eddy
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mercoledì 16 gennaio 2008
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parla con lei
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Parla con lei racconta di due storie inizialmente separate che il destino fa incrociare. Benigno è un infermiere che si è offerto di prendersi cura, giorno e notte, di Alicia, una ragazza in coma da quattro anni presso una clinica privata. Marco è invece un giornalista di viaggi che, uscito da una difficile storia amorosa, si innamora di Lydia, una nota torera, vedendo in lei una nuova speranza di felicità. Ma durante una corrida, Lydia cadrà tragicamente in coma in seguito ad un feroce scontro con un toro, raggiungendo così Alycia nella stessa clinica privata. E qui Benigno e Marco si conosceranno. A tre anni di distanza da Tutto su mia madre, Pedro Almodovar ritorna alla regia regalandoci una pellicola che rientra, a pieno titolo, in quella ristretta categoria di film che per apprezzarli fino in fondo, bisogna guardare almeno tre volte.
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Parla con lei racconta di due storie inizialmente separate che il destino fa incrociare. Benigno è un infermiere che si è offerto di prendersi cura, giorno e notte, di Alicia, una ragazza in coma da quattro anni presso una clinica privata. Marco è invece un giornalista di viaggi che, uscito da una difficile storia amorosa, si innamora di Lydia, una nota torera, vedendo in lei una nuova speranza di felicità. Ma durante una corrida, Lydia cadrà tragicamente in coma in seguito ad un feroce scontro con un toro, raggiungendo così Alycia nella stessa clinica privata. E qui Benigno e Marco si conosceranno. A tre anni di distanza da Tutto su mia madre, Pedro Almodovar ritorna alla regia regalandoci una pellicola che rientra, a pieno titolo, in quella ristretta categoria di film che per apprezzarli fino in fondo, bisogna guardare almeno tre volte. Dico questo perché ad ogni nuova visione il film ci dirà sempre qualcosa di nuovo: ci accorgeremo così che ogni dialogo (direi quasi ogni battuta del film) nasconde alle sue spalle un mondo di temi, di rimandi e di significati, che anche ogni piccolo gesto dei personaggi ci rivela, in realtà, la fisionomia del loro essere interiore nonché le sofferenze, i desideri e le passioni che li animano. Già nella scena con cui si apre il film si possono rintracciare quelle tematiche che poi verranno affrontate, ampliate e analizzate nelle sequenze successive: il balletto delle danzatrici cieche diviene un po’ la metafora e lo specchio della vita, non solo delle due protagoniste femminili (come è facile intuire), ma anche dei personaggi maschili, anch’essi invischiati in un tunnel di difficoltà del quale Benigno, al contrario di Marco, sembra ignorare l’esistenza. Dirà Benigno in merito: “I quattro anni passati a prendermi cura di Alicia sono stati i più belli della mia vita”. Ed è proprio Benigno il personaggio meglio costruito del film, un personaggio dalle mille sfaccettature, insolito, complesso (non si capisce con chiarezza se sia omosessuale o eterosessuale), un personaggio per certi versi negativo, a tratti sprezzante. Eppure questi tratti negativi di Benigno sono sempre solo abbozzati, accennati; emergono ma non prendono mai il sopravvento e questo perché Almodovar vuole prima di tutto mostrare del personaggio la sua profonda umanità e il suo essere, in un certo senso, “innocente” pur essendo colpevole di aver compiuto atti moralmente impuri. Per questi motivi ci viene quasi voglia di perdonare Benigno, di schierarci dalla sua parte. Del resto come si fa a non provare ammirazione per un uomo che decide di passare la sua vita a prendersi cura di una ragazza in stato comatoso, trattandola come se fosse cosciente? Benigno parla continuamente con Alicia (cosa che invece a Marco non riesce di fare con Lydia), le parla perché il suo profondo senso della vita lo porta a credere che la ragazza, nonostante la malattia, lo possa sentire ugualmente, come se la realtà che egli ha davanti agli occhi fosse solo una realtà di superficie che ne nasconde una più vera che travalica i limiti della materialità e della ragione. Con Parla con lei, giudicato dalla rivista “Time” fra i cento migliori film di tutti i tempi, Almodovar ci racconta una parabola, una fiction, perché di questo si tratta, appositamente costruita per diffondere un messaggio: e allora, quel’è il messaggio di questa storia? cosa vuole dire Almodovar al suo spettatore? Vuole semplicemente dire, e sottolineare, quanto sia sottile e labile la linea di confine che separa la ragione dalla follia quando ad essere in ballo sono i sentimenti d’amore. Concludendo, attraverso questa chiave di lettura è ora ancora più semplice capire per quale motivo Benigno, nonostante le sue colpe, appaia ai nostri occhi non solo una persona innocente e pura, ma anche piena di umanità.
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luigichierico
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giovedì 9 marzo 2017
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tristemente bello
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Ad un artista qual è il regista Pedro Almodovar non si può porre né freno né limite alla genialità, all’estro creativo, alla fertile fantasia. In questo film per i soli amanti del vero cinema non manca proprio nulla ed è per questo che non esito ad annoverarlo tra i capolavori. Può anche non essere di gradimento per molti, ma ciò non toglie che sia uno straordinario spettacolo, una bellissima storia tra dolore e amore, tra uomini e donne, scene nuove devastanti per la crudezza e le immagini vere e verosimili, un’infinità di dettagli fotografati con grande maestria, anzi con arte. La musica è magnifica, dolce avvolgente è la voce di Gaetano Veloso che canta Cucurrucucu Paloma così triste come tutta la vicenda che travolge ogni sentimento elevando al cielo l’amore nella sua sacralità mentre il cantante intona ”le pietre, colomba, che potranno mai sapere dell’amore?” Una interpretazione ineccepibile di Javier Camara, nella parte di Benigno Martin, e di Dario Grandinetti, nella parte di Marco Zuluaga.
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Ad un artista qual è il regista Pedro Almodovar non si può porre né freno né limite alla genialità, all’estro creativo, alla fertile fantasia. In questo film per i soli amanti del vero cinema non manca proprio nulla ed è per questo che non esito ad annoverarlo tra i capolavori. Può anche non essere di gradimento per molti, ma ciò non toglie che sia uno straordinario spettacolo, una bellissima storia tra dolore e amore, tra uomini e donne, scene nuove devastanti per la crudezza e le immagini vere e verosimili, un’infinità di dettagli fotografati con grande maestria, anzi con arte. La musica è magnifica, dolce avvolgente è la voce di Gaetano Veloso che canta Cucurrucucu Paloma così triste come tutta la vicenda che travolge ogni sentimento elevando al cielo l’amore nella sua sacralità mentre il cantante intona ”le pietre, colomba, che potranno mai sapere dell’amore?” Una interpretazione ineccepibile di Javier Camara, nella parte di Benigno Martin, e di Dario Grandinetti, nella parte di Marco Zuluaga. Alla danza che è espressione di dolcezza si unisce e la corrida che è dolore e tragedia quando insanguina l’arena. Così come Alicia balla, Lydia da toreador affronta il toro in una specie di danza, brandendo la rossa capote ed indossando una vistosa tuta, la “traje de luces", bordata in oro. C’èdanza, canto musica e corrida. Il cerimoniale nel vestire Lydia Gonzales, interpretata benissimo da Rosario Flores,è tra i più interessanti e ricchi di colore visto sullo schermo. Predomina il colore dell’oro ed il rosso, come si conviene in un’arena dove si combatte tra la vita e la morte.
Se Dario piange in silenzio, perché è un puro che si commuove facilmente,Benigno invece parla sempre di tutto alla povera ballerina Alicia,la bella Leonor Watling dal corpo statuario. Nel finale durante una bellissima coreografia il corpo della ballerina viene elevata al cielo ed ancora ascolto le parole della canzone”quella colomba non è altro che la sua anima”. A completare il quadro vi è la presenza della maestra di ballo Katerina Bilova, la brava Geraldine Chaplin. Parla con lei dice Benigno a Dario accanto a Lydia. Quanti lo fanno nella speranza di essere ascoltati durante un lungo interminabile silenzio, quanti credono in un miracolo, aspettano un segno, una risposta! Benigno candidamente innamorato di Alicia le racconta una storia fantastica, incredibile, impossibile, portata visivamente sullo schermo da un genio qual è il regista Almodovara, l’incredibile vicenda è ascoltata nel subconscio da Alicia al punto da rendere reale l’irreale, la parola entra nel suo corpo nella maniera più impossibile ma lei rispondendo a Benigno lo condanna, per poi ricordarlo in Dario di cui Benigno è diventato l’intimo amico, prima di perdersi per sempre, vittima di se stesso, del suo candore, del suo amore per il ballo ed il bello. Ancora una volta un gran bel film sull’amore, sugli affetti che non toccano la volgarità ma si sollevano da terra con le ali della poesia anche quando il corpo è inerme alle carezze e alle cure di chi cerca una risposta. Il dolore si accompagna alla speranza nella certezza di essere ascoltati sempre. Parla con lei: quanti ancora le parlano tenendola per mano in un giardino, su un balcone, su una veranda o accanto ad un letto in ospedale!Ecco il capolavoro per chi sa apprezzare una storia nel suo insieme e sa aspettare che lei, la paloma, ritorni a vivere tra le sue mani. come ha cantato Gaetano Veloso. chibar22@libero.it
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mario conti
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martedì 22 febbraio 2005
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pedro lo chef (1)
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L'amore è l'incontro di due corpi vivi. Nel capolavoro di Almodovar l'assunto è totalmente rovesciato: si ama, si può amare un corpo che non c'è, si può desiderare l'anima immota di una donna che non ci ascolta, anche se ci si ostina a parlare con lei. Di più: l'amore dell'uno esclude la vita dell'altra; la vita (ritrovata) dell'altra cancella, pur inconsapevolmente, quella dell'altro, elide la possibilità di un amore finalmente spendibile.
Benigno e Alicia: un rapido incontr, poi il nulla che assume le vesti di un destino che non sa, o forse troppo bene conosce le leggi dell'ostinazione, la regola che fa di un uomo innamorato un essere immemore della realtà, un candido animale smarrito che nella violenza ad un corpo arreso ritrova ed afferma il proprio bisogno di darsi.
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L'amore è l'incontro di due corpi vivi. Nel capolavoro di Almodovar l'assunto è totalmente rovesciato: si ama, si può amare un corpo che non c'è, si può desiderare l'anima immota di una donna che non ci ascolta, anche se ci si ostina a parlare con lei. Di più: l'amore dell'uno esclude la vita dell'altra; la vita (ritrovata) dell'altra cancella, pur inconsapevolmente, quella dell'altro, elide la possibilità di un amore finalmente spendibile.
Benigno e Alicia: un rapido incontr, poi il nulla che assume le vesti di un destino che non sa, o forse troppo bene conosce le leggi dell'ostinazione, la regola che fa di un uomo innamorato un essere immemore della realtà, un candido animale smarrito che nella violenza ad un corpo arreso ritrova ed afferma il proprio bisogno di darsi.
Intendiamoci: in "Parla con lei" lo stupro è sotteso, tollerabile, quasi dolce. Gli fa da prologo una enorme vulva di gomma che si apre (viene aperta) ad accogliere un uomo, piccolo fallo in un mondo di giganti, tenero feto che riscopre le origine, proprie e della specie. E' una scena surreale, eppure bellissima e straziante, con cui il regista comunica che l'assoluto è l'unica forma di amore possibile. L'assoluto che non esclude prepotenze e soprusi, che anzi li contiene e li coltiva. Parla con lei: e se lei non vuole o non può ascoltarti, amala nell'unico modo che sai.
Benigno e Alicia. E poi Marco e Lydia. Altri due esseri soli che vivono nel passato e per il passato, e che in esso rimarrano. Lydia uccisa dalla sua unica vera passione, Marco senza compagnie come è sempre stato, a viaggiare per il mondo, a conoscere posti e a perdere se stesso.
E ancora: Marco e Benigno. La razionalità e la follia, la razionalità che, nell'amicizia, diventa compartecipe pazzia, quindi identificazione, la follia che si fa ragione e metodo nella scelta di abbandonare un mondo che non regala amore, e disprezza il tuo.
Marco e Alicia, infine. C'è uno sguardo di dolcezza inspiegabile a legare i due superstiti. E' un incontro di quelli che cambiano la vita. Forse. C'è un passato da dimenticare, ma anche da dipanare; ci sono parole da dire e da tacere; ci sono ricordi e sofferenze da far affiorare. Almodovar non ce lo dice: non dice se i due si ameranno. Troppo facile chiudere così un film disperato e bellissimo, un film di solitudini e amori, di amori che sono anche solitudine, di speranze e disinganni, di amicizie virili e lacrime non consolatorie, di corpi nudi, inermi o inutili a se stessi e agli altri
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stellina
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giovedì 4 aprile 2002
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quando la passione per la vita e l'amore per il cinema si incontrano
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Se il cinema rifugge dalla spettacolarità per raccontare la normalità, e scopri che solo la normalità può racchiudere ogni imprevedibilità... Se pensi che l'amore può assumere forme diverse, ma sempre fedeli al concetto stesso di amore... Se guardi un uomo che non si vergogna di piangere, ed un altro che non si vergogna di provare ad amare ciò che la donna amata ama... Allora stai guardando l'ultimo film di Pedro Almodovar.
Prima Lidya e El Nino, poi Lidya e Marco, poi Beninho e Alicia, e poi forse Marco e Alicia, a raccontarti che l'amore non muore mai, magari si trasforma, magari ti riempie, magari ti svuota ma sempre ti attraversa: in mezzo alla disperazione, è l'unica cosa che ti permette di vivere ( o di morire) con onore.
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lgiulianini
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martedì 21 marzo 2017
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amore ed arte, amore e morte.
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Benigno è il classico bravo ragazzo timido e sensibile che si occupa con amore di quello che lo circonda. Che si tratti della madre, che ha assistito per vent'anni fino alla sua morte e non soltanto dal punto di vista infermieristico (Benigno è infermiere), ma anche tagliandole e pettinandole i capelli, curandole le unghie ed il trucco (Benigno è anche parrucchiere estetista e truccatore anche se questo “solo per corrispondenza”), o delle piantine da innaffiare su balcone, Benigno fa tutto con attenzione, generosità ed amore. Già, il balcone. Proprio dal suo balcone Benigno guarda ballare Alicia, che studia danza alla scuola di Caterina (una sempre maestosa Geraldine Chaplin), e se ne innamora perdutamente.
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Benigno è il classico bravo ragazzo timido e sensibile che si occupa con amore di quello che lo circonda. Che si tratti della madre, che ha assistito per vent'anni fino alla sua morte e non soltanto dal punto di vista infermieristico (Benigno è infermiere), ma anche tagliandole e pettinandole i capelli, curandole le unghie ed il trucco (Benigno è anche parrucchiere estetista e truccatore anche se questo “solo per corrispondenza”), o delle piantine da innaffiare su balcone, Benigno fa tutto con attenzione, generosità ed amore. Già, il balcone. Proprio dal suo balcone Benigno guarda ballare Alicia, che studia danza alla scuola di Caterina (una sempre maestosa Geraldine Chaplin), e se ne innamora perdutamente. Benigno è incapace di non “perdersi”, pedina la ragazza e riesce a conoscerla, fissa una visita presso il padre di lei psichiatra soltanto per poterla vedere, ha la tenacia di uno stalker , ma è come lui stesso dice “inoffensivo”.
Marco è un giornalista di viaggi per conto di “EL Paìs”, ha alle spalle una storia tormentata ed ancora non risolta con Angela per la quale soffre violentemente, ed assiste per caso al litigio televisivo ove la torera Lydia manda a quel paese la laida conduttrice che invece di intervistarla sulla sua attività di torera, e sulla sua imminente rischiosissima corrida, vuole solo spettegolare in diretta TV sulle sue vicende amorose con un altro torero, il Nino di Valencia, con cui a sua volta Lydia vive un tormentato amore. Benigno e Marco si sono già incontrati senza conoscersi ad un balletto di Pina Baush, che commuove Marco ed incuriosisce Benigno: la vita darà loro occasione di diventare grandi amici nel loro vicino futuro.
Infatti mentre Marco approccia Lydia e tra i due nasce una non facile storia d'amore, Benigno si sta già prendendo cura di Alicia che in seguito ad un grave incidente stradale, è finita in coma irreversibile ed in stato vegetativo, ed è ricoverata proprio presso la clinica ove Benigno è uno dei migliori infermieri. Benigno è sessualmente ambiguo, la clinica crede che sia gay, quindi la cura di Alicia, che deve essere massaggiata in tutto il corpo, e di cui bisogna ad es. gestire anche il ciclo mestruale, viene affidata alla collega Rosa ed a lui, ritenendolo sessualmente inoffensivo.
E' così è infatti per anni, Benigno massaggia, sparge linimenti e profumi, lava e taglia i capelli ad Alicia, e soprattutto parla, le parla di tutto. Alicia ama il balletto ed il cinema muto: Benigno va ai balletti e vede film muti e poi li racconta ad Alicia, convinto che Alicia senta e capisca, nonostante la medicina ufficiale, Benigno senza sosta parla con lei.
Il casa vuole che Benigno e Marco si incontrino di nuovo. Lydia è stata incornata da un toro da mezza tonnellata, il cervello ha subito un danno tale che lo stato vegetativo si presenta anche per lei, a pochi passi da Alicia, e soprattutto da Benigno. I due uomini si conoscono, diventano amici, condividendo questo difficile momento, Benigno con la sua vitalità ottimistica senza fine, Marco col suo dolore sordo e muto, che riesce ad esprimere solo piangendo.
E' fondamentale nel film il ruolo che l'arte gioca nelle vicende dei protagonisti: se l'ascolto de “La Paloma” vissuto in diretta assistendo ad una performance privata di uno stupefacente Caetano Veloso, determinerà un punto di svolta nella storia di Marco e Lydia; parimenti la visione di un film muto in cui un amante viene rimpicciolito a tal punto da vivere nella vagina della sua amata per sempre, scatenerà l'istinto sessuale in Benigno, fino allora amante profondissimo ma casto, determinando la gravidanza di Alicia. E' questo il messaggio di fondo che Almodòvar vuole lasciarci: l'Arte è dirompente e determinante nella vita degli uomini, può imprimere accelerazioni altrimenti impensabili.
Chiaramente Benigno sarà severamente punito per il suo gesto, anche se immaginiamo compiuto con tutto l'amore dell'universo, perdendo il posto e finendo in un centro di internamento. L'unico a stargli vicino sarà Marco, a lui Benigno indirizzerà il suo ultimo messaggio, prima di assumere i farmaci che secondo il suo piano lo porteranno in stato vegetativo, e quindi a ricongiungersi con l'adorata Alicia, senza la quale Benigno non concepisce nemmeno la vita. Benigno raccomanderà a Marco, quando si troverà in stato vegetativo di parlare con lui, e questo mi ha letteralmente commosso.
Benigno non sa che Alicia è uscita dal coma ed il bambino è nato morto, e non sa neanche dosare i farmaci, tanto che il suo tentativo di raggiungere l'amata si concluderà con la morte. La stessa sorte toccherà a Lydia, mentre Alicia e Marco si incontreranno ad un balletto di Pina Baush, che metaforizzando l'amore fa presagire nuovi sviluppi per la vita dei due, sotto lo sguardo vigile della saggia e profonda Caterina.
Un film bellissimo, struggente ma anche divertente, infarcito di stimoli e di messaggi, forse il più maturo di Pedro Almodòvar, con cambi di passo continui ed inserti d'arte di enorme spessore ad ogni momento significativo attraverso un lavoro di incastro che è simbolo non solo di abilità registica, ma anche di profonda sensibilità artistica tout court. Assolutamente da vedere.
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alberto 86
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sabato 7 gennaio 2006
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la svolta di pedro
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chi si aspettava dal debordante,eccessivo e passionale almodovar uno originalissimo e splendido melodramma come"parla con lei"?forse uno dei maggiori pregi di almodovar è proprio quello di riuscire sempre a stupire e con questa pellicola ci riesce alla grande!"parla con lei"rappresenta uno dei vertici della filmografia almodovariana,una svolta verso un cinema più intimista,sincero,raffinato,elegante ma pennellato di straordinari tocchi di passionalità e sentimento tipici del vecchio almodovar.seguito ideale del già bellissimo"tutto su mia madre","parla con lei"è un'esaltazione prodigiosa della vita e dell'amore.la speranza non abbandona mai la pellicola e la morte non vince mai sulla vita,nonostante la maggior parte del film sia ambientato in un ospedale con 2 donne in coma.
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chi si aspettava dal debordante,eccessivo e passionale almodovar uno originalissimo e splendido melodramma come"parla con lei"?forse uno dei maggiori pregi di almodovar è proprio quello di riuscire sempre a stupire e con questa pellicola ci riesce alla grande!"parla con lei"rappresenta uno dei vertici della filmografia almodovariana,una svolta verso un cinema più intimista,sincero,raffinato,elegante ma pennellato di straordinari tocchi di passionalità e sentimento tipici del vecchio almodovar.seguito ideale del già bellissimo"tutto su mia madre","parla con lei"è un'esaltazione prodigiosa della vita e dell'amore.la speranza non abbandona mai la pellicola e la morte non vince mai sulla vita,nonostante la maggior parte del film sia ambientato in un ospedale con 2 donne in coma.ma parla con lei è ank il film di un'amicizia virile,capace di rendere forti i 2 protagonisti,di nn fare mai abbandonare loro la voglia di sperare e di vivere.suggestiva la sequenza del cortometraggio in bianco e nero,raffinatissimo escamotage del regista per sottolineare la violenza di benigno su alicia.ed è così ke la vita e la morte si intrecciano in maniera inseparabile tanto da non far apparire il brutale gesto di benigno non una violenza da condannare,bensì un profondo atto d'amore...per benigno si prova compassione,simpatia,affetto...il bellissimo finale che si svolge,come la sequenza iniziale in teatro,è ancora una volta una sorpresa,un inno all'amore che pervade tutta la pellicola e che giunge a compimento.ed il teatro è per almodovar metafora di VITA...e come dargli torto!
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a17540
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venerdì 10 giugno 2011
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il migliore amodovar
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“Lydia e Marco”, “Alicia e Benigno”, “Marco e Alicia” sono il titolo dei tre capitoli di questo film straordinario e sono i nomi dei protagonisti e la linea dei rapporti che intercorrono o intercorreranno tra loro. Lydia, la torera atterrata nella Plaza de Toros, e Alicia, la ballerina vittima di un incidente, si ritrovano vicine di camera in coma ridotte ad uno stato puramente vegetativo nella clinica dove Benigno lavora come infermiere. Marco è un giornalista del “Pais” che, colpito dalla forte personalità di Lydia, se ne innamora e ne segue il tragico decorso in ospedale dopo la funesta corrida. Lì incontra Benigno che tutto il giorno, con una cura e una devozione che va ben al di la dei suoi doveri professionali, si prende cura di Alicia.
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“Lydia e Marco”, “Alicia e Benigno”, “Marco e Alicia” sono il titolo dei tre capitoli di questo film straordinario e sono i nomi dei protagonisti e la linea dei rapporti che intercorrono o intercorreranno tra loro. Lydia, la torera atterrata nella Plaza de Toros, e Alicia, la ballerina vittima di un incidente, si ritrovano vicine di camera in coma ridotte ad uno stato puramente vegetativo nella clinica dove Benigno lavora come infermiere. Marco è un giornalista del “Pais” che, colpito dalla forte personalità di Lydia, se ne innamora e ne segue il tragico decorso in ospedale dopo la funesta corrida. Lì incontra Benigno che tutto il giorno, con una cura e una devozione che va ben al di la dei suoi doveri professionali, si prende cura di Alicia. La lava, la friziona, la veste e soprattutto le parla. Benigno, ancora vergine e che finora si è sempre solo occupato della madre appena deceduta, ha conosciuto Alicia, prima dell’incidente, vedendola alle lezioni di ballo nella scuola di fronte a casa sua e se ne è innamorato. Ora che è affidata alle sue cure egli è “felice” perché, in un certo senso può averla tutta per se. Lentamente Marco e Benigno diventano amici finchè Lydia muore e Marco parte. Benigno, che ha coltivato la passione di Alicia per i film muti, una sera vede una pellicola che lo sconvolge. Forse suggestionato da questa, possiede la ragazza e la mette incinta. Arrestato e messo in carcere è sconvolto dalla forzata separazione da Alicia. Marco torna, va a trovare l’infermiere in carcere, si trasferisce nella casa di lui. Dalla finestra che da sulla scuola di ballo, scopre che Alicia si è svegliata e lentamente sta tornando alla vita. L’avvocato lo informa che il bambino è nato morto ma lei si è miracolosamente ripresa. Marco vorrebbe comunicare la notizia a Benigno ma, sconsigliato a farlo, non dice nulla. La tragedia, ancora una volta, è dietro l’angolo: l’infermiere, non riuscendo più a sopportare la separazione dalla ragazza, si suicida. Il terzo capitolo, quello tra Marco e Alicia è il futuro appena abbozzato; l’unica apertura di un quadro altrimenti disperato. La figura di Benigno può essere vista in molti modi: un ritardato, un maniaco ma anche un uomo bambino, che non capisce e non concepisce il male, vittima e strumento di una “malattia” che è connaturata col mondo che non permette ai “buoni” di rimanere tali, non concede loro un angolo protetto che li possa salvare. Non c’è nessun vero cattivo. Il dolore che percorre tutto il film è generato dal Caos e contro di esso i singoli sono impotenti. I loro tentativi di porvi un freno con l’affetto, il cuore, la parola sfociano in un mare cupo e incontrollabile. a17540
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vekkiofrank
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domenica 14 luglio 2002
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una poesia di pedro
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Stasera stessa ho visto quest'ultimo lavoro di Almodovar:per una "recensione" mi sembra troppo presto, come prima impressione parlerei di una (bella) poesia. Del linguaggio poetico mi sembra sia presente la "scansione", una certa musicalità.PARLARE, certo, ma anche TOCCARE (non a caso Marco dice di non riuscire più ad avvicinarsi a Lidya, di non riconoscerne il corpo). Concordo con Stellina: è l'amore (qualsiasi cosa significhi...) che si trasforma, quasi un soffio vitale che in fondo nemmeno ci appartiene. Non mi piace invece Anguria quando dice: "Benigno,infermiere SUBNORMALE". La parola è usata nel film dal direttore della clinica,l'unico personaggio che nel film stesso appare superfluo. Che la normalità sia superflua? Forse.
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Stasera stessa ho visto quest'ultimo lavoro di Almodovar:per una "recensione" mi sembra troppo presto, come prima impressione parlerei di una (bella) poesia. Del linguaggio poetico mi sembra sia presente la "scansione", una certa musicalità.PARLARE, certo, ma anche TOCCARE (non a caso Marco dice di non riuscire più ad avvicinarsi a Lidya, di non riconoscerne il corpo). Concordo con Stellina: è l'amore (qualsiasi cosa significhi...) che si trasforma, quasi un soffio vitale che in fondo nemmeno ci appartiene. Non mi piace invece Anguria quando dice: "Benigno,infermiere SUBNORMALE". La parola è usata nel film dal direttore della clinica,l'unico personaggio che nel film stesso appare superfluo. Che la normalità sia superflua? Forse.Magari.
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leonardo g.
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lunedì 4 settembre 2006
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parlare, ascoltare, percepire, comunicare
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Un film complicato. Che può lasciare assolutamente interdetti.
Non vorrei soffermarmi solo su gli splendi accordi cromatici e sul montaggio tutto almodovariano, soprattutto perchè questa storia rappresenta un'originale storia di comunicazione.
L'infermiere Benigno ama la sua ballerina Alicia, conosciuta prime del suo coma apparentemente irreversibile.
La lava; la veste; la cura; non come fosse una bellissima bambola...infatti le parla, le spiega la sua vita, le fa domande.
E ovviamente tutto questo ci sembra assurdo.
Poi trova in Marco un compagno di sventura, la cui amata torera Lidya versa nelle medesime condizioni.
I due si confortano. Si confrontano.
Ma poi Marco scopre che Lydia, poco prima di morire stava per lasciarlo, e allora si allontana per cercare di dimenticare.
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Un film complicato. Che può lasciare assolutamente interdetti.
Non vorrei soffermarmi solo su gli splendi accordi cromatici e sul montaggio tutto almodovariano, soprattutto perchè questa storia rappresenta un'originale storia di comunicazione.
L'infermiere Benigno ama la sua ballerina Alicia, conosciuta prime del suo coma apparentemente irreversibile.
La lava; la veste; la cura; non come fosse una bellissima bambola...infatti le parla, le spiega la sua vita, le fa domande.
E ovviamente tutto questo ci sembra assurdo.
Poi trova in Marco un compagno di sventura, la cui amata torera Lidya versa nelle medesime condizioni.
I due si confortano. Si confrontano.
Ma poi Marco scopre che Lydia, poco prima di morire stava per lasciarlo, e allora si allontana per cercare di dimenticare.
Invece Benigno persiste. Mette in cinta Alicia. Finisce in carcere, ma Alicia si risveglia.
La trama è apparentemente tutta qui.
Ma, in realtà, cosa può signi ficare tutto questo?
E' come se Almodovar volesse spiegare che in taluni casi la morte è parte di noi, come la vita.
Lidya, senza le cure di Marco, muore; Alicia risorge.
Quanto la nostra volontà di sopravvivere, quanto la percezione dell'amore esterno può impedirci di morire e bloccarci in vita sulla terra?
Dopo tutto c'è chi si lascia vivere a stento ed inspiegabilmente muore, e chi sopravvive perchè di tempra forte.
In sintesi, siamo in minima parte partecipi della nostra morte, oppure avviene tutto per caso?
E' un film fatto di tragedie e miracoli, di politica (apparentemete contrario all'eutanasia)e poesia (il coma è solo un pretesto d'amore gratuito).
Un film che può non piacere per niente. Può non piacere subito. Ma sicuramente porta a riflettere.
leonardo g.
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a17540
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lunedì 10 novembre 2008
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un film doloroso e straordinario
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“Lydia e Marco”, “Alicia e Benigno”, “Marco e Alicia” sono il titolo dei tre capitoli di questo film straordinario e sono i nomi dei protagonisti e la linea dei rapporti che intercorrono o intercorreranno tra loro. Lydia, la torera atterrata nella Plaza de Toros, e Alicia, la ballerina vittima di un incidente, si ritrovano vicine di camera in coma ridotte ad uno stato puramente vegetativo nella clinica dove Benigno lavora come infermiere. Marco è un giornalista del “Pais” che, colpito dalla forte personalità di Lydia, se ne innamora e ne segue il tragico decorso in ospedale dopo la funesta corrida. Lì incontra Benigno che tutto il giorno, con una cura e una devozione che va ben al di la dei suoi doveri professionali, si prende cura di Alicia.
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“Lydia e Marco”, “Alicia e Benigno”, “Marco e Alicia” sono il titolo dei tre capitoli di questo film straordinario e sono i nomi dei protagonisti e la linea dei rapporti che intercorrono o intercorreranno tra loro. Lydia, la torera atterrata nella Plaza de Toros, e Alicia, la ballerina vittima di un incidente, si ritrovano vicine di camera in coma ridotte ad uno stato puramente vegetativo nella clinica dove Benigno lavora come infermiere. Marco è un giornalista del “Pais” che, colpito dalla forte personalità di Lydia, se ne innamora e ne segue il tragico decorso in ospedale dopo la funesta corrida. Lì incontra Benigno che tutto il giorno, con una cura e una devozione che va ben al di la dei suoi doveri professionali, si prende cura di Alicia. La lava, la friziona, la veste e soprattutto le parla. Benigno, ancora vergine e che finora si è sempre solo occupato della madre appena deceduta, ha conosciuto Alicia, prima dell’incidente, vedendola alle lezioni di ballo nella scuola di fronte a casa sua e se ne è innamorato. Ora che è affidata alle sue cure egli è “felice” perché, in un certo senso può averla tutta per se. Lentamente Marco e Benigno diventano amici finchè Lydia muore e Marco parte. Benigno, che ha coltivato la passione di Alicia per i film muti, una sera vede una pellicola che lo sconvolge. Forse suggestionato da questa, possiede la ragazza e la mette incinta. Arrestato e messo in carcere è sconvolto dalla forzata separazione da Alicia. Marco torna, va a trovare l’infermiere in carcere, si trasferisce nella casa di lui. Dalla finestra che da sulla scuola di ballo, scopre che Alicia si è svegliata e lentamente sta tornando alla vita. L’avvocato lo informa che il bambino è nato morto ma lei si è miracolosamente ripresa. Marco vorrebbe comunicare la notizia a Benigno ma, sconsigliato a farlo, non dice nulla. La tragedia, ancora una volta, è dietro l’angolo: l’infermiere, non riuscendo più a sopportare la separazione dalla ragazza, si suicida. Il terzo capitolo, quello tra Marco e Alicia è il futuro appena abbozzato; l’unica apertura di un quadro altrimenti disperato.
La figura di Benigno può essere vista in molti modi: un ritardato, un maniaco ma anche un uomo bambino, che non capisce e non concepisce il male, vittima e strumento di una “malattia” che è connaturata col mondo che non permette ai “buoni” di rimanere tali, non concede loro un angolo protetto che li possa salvare.
Non c’è nessun vero cattivo. Il dolore che percorre tutto il film è generato dal Caos e contro di esso i singoli sono impotenti. I loro tentativi di porvi un freno con l’affetto, il cuore, la parola sfociano in un mare cupo e incontrollabile.
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