro ). Film che merita di essere visto più di una volta perchè è un ottimo film dalla trama ben fatta e , caratterizzata , da due nuclei ben distinti. Seducente e commovente questa storia. Il mio voto è 8. LEI MI AVEVA DETTO ERGASTOLO !
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pensionoman
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venerdì 22 marzo 2013
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capolavoro da oscar
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CAPOLAVORO! Ecco la prima parola che scolpisce nella mente dello spettatore il film di Campanella, mentre scorrono i titoli di coda.
LA STORIA. Argentina, anni 70. Benjamin Esposito é un vice cancelliere del giudice istruttore (una specie di vice procuratore incaricato delle indagini, sotto la direzione del pubblico ministero) che si trova ad occuparsi di un caso di stupro e omicidio di una giovane, bellissima, donna, Lilliana Morales. Le indagini, con la supervisione del suo capo, il cancelliere Irene Menendez Hastings, si svilupperanno - tra vari ostacoli e difficoltà - grazie a una sua intuizione (nata da alcune fotografie della vittima) e a un colpo di genio investigativo del suo amico e assistente, Sandoval (istrionico e irriverente personaggio, tanto geniale, quanto dedito alla sua passione per la bottiglia), che li porteranno ad arrestare il colpevole, Isidoro Gomez.
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CAPOLAVORO! Ecco la prima parola che scolpisce nella mente dello spettatore il film di Campanella, mentre scorrono i titoli di coda.
LA STORIA. Argentina, anni 70. Benjamin Esposito é un vice cancelliere del giudice istruttore (una specie di vice procuratore incaricato delle indagini, sotto la direzione del pubblico ministero) che si trova ad occuparsi di un caso di stupro e omicidio di una giovane, bellissima, donna, Lilliana Morales. Le indagini, con la supervisione del suo capo, il cancelliere Irene Menendez Hastings, si svilupperanno - tra vari ostacoli e difficoltà - grazie a una sua intuizione (nata da alcune fotografie della vittima) e a un colpo di genio investigativo del suo amico e assistente, Sandoval (istrionico e irriverente personaggio, tanto geniale, quanto dedito alla sua passione per la bottiglia), che li porteranno ad arrestare il colpevole, Isidoro Gomez. Quest'ultimo però la farà franca e sarà rimesso in libertà, perché sgherro al servizio del regime (verrà addetto a far la guardia del corpo a Isabel Peron). 25 anni dopo, Esposito - ormai in pensione e mai rassegnatosi agli eventi - é assalito dal ricordo del caso, rimasto ancora aperto, e prova a chiudere il cerchio, scrivendone un romanzo, che lo porterà a scoperte e risvolti sorprendenti, inaspettati e imprevedibili, sul destino dell'assassino, come pure del suo amore di sempre per Irene, mai dichiarato apertamente e vissuto fino in fondo.
IL COMMENTO. Premio Oscar per il miglior film straniero nel 2010, l'opera di Campanella non può certo racchiudersi in un (solo) genere ben definito. Più di un poliziesco investigativo, a tratti giudiziario, e spesso ironico, al limite della commedia, é il risultato di una sensibilità artistica raffinatissima, che sconfina apertamente nel sentimentale, spingendosi fino alla denuncia storica, politica, giudiziaria e morale, di un paese (e di un popolo) che non ha ancora chiuso e risolto i suoi conti col recente passato. La sapiente mano del regista (che definire di grande maestria sarebbe riduttivo) guida lo spettatore attraverso concetti ed eventi a volte lievi e spesso assai profondi, che si esprimono perfettamente attraverso la fotografia, la scrittura e la memoria, assi portanti - nel loro insieme - della stessa opera cinematografica, in un riuscitissimo ensemblement di sguardi, foto, lettere, ricordi. Tutto culminerà nello straordinario finale (perla rara nel gioiello del film) che, come una dantesca legge del contrappasso, segnerà la "giusta" retribuzione del criminale, per aver privato il marito superstite dell'amore per la moglie. Ma anche la riscoperta dell'antico amore di Benjamin (e la volontá stavolta di viverlo e portarlo fino in fondo) sa di riscatto (non solo sociale) dell'individuo (di fronte all'ingiustizia che lo aveva privato di tutto), ma anche di un intero popolo davanti alla storia (che fa giustizia dei suoi carcerieri).
UN'OPERA STRAORDINARIA, CONDITA DI UNA OTTIMA FOTOGRAFIA E SPLENDIDE COLONNE SONORE, ASSOLUTAMENTE IMPERDIBILE E DA (RI)VEDERE, PER TUTTI GLI AMANTI DEL GRANDE CINEMA, CHE SPARGE BRIVIDI ED EMOZIONI A PIENE MANI NEL CUORE GONFIO DI OGNI SPETTATORE, LASCIANDOLO EBBRO DELLA SPERANZA DI UN DOMANI PIENO DI VITA E DI SPERANZA DI RISCATTO.
Saluti e Buona visione
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molenga
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venerdì 18 gennaio 2013
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tutto il tempo del mondo
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Nel 1974 Benjamìn Esposito dìsi è trovato a risolvere un caso di omicidio e stupro che gli ha cambiato la vita: da una parte il marito della vittima lo ha spinto, con l'amore incessante per la donna morte, a non mollare le indagini, aiutato dal suo collega alcolista e dalla sua diretta superiore(di cui è innamorato); dall'altra, una volta catturato il colpevole, un giudice che simpatizza con il regime autoritario che sta nascendo e che ha un vecchio conto in sospeso con Esposito ha fatto liberare l'ergastolano: Benjamìn si è dovuto rifugiare in provincia per non vnire colpito dalla vendetta. Sono passati molti anni, la dittatura è finita ma benjamìn non si è mai liberato del ricordo di quel caso che gli ha impedito di dichiararsi all'amore della sua vita, consegnandolo ad un'esistenza priva di significato, ad un matrimonio fallimentare.
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Nel 1974 Benjamìn Esposito dìsi è trovato a risolvere un caso di omicidio e stupro che gli ha cambiato la vita: da una parte il marito della vittima lo ha spinto, con l'amore incessante per la donna morte, a non mollare le indagini, aiutato dal suo collega alcolista e dalla sua diretta superiore(di cui è innamorato); dall'altra, una volta catturato il colpevole, un giudice che simpatizza con il regime autoritario che sta nascendo e che ha un vecchio conto in sospeso con Esposito ha fatto liberare l'ergastolano: Benjamìn si è dovuto rifugiare in provincia per non vnire colpito dalla vendetta. Sono passati molti anni, la dittatura è finita ma benjamìn non si è mai liberato del ricordo di quel caso che gli ha impedito di dichiararsi all'amore della sua vita, consegnandolo ad un'esistenza priva di significato, ad un matrimonio fallimentare. Inizia a scrivere un romanzo....
Bellissimo film in cui Campanella cura anche il montaggio, perfetto. alcune scene sono da antologia del cinema, soprattutto quella che introduce all'arresto dell'assassino nello stadio di avellaneda. Grande fotografia e musica d'atmosfera, interpreti perfetti: da non perdere
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kondor17
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giovedì 10 gennaio 2013
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affascinante ritratto di un uomo solo
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Arrivo a questo film incuriosito da Darin, da me visto recitare nello splendido Cosa piove dal cielo. E mi sono trovato di fronte ad una pellicola e ad una interpretazione di assoluto valore, non solo sua. In una sorta di sliding door, con continui flash back, l'ottimo regista Campanella riesce a restale in bilico tra presente e passato, tra noir e thriller con risvolti sentimentali, senza mai cadere nel banale, avvincendo e convincendo dall'inizio alla fine. Ottimo il montaggio, la suspense, il dubbio, la musica, i chiaroscuri. La fine forse poteva essere resa meglio, film comunque assolutamente godibile e consigliato.
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rambaldomelandri
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giovedì 10 gennaio 2013
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la passione nascosta
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Benjamin Esposito e Irene Menéndez Hastings sono diversi per mansione (lei è il cancelliere capo, lui un suo collaboratore), per censo e per studi, ma sono indissolubilmente legati da un amore non vissuto, e per questo purissimo, che dura tutta la vita, sublimato nel rapporto cameratesco che si instaura durante la quotidiana attività di lavoro. Quando si imbatte nell'omicidio di Liliana Coloto, una giovane donna brutalmente violentata e uccisa nella propria abitazione, Benjamin riconosce nel vedovo Ricardo Morales, e nella sua ininterrotta ricerca dell'assassino, quell'amore assoluto di cui lui non si sente capace. Questo amore lo tormenterà per anni, insieme al senso di ingiustizia covato perché il regime militare ha liberato Isidòro Gomez, l'assassino che Benjamin e Irene avevano incastrato, facendone uno sgherro dei servizi segreti.
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Benjamin Esposito e Irene Menéndez Hastings sono diversi per mansione (lei è il cancelliere capo, lui un suo collaboratore), per censo e per studi, ma sono indissolubilmente legati da un amore non vissuto, e per questo purissimo, che dura tutta la vita, sublimato nel rapporto cameratesco che si instaura durante la quotidiana attività di lavoro. Quando si imbatte nell'omicidio di Liliana Coloto, una giovane donna brutalmente violentata e uccisa nella propria abitazione, Benjamin riconosce nel vedovo Ricardo Morales, e nella sua ininterrotta ricerca dell'assassino, quell'amore assoluto di cui lui non si sente capace. Questo amore lo tormenterà per anni, insieme al senso di ingiustizia covato perché il regime militare ha liberato Isidòro Gomez, l'assassino che Benjamin e Irene avevano incastrato, facendone uno sgherro dei servizi segreti. E' un film costruito su rapporti duali, ciascuno dei quali, dietro l'asse mediano della quotidianità, disvela la profondità dei rapporti. Il non detto tra Irene e Benjamin è solo la punta dell'iceberg. Ma è splendido il rapporto di amicizia maschile tra Benjaimn e Sandoval, suo collaboratore, un uomo schiavo dell'alcool che però salva il proprio amico quando i sicari di Gomez vogliono ucciderlo, e si sacrifica al suo posto. E' profonda, anche se limitata a poche scene, la contrapposizione tra Esposito e Romano, pari grado di due uffici diversi, a incarnare l'uno il senso del dovere e l'altro -che libera Gòmez dal carcere- l'utilizzo del potere. E infine tra Benjamin e Ricardo Morales, il vedovo che non avrebbe voluto una condanna a morte per l'assassino, ma il carcere a vita, per fargli espiare giorno dopo giorno la colpa di una violenza che ha spezzato la vita della vittima, e la capacità di vivere di chi è sopravvissuto. Il film è perlopiù girato in interni, nei saloni e negli uffici del tribunale, nelle case dei protagonisti, nei bar dove Sandoval affoga la sua pena, e la fotografia è calda; i dialoghi raccontano di una quotidianità simile a quella di tutti -doveri, responsbailità, routine- ma che nasconde qualcosa di grande, intenso, reale. Una passione, quella che muove i fili delle vite delle persone, spesso senza che loro sappiano governarli, ma sono obbligati a seguirla, ovunque li conduca. Qualche inverosimiglianza narrativa (l'assassino scovato sugli spalti di uno stadio durante una partita, inquadrata con un virtuosistico piano-sequenza ) non mina la tenuta complessiva della vicenda, né la sua poetica. La contrapposizione tra pubblico e privato, tra Storia e storie, costituisce la base del film, che si sviluppa sullo sfondo di una dittatura dove populismo, violenza, iniquità sono il fondale invisibile di ogni scena. Ricardo Darin dà corpo e anima a un personaggio complesso, che sfida i suoi fantasmi tornando con la mente su percorsi battuti già mille volte. Non elabora la sua sconfitta (professionale e sentimentale) passando oltre, ma ne trae linfa per dare un senso alle giornate vuote da pensionato, in un gioco di flash-back che riporta al presente. Il film si chiude con un happy-end poco hollywoodiano, consapevole che vivere da vecchi ciò che si è perso da giovani "sarà difficile". Ma ne varrà comunque la pena.
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francesca meneghetti
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mercoledì 6 giugno 2012
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tra caravaggio e bergman...
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Non è solo la storia, un po’ noir un po’ melo, ad ammaliare lo spettatore in questo film. La maggior parte delle riprese avviene in luoghi chiusi debolmente illuminati: uffici, tribunali, caffè, stanze circondate da libri, in penombra, se non in un'oscurità trafitta solo da un cono di luce. Benché la storia inizi negli anni ’70, in quest’ambientazione c’è molto lo stile ‘900. Basti pensare a certi bar, dal pavimento a scacchi, e dalle Thonet in paglia di Vienna, e ai banconi di legno.
La luce, in genere artificiale, si fissa sui volti, o sui corpi: li mette a fuoco in modo dinamico, alternando lo sguardo nitido e quello sfocato tra la persona in primo piano, collocata lateralmente, e quella sullo sfondo, dalla parte opposta.
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Non è solo la storia, un po’ noir un po’ melo, ad ammaliare lo spettatore in questo film. La maggior parte delle riprese avviene in luoghi chiusi debolmente illuminati: uffici, tribunali, caffè, stanze circondate da libri, in penombra, se non in un'oscurità trafitta solo da un cono di luce. Benché la storia inizi negli anni ’70, in quest’ambientazione c’è molto lo stile ‘900. Basti pensare a certi bar, dal pavimento a scacchi, e dalle Thonet in paglia di Vienna, e ai banconi di legno.
La luce, in genere artificiale, si fissa sui volti, o sui corpi: li mette a fuoco in modo dinamico, alternando lo sguardo nitido e quello sfocato tra la persona in primo piano, collocata lateralmente, e quella sullo sfondo, dalla parte opposta. E’ una composizione che ricorda i quadri di Caravaggio, con i suoi colori terrosi, e che porta lo spettatore a concentrarsi sui punti illuminati, e fa risaltare l’espressione dei corpi, dei visi, degli occhi. Da questo punto di vista, sembra che Campanella, il regista, abbia seguito la lezione di Bergman, con i suoi primi piani, a rivelare l’anima, con un’intenzione di scavo psicologico. Non è un caso che la protagonista Irene, cancelliere, dapprima refrattaria alle tesi di Esposito, se ne convinca dopo aver intercettato uno sguardo del presunto assassino che si appunta sul suo seno, e la induce a un gesto di auto-protezione, chiudendo con le mani la scollatura.
L’indagine di cui parla il film, infatti, non è solo relativo a un delitto, ma al modo in cui le persone che ne sono colpite, con gradi diversi, reagiscono a un evento sconvolgente, stabilendo tra loro delle relazioni di complicità o di antagonismo.
Nel film questa complessa divide reticolare è ricomposta in forma retrospettiva da un Esposito ormai in pensione, pungolato da un insopprimibile bisogno di scavare nel passato, le cui scene escono dalle pagine del suo romanzo con il marchio della soggettività: quello che vede lo spettatore, attraverso continui flashback, non è tanto ciò che è realmente accaduto, ma ciò che abbia colto lo sguardo di Esposito. Pensiamo alla scena del delitto: un altro regista sarebbe sguazzato in dettagli macabri od osceni. Quello di Esposito scivola via sui particolari di questo tipo: la prima immagine della donna morta ha una compostezza, se non un’eleganza, classica che attenua la drammaticità.
Gli occhi, insomma, vedono e parlano, a partire da quelli dei due protagonisti, caratterizzati dall’intensa interpretazione di due attori come Riccardo Darin e Soledad Villamil.
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la iena
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martedì 15 maggio 2012
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una vita non può essere piena di niente...
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Benjamin Esposito, un uomo un po’ ruvido, è un assistente pubblico ministero alle prese con un caso irrisolto; uno di quei casi che spesso l’ispettore di turno nei film insegue per tutta la vita. Una giovane ragazza è stata violentata e trucidata. Benjamin è ormai in pensione e decide di scrivere un romanzo che racconti quella storia. Saltando temporalmente al periodo dell’accaduto, Benjamin guardando alcune foto della ragazza da giovane ha l’intuizione. Osservando lo sguardo (da qui il titolo del film) di un compagno di scuola di lei, capisce che potrebbe esser lui l’assassino e si mette subito alla ricerca del ragazzo. E troppo tardi; questo è già scappato senza lasciare alcuna traccia di se.
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Benjamin Esposito, un uomo un po’ ruvido, è un assistente pubblico ministero alle prese con un caso irrisolto; uno di quei casi che spesso l’ispettore di turno nei film insegue per tutta la vita. Una giovane ragazza è stata violentata e trucidata. Benjamin è ormai in pensione e decide di scrivere un romanzo che racconti quella storia. Saltando temporalmente al periodo dell’accaduto, Benjamin guardando alcune foto della ragazza da giovane ha l’intuizione. Osservando lo sguardo (da qui il titolo del film) di un compagno di scuola di lei, capisce che potrebbe esser lui l’assassino e si mette subito alla ricerca del ragazzo. E troppo tardi; questo è già scappato senza lasciare alcuna traccia di se. Così Benjamin ed il suo assistente, un uomo con problemi di alcolismo, un po’ goffo ma spesso divertente, si intrufolano in casa della madre del presunto assassino trovando delle lettere che questi le ha inviato. Purtroppo anche qui vengono scoperti ed il magistrato non avendo prove concrete per incolpare l’uomo, decide di chiudere il caso. Il marito della giovane vittima, è un uomo devastato dalla perdita della moglie, imprigionato dai ricordi di lei. Questi, spinto da un amore puro, si reca ogni giorno per più di anno alla stazione ferroviaria, aspettando di incrociare l’assassino di sua moglie. Dopo un anno la svolta; il Sancho Panza della situazione, l’assistente di Esposito, rileggendo le lettere ha l’intuizione. In ognuna di quelle lettere l’uomo fa dei paragoni o cita dei giocatori di calcio di una squadra locale. Sarà proprio la passione per il calcio a tradire l’assassino che dopo un’estenuante fuga viene finalmente preso ed arrestato in uno stadio, durante una partita di calcio. L’interrogatorio a mio avviso è una delle parti più belle del film; Soledad Villamil, nel film Irene, capo, nonché ossessione inconfessabile di Benjamin, conduce l’assassino all’ammissione di colpevolezza, giocando magistralmente il gioco della provocatrice. Tutto sembra finito e l’uomo è condannato all’ergastolo ed invece… soltanto dopo poco l’assassino, forte di aver collaborato con la giustizia, viene nuovamente liberato. Il caso vuole che una notte, dopo l’ennesima sbronza, l’assistente di Benjamin si trova in casa del suo capo e mentre egli è fuori, viene ucciso al suo posto. Nel mezzo c’è tutta la storia d’amore tra Benjamin ed Irene; un amore corrisposto ma mai consumato che poi alla fine si risolverà per il meglio. Oltre questo? C’è il finale, che personalmente non trovo così scontato; il film vuole far credere che il marito della vittima, deluso dalla giustizia, abbia regolato i conti da solo. In parte è cosi, ma fortunatamente il regista non è stato cosi banale e soltanto negli ultimi minuti si scoprirà la reale conclusione del thriller.
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emhil
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giovedì 23 febbraio 2012
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un film da scoprire passo dopo passo
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Finalmente un buon lavoro!!! La luce dei suoi occhi è proprio un bel Film... così completo che riesce facilmente a superare le pur buone aspettative... che trova la giusta ed originale chiave narrativa per affrontare un dramma umano di non agevole rappresentazione cinematografica.
Un Film che accompagna lo spettatore attraverso una gestualità semplice ma potente e ben cadenzata... Spesso sono le note musicali a ritrae il moto interiore dei protagonisti ma quì uno spazio centrale è demandato ai gesti, capaci di mettere a nudo segreti e moti interiori... o anche di urlare fino a straziare il cuore... tanto che l'intera storia ruota intorno ad uno sguardo...
Un Film che passo dopo passo riesce nell'arduo compito di far entrare il pubblico in simbiosi col protagonista nella sua ricerca.
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Finalmente un buon lavoro!!! La luce dei suoi occhi è proprio un bel Film... così completo che riesce facilmente a superare le pur buone aspettative... che trova la giusta ed originale chiave narrativa per affrontare un dramma umano di non agevole rappresentazione cinematografica.
Un Film che accompagna lo spettatore attraverso una gestualità semplice ma potente e ben cadenzata... Spesso sono le note musicali a ritrae il moto interiore dei protagonisti ma quì uno spazio centrale è demandato ai gesti, capaci di mettere a nudo segreti e moti interiori... o anche di urlare fino a straziare il cuore... tanto che l'intera storia ruota intorno ad uno sguardo...
Un Film che passo dopo passo riesce nell'arduo compito di far entrare il pubblico in simbiosi col protagonista nella sua ricerca... che confonde e lascia sospesi e che solo infondo rivelerà la sua vera natura.
Un Film da vedere!!!
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elenii85
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lunedì 18 luglio 2011
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uno sguardo sull'argentina per capire noi stessi
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c'è un orrendo delitto, c'è un tribunale, c'è la casta, ci sono uomini del diritto che cercano la verità malgrado il loro mondo sia violento e senza speranza. C'è il calcio, c'è il borghese piccolo piccolo che si fa giustizia da sè: ci siamo noi.
E c'è un ottimo film con montaggio impeccabile, attori coinvolti e mai autocompiaciuti - una rarità - ci sono dialoghi vincenti e crudamente reali, una scenografia mirabile - si pensi alle vedute d'interni, come il tribunale e la scena del crimine.
un thriller che è anche denuncia sociale, romanza psico-emotiva che indaga sui sentimenti e soprattutto sull'amore: quello che dura oltre la vita - e le sue complicazioni - e oltre la morte - nella sua semplicità, in un parallelo tra l'amato della vittima, coi suoi occhi grandi e rassegnati di cittadino impotente e piccolo piccolo (ma alla fine grande) e il protagonista, che ama tutta la vita una donna che non riesce mai a sfiorare.
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c'è un orrendo delitto, c'è un tribunale, c'è la casta, ci sono uomini del diritto che cercano la verità malgrado il loro mondo sia violento e senza speranza. C'è il calcio, c'è il borghese piccolo piccolo che si fa giustizia da sè: ci siamo noi.
E c'è un ottimo film con montaggio impeccabile, attori coinvolti e mai autocompiaciuti - una rarità - ci sono dialoghi vincenti e crudamente reali, una scenografia mirabile - si pensi alle vedute d'interni, come il tribunale e la scena del crimine.
un thriller che è anche denuncia sociale, romanza psico-emotiva che indaga sui sentimenti e soprattutto sull'amore: quello che dura oltre la vita - e le sue complicazioni - e oltre la morte - nella sua semplicità, in un parallelo tra l'amato della vittima, coi suoi occhi grandi e rassegnati di cittadino impotente e piccolo piccolo (ma alla fine grande) e il protagonista, che ama tutta la vita una donna che non riesce mai a sfiorare..fino alla fine.
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francesco2
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mercoledì 8 giugno 2011
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il passato non torna. o sì?
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Questo film, partendo da un'ispirazione letteraria, si inserisce nella categoria "Thriller d'autore": è almeno dai tempi di "Seven", o ancora prima del "Silenzio degli innocenti" (Senza scomodare Hitchcock) che il "Giallo" non è più un genere minore ed ha acquisito caratteristiche più specificatamente "Autoriali". In questo caso, poi, la valenza artistica del racconto è probabilmente duplice: da un lato il protagonista stesso sta scrivendo un libro, e se questo ci situa in un racconto nel racconto (Come dimostrerà il finale, o meglio la serie di finali possibili), attribuendo fin dall'inizio un "Significato" che va oltre la suspense alla vicenda. Dall'altro la storia rammentata si
svolge in un periodo particolare della storia argentina (Ma non solo, forse), lo stesso contesto del sopravvalutato ma interessante "Missing".
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Questo film, partendo da un'ispirazione letteraria, si inserisce nella categoria "Thriller d'autore": è almeno dai tempi di "Seven", o ancora prima del "Silenzio degli innocenti" (Senza scomodare Hitchcock) che il "Giallo" non è più un genere minore ed ha acquisito caratteristiche più specificatamente "Autoriali". In questo caso, poi, la valenza artistica del racconto è probabilmente duplice: da un lato il protagonista stesso sta scrivendo un libro, e se questo ci situa in un racconto nel racconto (Come dimostrerà il finale, o meglio la serie di finali possibili), attribuendo fin dall'inizio un "Significato" che va oltre la suspense alla vicenda. Dall'altro la storia rammentata si
svolge in un periodo particolare della storia argentina (Ma non solo, forse), lo stesso contesto del sopravvalutato ma interessante "Missing".
In fondo, "Il segreto dei suoi occhi" (Il cui titolo forse è già un ossimoro, perché lo sguardo in teoria è lo "Specchio dell'anima". e non dovrebbe quindi dare alito a segreti), nel suo muoversi tra passato e presente (Quindi, doppia dimensione TEMPORALE), e fondere vari generi trova un pregio , una delle cose che più gli conferisce significato, nel proprio porre l'accento sulla specificità delle persone: ognuno di noi ha delle passioni che sono SUE, ed alle volte è partendo da qui che ci tradiamo da soli, ma ognuno di noi vive anche dei sentimenti PROPRI. Ciò spingerà Benjamin a non credere che Morales, che amava così teneramente ed al tempo stesso disperatamente una donna non abbia potuto mai dimenticare. Persino in una dittatura come quella, che forse vorrebbe uniformare tutto, una persona ha il diritto o il dovere di essere sé stessa.
La vicenda però ha i suoi punti deboli nella regia ed in scene come quella in cui Esposito viene severamente ripreso dal superiore: posto che una sequenza del genere faccia ridere, si rischia di attribuire alla vicenda un che di folcloristico, in un contesto dove sia il protagonista che Irene sembrano averere perso due volte la loro battaglia: nel salutarsi alla stazione con le parole "Noi non possiamo nulla" rischiano di smentire quanto ho affermato poc'anzi, confessando a loro stessi la propria impotenza come esseri umani: dal punto di vista personale il loro amore rimarrà un sogno, ma anche in senso professionale appaiono di totali impotenti. In quella circostanza, ribadendo con ancor maggior forza una precedente affermazione di Morales ("Non avrebbe senso ucciderlo, perché farei sì che lui muoia subito e che io debba morire in un calvario"), il film appare una parabola sull'ingiustizia del mondo e dela vita, quasi che scrivere un romanzo decine e decine d'anni dopo fosse un modo per sfogarsi della REALTA' ed allo stesso tempo, ricordando solo ciò che ha selezionato la nostra memoria, rielaborare quello che è avvenuto.
Quando sappiamo (O soprattutto immaginiamo, forse) che
lo stupratore-asassino è stato imprigionato, ma non ucciso, è come se Campanella o soprattutto il romanzo volessero suggerirci che esiste una giustizia che non necessariamente culmina nella vendetta. Come forse, se ho capito bene, non è mui troppo tardi per le Irene che abbiamo conosciuto. E'giusto, secondo me, non essere pessimisti ob torto collo. Ma così, forse, "Il segreto dei suoi occhi" rischia di perdere qualla sottile malinconia che talvolta lo connota, nonostante i difetti che ho prima indicato.
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