Ray

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Un film di Taylor Hackford. Con Jamie Foxx, Regina King, Kerry Washington, Curtis Armstrong, Patrick Bauchau.
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Biografico, Ratings: Kids+13, durata 152 min. - USA 2004. uscita venerdì 21 gennaio 2005. MYMONETRO Ray * * 1/2 - - valutazione media: 2,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

L'uomo che sfidò la vita per amare la musica

di Luvelio Jusa


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mercoledì 19 gennaio 2005

Il regista Tylor Hackford (Ufficiale e Gentiluomo; L’Avvocato del Diavolo; L’Ultima Eclissi) ha interpretato Ray Charles Robinson, la sua storia, facendone un film che indaga non già nella musica, invero poco bisognosa di ulteriore pubblicità, ma nell’uomo. Ray è prima di tutto la storia di un uomo che faceva l’amore col piano e la guerra con la vita. Un giovane nero senza un futuro, senza padre, nato poverissimo nella Georgia degli anni ’30, gli anni della Depressione che unico pregio ebbe di far da “livella” per gli uomini; come davanti alla morte bianchi e negri erano finalmente, tragicamente, uguali. Per poco. L’economia mondiale si riprendeva ma ad Albany, dove venne alla luce col destino di lì a sette anni di non vederla mai più, le leggi restavano fortemente discriminanti; ma il razzismo per nulla blando del suo Stato, sembrava nemmeno sfiorarlo. Il giovane Ray poteva prendere posto sul bus della scuola disponendosi nel lato per i diversi di pelle senza che ciò suscitasse rancori grazie al suo modo di leggere la vita diversamente. Così lo criticarono d’insensibilità alla causa dei diritti dei neri d’America ma dovettero porgere immense scuse quando Ray Charles diventò il primo artista a rifiutare esibizioni in club riservati soltanto ai neri; e quando la lotta ai ghetti dello spettacolo maturò i suoi frutti, la Georgia anni dopo averlo esiliato, dichiarò l’ormai classico “Georgia on My Mind” canzone ufficiale di stato.
Le sequenze giustappongono con equilibrio le performance spettacolari del cantante alle azioni altamente simboliche di un uomo che “è stato molto di più che un musicista del passato” afferma Hackford. “È stato protagonista di una rivoluzione culturale che in America non ha ancora esaurito i suoi effetti.”
Jamie Foxx si è esercitato a lungo nel ruolo difficile di Charles, camminando ore intere con gli occhi bendati, imparando le smorfie di quel sorriso inconfondibile che chiudeva ogni brano e apriva tumulti di mani plaudenti tra pubblici impazziti. La nomination c’è, e l’Oscar non è affatto remoto per questo giovane attore venuto alla ribalta con “Ogni maledetta domenica” di Oliver Stone e capace d’essere protagonista in tutti i sensi nel “Collateral” di Michael Mann, al fianco di un antagonista Tom Cruise.
Merito di Hackford è certamente non essere scivolato in una facile e imperdonabile caricatura; di aver saputo rendere con l’ausilio di flash back da horror movie i fantasmi della mente geniale ma prigioniera del buio e dei ricordi della terribile disgrazia toccata al fratellino di Ray. Di aver felicemente reso il valore della madre Aretha Robinson (Sharon Warren all’esordio sul grande schermo), personaggio chiave nella realtà come nel film della vita di Charles. È impossibile trattenere le lacrime di fronte Aretha che abbandona il pietismo e la commiserazione perché consapevole che questi più del buio, spegnerebbero in Ray la voglia di vivere; intralcerebbero per sempre la capacità d’imparare a viverla autonomamente. Ray che a 17 anni attraversa solo il Paese per presentarsi al mondo non lo avrebbe mai fatto senza l’amore coraggioso di Aretha e del quale Hackford non si dimentica mai. Quindi la trama s’infittisce di Amore, di amori, di Soul - di cui fu l’inventore -, di belle donne, e poi di eroina, carcere, diffamazione, disperazione. Di quella musica che tutti sappiamo e che sarà sempre la sua redenzione; del blues, del jazz, R&B, spiritual e rock and roll che per osmosi ipostatica diventano il genere unico e superlativo di Ray Charles. Censurato per aver sposato i canti gospel alla musica del diavolo come si diceva allora del blues e della musica afro americana in genere, Charles puntava ai cuori dei suoi ascoltatori rompendo i soliti target, diventando un severo imprenditore di se stesso e producendo musica d’autore al tempo stesso sofisticata e commerciale.
Come “Hit the Road Jack” insegna. Per dirne una.
Riccardo Corsetto

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