| Anno | 2025 |
| Genere | Drammatico |
| Produzione | Italia |
| Durata | 90 minuti |
| Regia di | Loris G. Nese |
| Attori | Francesco Di Leva, Mario Di Leva . |
| Tag | Da vedere 2025 |
| MYmonetro | Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento sabato 30 agosto 2025
Negli anni '90 un bambino cresce tra segreti e lutti familiari. Da adulto, attraverso il cinema, affronta la violenza ereditaria e ricostruisce la propria identità.
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ASSOLUTAMENTE SÌ
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Negli anni Novanta un bambino cresce circondato da profondi segreti. Gli uomini della sua famiglia, compreso il padre, muoiono troppo giovani, ma lui non è ancora in grado di capire il perché. Quando scopre che il suo cognome è un marchio in città, ha l'impressione di rivedere la propria vita nei film di gangster e horror che ama, specchio della violenza che gli ha cambiato la vita.
Attraverso il documentario di creazione, il regista Loris G. Nese cerca di ricostruire la propria identità utilizzando immagini d'archivio, suoi film familiari e un'animazione sperimentale.
«Era come rincorrere una cosa vicina, vicinissima, che non puoi prendere mai». Nasce da un trauma profondo Una cosa vicina, dalla morte del padre del regista quando lui aveva quattro anni. Una sera il papà viene ucciso 'sparato'. Siamo a Salerno negli anni Novanta e la camorra si insinua in quella che che viene definita "l'economia del vicolo" con quell'arte di arrangiarsi che perpetua le attività dell'organizzazione criminale nella zona orientale delle case popolari. Ma il nuovo film di Loris G. Nese, ben strutturato con i suoi cinque capitoli e un epilogo, non vuole raccontare sociologicamente e dall'alto un fenomeno malavitoso che gli ha portato via il padre, lo zio eccetera eccetera. Il tentativo, dal basso e con il cuore in mano, è invece quello di raccontare un trauma, e con esso certamente il brodo di coltura della camorra, che ha portato il regista a non parlare mai con gli amici del genitore e di come è morto. Con scelte linguistiche molto interessanti, a cui dà forza il montaggio di Chiara Marotta (anche produttrice), Loris G. Nese ascolta i suoi stessi amici che raccontano del loro girovagare nei quartieri, i pomeriggi persi ad accendere i fumogeni, che tenevano in sovrabbondanza, senza alcun motivo particolare se non quello del gioco ambiguo perché «era divertente sentirsi pericolosi e diversi dagli altri». Un mondo si apre e riecheggia nello spettatore cullato dalla voce ipnotica di Francesco Di Leva e di suo figlio Mario (una scelta filiale certamente non casuale) oltre che dalla splendida colonna sonora di Raffaele Caputo e di tutto l'accurato design sonoro.
C'è poi tutta la parte, molto bella, del colloquio con la madre che, allo stesso tempo, cela e mostra il suo amore per un uomo di cui probabilmente voleva ignorare alcune, chiamiamole così, attitudini. Ma è un grandissimo racconto d'amore, incondizionato e profondo quello che esce dai suoi ricordi che lei sembra voler far rivivere per l'ultima volta. La cosa interessante del film è che l'interrogarsi sul passato del figlio è in qualche modo pacificato, non è mai ribelle o rivendicativo. Anzi è un estremo tentativo di dare forma a un vuoto, a una voragine che le tantissime riprese dell'epoca, fatte con la telecamera dello stesso regista che la preferiva al pallone, riescono in qualche modo a colmare perché danno una plasticità a quegli anni spensierati costruendo così un'altra immagine possibile anche se necessariamente parziale perché «è come rincorrere una cosa vicina, vicinissima, che non puoi prendere mai».
Presentato nelle Notti Veneziane, Una Cosa vicina di Loris G. Nese è un documentario di creazione con cui il regista ripercorre e cerca di ricostruire la storia del padre, morto prematuramente in un agguato di camorra a Salerno. L'opera nasce dalla voglia di raccontare la confusione che ha caratterizzato una vita trascorsa tra dubbi, omissioni e rimozioni del proprio passato, alla ricerca di una verità [...] Vai alla recensione »