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Uno dei primissimi film italiani di fantascienza, anno 1960. Il regista sceglie un'ambientazione totalmente spaziale restando tuttavia vicino alla terra, rimanendo tra Venere, Marte e la cintura degli asteroidi. Niente esotici pianeti, galassie fantastiche o alieni strambi, il regista propone una visione realistica di quella che poteva essere l'esplorazione spaziale nel XXI secolo, iscenando nei dettagli una possibile catastrofe causata dalla troppa arroganza/inesperienza umana. Ed in questo riesce solo in parte. Intanto perché la trama viene costantemente rallentata da monologhi pseudo filosofici enunciati dai vari protagonisti, con frasi troppo retoriche per sembrare spontanee, che per di più non si addicono affatto a uno "space man" ma piuttosto a una casalinga. Infatti concetti di fondo mielosi quali "i sentimenti vincono sulla scienza" oppure "ma dove andiamo nello spazio se non conosciamo ancora noi stessi" sono il mantra del film, espedienti commerciali utili per attirare il pubblico più volubile, ma che stonano decisamente con il contesto del film. Ad aggravare la situazione spunta pure la storia d'amore a bordo, a cui viene riservato fin troppo spazio. Il film risulta così molto lento, perché i momenti di esplorazione e di azione sono brevi e costantemente interrotti. Per altri versi si incontrano spunti coraggiosi per quell'epoca, come il fatto che uno degli eroi del film sia un uomo di colore. Ma nel complesso la pellicola non supera la sufficienza, inferiore alle produzioni americane dell'epoca, effetti speciali abbozzati e poco coinvolgenti, per non parlare della colonna sonora, praticamente inesistente e composta da lunghe note elettroniche nelle scene di tensione e da motivetti insulsi in quelle romantiche. Film interessante da vedere una volta, non oltre.
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