Cloverfield

Una notte, a Manhattan, una creatura gigantesca distrugge i grattacieli come fossero castelli di sabbia. Un gruppo di giovani amici riprenderanno tutto con la loro videocamera. “Cloverfield” ricerca l’originalità a tutti i costi, ma lo fa ricalcando una formula già battuta da “The Blair Witch Project”: il fenomeno paranormale raffigurato con la visività di un filmino amatoriale. L’intento è chiaro: ricreare quanto più possibile il realismo, per far avvertire ancora di più l’attrito con l’elemento fantastico. “Cloverfield”, tuttavia, non è soltanto un’opera priva di originalità, ma si aggiudica la palma indiscussa del cattivo gusto: spregiudicato e deprecabile è stato, da parte del regista, l’aver usato come evidente fonte d’ispirazione i filmati amatoriali dell’attentato dell’11 settembre. Una mossa assolutamente irrispettosa nei confronti delle vittime di una delle più gravi tragedie dell’età contemporanea. Certa spazzatura risveglia il mio lato bacchettone.